65- Racconti di guerra
Carthage: solo un'altra cittadina sperduta del Kansas, un pugno di case insignificanti che sarebbe entrato nei ricordi del reggimento. Sotto una pioggia incessante, si erano messi in marcia il 19 marzo per accamparsi dopo poche miglia nel terreno fangoso. A cosa serviva smontare un campo per rimontarlo poco distante? Sotto quella pioggia per di più... Il giorno dopo la compagnia A era stata mandata avanti con due ore di vantaggio, seguita dal resto del Quinto Cavalleria. Tutti avanzavano a rilento con le strade ridotte a un fiume di fango e l'umore nero. Ma alla fine non era stato così terribile: la città si era arresa in fretta, una ventina di Ribelli erano stati catturati e il mulino Johnson era finito nelle mani dei Federali che avevano un bisogno disperato di rifornimenti da quando avevano ripreso le marce.
Insediarono un nuovo accampamento nei pressi del mulino per macinare grano e rifornirsi di farina fino a nuovo ordine. Le giornate si trascinavano lente. Era quasi metà aprile e non accennavano ad andarsene da lì. La tensione a fior di pelle. In ogni casa poteva nascondersi un simpatizzante della Confederazione e ormai erano tutti abituati a guardarsi continuamente le spalle, dubitando anche delle donne come mai avevano fatto in passato.
«Devi smetterla di andare a casa di quella signora» sentenziò un soldato mentre caricava un sacco di farina sul carro.
«E perché? È così gentile: ogni tanto ci scappa anche un piatto di zuppa invece di quel pappone schifoso che prepariamo qui» ribatté l'altro.
«E se ti avvelena con quella zuppa?»
Robert rizzò le orecchie e si interessò al discorso mentre prendeva nota dei sacchi che venivano caricati, pronti per raggiungere altri reggimenti in zona.
«Ma che diamine ti inventi? È una signora ed è gentile, tutto qui.»
«Io non mi fiderei» chiosò sputando al suolo. L'altro lo fissò indignato e caricò il suo sacco con stizza.
«Non fidarti, allora. La zuppa me la mangio tutta io!»
«Non hai capito. Mio cugino, che è nella milizia del Missouri, mi ha scritto l'altro giorno e mi ha raccontato cosa ha fatto la proprietaria della piantagione dove si sono recati in cerca di Ribelli» ricominciò l'uomo mentre si avviava a prendere un altro sacco seguito dal compagno. Robert, fingendo noncuranza, si avvicinò di un passo per ascoltare il seguito del racconto senza perdere di vista il via vai di uomini che trasportavano le provviste.
«Mi ha detto che quella signora, così elegante e indifesa, aveva giurato che non c'era nessun uomo in casa, fingendosi anche molto spaventata dall'arrivo dell'esercito, ma appena ha schiuso la porta sono saltati fuori quattro Ribelli e hanno aperto il fuoco. Mio cugino si è salvato per un soffio e i nostri sono riusciti ad ammazzarli. Capito la signora?»
Un brivido corse giù per la schiena di Robert: fino a poco tempo prima non avrebbe mai creduto che una donna potesse compiere simili azioni, eppure Emily si era rivelata una spia e sua sorella si era spacciata per un soldato. Il mondo andava all'incontrario...
«E poi?»
«E poi hanno incendiato la casa, logico. Quella troia se lo meritava...» rispose con stizza caricandosi un altro sacco sulla spalla. Il compagno rimase zitto un momento, un po' frastornato dal racconto, e poi riprese il lavoro.
«Be', non è detto che siano tutte così...» borbottò contrariato.
«Così come?» intervenne un altro.
«Miller, qua, sostiene che tutte le femmine siano figlie del diavolo.»
«Magari no, ma di certo molte di loro sono mogli e figlie di Confederati» rispose il terzo. «Io mi guardo bene dall'avvicinarmi a quelle case laggiù. Mi bastano le occhiate dei bambini mentre gli portiamo via il grano.»
Robert sollevò furtivo lo sguardo dal suo taccuino e lo posò su un gruppetto di ragazzini che assisteva all'operazione. Erano in cinque di età diverse, il più grande poteva avere undici anni, il più piccolo tre. Stavano zitti ai margini della strada, chi masticando un filo di paglia, chi giocherellando con la stoffa del vestito, chi ciucciandosi il pollice, ma si capiva che sotto la loro curiosità verso quegli uomini in blu e le loro armi si celava anche risentimento. Non era piacevole averli come spettatori. Non sorridevano e cianciavano come un qualsiasi gruppetto di bambini, sembravano accusarli con quegli occhi di rubare il loro cibo, e non avevano tutti i torti.
«E invece, tuo cognato che si è arruolato nel Secondo Cavalleria del Kansas che dice? Anche lui ti manda storie di donne infide?»
«No, mi ha scritto che erano dietro a Quantrill a Little Santa Fe.»
Robert era sempre più curioso: aveva ragione il capitano quando aveva suggerito loro di ascoltare i discorsi della truppa, non solo per carpirne gli umori, ma anche perché erano fonte di interessanti informazioni. Sapere dov'era quel Quantrill e fargli fare una brutta fine era un suo intimo desiderio.
«E l'hanno preso?» domandò il primo, lasciando il suo carico e avviandosi a prenderne ancora dopo essersi terso il sudore.
«No, pare sia fuggito. Da quanto mi ha scritto c'era un bel pezzo della sua banda con lui, dentro una casa. Il maggiore Pomeroy ha tentato di stanarli, si sono sparati per un pezzo, loro dalle finestre e i nostri fuori. Dentro c'erano anche donne e bambini e a un certo punto li hanno fatti uscire per metterli in salvo. Anche un paio dei loro si sono arresi e una volta fuori hanno confermato che c'era Quantrill in persona con loro.» Il soldato ansimava leggermente durante il racconto, era più vecchio degli altri due e sentiva il peso della fatica di trasportare provviste e chiacchierare nel contempo.
«E poi?» lo incalzò il secondo.
L'uomo posò il suo carico e si stiracchiò la schiena, rifiatando, poi si avviò verso il sacco successivo riprendendo il racconto.
«Il maggiore ha minacciato di dar fuoco alla casa, ma quando ci ha provato davvero gli hanno sparato e l'hanno fatto secco. Forse pensavano di fermarci così, ma il capitano Moore ha preso il comando e ha appiccato il fuoco.»
«Ben fatto! Mica ci facciamo spaventare da un gruppo di Ribelli asserragliati in una casa...»
«No, infatti. Però alcuni sono riusciti a svignarsela dalla porta sul retro e hanno fatto perdere le loro tracce nei boschi. Due li hanno presi, ma gli altri si sono volatilizzati. Cinque sono bruciati vivi...»
«E Quantrill?»
«Probabile che sia fuggito: non era tra i morti o feriti.»
Robert serrò le labbra contrariato.
«Però qua le donne non c'entravano niente... erano solo in casa, giusto?»
«A quanto ho capito.»
«Vedi, Miller, non per forza devono essere in combutta con il nemico» riprese convinto.
«Va bene, amico. Vacci tu in una casa dove è nascosto un Ribelle a farti dare un bel piatto di zuppa. Io evito l'invito e scanso le pallottole, per quanto mi è possibile.»
L'uomo rispose con un gesto di stizza della mano e liquidò il compagno come paranoico, ma Robert pensò che quel Miller era saggio. Se dei bambini innocenti avevano quello sguardo, le loro madri non potevano che essere ostili. Scacciando dalla testa quei pensieri spiacevoli, riprese a segnare con più attenzione le provviste.
Springfield, Missouri, 1 maggio 1862
«Se non ci fanno muovere da questa cittadina di merda, giuro che diserto» sbottò Jonathan lasciandosi cadere sulla branda, la giubba aperta sulla camicia di flanella sudata. Era livido di rabbia. Quella mattina aveva bussato con altri due uomini alla porta di una casa, intimando al proprietario di uscire per essere interrogato, e per tutta risposta dal piano superiore avevano rovesciato il vaso da notte sulle loro teste. Jonathan aveva scansato il contenuto per un pelo e poi avevano sfondato la porta e portato via l'uomo a forza.
Robert sollevò appena un sopracciglio con un mezzo sorriso incredulo: la parola "disertare" non faceva parte del vocabolario di suo fratello.
«Davvero! Sono stufo di requisire provviste, vestiario e altro ai civili. Entrare nelle case così, in cerca di sedicenti criminali Confederati... non siamo mica poliziotti! Siamo l'esercito Federale, Cristo Santo. Che ci mandino a combattere, piuttosto.»
«Lo abbiamo fatto qualche giorno fa sul fiume Turnback, te lo sei dimenticato?»
«Quello non conta... queste scaramucce non fanno che peggiorare il mio umore. Che almeno quei cani si facessero avanti, invece che tendere imboscate e filarsela. Mi sembra di dare la caccia ai topi...»
Robert evitò di rispondere per permettere al fratello di smaltire un po' di rabbia e, prendendo la sua house wife*, si mise su uno sgabello a cucire un bottone. Se fosse dipeso da lui, quella stupida guerra non sarebbe nemmeno cominciata: la prospettiva di ammazzare Sudisti non lo rendeva felice, erano solo uomini con una divisa del colore sbagliato. Se avesse beccato Quantrill, be', allora sarebbe stato diverso, ma si sarebbe trattato di una vendetta personale che esulava da tutto quello schifo.
Dopo un paio di minuti di ostinato silenzio, Jonathan si tirò su e prese a fissarlo.
«Ti cuci i bottoni? Bravo, adesso ti passo anche un po' di roba mia da rammendare...»
«Puoi farlo da te.»
«Ti è andato di traverso il pranzo?»
«No.»
«Ottimo» chiosò lasciandosi ricadere sulla branda: se suo fratello non aveva voglia di parlare andava bene lo stesso, ma non avrebbe cambiato lo stato delle cose.
«Comunque se va avanti così, io chiedo il trasferimento.»
Robert sospirò e alzò gli occhi dal suo lavoro.
«E dove vorresti andare, se posso chiederlo?»
«In Virginia! Là è cominciato tutto e hanno combattuto davvero... oppure in Tennessee: ti ricordi che abbiamo sentito parlare di quel tale che è diventato da poco maggior generale? Grant, quello che hanno definito "resa incondizionata".»
Robert annuì.
«Magari sotto di lui potremmo trovarci in qualche battaglia vera, invece che muoverci tra i cespugli del Kansas e del Missouri a terrorizzare i civili...»
Robert sospirò di nuovo e si rimise a cucire.
«Be', non dici niente? Possibile che a te stia bene continuare in questo modo?»
«Non mi sta bene! Per niente...» si infervorò brandendo l'ago come fosse una pistola carica, poi recuperò la calma e lo infilzò sulla giubba prima di continuare: «È solo che non credo che basti cambiare reggimento per uscire da questo pantano. Comincio a pensare che la guerra sia esattamente così e non le battaglie che tu immagini di dover combattere.»
Jonathan rimase zitto, un po' offeso.
«Una volta nostro padre mi ha accusato di provare piacere all'idea di andare in guerra, be', non aveva proprio ragione, ma di certo il pensiero di far parte di un grande schieramento che affronta il nemico in campo aperto stuzzicava più la mia fantasia della situazione attuale. E spero che tu non mi biasimi per questo...»
Robert continuò a cucire pensando che a lui nemmeno quell'idea aveva mai solleticato la fantasia. Perché diamine aveva accettato di condurre una tale vita ancora non lo capiva, certo era che con una guerra in corso non si sarebbe tirato indietro dal fare il suo dovere.
«Alla scuola militare parlavamo di tattica e studiavamo le battaglie della Guerra d'Indipendenza o con il Messico, non mi pare ci abbiano mai raccontato di dover entrare casa per casa a stanare Ribelli, derubando donne e bambini.»
Robert sospirò.
«Sbaglio? Mi sono perso qualcosa?» incalzò il più grande che sentiva un gran bisogno di sfogarsi con qualcuno.
«No, non sbagli.»
«Allora ci hanno ingannato...»
«Non credo, penso che semplicemente passi alla storia solo la parte più gloriosa. Magari anche George Washington in persona mandava i suoi nelle case dei Realisti a portare via tutto quello che poteva servire al suo esercito. Magari è successo anche in Messico e per questo motivo nostro padre ti ha messo in guardia quando ha pensato che l'idea della guerra ti piaceva...»
Jonathan rimase zitto a rimuginare, di certo suo padre non era entusiasta alla prospettiva che scoppiasse quel conflitto. Mai come adesso avrebbe voluto potersi confrontare ancora con lui, discutere di quanto stava accadendo, ma non avevano sue notizie da tempo.
«Forse è giunto il momento di chiedere una licenza» se ne uscì.
Robert, stupito, lo fissò.
«Insomma, non possiamo nasconderci per sempre. Prima la risolviamo meglio è» pronunciò mettendosi a sedere, deciso.
«Sei proprio arrivato al limite se preferisci incontrare nostro padre, invece che startene qui buono a Springfield.»
«Questa inattività mi uccide, sì. Potrebbe essere un buon momento per ottenere una licenza e risolvere un po' di problemi familiari. Non sei curioso di sapere come sta Sabrina?»
Robert sorrise, la sorella mancava molto anche a lui e l'assenza di notizie lo rendeva nervoso.
«Ho bisogno di sapere che sta bene e di cercare una tregua con nostro padre» aggiunse con la voce lievemente incrinata. La sicurezza ostentata nascondeva una forte carica d'ansia.
«Hai ragione... tregua è la parola giusta. Il fatto che non ci abbia più scritto ha proprio il sapore di una dichiarazione di guerra» sospirò il fratello. La prospettiva di affrontare il padre lo spaventava più dell'idea di ritrovarsi in mezzo a un'altra imboscata di Sudisti, ma era passato già troppo tempo.
*House wife: borsettina fatta in casa con scarti di tessuto contenente il materiale da cucito che ogni soldato portava sempre con sé.
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