59- Lettera di Natale


Era ormai la vigilia di Natale e il Quinto Cavalleria era stato spedito a svernare a Camp Denver, vicino a Barnesville, nel Kansas. Jonathan aveva tirato un sospiro di sollievo scoprendo che non sarebbero tornati a Fort Scott: almeno suo fratello non si sarebbe rimesso a indagare sulla faccenda delle forniture.

La partenza improvvisa del reggimento per pattugliare i confini con il Missouri era servita a distrarlo da quella missione.

Lamar, Carthage, Preston divennero luoghi familiari in quel mese e mezzo di spostamenti continui e a Jonathan non pesavano le continue marce: l'importante era stare distanti da Fort Scott, e da Mound City. Anche se il pensiero di Robert correva continuamente a quei luoghi con riflessioni disperate su Emily. Quella non era riuscita a togliergliela dalla testa, aveva sospirato Jonathan.

Sapeva che si era preso un giorno di licenza e si era recato in città in cerca di notizie. Erano di stanza a Fort Lincoln, abbastanza vicino a Mound City, e non aveva resistito alla tentazione. Non aveva voluto ammetterlo, ma Jonathan l'aveva intuito. E aveva intuito anche che non aveva cavato un ragno dal buco con quella visita.

Nessuno sapeva dirgli che fine aveva fatto la ragazza, era riuscito a estorcergli dopo un estenuante interrogatorio. Forse l'avevano spedita in qualche prigione federale a Washington, ma lo sceriffo era stato vago e restio e dare informazioni più precise e lui non aveva potuto insistere più di tanto per non destare sospetti.

L'atmosfera natalizia non aiutava a sedare la malinconia. Ovunque nel campo gli uomini si ritrovavano a cantare qualche carola, leggere lettere e avevano addirittura allestito una specie di albero di Natale, decorando un piccolo arbusto con candele e pezzi di nastro e stoffa raccattati in giro.

Vedere quel tentativo di normalità faceva stringere lo stomaco a Jonathan. Camminava per le tende allineate senza meta apparente e scrutava i soldati riuniti a gruppetti mentre i suoi passi scricchiolavano sul terreno ghiacciato. Non sarebbe stato un Natale felice, niente feste e balli per quell'anno, e soprattutto niente famiglia riunita. Sabrina se ne stava con gli altri uomini con il muso lungo e Robert era troppo malinconico per essere di compagnia. Per di più aveva nevicato e un freddo pungente penetrava nelle ossa. Passare l'inverno in quel posto senza nulla da fare non sarebbe stato piacevole.

Tirando un calcetto a un sasso che gli intralciava il passaggio, sospirò e raggiunse il fratello. Una lettera era giunta da Fort Leavenworth.

«Robert» lo chiamò distogliendolo dalla sua opera di rammendo. Il ragazzo, seduto su uno sgabellino davanti alla loro tenda, alzò gli occhi dalla calza bucata che stava sistemando con punti grossolani e vide il fratello che gli sventolava davanti una busta.

Conficcò l'ago nella stoffa e mise da parte il lavoro, prendendola.

«È di nostro padre?» domandò Jonathan tirando una cassa vicino al fratello e accomodandosi, annoiato. Poi afferrò la sua borraccia e bevve un sorso d'acqua mentre Robert annuiva rimirando il messaggio.

«Be', non la apri?» chiese mettendo via la borraccia e appoggiando gli avambracci sulle cosce, sporgendosi in avanti.

Robert se la rigirò un po' tra le mani, indeciso.

Alla fine capitolò: era inutile tentare di nascondere qualcosa a suo fratello, tanto sarebbe venuto a saperlo prima o dopo.

«Ho chiesto a nostro padre di aiutarmi con Emily...»

Jonathan sgranò appena gli occhi, ma mantenne un'espressione impassibile.

«Davvero?» chiese fingendo noncuranza.

«Ho pensato che con le sue conoscenze avrebbe potuto smuovere un po' le acque... scoprire che fine aveva fatto...»

«Gli hai detto che ti sei innamorato di una spia?» domandò incredulo.

Robert annuì, arrossendo appena.

Jonathan rimase in silenzio. Suo fratello aveva avuto un bel coraggio a chiedere un favore del genere e a rivelare a suo padre una relazione con una donna rivelatasi poi una spia...

«Be', ormai sei qui. Vuoi sentire che ha da dirmi? Magari mi disereda...» cercò di alleggerire la tensione, ma la voce tremava.

«Forza, aprila» si limitò a rispondere, serio.

Caro Robert,

«Almeno mi definisce "caro"...» tentò di sdrammatizzare e, vedendo che il fratello non rideva alla battuta, tossicchiò appena e continuò a leggere.

La notizia che mi hai comunicato mi ha lasciato senza parole. So che sei un giovane assennato e mi rammarico che tu sia stato abbindolato in questo modo, da una donna che per di più sembrava di buona famiglia. Dove andremo a finire se non possiamo più fidarci nemmeno delle signore? Questa guerra ci sta riservando una serie di sorprese che avrei preferito non vedere.

Ti confesso che sono stato molto indeciso, ma alla fine ho provato a chiedere informazioni tramite il mio superiore. Mi fido di te e se quella donna ti era parsa degna di stima, ho pensato che valesse la pena soddisfare la tua richiesta.

Sembra che sia stata mandata a Washington, alla Old Capitol Prison, e che sia là in attesa di giudizio. Questa storia ha generato un certo imbarazzo perché nessuno sa bene come il caso vada trattato: se fosse stata un uomo l'avrebbero impiccata subito, probabilmente, ma essendo una signorina nessuno sa prevedere cosa succederà.

«Be', almeno adesso sai che è ancora viva e che forse lo rimarrà...» intervenne Jonathan scrutando il fratello per capire cosa stesse provando. Il volto di Robert era cereo.

Deglutì a fatica prima di rispondere:

«Non è finita...» e il fratello lo incoraggiò a continuare.

Qualunque sia il suo destino, comunque, mi auguro che tu capisca che è meglio per te dimenticarla. Non è una compagna di vita adatta a te. Ci sono tante brave ragazze fedeli all'Unione: non avrebbe senso correre dietro a una donna del genere, capace di mentire con tanta abilità e agire in questo modo sconsiderato.

Mi auguro che tu faccia la cosa giusta e non tenti di metterti in contatto con lei adesso che sai dove si trova.

Hai la mia fiducia.

Dopo aver letto queste parole sollevò il volto verso il fratello e sopirò, senza riuscire a dire altro. Sentiva un groppo in gola difficile da eliminare e stringendo le labbra si sforzò di respirare normalmente e controllare le sue emozioni.

Jonathan lo fissò in silenzio.

Cosa doveva dirgli? Che suo padre aveva ragione? Che avrebbe di sicuro trovato una donna migliore? Che avrebbe parlato anche con lui in quel modo se avesse saputo di Lizzie? Che non poteva sperare nella sua benedizione? E se davvero l'aveva sperato, che era un inguaribile sciocco?

«Dillo...» sussurrò.

«Cosa?» Jonathan sembrò risvegliarsi dai suoi pensieri.

«Quello che pensi... Che sono stato uno stupido a chiedere a nostro padre un aiuto, non perché non me l'avrebbe dato, quanto perché mi avrebbe detto quello che non volevo sentire: di lasciar perdere» pronunciò a fatica trattenendo lacrime di rabbia.

Jonathan non rispose, si passò le mani tra i capelli sospirando, poi gli posò una mano sulla spalla guardandolo fisso negli occhi.

«Robert... nostro padre può anche essere di questa idea, però la vita è tua e sei tu a decidere. Io spero che lasci perdere, ma se vorrai provare ancora a metterti in contatto con lei, non sarò io a impedirtelo.»

L'aveva detto davvero! Non riusciva quasi a credere alle sue parole. Perché non aveva approfittato del momento per convincere il fratello a togliersi quella femmina dalla testa?

Vedendo lo sguardo d'affetto che Robert gli rivolse, capì di non poter più tirarsi indietro.

Il giovane annuì, inspirando forte con le labbra serrate per non farsi scappare nemmeno una lacrima.

«Grazie» rispose.

«C'è altro nella lettera?» chiese Jonathan per cambiare discorso.

Robert riaprì il foglio e, lisciando alcune pieghe, riprese a leggere.

Per quanto riguarda l'altra questione, avrei preferito non parlarne, ma dato che me l'hai chiesto ti rispondo.

Tua sorella non è tornata, spero solo che abbia un buon motivo per fare questo affronto a suo padre. Con questo intendo che temo sia morta, ma lo spero al contempo.

I due si scambiarono un'occhiata senza dire niente.

«Perché diamine gli hai chiesto di Sabrina?» chiese freddo Jonathan dopo un lungo silenzio. Era pallido.

«Me l'ha domandato lei! È da mesi che nostro padre ci scrive e non ha mai fatto cenno della sua scomparsa se non un paio di righe fredde a settembre... Sabrina voleva tentare di capire i suoi sentimenti. È comprensibile che si senta ignorata e non amata, vista l'indifferenza che le mostra» cercò di giustificarsi Robert. Improvvisamente si rese conto di quanto ogni riga di quella lettera fosse stata una pessima idea.

Jonathan rimase zitto a riflettere.

«Fai sparire questa lettera, non deve vederla» chiosò serio.

«Ma prima o dopo mi chiederà di vedere la risposta di nostro padre...»

«Tu nascondila, ci inventeremo qualcosa. Non deve sapere che suo padre la preferirebbe morta piuttosto che scoprire che è a bighellonare in giro per il Kansas, incurante dell'affronto che gli ha fatto.»

«Se scopre che è con noi travestita da soldato, la scuoia... e noi rischiamo di fare la stessa fine» concluse Robert a fatica. L'enormità della loro azione era tutta lì, in quelle poche righe.

«Esatto... ma non lo scoprirà. Fai sparire quella roba» ribatté deciso Jonathan alzandosi e prendendolo per le spalle.

Robert annuì e si sbrigò a nasconderla nel tascapane appeso dentro la tenda. Quando tornò fuori capì che il fratello se n'era andato. Per quanto avesse voluto sembrare deciso e sicuro, era chiaro che le parole del padre l'avevano profondamente turbato.

Anche lui era scosso. Lasciandosi cadere nuovamente sullo sgabellino, prese del tabacco e cominciò a masticarlo con furia: era certo che il padre amasse i suoi figli, sapeva essere giusto e affettuoso nonostante la facciata severa, ma scoprirlo così risoluto nei suoi giudizi, prima verso Emily e poi verso Sabrina, gli diede una spiacevole sensazione. Qualcosa si era definitivamente rotto e non sarebbe più stato possibile aggiustarlo.

La mattina di Natale l'adunata sembrò più deprimente del solito, se possibile. Molti uomini avevano fatto bisboccia, per annegare la mestizia e la malinconia, e ora sui loro visi si potevano leggere tutti i postumi dei loro eccessi.

Jonathan si tirò su il bavero del cappotto per ripararsi dal nevischio che tagliava la faccia e si concesse di osservare la sorella giusto un po' più a lungo.

L'aveva trovata ubriaca e piangente la sera prima. Se non avesse temuto per la sua copertura, probabilmente si sarebbe impietosito a vederla in quello stato, vittima della malinconia indotta da quei festeggiamenti solitari lontano da casa. Invece l'aveva sgridata e le aveva immerso la testa nell'acqua ghiacciata fino a che le sue proteste biascicanti si erano trasformate in un qualcosa di più deciso.

Non aveva voluto parlare con lui, ma almeno se n'era andata camminando dritta. Quanto bastava per non farsi beccare da qualche altro ufficiale in quello stato pietoso.

Adesso se ne stava lì sull'attenti con lo sguardo perso nel vuoto, ma sembrava pensierosa piuttosto che annebbiata, a differenza di molti suoi commilitoni.

Sospirando volse lo sguardo sul fratello, serio e impassibile mentre il capitano augurava buon Natale e al contempo eseguiva la sua reprimenda sugli eccessi della Vigilia. Anche lui era pensieroso e Jonathan non faticava a immaginarsi quali tormenti affollassero la sua testa.

Si abbassò la tesa del cappello sugli occhi per ripararli dal vento e sospirò nuovamente. L'inattività dei mesi invernali rischiava di diventare ancora peggiore se quei due non la smettevano di rovinargli l'umore con i loro musi lunghi.

Il Rompete le righe arrivò come una manna dal cielo per liberarli tutti. Molti soldati si allontanarono barcollando per la nausea o tenendosi la testa per il dolore, grati che quel supplizio fosse finito e decisi ad andarsi a stravaccare da qualche parte per smaltire la sbronza.

Jonathan raggiunse Robert dentro la tenda con il bricco del caffè fumante. Lo appoggiò a terra e si scrollò di dosso la neve rabbrividendo, poi lo versò nelle tazze di latta fingendo indifferenza. Robert fissava il vuoto rimuginando. Ringraziò appena per il caffè e prese a sorseggiarlo in silenzio.

Il più grande afferrò una galletta e cominciò a sgranocchiarla senza togliergli gli occhi di dosso, ma il fratello non lo vedeva nemmeno, impegnato com'era a riflettere.

Cosa stai architettando? Pensò. Se ne stava lì con la tazza fumante in mano e gli occhi fissi su un'immagine che solo lui poteva vedere.

Alzandosi di scatto, estrasse un piccolo specchio dalla cassa ai piedi della branda e si rimirò, il fratello non sembrava nemmeno essersene accorto. Tossicchiando attirò la sua attenzione.

«Dovrei farmi la barba...» lanciò lì con noncuranza. «Scaldo un po' d'acqua, vuoi rasarti anche tu?»

Il fratello non rispose.

«Ehi, Robert, sto parlando con te!» lo richiamò.

Il giovane sembrò riscuotersi dal suo torpore e uscendo a fatica dai suoi pensieri rispose con un semplice "Eh?".

«Lascia perdere...» replicò stizzito e fece per uscire a mettere in atto il suo piano.

«Ehi, Jonathan, stavo pensando... e se le scrivessi una lettera? Giusto per augurarle Buon Natale e non farla sentire troppo sola...»

Il giovane si bloccò, irrigidì le spalle, poi con un sospirò lasciò ricadere il lembo della tenda e tornò sui suoi passi.

Si sedette sulla branda passandosi le dita tra i capelli, poi rivolse la sua attenzione al fratello.

«Trovo che sia una pessima idea» pronunciò serio.

Robert deglutì e non rispose.

«Ascoltami, non ti voglio convincere a lasciar perdere Emily, solo che scriverle non è una buona idea...»

«Perché no?»

Robert si era irrigidito e il giovane capì che avrebbe dovuto usare tutto il suo tatto per non farlo chiudere a riccio.

«Perché» prese a dire con un tono il più calmo possibile «sono convinto che tutta la sua posta sarà aperta e controllata da qualcuno. Dopotutto è in carcere perché accusata di spionaggio... Quindi il tuo nome finirà nella lista dei sospettati.»

Robert non rispose, ma le parole di Jonathan sembravano aver fatto breccia.

«Ascoltami... cosa potresti scriverle per non destare sospetti? Di sicuro non smancerie... Buon Natale? Triste. Una lettera fredda e anonima? Inutile. Vuoi rimproverarla per averti ingannato? Potrebbe servire alla tua causa, ma di sicuro non gioverebbe al tuo rapporto con lei...»

Robert sembrava ascoltarlo, dopo tutto.

«Dai retta a me... Scriverle adesso non è una buona mossa, né per te né per lei. Piuttosto pensiamo al modo di farti arrivare a Washington alla prima licenza utile, così potresti andarla a trovare alla Old Capitol Prison.»

Robert lo fissò, sconcertato.

«Sì, lo so... è una pazzia... Ma se troviamo una buona scusa, potresti fare un salto alla prigione e magari scambiare qualche parola in privato invece che far leggere tutta la tua corrispondenza ai secondini...» E soprattutto guadagneremo un po' di tempo per darti modo di dimenticarla... aggiunse solo nei suoi pensieri.

«Non hai tutti i torti» ammise.

Jonathan tirò un sospiro di sollievo: forse sarebbe riuscito a tener lontano suo fratello dai guai.

«Niente lettera» chiosò Robert buttandosi disteso sulla branda, la tazza ormai vuota appesa all'indice.

«Bene. Adesso penso a rasarmi» e così dicendo si avviò fuori dalla tenda, sollevato.

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