28- Incontri
Robert ciondolava per la caserma in cerca di frescura: Jonathan era di piantone e lui preferiva starsene un po' da solo. Dal giorno in cui il capitano Campbell era stato promosso a nuovo incarico la vita era tornata piacevole come non mai. Certo l'addestramento era spossante e le lunghe ore passate a studiare a volte erano insopportabilmente noiose, ma nulla poteva più gettarlo nello sconforto da quando quell'uomo orribile se ne era andato.
Pensò di infilarsi nella stalla in cerca di un po' d'ombra e di un luogo appartato per rileggere la lettera di sua sorella; doveva trovare una risposta adatta: era turbata per il prolungato silenzio della madre e chiedeva la sua opinione. Che cosa poteva dirle? Che non sarebbe tornata e che lui e Jonathan lo sapevano da tempo? Doveva consigliarle di parlare con suo padre? Era evidente che lei non voleva affrontare l'argomento con il genitore se chiedeva il suo aiuto...
Sospirando si addentrò nel corridoio tra i box slacciandosi la giubba, e sul fondo si ritrovò davanti a una ragazza che leggeva un libro comodamente seduta sulla paglia. Era assorbita dalla lettura e Robert si fermò a guardarla; così elegante nel suo vestito in chinz stampato a fiori e con il cappello gettato a terra, girava le pagine con le dita affusolate ricoperte da guanti in pizzo. Il ragazzo si sorprese ad ammirare quelle mani e il piedino che spuntava dalla lunga gonna e dondolava su e giù nello stivaletto stringato.
Che ci faceva una ragazza tutta sola in quel posto? E così graziosa poi...
Intimidito, decise di filarsela in silenzio, ma il piede andò a sbattere inavvertitamente contro un secchio di latta buttandolo a terra con un gran fracasso. La ragazza alzò lo sguardo dal libro e lo fissò sorpresa, con due grandi occhi che colpirono il giovane come una lama.
«Perdonatemi, signorina, non volevo disturbare» si schermì con un leggero balbettio.
La ragazza si alzò repentina in piedi, spazzando via sottili fili di paglia con una manina guantata e nascondendo dietro la schiena il libro con l'altra. Raccolse il cappello con gesti nervosi e se lo calcò in testa con un pelo troppa foga, come se fosse stata trovata intenta in un'azione sconveniente. Robert non riusciva a muoversi, curioso e affascinato dai suoi movimenti.
«Stavo solo leggendo, cercavo un posto appartato... So che dovrei stare negli alloggi degli ufficiali con famiglia, però... mia madre e le altre signore erano assorbite dal ricamo e io oggi proprio non mi sentivo in vena di prendere un ago in mano...» farfugliava in fretta, guardandosi intorno con aria circospetta e Robert pensò che si stava comportando come sua sorella quando tentava di nascondere qualcosa, ma lo faceva con una tale eleganza femminile da stordirlo.
«Non preoccupatevi, potete tornare alla vostra lettura. Me ne andrò e sarà come se non vi avessi mai visto...»
La ragazza smise di agitarsi e ritornò a fissarlo con quegli occhi grandi. Robert si sentì improvvisamente ancor più accaldato, come se quello sguardo lo stesse bruciando, e balbettando una scusa fece per allontanarsi quando lei gli parlò.
«Siete un cadetto, vero?»
Robert si bloccò e si voltò di nuovo a guardarla.
«Sì, e voi?»
«Mi chiamo Susan Thompson, sono la figlia del colonnello Thompson. Siamo qui di passaggio.»
«Robert Becker, per servirvi.»
La ragazza sorrise, facendolo avvampare.
«Cosa stavate leggendo? Se posso...» cercò di sviare distogliendo lo sguardo: di colpo una serie di finimenti appesi gli sembrava interessantissima, tanta era la paura di rituffarsi in quegli occhi e arrossire come uno stupido di nuovo.
«Oh... be'...» rispose imbarazzata, muovendo il peso da un piedino all'altro e facendo ondeggiare lievemente la crinolina.
Tolse la mano da dietro la schiena e gli porse il libro. Robert lo prese e osservò la copertina mentre la ragazza cominciava a guardarsi intorno inquieta.
«La capanna dello zio Tom?» chiese con un pizzico di stupore: si era immaginato qualcosa di molto peggio visto tutto quel mistero.
«Sì, lo so. Non giudicatemi, vi prego. Mia madre non la ritiene una lettura adatta, ma con tutto quello che è accaduto negli ultimi tempi... la breve rivolta ad Harper's Ferry e John Brown* giustiziato...»
La ragazza dondolava sempre più nervosamente da un piede all'altro e Robert era senza parole: che cosa ne sapeva una giovane donna di quella faccenda? Era assurdo che se ne interessasse; certo era figlia di un colonnello, ma dubitava che lui parlasse di politica con lei.
Provò a figurarsi sua sorella nel fare delle domande sull'argomento al padre e si immaginò la sua secca risposta: quelli non erano affari di cui una donna poteva occuparsi.
«Vi ho scioccato?»
Robert si riscosse.
«No, no, forse un po'... Non pensavo che una giovane donna come voi si interessasse a questo genere di argomenti, ecco tutto.»
«Come si possono ignorare? Qui si rischia una guerra...» rispose accorata.
Robert fu quasi commosso dall'ardore che risplendeva in quello sguardo e deglutendo le porse il libro. La ragazza allungò una manina e le sue lunghe dita sfiorarono per un attimo quelle di lui. Entrambi s'irrigidirono a quel tocco e rimasero a fissarsi spaventati. Il sangue correva nelle vene di Robert, dandogli un senso di capogiro, e la ragazza sembrava altrettanto sconvolta.
Di colpo afferrò il libro e si allontanò di un passo.
«Devo andare...» sussurrò il ragazzo. «Vi lascio alla lettura, custodirò con cura il vostro piccolo segreto» continuò, girando sui tacchi e prendendo a camminare verso l'uscita con il cuore che rimbalzava pericolosamente nel petto.
«Aspettate!»
Robert si voltò, pieno di speranza, e vide che lei l'aveva quasi raggiunto: era rossa in volto e lo fissava con quegli occhi grandi.
«Fra qualche giorno ci sarà una festa...»
Robert annuì: tutti i cadetti avevano avuto il permesso di partecipare.
«Be', mi chiedevo se mi avreste invitata per un ballo...»
«Non sono un grande ballerino, ma se lo desiderate sarà un onore.»
«Il mio carnet è ancora vuoto, ma conoscendo mia madre si premurerà di trovarmi una sfilza di ufficiali per tenermi compagnia e non vorrei passare la serata con degli uomini molto più vecchi di me» disse in un soffio distogliendo lo sguardo, imbarazzata.
«Allora sarà mia premura impedirlo» rispose con un sorriso e prima di sentirsi troppo sciocco per continuare a sostenere quella conversazione se ne andò in tutta fretta. Il cuore stava per esplodere e un sorriso ebete gli tirava gli angoli della bocca, impossibile da domare.
«Si può sapere che ti prende?» lo interrogò Jonathan il pomeriggio seguente.
«Perché?»
«Perché sembri svagato...»
Robert guardò il fratello e si sentì arrossire: possibile che fosse così evidente che stava ancora pensando a quell'incontro inaspettato? Non era la prima volta che vedeva una giovane donna carina, ma non gliene era mai importato granché, mentre il trovarsene una davanti in un momento così inconsueto l'aveva spiazzato a tal punto che non riusciva più a levarsi di dosso quel pensiero.
«Ho conosciuto una ragazza.»
Jonathan smise di sistemare la sua roba e lo fissò con uno sguardo penetrante.
«Come sarebbe a dire?»
«Stavo girovagando e me la sono trovata davanti nella stalla... È la figlia di un ufficiale in transito.»
«Una ragazza da sola? Nella stalla? Che fortuna...» ridacchiò.
«No! Cosa stai pensando? Non è come credi tu... abbiamo solo parlato.»
Jonathan gli lanciò un'occhiataccia di sbieco.
«Parlato?»
Robert si affrettò ad annuire, imbarazzato.
«Allora non ti ho insegnato niente... E perché non me l'hai raccontato?» chiese offeso.
«Te ne avrei parlato... non c'è stata occasione! E poi non è successo nulla, te l'ho detto. Non è una ragazza di quelle...», e si pentì subito di averlo detto, vedendo il fratello rabbuiarsi. Non voleva intendere che lui aveva fatto più esperienza solo perché aveva frequentato delle donnacce: era una situazione completamente diversa! In che modo spiegargli, senza sembrare ridicolo, che quella ragazza era come un angelo? Non era fatta di carne, non si poteva toccare impunemente: se ci avesse provato, sarebbe arso all'inferno.
«Certo che no... il mio fratellino è un galantuomo: non allungherebbe mai le mani, a eccezione dei suoi sogni con le cameriere...» ribatté con stizza, alludendo alle donne lascive che avevano ammirato nella bettola mesi prima.
«Jonathan, non capisci. È stato un incontro casuale, nulla di romantico. Non avrei potuto nemmeno se avessi voluto, non era il caso...» si difese.
«A guardarti è chiaro che avresti voluto, hai l'espressione stupida di una trota stampata sulla faccia... Quando la rivedi?»
Robert fece per ribattere, poi chiuse la bocca imbarazzato. Aveva davvero l'espressione scema di un pesce che boccheggia con l'occhio vitreo? Effettivamente il maggiore Turner l'aveva guardato in modo strano quella mattina durante le lezioni. Che avesse fatto la figura del fesso?
«Allora?» lo incalzò.
«Alla festa, mi ha chiesto di invitarla a ballare» farfugliò.
Jonathan parve illuminarsi. Allora suo fratello aveva davvero conquistato una ragazza! Era forse un po' geloso: non ci sarebbero state molte donne presenti, ma preferiva che fosse lui il fortunato prescelto rispetto a qualche altro.
«Bene! Se ti ha addirittura chiesto di invitarla, direi che sei proprio fortunato... è già cotta di te! E intraprendente... sei sicuro che sia la pura fanciulla che mi hai descritto? Io penso che se non tentassi di baciarla ci rimarrebbe male» ammiccò, facendolo avvampare di vergogna e rabbia allo stesso tempo: quelle illazioni non gli piacevano.
«Non mi pare che tu abbia un'alta considerazione del genere femminile.»
«Direi che ho preso abbastanza cantonate dalle ragazze con gli occhioni pudici e i pensieri perfidi... dovresti farci attenzione anche tu.»
«Stava leggendo un libro nella stalla e non mi sembra che abbia cercato di circuirmi.»
«Che libro?»
«La capanna dello zio Tom.»
Jonathan gli rivolse uno sguardo divertito.
«Ha detto che non era un libro adatto, secondo sua madre; penso che sia quello il motivo che l'ha spinta a cercare un luogo appartato. Ha stupito anche me, ma ha detto che dopo John Brown era una lettura obbligata...»
«Allora vorrà dire che discuterete di politica tra un cotillon e l'altro... Io tenterei di baciarla, a meno che tu non preferisca passare la serata a dibattere sull'abolizione della schiavitù.»
Jonathan si divertiva a canzonarlo, ma Robert non sapeva come rispondere a tono. A lui sarebbe bastato anche parlarle e basta, passare la serata perdendosi nei suoi occhi grandi mentre lei gli esponeva le sue teorie.
«Senti, fratellino, direi che ti sei cacciato in un bel pasticcio. Hai conquistato una donna che pensa e quelle portano solo guai.»
«Perché, che altra donna pensante hai avuto modo di frequentare?»
«Ma la conosci anche tu! Nostra sorella!» E scoppiò a ridere strappando un sorriso a Robert.
«Sembra che tu sia un parafulmine per questo genere di ragazze...»
«Sabrina!» esclamò il ragazzo impallidendo.
«Che ti prende adesso?»
«Devo ancora rispondere alla sua lettera! Questa storia me l'ha fatto scappare di mente. Mi ha chiesto aiuto per quanto riguarda nostra madre, sospetta qualcosa...»
Jonathan sembrò stizzirsi a quella notizia: la sorella non gli aveva scritto nemmeno una lettera da quando erano in accademia, invece il fratello pareva intrattenere una regolare corrispondenza e la cosa lo infastidì.
«Va bene, lascia perdere Sabrina per un attimo, tanto la tua risposta le arriverà comunque tra un sacco di tempo. Concentrati sulla festa: come farai a conquistare quella ragazza?»
«Non ne ho idea: sei tu l'esperto, illuminami.»
«Considerando che non la rincontrerai tanto presto io lascerei perdere le parole. Anche se non ti pare il caso di infilarle una mano nella scollatura potresti sempre provare a darle un bacio... vedrai che ti piacerà. Naturalmente in un posto appartato, non vorrai farti sorprendere da suo padre, no? Ma visto che hai scrupoli da gentiluomo basterà un angolo in ombra, non serve portarla lontano.»
«Ma come posso... penserai che sono un codardo, ma davvero non so dove trovare il coraggio.»
Robert si fissava la punta delle scarpe in difficoltà e Jonathan gli circondò le spalle con aria da cospiratore.
«Ti do un consiglio: non devi saltarle addosso. Stringila appena un po' di più del consentito durante la danza e sta' a vedere. Se lei si scosta offesa, be', allora hai preso un abbaglio, ma se lei ti lascia fare è un buon inizio.»
Robert si immaginò nell'atto di stringere il vitino sottile della ragazza e sentì lo stomaco pesante come il piombo e le gambe sciogliersi. Se solo l'idea lo atterriva, come sarebbe riuscito ad attuarla? All'improvviso si pentì di non aver fatto esperienza con qualche altra ragazza meno interessante, giusto per rompere il ghiaccio e acquisire la sicurezza ostentata dal fratello. Avrebbe dovuto andare direttamente in scena, niente prove generali.
Jonathan lo guardava con affetto, come un cucciolo a cui insegnare a fare pipì a comando, ma senza più aria di scherno.
«Puoi anche parlarci, se ne hai voglia, ma la politica raffredda l'intimità. Fidati di me: portala a ballare, stringila e stai a vedere. Cerca di accorciare le distanze, da lì al bacio è un attimo...»
Dopodiché gli diede una pacca affettuosa sulla spalla e fece per allontanarsi.
«Jonathan, aspetta! Non ti va di darmi una mano anche con la lettera per Sabrina?»
Il ragazzo scoppiò a ridere.
«Non ci penso nemmeno, ha scritto a te! Sei tu il fratello buono...» E se ne andò lasciandolo solo con i suoi crucci.
*Il 16 ottobre 1859 il capitano John Brown, con un piccolo gruppo di guerriglieri, marciò su Harper's Ferry, dove si trovava un Arsenale degli Stati Uniti che avrebbe consentito di armare i neri che si fossero uniti alla rivolta. La rivolta però fu un insuccesso, innanzitutto perché gli schiavi non si unirono a questa: i tempi non erano maturi per loro e fu repressa nel sangue. Il 2 novembre il capitano John Brown fu dichiarato reo di cospirazione, insurrezione armata e uccisioni e fu condannato a morte, suscitando nel Nord una vasta commozione e gettando le basi della sua leggenda
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