9- Disertori
L'inverno era terribile in quel posto, le baracche che ospitavano i soldati di truppa erano mal costruite e piene di spifferi: non era raro trovare incrostazioni di ghiaccio che filtravano dal soffitto e scendevano come una ragnatela d'argento impigliata sulle assi delle pareti. Ma non era una visione romantica, nulla a che vedere con i disegni della neve che da piccolo ammirava sulle grandi vetrate della casa di Boston. Robert aveva semplicemente freddo e niente pareva riscaldarlo: non il fuoco del camino, che debole scoppiettava in un lato dello stanzone e il cui calore faticava a raggiungere ogni angolo della baracca; né i vestiti che indossava a strati; né il cibo scadente che veniva servito. Dopo aver passato qualche giorno a casa, tra le lenzuola che sapevano di pulito e i profumi della cucina materna, il suo umore era ancora più nero.
Quella mattina tremava come una foglia e avrebbe dato qualsiasi cosa per non abbandonare la sua branda, in cui cercava di conservare un po' di calore standosene tutto rannicchiato. Se non si sbrigava, però, avrebbe mancato l'appello del mattino e non era conveniente: preferiva passare la mattinata nell'ufficio di suo padre a studiare qualche noioso libro piuttosto che essere condannato a un turno di guardia là fuori sotto la neve.
Di malavoglia si sforzò di uscire dal suo rifugio; aveva dormito vestito per tenere a bada il gelo e gli fu sufficiente infilare la giubba per essere pronto. Non aveva intenzione di immergere le mani nella bacinella piena d'acqua ghiacciata che stavano usando gli altri uomini per lavarsi il viso e si limitò a strofinarsi gli occhi con i polsi.
Come faceva suo fratello a essere sempre così pimpante la mattina? Sembrava che il freddo non lo disturbasse affatto e neppure quella routine sfiancante fatta di lavori noiosi, studio e pasti tremendi in compagnia di uomini rozzi.
All'appello del mattino mancavano due soldati. Robert e Jonathan si scambiarono un'occhiata interrogativa: che significava? Se ne stavano tutti immobili uno a fianco all'altro a tremare sotto l'attacco di un vento gelido che li schiaffeggiava con il nevischio, mentre il sergente Rivers e il sergente maggiore Reynolds perlustravano il forte in cerca degli assenti con l'aiuto di alcuni uomini.
«Nessuna traccia dei due, signore, ma non manca alcun cavallo» riferì il sergente al capitano che aspettava pazientemente, scrutando il resto della compagnia con un'espressione indecifrabile, incurante del freddo e della neve.
«Rompete le righe!» ordinò, liberando la truppa.
«Tenente Moore, prenda due uomini ed esca a cercarli: non possono essere molto lontani.»
«Che sta succedendo?» sussurrò Robert al fratello, guardando gli altri soldati parlottare fitto tra loro mentre si dirigevano a fare colazione.
«Disertori, suppongo» rispose lui.
«Disertori?»
«Sì, non so se li prenderanno, ma temo che andrà a finire male per quei due.»
Robert rabbrividì al pensiero: non aveva mai pensato che qualcuno fosse in grado di architettare una fuga prima del congedo, ma non riusciva davvero a condannarli. Lui per primo sarebbe tornato a casa se solo avesse potuto. I mancanti erano due cugini di origine tedesca, emigrati qualche anno prima e che ancora faticavano a parlare un inglese comprensibile: forse avevano nostalgia della loro terra natale. Molti stranieri finivano nell'esercito come unica risorsa per poter lavorare e non sempre erano motivati, e senza convinzione quella vita era insostenibile.
Poche ore dopo, il piccolo drappello era di ritorno con un fuggitivo. Camminava a testa bassa trascinando i piedi nel fango, seguendo il cavallo del tenente con le mani legate e assicurate con una corda alla sella. Robert e Jonathan spiarono la scena dalla finestra dell'alloggio paterno, vedendo il capitano andare incontro al gruppetto in compagnia del sergente.
«Cosa stanno dicendo, secondo te?» domandò il più piccolo.
«Non ne ho idea... forse si stanno chiedendo dove sia l'altro.»
Un lieve trambusto seguì quel rientro: i soldati furono richiamati dalle loro faccende e riuniti nella piazza d'armi mentre il sergente provvedeva a portare un secchio e legare l'uomo con le mani dietro la schiena, dopo avergli fatto passare un bastone sotto le ascelle che lo costringeva a una posizione alquanto scomoda. Anche Robert e Jonathan furono invitati a partecipare e i due ragazzi obbedirono con riluttanza.
«Non sono sicuro che mi piacerà...» Deglutì il più giovane.
«Per niente» confermò il maggiore, cercando di dimostrarsi coraggioso.
Jonathan lanciò un'occhiata furtiva all'uomo prima di mettersi in fila con gli altri: aveva un aspetto orribile. Era mezzo congelato e aveva un livido sullo zigomo destro, forse aveva tentato di ribellarsi e l'avevano colpito con il calcio del fucile. Poi quel secchio pieno d'acqua gelida lo inquietava e sentì lo stomaco contrarsi. No, quello che stava per succedere non gli sarebbe piaciuto per nulla.
«Signori, il soldato semplice Fischer si è macchiato di un reato molto grave: la diserzione. Non è la prima volta che i due cugini tentano di lasciarci anzitempo e questa volta non chiuderò un occhio. Se qualcuno di voi pensa di voler abbandonare il suo posto prima che scada il periodo di leva, sappia che da oggi in poi non sarò più clemente: questa piaga deve finire. Tutti voi, quando avete prestato giuramento, sapevate di dover servire gli Stati Uniti per cinque anni e questo è un impegno che non si può infrangere.»
Il capitano pronunciò il suo breve discorso con voce stentorea, fissando lo sguardo serio su ogni uomo della sua compagnia. Nessuno osava respirare.
«Sergente Rivers, proceda pure» concluse.
L'incaricato si avvicinò al disertore e con un calcio lo costrinse a inginocchiarsi; Robert afferrò d'istinto la mano del fratello e Jonathan ricambiò la stretta deciso, prima di lasciarla andare.
L'uomo ansimava di rabbia, ma non osava alzare la testa né protestare. Il secchio era di fronte a lui e i ragazzi cominciarono a sospettare che uso ne avrebbero fatto.
«Signor Fischer, ci vuole dire dov'è suo cugino in modo che possiamo affidarvi entrambi alla legge?» chiese il capitano.
Il soldato non rispose.
«Signor Fischer, non sia sciocco» lo redarguì, ma vedendo che non dava segno di voler collaborare fece un cenno al sergente.
La testa dell'uomo fu spinta con decisione dentro al secchio. Robert poteva vedere le sue mani che si contorcevano e pensò di vomitare. Lo tirarono fuori dopo un tempo che sembrò infinito e quello si limitò a sputacchiare, imprecando nella sua lingua, ma si rifiutò di dire altro.
Il capitano ripeté la domanda due volte, senza successo. L'uomo continuava a bofonchiare in tedesco, mentre tossiva e sputava acqua, e si rifiutava di rispondere.
«Tenente Moore,» sussurrò il capitano avvicinandosi al suo ufficiale «siamo sicuri che questo tizio capisca quello che gli stiamo chiedendo?»
L'uomo tradì incertezza.
«Si può sapere che razza di gente arruoliamo qui dentro? Sergente Rivers, trovi il modo di farsi capire o rimaniamo qui tutto il giorno.»
«Capitano, si fidi di me: tra un po' questa feccia inizierà a parlare inglese come un madrelingua. Vedrà.» Molti soldati scoppiarono a ridere a quell'affermazione e Robert lanciò un'occhiata smarrita al fratello: come si poteva aver voglia di scherzare in quel momento?
Il capitano annuì deciso e sospirando tornò al suo posto, le mani strettamente allacciate dietro la schiena e lo sguardo serio e impenetrabile.
I due ragazzi non seppero quanto a lungo andò avanti quel supplizio; gli altri uomini non parevano particolarmente turbati, ma loro faticarono ad assistere a quello spettacolo. Ogni tanto Robert distoglieva lo sguardo, angosciato, e il fratello, pur bianco in volto, gli dava un lieve colpetto con il gomito obbligandolo a riprendere il controllo di sé. Se il padre li aveva voluti lì con gli altri, significava che non potevano fallire la prova. Anche se lo stomaco gli si rivoltava e la nausea lo stava per sopraffare.
Alla fine l'uomo cedette e rivelò che il cugino l'aveva lasciato indietro e probabilmente aveva già raggiunto Eagle Station dove aveva una donna ad aspettarlo. Lo slegarono e lo rinchiusero in una piccola baracca appartata mentre il tenente ripartiva alla ricerca del secondo fuggiasco.
«Rompete le righe, lo spettacolo è finito» intimò il capitano avviandosi a grandi passi verso il suo ufficio.
I due ragazzi rimasero immobili: preferivano restare un altro po' lì fuori al gelo piuttosto che presentarsi davanti al padre con quelle facce sconvolte.
«Che vita di merda.»
Robert sentì un soldato imprecare e tese l'orecchio per carpire altri commenti della compagnia mentre si disgregava in direzione di altre occupazioni.
«Altri tre anni così... Se avessi saputo che mi mandavano in questo posto dimenticato da Dio, non mi sarei arruolato per tutto l'oro della California!»
«California! Hai ragione, Steve, appena mi congedano è lì che me ne vado: dicono che San Francisco sia piena di opportunità.»
«E di donne!» puntualizzò un altro.
«Sì, appunto. Qui l'unica prova che qualcuno va a puttane sono le malattie veneree, un bello schifo» rispose Steve sputando a terra.
«Intanto non vorrei essere nei panni di quei due... Li faranno marcire in prigione. Se tentassi la fuga sarei più furbo, te lo dico io.»
«Il capitano è il più furbo qui, non ci pensare nemmeno.»
Stralci di conversazioni sussurrate investivano le orecchie dei due ragazzi che non riuscivano a reagire, impalati. Rimasti soli in mezzo alla piazza d'armi furono raggiunti dal sergente maggiore Reynolds, che li aveva tenuti d'occhio tutto il tempo.
«Ragazzi, non avete niente di meglio da fare che starvene qui fuori in una giornata del genere?» chiese con noncuranza, togliendosi la pipa di bocca.
I due lo guardarono, intimiditi, e non risposero.
«So cosa state pensando... e la risposta è no.»
«Cosa intende dire, signore?» chiese Robert in un soffio.
«Che ho capito cosa vi passa per la testa, a tutti e due. Vostro padre è un brav'uomo: è un comandante duro ma giusto. Non è un pazzo sadico che si diverte a maltrattare i suoi uomini, e di quelli vi assicuro che ne ho visti tanti. Ma con i disertori non bisogna andarci leggeri... Se si spargesse la voce che si può mollare tutto senza conseguenze, pensate forse che qui rimarrebbe qualcuno? La maggior parte si arruola pensando di imbracciare un fucile e andare a sparare agli indiani, ma poi si ritrova in un buco a lavorare come un negro tutto il giorno, spalando letame e costruendo baracche che a guardarle fanno pena.»
I due si limitarono a fissarlo senza fiatare, pallidi e scossi.
«Ve lo dico io: questo ammasso di rifiuti se ne andrebbe alla prima occasione. L'unico modo è fargli capire che non si può» e, ricacciandosi in bocca la pipa, mise una mano sulla spalla di ognuno e rivolse loro un sorriso benevolo.
«Su, datevi da fare adesso: i fannulloni sono i prossimi sulla lista nera del capitano, insieme agli ubriaconi» e strizzando l'occhio li spinse via.
Robert accampò una scusa e si allontanò dal fratello: voleva stare un attimo da solo. Si rifugiò nel deposito degli attrezzi e si accucciò dietro a un barile a piangere sommessamente. Non resisteva più e non voleva che Jonathan lo vedesse.
Quella era la vita che li aspettava: né più né meno. Una sfilza di giornate tutte uguali a crepare di freddo o sudare in una divisa di lana pesante sotto il sole cocente, sgobbando senza gloria e rischiando punizioni orrende. Nessun divertimento, nessuna famiglia. Quasi quasi iniziava a comprendere il fascino del whisky: solo stordendosi fino a perdere conoscenza si poteva tirare avanti. Non riusciva più a biasimare quelli che di nascosto si incollavano alla bottiglia, a parte quando attaccavano briga senza motivo. Ma forse anche cercare la rissa era un modo per dare un senso a quelle giornate insulse, tenersi vivi e trovarsi uno scopo.
La porta del deposito si aprì con un cigolio e Robert frenò le lacrime, restando in ascolto.
«Robbie, sei qui?» sentì suo fratello chiamarlo, poi i suoi passi incerti esplorare il luogo.
Lo trovò poco dopo e rimase in silenzio a fissarlo, mesto.
«So cosa stai pensando... lo so perché l'ho pensato anch'io per un attimo» disse con aria stanca, lasciandosi cadere a fianco a lui.
«Ma non dobbiamo permettere che quello che è successo ci fiacchi l'animo: quei due hanno sbagliato, punto e basta.»
«E se avessero avuto delle buone ragioni per farlo?» tentennò Robert.
«Nessuna ragione è buona abbastanza per tradire un impegno! Se volevano una licenza o un trasferimento, potevano chiederlo... ma questo è diverso!» rispose con decisione.
Poi, vedendo che il fratello non ribatteva e rimaneva a fissare il vuoto, gli passò un braccio intorno alle spalle, sospirando.
«Ti ho trascinato io fin qui, lo so... ti prego di non farmene una colpa. Un giorno forse avrai un'opinione diversa e capirai che stare con nostro padre era la scelta migliore.»
Robert continuò a tacere, ma lacrime silenziose ripresero a solcargli il volto: non avrebbe voluto deludere suo fratello, però non era sicuro che sarebbe mai riuscito a comprendere le sue ragioni. Non c'era futuro davanti a sé, solo una distesa infinita di mesi senza calore e gioia, e questo non poteva dirglielo.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top