49- Appuntamento
La notte aveva portato consiglio e il giovane sembrava risoluto a lasciar perdere, ma la sua determinazione venne frustrata sul nascere. Passando nei pressi dell'ospedale, mentre si dirigeva al suo alloggio il pomeriggio seguente, si imbatté proprio nella ragazza che stava uscendo dalla porta, sola. Si immobilizzò e le rivolse un saluto educato, deciso a proseguire senza indugi, quando lei l'apostrofò.
«Signor Becker, la vostra comparsa è provvidenziale. Vi dispiacerebbe accompagnarmi alla baracca che ci hanno assegnato? Mi sono attardata con un lavoro e non vorrei avventurarmi da sola in mezzo a tutti questi soldati...»
«Vostra zia vi ha lasciato sola?» rispose incredulo.
«In realtà è stata costretta dagli eventi... L'ufficiale medico aveva ancora bisogno di lei e io avrei potuto aspettarla, ma non vedevo l'ora di rifugiarmi nel mio alloggio per riposarmi un attimo prima di cena.»
«Quindi è una sorta di fuga!» esclamò ridendo.
«In un certo senso... Ma ora mi rendo conto che avventurarmi in mezzo a quei baraccamenti da sola non sarebbe saggio. Se voi voleste essere così gentile da accompagnarmi, mi levereste dal grave imbarazzo di vedermi rivolgere la parola da qualche uomo maleducato» lo supplicò con gli occhioni lucidi e lui dimenticò d'un tratto la sua determinazione a evitare qualsiasi coinvolgimento.
«Sia mai che lasci una giovane donna in difficoltà» si sbrigò a confortarla e le porse il braccio con fare galante mentre lei si affrettava a passare una mano furtiva sugli occhi a catturare qualche lacrima inopportuna, un gesto che arrivò dritto al cuore di Robert.
Si incamminarono insieme in silenzio, il giovane le lanciava occhiate furtive per cogliere ogni sfumatura del suo umore fino a quando lei si voltò e lo sorprese a scrutarla. Colto in fallo, Robert si affrettò a rivolgere la sua attenzione altrove, tossicchiando.
«Volevate chiedermi qualcosa?» lo interrogò lei, con dolcezza.
«No, cioè... forse...» farfugliò.
«E allora, forza! Non rimanete lì a spiarmi, altrimenti mi sentirò in imbarazzo... Ho fatto qualcosa che vi è dispiaciuto?»
«No, no... ci mancherebbe» pronunciò con grande difficoltà, aveva la testa vuota e un turbine di emozioni aggrovigliate che gli rendevano difficile ragionare.
«Bene, temevo mi steste giudicando per la mia volontà di lasciare il prima possibile l'ospedale per cercare rifugio nella baracca.»
«Cosa ve lo fa pensare?» chiese tentando di riprendere il controllo.
«Forse perché io mi sento in colpa per questo...»
Robert si fermò e la guardò negli occhi, deciso a comportarsi da uomo.
«Non dovete sentirvi in colpa. Il servizio che state rendendo è ammirevole, ma quel posto è francamente orribile... Io ci sono stato per cinque minuti e non vedevo l'ora di andarmene.»
«È morto un uomo, oggi...» sussurrò e un brivido la percorse.
Robert tacque, incoraggiandola a continuare con lo sguardo.
«Era uno dei prigionieri. Il dottore si aspettava che non ce la facesse, ma lo stesso è stato orribile. Io ero lì vicino e gli tenevo la mano...» Detto questo, un singhiozzo la scosse e piccole lacrime cominciarono a sgorgare dai suoi occhi grandi.
D'istinto il giovane l'abbracciò, come avrebbe fatto con sua sorella, e la tenne stretta sussurrando parole di conforto. Poi si accorse che più di qualche soldato spiava la scena con interesse e si ricompose.
«Perdonatemi» disse in un soffio.
La ragazza rimase a fissarlo per un attimo ancora scossa da quell'abbraccio inaspettato, poi distolse lo sguardo in cerca del fazzoletto con gesti nervosi e finì per usare un angolo del grembiule da infermiera.
«Signor Becker, siete davvero gentile a preoccuparvi per me. Sono proprio una donnicciola: mettermi a piangere in questo modo come una fanciulla in attesa di soccorso.»
«Chiamatemi Robert, per favore. E vi prego di smetterla con queste formalità: sono davvero spiaciuto per quello che avete dovuto affrontare oggi e credo che la vostra reazione sia assolutamente normale. Anzi, mi stupirebbe se una ragazza sensibile come voi non versasse neppure una lacrima. Se avete bisogno di un amico con cui confidarvi, io lo sarò per voi.»
«Vi chiamerò con il vostro nome di battesimo se anche voi vorrete farmi l'onore di usare il mio... Mi chiamo Emily» disse con un sorriso.
Robert arrossì, accorgendosi d'un tratto di quanto vicini fossero non solo i loro corpi ma anche le loro anime in quel momento. Deglutì e annuì con un sorriso.
«Benissimo, Emily. Vogliamo raggiungere il vostro alloggio, così potrete finalmente riposarvi dopo questa giornata?»
Il volto della ragazza si illuminò con un sorriso radioso e, prendendo il braccio che le veniva offerto, si rimise a camminare con il suo accompagnatore.
«Raccontatemi, Robert, che ne sarebbe stato di quel prigioniero se non fosse morto?» prese a dire tanto per fare conversazione.
«Credo che avremmo potuto scambiarlo... ma io non conosco le intenzioni del colonnello» rispose pensoso, poi si voltò e colse un veloce battito di ciglia mentre la ragazza distoglieva lo sguardo. Robert non ebbe il tempo di riflettere su quello strano comportamento che la giovane lo incalzò.
«Ho visto alcuni ufficiali parlare con gli altri prigionieri oggi... perché?»
Robert si fermò, interdetto.
«Non lo so... avranno chiesto loro delle informazioni, suppongo... Non credo volessero conversare sulle loro condizioni di salute» concluse con sarcasmo.
La ragazza percepì il cambio di tono nelle parole del giovane e si strinse di più al suo braccio.
«Non volevo fare una domanda inopportuna... ero solo curiosa» si affrettò a dire con tono carezzevole.
Robert si rilassò sentendo il calore che quella vicinanza infondeva al suo corpo. Si era messo sulla difensiva e non ne aveva avuto motivo: doveva lasciar fuori i sospetti di suo fratello, gli avrebbero solo inquinato quei bei momenti. In fondo non stavano facendo nulla di male a camminare insieme scambiando qualche parola.
Arrivarono davanti alla baracca indicata da Emily e il giovane si congedò in modo educato.
«Robert» lo bloccò lei, facendolo tornare sui suoi passi. «Ci vedremo ancora nei prossimi giorni? Sarete qui?»
«Chi può dirlo? Al momento non abbiamo altri ordini...»
«Quindi vi vedrò in questo forte...» disse lei con un sorrisetto malizioso che fece correre un brivido giù per la schiena del giovane.
«Be', suppongo di sì... se vorrete incontrarmi di nuovo.»
«Potrei aver ancora bisogno della vostra scorta... o magari potremmo trovarci dopo cena» lasciò cadere con noncuranza.
«Se vostra zia è d'accordo...»
«Oh, non lo sarà! Ma lei si addormenta presto e io mi annoio la sera in attesa di coricarmi. Un'innocente chiacchierata non ha mai rovinato la reputazione di nessuno... Soprattutto se nessuno viene a saperlo...» alluse con uno sguardo tanto carico di aspettativa che Robert sentì un macigno nello stomaco.
Avrebbe potuto declinare l'invito, andarsene e porre fine a quella pena, ma non voleva sembrare scortese rischiando di perdere la sua amicizia. E se l'avesse offesa facendole intendere che riteneva la sua proposta scandalosa? Si stava comportando come una vecchia zitella... Jonathan l'avrebbe preso a sberle! Riscuotendosi, sorrise e si affrettò ad accettare.
«Il vostro invito è il più dolce che abbia mai ricevuto. Non mancherò di onorarlo e faremo in modo che la vostra reputazione ne esca intatta. Parola di gentiluomo» disse posando una mano sul cuore.
Emily sorrise soddisfatta e con un breve inchino si rifugiò nella sua baracca.
«Ti va una partita a carte? Alcuni ufficiali si sono dati appuntamento, andiamo?»
Si stavano incamminando fuori dal refettorio; Robert s'irrigidì e non rispose, mentre Jonathan si allentava il colletto della giubba e della camicia. Poi, rendendosi conto che il fratello si era fatto silenzioso, lo scrutò perplesso.
«Che hai? Non dirmi che volevi andare da... insomma... dal ragazzino. Mi sembra che se la stia cavando benissimo da solo» sussurrò.
«No, in realtà volevo incontrare Emily...»
«Emily chi?»
«La signorina Adams...»
Jonathan aprì bocca come per dire qualcosa ma la richiuse, evitando di commentare. Poi lo osservò, notando quanto l'argomento lo mettesse a disagio.
«So cosa stai pensando... Ma non ho ancora deciso se impegnarmi o meno.»
«Be', con una così non ti puoi appartare dietro una baracca, temo... Però, chi può dirlo?»
«Ma non voglio appartarmi dietro a una baracca! O forse sì... non lo so... oh, insomma, non è questo il punto!»
«E quale sarebbe?» lo stuzzicò sornione, incrociando le braccia con un sorrisetto sarcastico.
«Che non voglio farle la corte, ho riflettuto e pensato che è troppo complicato in questo momento e non ne ho l'energia... Però lei mi ha preceduto, mi ha incastrato... non so come spiegarmi... Mi ha dato appuntamento stasera e io non ho saputo rifiutare.»
«Con la zia e tutta l'allegra combriccola di signore?»
«No...»
Jonathan alzò un sopracciglio, sorpreso. La faccenda diventava interessante.
«Come sarebbe a dire? Emily — scusami, la signorina Adams, sia mai che le manchi di rispetto — accetta di vederti senza una chaperon, in un posto come questo?»
«Ti sembrerà strano, ma è una sua idea.»
«La signorina è proprio sfacciata... L'ho sempre pensato che quelle che si atteggiano da sante alla fine sono le peggiori!»
«In che senso?»
«Guarda Sabrina! Conosci qualcuno meno educato di lei? Eppure non ha mai fatto la smorfiosa con un ragazzo» pronunciò strizzando l'occhio.
«Ha baciato McEnzie!»
«Seh, e deve averle fatto così schifo che poi non l'abbiamo più vista desiderare un fidanzato... Forse è colpa di quel deficiente se adesso ci troviamo in questa situazione assurda.»
Robert scoppiò a ridere.
«Comunque, fratellino, ti sei cacciato in un bel guaio... Mi chiedo come tu riesca ad attirare le donne in questo modo, quelle che sembrano più virtuose, poi! Saranno la tua faccia d'angelo e i tuoi modi educati, ma è comunque sorprendente che alla fine le proposte audaci vengano da loro!»
«Pensi che non sia da uomo, eh? Che avrei dovuto essere io quello audace...»
«Scherzi? Con quelle così non funziona! Ti avrebbe liquidato con un bello schiaffone... Sei dannatamente fortunato a riuscire a far abbassare le difese di una giovane donna per bene al punto da comportarsi come una donnaccia. Dovrò prendere lezione da te, temo...»
Robert gli diede una spinta, fingendo di essere offeso ma ridendo come un bambino.
«Adesso vai, rubacuori. Ricorda: io non mi fido di quella, quindi evita le chiacchiere... ma tanto non sono quelle che cerchi, vero?»
«Sei schifosamente scandaloso!»
«E tu non saresti normale se davvero volessi solo chiacchierare!» rispose ridendo.
Robert si allontanò a cuor leggero: quel disgraziato di Jonathan amava prendersi gioco di lui, ma sapeva sempre essergli di conforto e alla fine aveva evitato di rimproverarlo.
Si avvicinò alla baracca di Emily ostentando noncuranza, come se fosse stato un ufficiale di passaggio, e rimase a gironzolare là intorno indeciso sul da farsi. Sarebbe uscita da sola? Si aspettava che facesse notare la sua presenza? O, peggio, aveva cambiato idea rendendosi conto di quanto inopportuno fosse stato quello slancio?
«Pss, Robert!»
Il giovane si girò preso alla sprovvista, notando la ragazza che lo chiamava da dietro l'angolo facendogli cenni veloci con la mano. Si affrettò a raggiungerla e lei si portò un dito alle labbra per invitarlo al silenzio, poi si voltò e si incamminò nel buio. Interdetto, rimase qualche attimo immobile prima di decidersi a seguirla.
Si stava dirigendo tra le baracche in penombra fino a sbucare in uno spiazzo dove alcuni uomini bivaccavano attorno a un fuoco, oziosi.
«Emily, dove andate? Non vedete che ci sono un sacco di soldati là in fondo?» le sussurrò allarmato.
«Certo! Quale miglior posto dove nascondersi se non in piena vista? Domani potrò raccontare a mia zia che avevo bisogno di una boccata d'aria e voi mi avete scortato a fare una passeggiata... Tra lasciarmi camminare qui sola e farlo con voi, capirà che la seconda possibilità era la migliore!»
Robert celò la sua delusione dietro a un sorriso gentile: sperava si trattasse di un appuntamento romantico e non si aspettava di dover dividere la sua compagnia con altri uomini.
Gironzolarono pigramente tra i vari bivacchi, commentando qualche partita a carte o mettendosi ad ascoltare un'orchestrina improvvisata con una fisarmonica e uno sgangherato violino. Robert percepì un movimento e voltandosi sorprese la sorella che lo fissava sbigottita. Si era alzata in piedi come per raggiungerlo, ma si era frenata. Al richiamo di un compagno si sbrigò a rimettersi seduta borbottando qualche scusa. Robert le abbozzò un sorriso rassicurante e lei per tutta risposta distolse lo sguardo con un'espressione contrariata.
Pensò che non gliel'avrebbe fatta passare liscia... Ricordava come si era intromessa con Lizzie: c'era da preoccuparsi.
«Sono un po' stanca, che ne dite di riaccompagnarmi ai miei alloggi?» Emily interruppe il flusso dei suoi pensieri.
«Sì, certo» rispose Robert, ormai rassegnato al ruolo di chaperon. E pensare che aveva temuto che lei ne avesse uno alle calcagna! Non aveva capito che quella sorte sarebbe toccata a lui. Jonathan si era ingannato con le sue supposizioni.
Stavano passando tra due baracche affiancate quando lei si fermò.
«E ora che abbiamo salvato le apparenze, che ne pensate di dare inizio al nostro vero appuntamento?» gli disse con un sorrisetto malizioso.
«Che intendete?»
«Suvvia! Non siate così rigido! Non penserete che vi abbia chiesto di uscire per accompagnarmi a sentire suonare quegli uomini. Non sono ancora così disperata per aver lasciato St. Louis da aver bisogno di questo tipo di svaghi...»
Robert sentì improvvisamente caldo. Quello era il momento di essere uomo, pensò. Come aveva detto suo fratello? Che attirava le femmine con la sua aria da bravo ragazzo e le induceva a dover tentare il primo passo al suo posto? Jonathan l'aveva ritenuto un vantaggio, ma a lui sembrava umiliante.
«E allora perché avete richiesto la mia compagnia?» le chiese con un pizzico di sarcasmo che non sfuggì alle orecchie della ragazza. Di riflesso si trovò costretta ad abbassare pudicamente lo sguardo.
Così va meglio, pensò. Poi, facendosi forza, accorciò le distanze e la costrinse a guardarlo negli occhi, usando un dito per alzarle il mento. Lei deglutì e una serie di espressioni danzarono sul suo volto, le labbra si contrassero e si tirarono in un timido sorriso prima di tornare serie mentre le palpebre sbattevano nervose. Robert si sforzò di respirare normalmente, ostentando sicurezza, e non disse nulla. Se davvero aveva il potere di indurre le donne in tentazione, almeno che sembrasse lui a condurre il gioco.
Poi lei si scostò con un passo indietro, pudica.
«Non fatemi sembrare una sfacciata...» pronunciò incerta.
Robert annientò di nuovo le distanze e la prese per la vita, in modo gentile ma fermo.
«Preferite che sia io lo sfacciato?» chiese malizioso, stupendosi della sua audacia.
«Be', sarebbe quanto meno cavalleresco da parte vostra...»
Robert sorrise e appoggiò le labbra su quelle chiuse della ragazza che si irrigidì a quel contatto sbarrando gli occhi, per poi rilassarsi con un sospiro e lasciarsi coinvolgere. Il giovane la strinse appena un po' di più conducendola in quel territorio nuovo, pensando che l'esperienza rendeva ancora più dolce quell'azione, permettendogli di assaporarla con calma. La ragazza sapeva di zucchero e acqua di colonia, un misto di aromi che lo riportava alla casa materna e alla sua tranquilla femminilità. Quella sua innocenza era davvero un frutto succoso, da assaporare con squisita lentezza.
Si staccarono senza fiato, guardandosi intorno improvvisamente spaventati dalle loro azioni, o forse dal coinvolgimento crescente che rischiava di travolgerli.
«Non pensavo foste così audace...» farfugliò intimidita.
«E io temevo che mi avreste dato uno schiaffo!» sorrise.
«Forse dovrei... per salvare le apparenze...»
«Non è necessario: non ci sarebbe nessuno a beneficiare di questo spettacolo.»
La ragazza sorrise.
«Siete proprio un mascalzone, signor Becker!»
«Siamo tornati alla formalità?» chiese ironico, alzando appena un sopracciglio sugli occhi ridenti.
Emily lo colpì con una manina sul petto con fare severo, ma l'espressione allegra smascherava la sua celia.
«Siete davvero insopportabile!»
«E conto di diventarlo ancora di più, se me ne darete l'occasione» alluse.
«Vedremo...» rispose maliziosa avviandosi verso la baracca.
Robert la seguì gongolando, per quella sera era più che sufficiente: non desiderava affrettare i tempi. Era rimasto troppo scottato la prima volta e non voleva forzare la ragazza oltre quelli che lei riteneva i suoi limiti leciti.
Si salutarono con studiata educazione e modi degni, però i loro occhi lanciavano messaggi molto diversi. Le loro voci dicevano "buonanotte" con gentilezza affettata, ma i loro sguardi sembravano voler strappare di dosso le vesti e ridevano di quel desiderio inammissibile e tanto speciale proprio perché condiviso come un prezioso segreto.
Stavano suonando il silenzio e Robert si avviò a passo svelto verso il suo alloggio, nella mente ancora il viso della ragazza e le mille espressioni dei suoi occhi, quando un movimento ai margini del campo visivo attirò la sua attenzione. Si voltò e sorprese una figura che scivolava nell'ombra.
«Chi va là?»
Il soldato irrigidì le spalle e incassò la testa nel colletto mentre Robert lo raggiungeva con due ampie falcate. Era Sabrina.
«Che diamine ci fai in giro? È appena suonato il silenzio, corri a dormire!» intimò, guardandosi intorno per accertarsi che nessun altro li avesse visti.
«Anche tu sei in ritardo, mi pare» commentò piccata.
«Ma sentila...» Incrociò le braccia con aria divertita.
«Cosa ci facevi con quella donna?» buttò lì la ragazza evitando di guardarlo negli occhi e il giovane si irrigidì: che significava? Lo stava spiando? Per questo sgattaiolava furtiva al buio in mezzo alle baracche?
Robert sbuffò e afferrandola per un braccio la costrinse a voltarsi e mettersi in moto.
«Se ti fai beccare per una roba del genere, giuro che ti strozzo con le mie mani... Non essere stupida, va'» le sussurrò livido di rabbia e la spinse via. Non si rendeva conto dei rischi che correva? Davvero la gelosia riusciva ad accecarla a tal punto?
Sabrina si fermò a guardarlo torva, indecisa se obbedire o contrattaccare, gli occhi fiammeggianti. Robert incrociò le braccia serrando le labbra. Non metterti a litigare adesso, pensò. Quella sciocca rischiava grosso se qualcuno l'avesse vista ancora in giro a quell'ora e lui sarebbe stato costretto a fare rapporto.
Delle voci indistinte spezzarono la tensione che li teneva legati a fronteggiarsi in una gara di sguardi muti. Sabrina si voltò verso il suono e perse la sua determinazione. Rivolse un'ultima occhiata carica di disappunto al fratello dondolando nervosa sui piedi, poi si decise e se la filò alla svelta, risoluta a raggiungere la sua baracca più in fretta possibile.
Robert lasciò andare il fiato in una specie di sospiro di frustrazione e scuotendo il capo si diresse verso il suo alloggio. Non sapeva se ritenere più sopportabile l'inevitabile sarcasmo del fratello o la gelosia immotivata di quella piccola testa calda.
Dentro alla baracca gli ufficiali si stavano preparando per la notte, qualcuno era già steso sulla branda a leggere un libro o una lettera, altri chiacchieravano tra loro. Jonathan gli lanciò un'occhiata maliziosa mentre si toglieva la giubba.
«Hai fatto tardi...» lo punzecchiò con un sorriso.
Robert rispose con un'alzata di spalle.
«Almeno hai combinato qualcosa?» gli sussurrò avvicinandosi mentre l'altro armeggiava per sfilarsi la camicia da sopra la testa.
«Abbiamo fatto solo un giretto...»
«E?»
«Scambiati giusto un bacio» rispose spuntando da sotto la stoffa.
Jonathan lo scrutò per capire se stesse raccontando la verità, poi decise di credergli e ridacchiò.
«Spero non sulla guancia!»
«Mi chiedo perché sto qui ad ascoltarti...» rispose cominciando a sbottonarsi i pantaloni con fare stizzito.
«Io invece ho vinto qualche soldo a poker... Vista la mia poca fortuna, temo che dovrò mettere da parte del denaro prima di trovare una donna che mi consideri» buttò lì, ma era chiaro che voleva solo prendersi gioco di lui. Era sempre stato il favorito delle femmine, quella celia nascondeva solo una lieve irritazione per non aver conquistato la bella Emily al suo posto. Anche se aveva detto che non gli piaceva... o forse sì? Magari era geloso come la sorella.
«Senti» sussurrò avvicinandosi al fratello pronto a coricarsi. «Non capisco cosa vuoi da me... Ti infastidisce che Emily abbia preferito la mia compagnia?»
«No, davvero!» rispose stupito. «Ti ho già detto che non mi piace. Avrei preferito che non piacesse neppure a te, tutto qui. Ma non sono geloso se è questo che stai insinuando. Tienitela pure...»
Robert sospirò, pensando che il fratello non aveva mentito quando aveva detto al capitano che loro due non condividevano gli stessi gusti in materia di donne, meglio così. Anche se lo feriva che Jonathan non riuscisse a essere felice della sua conquista solo per il fatto che non provava simpatia per lei.
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