61- Vecchi rancori
«Forza, riproviamo. Affondo, parata e cavazione» scandì il sergente maggiore che guidava l'esercitazione della mattina.
I soldati erano disposti a coppie e provavano vari tiri di sciabola cambiando continuamente compagno, mentre il capitano e i suoi due ufficiali assistevano in disparte fregandosi le mani per il freddo pungente.
La ragazza se la cavava meglio che in passato. Non era forte e i suoi colpi non parevano possenti, ma di certo era agile e questo sopperiva alla mancanza di potenza.
«Cambio!» gridò il sergente e i soldati slittarono di uno per incontrare un nuovo avversario. Robert notò che la sorella era capitata con l'irlandese e fece un cenno a Jonathan.
I due cominciarono a tirare di scherma seguendo gli ordini. Era tutto a posto: Robert si preoccupava per niente. Ma dopo qualche scambio il tizio le diede un calcio al ginocchio mandandola al tappeto.
«Che succede lì?» intervenne il sergente vedendo il ragazzo che si contorceva al suolo tenendosi la gamba. Jonathan piombò tra loro come una furia.
«Sergente, ho visto quest'uomo dare un calcio al ragazzo» disse livido.
«Non è vero, è stato un incidente. È inciampato sulle sue gambe... Quel soldo di cacio non sa nemmeno stare in piedi!» si difese l'irlandese con arroganza.
Jonathan lo fissò con odio.
«Ti ho visto, O'Brian. Sergente, punisca quest'uomo, io mi occupo del ragazzo» disse tra i denti. Poi aiutò Sabrina a rialzarsi e la sostenne passandosi il suo braccio sopra le spalle. Lei si lasciò sfuggire un gemito e strinse i denti. Era pallida.
Robert fece per avvicinarsi, ma Jonathan lo bloccò con un'occhiata: non era il caso di attirare ancora di più l'attenzione.
«Su, scansafatiche, rimettetevi al lavoro. Lo spettacolo è finito» ordinò il capitano mentre con difficoltà i due si allontanavano dal gruppo.
«Non portarmi dall'ufficiale medico» pronunciò Sabrina a fatica, serrando la mascella per non lasciarsi scappare nessun lamento, ma zoppicava vistosamente.
«Non sono mica stupido» rispose freddo il fratello, ancora pieno di rabbia per la scena cui aveva assistito.
Presero la via dell'ospedale da campo a beneficio degli spettatori, ma appena furono lontani da sguardi indiscreti Jonathan virò verso la sua tenda e aiutò la sorella a stendersi sulla sua branda. Dopodiché chiuse i lembi di stoffa stringendo bene i legacci per evitare che qualcuno potesse spiare.
Sabrina era pallida, la fronte imperlata di sudore.
Jonathan si lasciò cadere seduto sulla branda di Robert e si prese la testa tra le mani.
«Passerà» cercò di confortarlo la sorella.
Il giovane alzò lo sguardo e si lasciò sfuggire una risatina isterica.
«Già, quel tipo ti ha quasi spezzato un ginocchio, ma non è niente di grave!»
Sabrina rise tra le lacrime e poi si prese la gamba tra le mani stringendo.
«Va bene,» sospirò «vediamo un po' che aspetto ha.»
Si avvicinò alla sorella e le fece scivolare il pantalone e i mutandoni di flanella sulla gamba. Vedendo com'era gonfio e livido il ginocchio, Jonathan espirò con forza e prese una decisione.
«Ci serve un dottore» sentenziò.
«No... il dottore no! È troppo pericoloso... non è niente» protestò lei.
«Ascoltami. Prima di tutto, se non ti porto in infermeria il capitano lo verrà a sapere; secondo, non ho la minima idea di come curarlo.»
«Non importa, passerà da solo!» supplicò lei.
«I pantaloni solo larghi... si riesce a vedere il ginocchio senza toglierli, non dovremmo avere problemi.»
«Ti prego, Jonathan!»
«E poi, nell'ospedale da campo hanno già il loro bel daffare con tutti i malati... non avranno troppo tempo da dedicarti» continuò ragionando ad alta voce.
«E se il tizio vuole fare una visita più approfondita?» piagnucolò lei.
«Ci penso io... Andiamo!»
E risoluto l'aiutò a rialzarsi tra le proteste.
«Se mi fai scoprire, ti strozzo» sussurrò piena di livore.
«Tu non parlare, gestisco io la situazione» rispose proseguendo deciso, mentre ragionava su cosa avrebbe dovuto dire.
Giunti all'ospedale da campo, l'aiutò a sedersi a terra appena dentro il tendone. Non c'erano sedie o brande disponili, il posto traboccava di soldati febbricitanti o sfibrati dalla dissenteria dilagante, mentre gli ufficiali medici sfilavano tra i letti seguiti dagli infermieri.
Jonathan li osservò per qualche istante, poi ne scelse uno piuttosto giovane e lo fermò.
«Signore, abbiamo un soldato infortunato. Ha preso un forte colpo al ginocchio» pronunciò deciso, poi, rivolgendosi alla sorella, continuò: «Soldato, alzati il pantalone e fai vedere cosa hai combinato.»
Sabrina eseguì con mani tremanti l'ordine, pallida non solo per il dolore.
L'ufficiale rivolse un breve sguardo al tenente e si accucciò di fianco alla ragazza per dare un'occhiata. Tastò un po' l'articolazione strappandole qualche gemito, poi si rialzò.
«È una distorsione, niente di rotto. Qualche giorno a riposo e tornerà come nuovo, è così giovane...»
«Bene, hai sentito McEnzie? Nulla di cui preoccuparsi, torniamo dal resto della compagnia.»
«Se permette, tenente, prima vorrei almeno fasciarlo per tenerlo fermo.»
Sabrina trattenne il respiro.
«Va bene, è lei il dottore. Ma faccia in fretta» rispose sbrigativo.
Il giovane ufficiale sembrò intimorito dall'autorità del suo coetaneo e si affrettò a farsi portare delle bende da un infermiere, procedendo con una fasciatura spedito mentre parlottava tra sé.
Sabrina colse solo qualche sillaba mozzicata, ma intese che non era contento di dover eseguire un lavoro così dozzinale.
«Ottimo» commentò Jonathan esaminando la fasciatura, mentre con un cenno faceva intendere a Sabrina di coprirsi e prepararsi ad andarsene.
«Forse sarebbe meglio lasciarlo qui, per oggi. Non abbiamo letti, ma potremmo dargli un'occhiata più tardi» azzardò il giovane medico.
«Non serve, starà comodamente seduto ad assistere all'esercitazione della sua compagnia. Comunicherò al capitano che necessita di riposo.»
Il medicò lo fissò un po' disgustato, che bisogno c'era di rimetterlo in movimento così presto? Non erano sul campo di battaglia! Poi, sospirando, si arrese all'insensibilità di quel tenente e si rivolse al ragazzo.
«Mi raccomando, non forzare il ginocchio. Se nel giro di qualche giorno non migliora, torna qui. Ti procuro delle stampelle.»
E così dicendo, si allontanò e tornò con un paio di stampelle consunte. Insieme l'aiutarono a rialzarsi da terra e, dopo un breve ringraziamento formale da parte del tenente, i due si allontanarono sotto lo sguardo vigile del giovane medico.
Sabrina aveva il fiatone, un po' per l'ansia un po' per la velocità sostenuta con cui se ne erano andati. Camminare saltellando sostenendosi a quei pezzi di legno non era proprio comodo. Svoltato dietro ad alcune tende, Jonathan si fermò e tirò il fiato, imitato dalla ragazza che si teneva in equilibro su una gamba sola.
«Andata...» commentò.
«Già... certo che gliene hai messa di fretta! Ti guardava come se fossi il mio aguzzino...»
Il giovane sorrise.
«L'importante è che non ti abbia messo troppo le mani addosso... ma mi sembrava talmente in soggezione dal mio modo burbero da non essersi neppure accorto della tua gambetta liscia.»
«Lo credo anch'io» rispose, poi scoppiò a ridere per il sollievo. «A proposito, cosa vuol dire "distorsione"?»
«E che ne so...»
Sabrina lo fissò con una punta di delusione.
«Vorrà dire che si è girato, torto o qualcosa del genere, l'importante è che non sia rotto» sospirò esasperato, poi, intuendo che la risposta non fosse sufficiente, rincarò la dose: «Vuoi tornare a chiedere delucidazioni? A farti palpeggiare ancora un po'?»
Sabrina scosse la testa, spaventata.
«No, no... è che spero non rimanga storto per sempre...»
«Tornerà a posto, non preoccuparti. L'ha detto anche lui: qualche giorno e sarai come nuova» tentò di consolarla mettendole le mani sulle spalle e guardandola negli occhi. La prospettiva di rimanere zoppicante l'aveva alquanto abbattuta.
Rimasero in silenzio a fissarsi per qualche istante, poi Jonathan decise di cambiare argomento.
«Adesso, dobbiamo risolvere l'altro problema» pronunciò serio.
«Quale?»
«O'Brian. È lui il tuo problema.»
La ragazza tacque, le pupille leggermente dilatate a rivelare che aveva colto nel segno.
«Non devi preoccuparti, io cerco di stargli alla larga... È solo uno stupido, annoiato e sempre ubriaco. Ma se non mi vede, non si ricorda nemmeno che esisto...» minimizzò dopo una lunga pausa.
Jonathan la scrutò poco convinto, sembrava che la sorella stesse rassicurando più se stessa. Quindi ci aveva visto giusto: quel tipo doveva aver ripreso a perseguitarla. L'effetto della sua minaccia era andato scemando. Ma era evidente che lei non voleva lamentarsi né parlarne da come aveva preso a guardarsi intorno nervosa.
«Va bene, ma se ti provoca o infastidisce di nuovo, vieni a dirmelo. Oggi abbiamo rischiato grosso. Spero solo che il sergente abbia dato una bella ripassata a quell'idiota...» concluse senza insistere oltre.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top