6- Curiosità
La mattina di Natale si recarono tutti insieme in chiesa. Era una piccola costruzione di legno con un semplice altare e una croce, una serie di panche schierate, alcune traballanti, e nessun dipinto a rallegrare l'ambiente. Era per di più una chiesa protestante e loro erano cattolici, ma in quel posto ai confini del mondo bisognava accontentarsi. Marie sperava sempre nell'arrivo di un qualche prete al passaggio delle carovane, ma sembrava più facile trovare l'oro in California. Per questo motivo aveva deciso di gestire la religione in casa e recarsi in chiesa solo in occasioni speciali, giusto per sentirsi vicina alla comunità cristiana di quella cittadina.
Non le piacevano le funzioni protestanti, mancava il senso del rito a lei tanto caro fin da bambina: la trasformazione del vino e del pane nel corpo e sangue di Cristo, l'eucarestia, le preghiere rivolte ai Santi e a Maria Vergine per cui lei aveva una profonda devozione. Però doveva ammettere che il pastore di quella piccola comunità era un uomo saggio e i suoi sermoni intrisi di una piacevole morale che poteva condividere. Tanto che aveva spinto i suoi figli a partecipare alla scuola domenicale per imparare qualcosa sulla Parola del Signore, salvo poi dover ribadire ogni volta che loro erano cattolici ed erano tenuti a disprezzare quella forma personalistica di religione. Era un po' troppo ipocrita per i suoi gusti quella possibilità di auto perdonarsi e ritenersi già salvi solo per il fatto di essere credenti; la verità stava nel rito romano e lei sperava che prima o poi avrebbero avuto anche un prete cattolico da quelle parti.
Suo marito non aveva posto condizioni alla gestione dell'educazione religiosa e i figli accettavano quelle stravaganze senza protestare, in particolar modo Sabrina che non intendeva granché di tutti i dubbi morali della madre e trovava naturale pregare in casa e in seguito recarsi in quella chiesa protestante. In fondo si parlava sempre di Dio e poi lei comprendeva metà delle cose che venivano dette, pur sforzandosi di prestare attenzione. Chissà se i suoi fratelli capivano tutto o fingevano interesse... ma non aveva mai osato chiederglielo.
La funzione pareva particolarmente lunga quella mattina: forse perché era Natale e la bambina non vedeva l'ora di tornare a casa e aprire il piccolo pacchetto con il suo nome, o forse perché aveva freddo a starsene lì ferma e l'acquolina in bocca pensando al pranzo che avevano preparato con cura. Tendeva a distrarsi scrutando le facce intorno a sé e si accorse che anche il fratello maggiore sembrava poco attento. Lanciava occhiate furtive in giro e ogni tanto si soffermava a fissare in una direzione che non era quella del pastore. Sabrina provò a seguire la traiettoria del suo sguardo e notò che c'era una ragazza poco distante. Non ne era sicura: forse si trattava di Jennifer Dawson, ma con i capelli raccolti in una strana ed elaborata pettinatura che la faceva apparire decisamente più grande dei suoi tredici anni. Rimase per un po' a studiarla fino a che fu richiamata da Marie che la invitava a stare attenta.
Jonathan, in effetti, guardava proprio la ragazzina: analizzava il suo collo sottile, libero dai capelli, e il suo profilo dolce quando si voltava in direzione della madre. Era cresciuta in quei mesi e il ragazzo la osservava affascinato. Si domandava come avrebbe potuto farsi notare da lei e si chiese se fosse abbastanza elegante avvolto nella sua giacca della domenica. Si passò una mano tra i capelli, nervoso: si era pettinato con cura quella mattina quindi non aveva di che preoccuparsi, ma un ciuffo ribelle gli ricadeva di continuo davanti agli occhi e cercava di sistemarlo. Poi si rese conto che suo padre lo stava ammonendo con lo sguardo e capì che avrebbe fatto meglio a smetterla. Passò il resto della funzione a stropicciarsi le mani e sentì ben poco del sermone natalizio.
All'uscita della chiesa si fermò con tutta la sua famiglia davanti all'ingresso. Mentre i suoi genitori parlavano con alcuni conoscenti e si scambiavano gli auguri, ne approfittò per scrutare i fedeli in uscita in attesa della ragazza. Suo fratello gli era accanto e salutava con la mano i loro amici.
Poi la vide uscire in compagnia della sua famiglia: era così cambiata! Pareva una giovane donna e sentì che gli si fermava il respiro. Lei gli passò accanto senza nemmeno accorgersi della sua esistenza: chiacchierava con la madre e non sembrava badare a nessuno di quelli che le erano intorno.
«Buon Natale, Jenny! Signora Dawson...» salutò rispettosamente un ragazzo, togliendosi il berretto, e lei gli sorrise ricambiando.
Jonathan si chiese perché non aveva avuto il coraggio di fare lo stesso, poi si accorse che quel tipo lo guardava con un sorrisetto soddisfatto.
Era Thomas McEnzie! Probabilmente l'aveva notato e aveva voluto umiliarlo. Jonathan sentì montare la collera e strinse i pugni. Thomas si avvicinò.
«I fratelli Becker! Che fortuna incontrarvi stamattina, buon Natale!» li apostrofò con finto rispetto. Poi, rivolgendosi a Sabrina che si era unita loro, la salutò con un sorriso.
La bambina arrossì e rispose al saluto.
«Tornatene a casa, McEnzie, e non avvicinarti a mia sorella» gli disse Jonathan spingendolo via.
Il ragazzo si allontanò ridacchiando.
«Tu lo conosci quello?» si rivolse alla sorella per la prima volta dal loro arrivo.
«Be', non siamo in molti qui a Eagle Station... poi frequenta la scuola, ricordi?» si giustificò intimorita.
«Farai meglio a stargli alla larga. Andiamocene a casa, Robbie.»
Sabrina rimase da sola e, senza capire bene perché suo fratello sembrasse tanto arrabbiato, tornò dai suoi genitori.
Il pranzo si era concluso e se ne stavano tutti nella sala davanti al camino, immersi in un piacevole torpore. Marie leggeva per tutti ad alta voce un pezzo tratto da I pionieri di J.F. Cooper, che aveva acquistato a Boston prima di trasferirsi. Robert ascoltava affascinato mentre Jonathan sembrava vagare tra i suoi pensieri con aria torva, Sabrina giocava con alcuni nastri di raso nuovi che aveva ricevuto in dono e John era impegnato a pulire la sua Colt Navy 1851.
Marie si concesse una pausa per andare a bere un po' d'acqua e la bambina, lasciato da parte il suo regalo, si avvicinò incuriosita al padre.
«Che cosa state facendo?» chiese timidamente.
«Ripulisco la canna dalla polvere da sparo, vedi questi segni?» rispose sorridendo compiaciuto.
La bambina si avvicinò maggiormente e i suoi fratelli si accostarono al padre, incuriositi a loro volta.
«Posso toccarla?» chiese la bambina con gli occhi che brillavano di eccitazione.
«Sabrina! Non è un giocattolo!» intervenne la madre, spegnendo sul nascere l'entusiasmo della bambina.
Il capitano, vedendo la delusione di sua figlia e sentendosi intenerito dal primo contatto spontaneo che fosse avvenuto da tempo, minimizzò.
«Suvvia, Marie, permettile di guardare: non è carica» e così dicendo chiuse il tamburo e gliela porse, strizzando l'occhio con fare complice.
Sabrina sorrise eccitata, allungò le manine per prenderla e quasi la lasciò cadere da quanto era pesante.
«Guarda che te la fai scivolare su un piede!» intervenne Jonathan tentando di strappargliela dalle mani, ma la bambina se la strinse al petto.
«L'ha data a me» ribatté con un piglio caparbio.
Il capitano rise e Marie si stupì di vedere il marito così rilassato, anche se non approvava che sua figlia prendesse in mano un'arma, un oggetto così poco adatto a una bambina.
Sabrina, dopo essersi allontanata qualche passo dal fratello per evitare che riprovasse a strappargliela, abbassò lo sguardo sul revolver e lo soppesò tra le mani, affascinata. Era davvero pesante per essere così piccolo, poi notò dei segni sul tamburo e si mise a esaminarli da vicino passandoci sopra un ditino.
«Cosa sono queste linee?» si risolse infine a chiedere. «Sembra un disegno...»
Il padre gliela prese dalle mani, mentre la madre scuoteva il capo contrariata da quell'interesse, e le fece esaminare il tamburo da vicino sostenendo l'arma sul palmo e indicando i segni da lei individuati.
«Queste sono vele, vedi? Tante piccole vele, il tamburo è un po' graffiato, ma ancora puoi distinguere il disegno: si tratta di una battaglia navale.»
«E perché una battaglia navale?» insisté la bambina mentre la madre cercava di trattenere un moto di stizza.
«Perché questo modello si chiama "Navy": quando l'hanno progettato penso che lo volessero usare per la Marina, ma poi l'hanno dato in dotazione a tutto l'esercito.»
La bambina sollevò i grandi occhi neri verso il padre e lo guardò affascinata. Possibile che fosse davvero interessata a quell'oggetto così poco femminile, si chiese l'uomo, o stava solo fingendo per compiacerlo?
«E questo cos'è?» domandò indicando il cane.
I due fratelli si erano fatti più stretti intorno e insieme i quattro formavano un bel gruppetto mentre la madre se ne stava in piedi in disparte, trasudando disapprovazione.
«Questo serve per armare la pistola, lo tiri su e poi premi il grilletto per sparare.»
«Quindi non basta premere il grilletto?»
«No, vedi come è molle?» le disse permettendole di provare a muoverlo con il dito. «Se invece alzi il cane, senti come è più resistente? Non premerlo però: se spari a vuoto, rischi di danneggiare il meccanismo...»
Sabrina ritrasse la mano spaventata: non osava immaginare cosa poteva succedere se avesse fatto qualche danno.
«Padre,» intervenne Robert «è necessario armare il cane prima di ogni sparo?»
«Sì, certo.»
«E adesso che il cane è alzato? Come fate a rimetterlo a posto senza sparare?» chiese Jonathan, il cui piglio torvo era sparito non appena avevano cominciato a parlare dell'arma.
Il padre lo tirò indietro ancora di più e poi lo riaccompagnò con attenzione nella sua posizione.
«Così» disse semplicemente.
«Posso provare anch'io?» domandò Jonathan.
Il padre gliela porse e la madre si allontanò fingendo di essere impegnata in cucina: questo era troppo da sopportare, tra un po' li avrebbe portati fuori per il tiro al bersaglio. Che incosciente!
Il ragazzo prese l'arma, la soppesò un attimo e tese il braccio avanti a sé come per prendere la mira, ma dopo pochi istanti si rese conto che la mano tremava leggermente e la ritrasse.
Il padre lo guardava divertito.
«È pesante, non è vero?»
Il ragazzo annuì imbarazzato, gli scocciava ammetterlo, e su insistenza del fratello minore gli passò l'arma e lo lasciò provare a sua volta.
«È normale tremare...» lo rassicurò il genitore «anche un uomo più forte di te deve sbrigarsi a prendere la mira, altrimenti dopo un po' diventa difficile colpire il bersaglio.»
«E se faccio così?» chiese Robert puntando la pistola con due mani.
«Sembrerebbe una buona soluzione, ma se sei a cavallo non è prudente... nella concitazione della battaglia potresti faticare a recuperare le redini.»
Robert lasciò cadere le braccia pensieroso, suo padre aveva ragione.
«Ma se proprio vuoi tentare, tieni le redini con la sinistra e appoggia la canna della pistola sull'avambraccio, così» disse il padre prendendo l'arma e dando una breve dimostrazione.
«E come si carica?» chiese Sabrina.
Il padre fece fare solo uno scattino al cane, mostrando come in questo modo il tamburo fosse libero di girare manualmente.
«È necessario inserire una pallottola e la polvere da sparo in ogni camera di scoppio, poi usare questo calcatoio incernierato sotto la canna per spingerle bene in fondo» spiegò.
«Sembra complicato...» commentò la bambina.
«Ci vuole almeno un minuto per ricaricarla, ma poi hai sei colpi a disposizione» rispose l'uomo strizzando l'occhio.
«Fatti più in là.»
Jonathan spinse la sorellina per guadagnare una visuale più favorevole e lei, risentita, restituì lo spintone.
«Ehi, come ti permetti, ragazzina!?»
«Fatti in là tu, c'ero io qui!» ribatté.
«Adesso basta!» intervenne la madre a dividerli, mentre John rimaneva zitto a guardare quella bambina che da timida e riservata si era accesa come una fiammella non appena aveva visto i suoi diritti calpestati. Non si aspettava una tale irruenza da lei.
«Sabrina, smettila di giocare con quella pistola e vieni a darmi una mano: non sono cose adatte a te!»
La bambina si accigliò immediatamente a quel richiamo e, seguendo la madre, non si trattenne dal fare una linguaccia a suo fratello strappando un sorriso a suo padre. Quindi la piccoletta aveva del carattere, non era così remissiva come sembrava.
Il capitano non poteva immaginare quanto quelle poche nozioni sulle armi sarebbero rimaste impresse nella memoria di sua figlia e che lei avrebbe sempre rimpianto di non aver avuto il permesso di saperne di più per essere in grado di difendersi al momento opportuno.
Restarono ancora un po' a parlare della pistola e la piccola lanciava occhiate invidiose al trio mentre aiutava Marie a rammendare delle calze. Avrebbe voluto ascoltare ancora, se non fosse stato per quel prepotente del fratello magari la madre non l'avrebbe richiamata all'ordine e l'avrebbe lasciata lì con loro, pur sapendo per certo che non approvava e che probabilmente le avrebbe fatto una bella ramanzina in privato, ricordandole cosa fosse adatto alle signorine e cosa no.
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