58- Parole dure
Se gli ufficiali preferivano disinteressarsi del problema in virtù di altre faccende più urgenti, le domande di Robert e la chiacchierata informale di Garret con il capitano della compagnia B del Terzo Fanteria avevano sortito qualche effetto. Un sottile malcontento aveva cominciato a diffondersi tra i soldati che si erano visti rifiutare da Gore la possibilità di rifornirsi della sua merce a basso prezzo e si erano dovuti recare all'emporio ufficiale.
«Volevo una caffettiera, una piccola caffettiera... nient'altro. Me l'aveva promessa per settantacinque centesimi e invece niente. Quegli strozzini all'emporio vogliono un dollaro e mezzo! Che se la tengano.»
«E perché non te l'ha fornita?»
«E che ne so! Ha detto che non può procurarsi nuova merce per il momento. E io non posso farmi un dannato caffè come si deve...»
«Sì, anche a me è successo lo stesso con una padella.»
«E il tabacco?»
«No, quello per il momento c'è. Ma ti conviene sbrigarti prima che finisca.»
«Se becco quello che si è messo in mezzo, lo concio per le feste!»
«Sssh, parla piano. Non sappiamo quale sia il problema. Solo che è una bella scocciatura: mi faceva comodo risparmiare qualche dollaro invece che farmelo portare via da quei vivandieri succhiasangue.»
Sabrina aveva colto stralci di conversazione da un gruppetto di uomini che discutevano davanti all'emporio dopo pranzo e aveva rizzato le orecchie. Un brivido l'aveva attraversata e cacciandosi le mani in tasca aveva affrettato il passo, tenendo lo sguardo basso.
Erano soldati di fanteria.
Suo fratello stava combinando qualcosa. La consapevolezza la colpì come un fulmine: era lui quello che si era messo in mezzo. E rivide gli occhi di Gore che la scrutavano sentendo un nodo allo stomaco.
Corse in cerca di Robert, ma trovò solo Jonathan che si stava dirigendo verso il lato nord del campo.
«Tenente!» lo chiamò, facendolo voltare di scatto.
Il giovane si ritrovò di fronte la sorella ansimante.
«Che succede?» chiese guardandosi intorno per capire chi fosse all'ascolto.
«Devo parlarti» pronunciò cercando di riprendere fiato.
«Va bene, seguimi, così non diamo nell'occhio.»
Sabrina lo affiancò e presero a camminare in direzione delle latrine.
«In realtà cercavo Robert» esordì.
«È uscito in ricognizione con una squadra.»
«Allora ne parlo con te... Tu sapevi di Gore?»
«Chi sarebbe?» chiese un po' annoiato.
«È un tale del Terzo Fanteria. Uno che fa affari con gli altri soldati vendendo della roba. Robert mi ha mandato da lui per far finta di acquistare degli stivali. Non so cosa avesse in mente, ma io ho rischiato di farmi prendere a pugni.»
Jonathan rallentò il passo, pensieroso. Non era stato informato della faccenda. Aveva notato che Robert era taciturno e preso dai suoi pensieri, ma credeva che fosse a causa di Emily e l'aveva lasciato stare.
«Spiegati meglio» reagì secco. Che suo fratello l'avesse tenuto all'oscuro non gli piaceva per niente.
«Non so molto altro... non ha voluto dirmi cosa stesse architettando. Mi ha solo chiesto di farmi mostrare la merce e valutarla.»
«E?»
«E... boh, non lo so. A me sembravano stivali normali, uguali a quelli che indossate voi e che la maggior parte di noi sta aspettando di ricevere. Solo che non avevo soldi per pagarli e ho dovuto darmela a gambe...»
Jonathan rimase zitto. Non era da Robert esporre sua sorella a qualche rischio: doveva aver avuto un buon motivo per farlo. Ma non riusciva a capire quale. Perché mai voleva comprare degli stivali da un soldato quando c'era un emporio?
«E perché vieni a raccontarmelo adesso?» cercò di indagare.
«Perché ho avuto un brutto presentimento. Ho sentito dei soldati di fanteria lamentarsi di dover acquistare delle cose all'emporio perché quel tizio, Gore, non era in grado di fornirgliele al momento. Dicevano qualcosa in merito ai prezzi applicati dai vivandieri... e ho pensato che ci fosse lo zampino di Robert» farfugliò. Era solo una sensazione e magari si sbagliava.
«Perché dici che c'entra Robert? Aspetta...» Jonathan si bloccò cercando di rimettere insieme i pezzi: la notizia che suo fratello era stato insultato da un soldato del Terzo, il suo gironzolare continuo intorno all'ufficio del quartiermastro, il suo silenzio... e ora i sospetti di Sabrina.
«Hai detto Gore, Terzo Fanteria... sai altro di lui?»
«Solo che è un brutto ceffo e che procura vari tipi di merce a chi glielo chiede. Preferirei non aver più niente a che fare con lui.»
«E dove si procura la roba?»
«E che ne so! Non gliel'ho chiesto!» rispose stizzita.
I due rimasero in silenzio un lungo istante poi Sabrina posò una mano timida sull'avambraccio del fratello sospirando.
«Temo che Robert si stia cacciando in qualche guaio. Quel Gore non mi pare un tipo con cui scherzare, anche se è un soldato semplice...»
«Va bene, puoi almeno indicarmi chi è? Con discrezione» chiese guardandola deciso. Sabrina tentennò solo un momento, poi sbuffò e si mise a camminare in direzione degli alloggi dei soldati.
Giunti in prossimità delle baracche, la ragazza si fermò a scrutare nervosa tra i soldati lontani cercando di individuarlo.
«Eccolo là, è quel tizio che sta ciccando con la giubba aperta» sussurrò mentre tentava di nascondersi dietro al fratello.
«Dove?» chiese Jonathan passando in rassegna i vari gruppetti di uomini che si stavano godendo la pausa.
«Là, seduto sul barile, con i capelli scuri, piuttosto piazzato...»
Il giovane lo vide e rimase un momento a osservarlo mentre chiacchierava con i suoi commilitoni, poi si voltò e spinse via la sorella.
«Va bene, grazie. Hai fatto bene ad avvertirmi, adesso ci penso io.»
Sabrina non se lo fece ripetere due volte e si allontanò in fretta, preoccupata di essere riconosciuta.
Jonathan si incamminò sicuro verso di loro, come un ufficiale di passaggio diretto chissà dove, e avvicinandosi con noncuranza intravide uno scambio. Un soldato aveva allungato a Gore una banconota e lui gli aveva consegnato un pacchettino.
«Tutto qua?» aveva sentito l'uomo protestare e Gore si era limitato a rispondere con fare arrogante: «Per adesso accontentati, vedremo più avanti».
Non appena si era fatto più vicino era calato il silenzio. Aveva percepito su di sé i loro sguardi sospettosi e aveva tirato dritto senza tentennare, ma non gli era sfuggito un sussurro. Ecco un altro di quegli ufficiali di cavalleria che viene a ficcare il naso.
Tutto gli fu chiaro all'istante. Giunto alle latrine si concesse un attimo per pensare prima di raggiungere il caporale e supervisionare il lavoro.
Robert si stava cacciando nei guai.
Aveva scoperto qualche traffico losco di merce tra i soldati e doveva aver deciso di intervenire per mettervi fine. Forse la scintilla che l'aveva portato su quella strada pericolosa era stato l'insulto che quel soldato gli aveva rivolto, magari si trattava proprio di Gore e per questo aveva ben pensato di rovinargli gli affari. O forse era semplicemente troppo onesto per tollerare simili comportamenti... come se non sapesse che accadeva anche di peggio nell'esercito.
E se invece fosse stato solo un modo per distrarre la mente e non pensare a Emily?
Doveva fermare suo fratello... Non valeva la pena di farsi dei nemici per una faccenda del genere. Che lasciasse la patata bollente agli ufficiali più alti in grado, piuttosto: lui rischiava di farsi frullare dalla macchina dell'esercito e uscirne con le ossa rotte.
Probabilmente lo sapeva, altrimenti gliene avrebbe parlato. Invece si era lanciato in questo folle progetto da solo soltanto perché aveva bisogno di accanirsi su qualcosa e dimenticare il vero motivo della sua angoscia.
Si sbrigò a portare a termine le sue faccende per poter stare un altro po' a riflettere e trovare il giusto argomento per far desistere suo fratello.
Decise di affrontarlo quella sera stessa dopo cena, aveva un piano ma non era certo che fosse la strategia migliore. Di certo l'avrebbe preso in contropiede.
«Non capisco perché tu ti vada a impelagare in una faccenda del genere...» sospirò contrariato mentre fumavano in disparte un po' di trinciato. «Se lo fai per dimostrare che sei un retto servitore dell'esercito, non è necessario» concluse fermo, sferrando il suo attacco.
«Che intendi?» Robert si irrigidì subito.
«Intendo che se vuoi metterti a fare pulizia di contrabbandieri per dimostrare che non sei un traditore, non serve. Fra qualche giorno probabilmente ci rimetteremo in marcia e tu ti stai procurando dei nemici... a che pro?» Lo guardò negli occhi mentre prendeva un'altra boccata e soffiava fuori il fumo.
Come faceva a saperlo?
«Quell'uomo sta derubando i nostri magazzini! C'è gente ancora senza scarpe e lui fa affari!» si scaldò Robert.
«Capisco... Ma a mio avviso ti sei fatto condizionare da stupidi pettegolezzi e battute triviali...»
«Cosa?!»
«È chiaro che quella donna ha infinocchiato gente con più esperienza di te!»
«Non mi faccio condizionare...» provò a difendersi, mentre la rabbia montava capendo dove volesse andare a parare.
«Senti, fratellino, permettimi di essere schietto con te. Lasciali parlare: tu sei al di sopra di ogni sospetto... Lei non ha fatto il tuo nome, no? Le informazioni migliori le ha avute da altri, con te si divertiva e basta.»
Robert serrò le palpebre e strinse la sigaretta con forza.
«Non. Parliamo. Di. Questo» pronunciò tra i denti.
«Qualcuno te lo deve dire...»
Il giovane lo fissò con rabbia. Non era il caso di andare avanti, ma Jonathan non aveva intenzione di mollare il discorso ora che lo stavano finalmente affrontando. Non si trattava solo della sua avventatezza nel prendere di petto la storia delle forniture: non sopportava più di vedere suo fratello con quell'espressione abbattuta in viso. Non gli avrebbe permesso di cacciarsi in qualche guaio solo per non pensare al suo cuore infranto o per cercare di riabilitare la sua immagine agli occhi degli altri ufficiali.
«Adesso sarò brutale. Sono stato zitto finora, ma è tempo che tu apra gli occhi. Quella era una troia.»
Robert ricevette un colpo, fu chiaro dall'assenza di respiro e dal colorito della sua pelle che divenne grigio per poi cominciare a imporporarsi.
«Come ti permetti...»
«Svegliati! Era una spia. Ha fatto gli occhi dolci a tutti qui dentro per avere le informazioni che cercava» disse secco gettando via il mozzicone.
«Emily non...»
«Le piacevi, va bene? Te lo concedo... ma invece di parlare di matrimonio, avresti speso meglio il tuo tempo a portartela a letto» concluse.
Fu un attimo.
Accecato dalla rabbia, Robert si avventò sul fratello spingendolo con forza.
«Non ti permetto di parlarmi così!» gridò.
Jonathan rischiò di perdere l'equilibrio per la spinta, ma rimase in piedi.
«Sono tuo fratello, Cristo Santo!»
«Sarà stata anche una spia, ma non era una puttana!»
«E tu come la definiresti una che ti riempie di moine in cambio di informazioni? Una pudica fanciulla? Robert, ti prego... Quella giocava a fare la santarellina, ma la sapeva lunga!»
Il giovane gli si avventò contro di nuovo, prendendolo per il bavero della giubba e tirandolo a sé.
«Stai zitto!»
Jonathan si liberò con uno strattone.
«Levami le mani di dosso e apri gli occhi! Tu te la prendi per le battutine degli altri soldati, ma la verità è che quella ha preso in giro mezzo accampamento. Io sono solo fortunato perché non era il mio tipo, altrimenti l'avrebbe fatto anche con me!»
Robert lo caricò come una furia. Caddero insieme al suolo in un groviglio di braccia e gambe. Voleva colpirlo, ma Jonathan lo teneva per i polsi cercando di levarselo di dosso senza rispondere ai suoi tentativi. Desiderava solo che suo fratello si sfogasse e calmasse, non combattere con lui.
«Che diavolo state combinando voi due!»
Il capitano si era materializzato davanti a loro mettendo fine a quella messa in scena.
Jonathan spinse via il fratello, che rotolò di lato. Rimasero a terra a fissare il superiore per un attimo prima di alzarsi in fretta, tentando di recuperare un po' di contegno.
«Che vi salta in mente? Vi stavate azzuffando come due ragazzini... Proprio voi che venite dalla scuola militare e dovreste conoscere la disciplina.»
«Era uno scherzo, non stavamo davvero litigando» rispose Jonathan candido.
Il capitano rimase a scrutarli per un lungo istante, pensavano davvero di dargliela a bere? L'altro giovane fissava il suolo contrito.
«Lei che dice, sottotenente? Stavate solo giocando?»
«Una piccola discussione di famiglia, niente di serio» rispose a fatica, portando gli occhi sul superiore e dominandosi.
«Ogni tanto ci divertiamo a stuzzicarci un po', tanto per scaricare la tensione... » intervenne Jonathan mettendo un braccio intorno alle spalle del fratello.
«Va bene... per stavolta vi occuperete dei turni di guardia di domani, così avrete tempo di pensare a quanto sia indegno un tale comportamento per un ufficiale. La prossima volta ve la vedrete con il comandante.»
«Non ci sarà una prossima volta, capitano» rispose con un sorriso innocente Jonathan mentre l'altro rimaneva zitto a fissare il superiore.
L'uomo si allontanò con un cenno e Robert si liberò dalla presa del fratello.
«Complimenti. Mi mancava una giornata nel corpo delle guardie» sibilò con stizza.
«Ehi, guarda che sei stato tu a saltarmi addosso... Io stavo discutendo civilmente» rispose alzando le braccia e facendo qualche passo indietro.
Robert sputò al suolo con rabbia e stava per rispondere con nuovo impeto quando il fratello lo bloccò.
«Possibile che io e te dobbiamo litigare sempre e solo per via delle donne?» gli chiese.
L'ira del giovane si sgonfiò all'istante.
«Capirei se litigassimo per contenderci la stessa donna, se fossimo rivali... ma così...»
Robert scosse la testa, indeciso. Cosa intendeva dirgli?
«L'unica persona che è quasi riuscita a dividerci è Sabrina, ma lei è nostra sorella, dobbiamo tenercela... Permettere a un'altra donna di farlo non ha senso, però. Non vale la pena di litigare per Emily.»
Robert sospirò sentendo quel nome, ma non era stato pronunciato con stizza o livore, il fratello aveva cercato di usare un tono gentile e lui gliene fu grato.
«No, probabilmente hai ragione, ma non mi piace quando parli di lei in quel modo irrispettoso.»
«Robert, io non biasimo la persona che hai conosciuto tu, ma la parte che ha recitato con gli altri. Sono sicuro che con te sia stata diversa, o non te ne saresti innamorato... ma la verità è che non puoi torturarti per lei in questo modo. Tu non hai fatto niente di male.»
Vedendo che il fratello si ammorbidiva piano piano, continuò.
«È giusto che tu soffra perché lei ti è stata portata via, ma non mi piace vedere come ti vergogni di quello che c'è stato tra voi. Tu non sei stato usato, non sei uno di quei fessi che le hanno dato informazioni al ritmo del palpitare delle sue ciglia... Tu eri il suo uomo, nient'altro.»
Robert annuì a fatica, sembrava che stesse per mettersi a piangere, ma non era il momento.
«Ho solo paura che ti cacci in qualche guaio con questa storia del contrabbando. Sai benissimo che di queste schifezze è piena la vita nell'esercito. Quel Gore...»
«Quell'uomo mi ha insultato, si è preso gioco del mio grado e per di più è un ladro» sibilò pieno di rancore.
Jonathan gli posò le mani sulle spalle e lo guardò fisso negli occhi.
«Lo so. Ma non vorrei che tu la stessi prendendo troppo sul personale... Se la questione degenera? Se scoppia qualche disordine o vola qualche proiettile? C'è il rischio di finire davanti alla corte marziale, e non ne vale la pena. Né per un insulto, né per una spia.»
Robert sospirò e tirò su con il naso, sfuggendo gli occhi del fratello. Quando infine si decise a ricambiare lo sguardo, una lacrima sfuggì al suo controllo rigandogli il volto contratto. Jonathan capitolò. Lo abbracciò battendogli una mano tra le scapole mentre lui scoppiava in un pianto trattenuto troppo a lungo.
Se avesse potuto sarebbe andato in cerca di quella donna e le avrebbe piantato una pallottola in mezzo agli occhi. La odiava e odiava che suo fratello non riuscisse a smettere di amarla.
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