23- Balli proibiti




La serata dava segni di poter essere sopportabile. Il padre aveva accolto la notizia che lo chaperon di Sabrina sarebbe stato Robert con una controllata mancanza di espressione. In realtà Jonathan aveva colto l'impercettibile allargarsi delle sue narici all'annuncio, come se stesse ispirando forte, ma nessuna parola era stata detta in merito e lei si era incollata al fratello, pronta a sfuggire qualunque critica o rimprovero.

La sala comune era gremita di gente festosa e i ragazzi si avventurarono verso il banco delle bibite lasciando il capitano a dedicarsi da solo alle vecchie conoscenze. Sabrina non aveva nessuna intenzione di sorbirsi i discorsi di quelle persone come l'anno precedente. Stringeva il braccio di Robert con forse appena un po' troppa forza e lanciava occhiate nervose in giro.

Non era sciocca: aveva visto le ragazze adocchiare i due fratelli e rivolgersi commenti nascondendo le labbra dietro le mani, come se con quel gesto potessero rendersi invisibili mentre si scambiavano pettegolezzi. Ipocrite. Che commentassero apertamente invece di abbozzare sorrisini delicati mentre sputavano parole cariche di veleno.

Avrebbe voluto poter fingere di essere qualcun altro, magari la fidanzata di Robert e pavoneggiarsi per il suo bell'accompagnatore, ma tutti gli abitanti di quella piccola comunità sapevano che era solo la sorella, la ragazzina che viveva al forte.

Sospirando, colse gli sguardi d'interesse delle giovani verso il bel cadetto biondo e si sentì in colpa: avrebbe dovuto accettare il suo destino e passare la serata con il padre, lasciando campo libero al fratello, invece che costringerlo a stare con lei. Ma alla colpa si univa un sentimento meno nobile di soddisfazione al pensiero che non sarebbe stata costretta a condividere il ragazzo con nessuna di quelle galline, men che meno con la figlia della signora Barnet. Chissà se Robert aveva ancora pensato a lei o se era stata solo l'infatuazione di un momento. Sabrina si augurava che non ci fosse un seguito: non l'avrebbe sopportato.

«Hai voglia di bere qualcosa?»

La voce calda del fratello la scosse dalle sue elucubrazioni e il suo sorriso le infuse un po' di buonumore: lui non sembrava scontento di stare con lei.

«Hai visto come ti guardano?» sussurrò con aria da cospiratrice.

Robert scosse il capo, divertito.

«Chi?»

«Dai! Non fare lo sciocco, sono sicura che almeno la metà di quelle ragazze spera che tu mi affoghi nella limonata e la inviti a ballare.»

Il fratello rise.

«Dovrei addirittura affogarti?»

«Se davvero vuoi liberarti di me...»

Robert appoggiò una mano su quella della sorella che gli stringeva il braccio e l'accarezzò.

«Stasera sono qui con te, non m'interessano le altre ragazze.»

Sabrina sorrise di rimando: non ne era del tutto convinta, ma era grata che il fratello non le facesse pesare quell'impegno.

«Guarda là chi c'è! Non è il nostro vecchio maestro?»

Sabrina seguì la direzione del suo sguardo e quasi si strozzò con la limonata. Cominciò a tossire mentre il fratello le prendeva il bicchiere per aiutarla, ma lei lo trascinò verso un angolo appartato.

«Che vi piglia a voi due?»

Jonathan li aveva raggiunti, muovendo lo sguardo interrogativo dalla faccia stupita del fratello a quella paonazza della sorella che ancora tossiva. Robert si limitò a fare spallucce.

«Ho detto a Sabrina che c'era il nostro vecchio maestro e questa per poco non soffoca.»

«Non mi va di incontrarlo» si giustificò tra un colpo di tosse e l'altro.

«Se è per questo, anch'io ne faccio a meno» ribatté Jonathan con stizza, ripensando a tutte le bacchettate sulle dita che gli aveva dato quando era solo un ragazzino.

«Penso che sia un sentimento comune a molti suoi ex allievi qui dentro» rise Robert.

I due cominciarono a scambiarsi battutacce su di lui, ricordando gli anni passati e dimenticando la sorella che pian piano smetteva di tossire e si ricomponeva. In realtà, Sabrina non era preoccupata per il maestro. Aveva intravisto il suo vecchio amico Thomas e l'emozione le aveva fatto andare di traverso la bibita. Non voleva che lui la vedesse mentre soffocava.

A dire il vero, non era neppure sicura di desiderare che la notasse: quella sera era certamente più graziosa del solito, avvolta nel vestito da ballo rosa cenere, ma si sentiva a disagio. Non si erano più frequentati dopo quel bacio e non sapeva da dove avrebbero dovuto ricominciare se lo avesse incontrato. Di certo non da un bacio... ma cosa avrebbe potuto dirgli? L'imbarazzo la fece avvampare di nuovo e sentì la faccia diventare bollente. Diede le spalle ai fratelli, che continuavano a cianciare divertiti, e cercò di sventolarsi con le mani per scacciare quella spiacevole sensazione di calore: come avrebbe potuto giustificarla ora che non stava più tossendo?

«Va bene, cosa volete fare? Stare qui in un angolo tutta la sera?»

Jonathan fissava la sorella come se fosse un inutile peso morto, non era a conoscenza del piano di Robert di farle da accompagnatore e non aveva accolto la notizia con entusiasmo. Quella riusciva sempre a rovinare tutto... Avrebbero potuto andare a caccia di ragazze, invece adesso o ci provava da solo o si accollava a sua volta la ragazzina per stare con il fratello. Ma con lei di fianco non era la stessa cosa.

«Perché non andiamo di là a vedere che combinano i nostri vecchi amici? Magari stanno facendo qualche scommessa a carte, potremmo unirci a loro e liberarci dall'incombenza di dover invitare qualcuno a ballare...»

«E lei?» chiese con appena un cenno sprezzante verso la sorella. «Ce la portiamo dietro?»

«Perché no?»

«Basta che non si metta in testa di scommettere...»

«Potrei anche battervi» s'intromise con aria di sfida.

«Non ci provare nemmeno: per te certi giochi sono una materia sconosciuta, chiaro? O vuoi che qui dentro si spettegoli ancora di più sul tuo conto?»

Jonathan le aveva puntato un dito a poca distanza dagli occhi e Sabrina sentì montare la collera per quell'atteggiamento di comando. Robert intervenne prontamente a dividerli.

«Smettetela, tutti e due!» intimò.

«Sabrina, è fuori discussione che tu ti metta a giocare: non è appropriato... e tu, Jonathan, lasciala stare. Vedrai che saprà stare al suo posto.»

I due si guardarono in cagnesco ancora per un po', poi Sabrina lasciò correre sospirando. Annuì al fratello, assicurandogli che non avrebbe creato problemi, e i tre si avviarono insieme. Raggiunsero un gruppetto di giovani che chiacchierava sorseggiando qualcosa di alcolico o masticando tabacco, un paio aveva estratto un mazzo di carte e faceva qualche puntata. Jonathan li salutò con allegria e accettò un bicchierino di whisky, passandone un altro al fratello. Sabrina non fece commenti, anche se sospettava che il padre non sarebbe stato d'accordo. Eppure i suoi fratelli non erano più dei ragazzini: guardando i suoi coetanei si rese conto che erano ormai diventati uomini e si sentì intimidita.

«Ehi, James, come te la passi? E tu, Antony?» Vide i fratelli scambiarsi sonore pacche sulle spalle con i loro vecchi amici.

«Ragazzi! È un pezzo che non vi si vede in città!»

«Sì, siamo alla scuola militare adesso, siamo tornati in licenza giusto per Natale.»

Sabrina sorbiva la sua limonata in silenzio cercando di rendersi invisibile mentre con gli occhi scrutava nervosamente la sala, timorosa di incontrare qualche vecchia conoscenza, come le figlie della signora Barnet o, peggio, Thomas.

«E questa graziosa signorina chi è? Non ce la presentate?» intervenne Antony, facendola sobbalzare.

«Questa è nostra sorella Sabrina» rispose Jonathan asciutto, sottolineando le sue parole con una strana sfumatura di possesso che non sfuggì alle orecchie della ragazzina.

«Oh, non l'avevo riconosciuta... Com'è cresciuta!» replicò quasi con tono di scuse l'amico, frenando di colpo l'interesse.

«Be', avete dato un'occhiata alle ragazze stasera?»

I tre ripresero a conversare tra loro e Sabrina si ritirò un passo più indietro, dimenticata. Era un po' delusa. Quel giovane le aveva rivolto uno sguardo pieno d'interesse prima che il fratello intervenisse a delimitare la proprietà: adesso era solo la sorellina dei Becker, nulla di più. Intoccabile.

Sbuffò e rivolse la sua attenzione altrove, annoiata. Avesse potuto almeno unirsi alle conversazioni o fare una partitina ai dadi forse il tempo sarebbe trascorso più in fretta invece di stare lì immobile come una statuina, mentre il corsetto la strozzava e i piedi dolevano.

Varie coppie impegnavano la pista da ballo con le loro danze complicate e l'orchestrina suonava senza sosta per soddisfarli. La sala era tutta una profusione di colori sgargianti mentre le donne piroettavano facendo svolazzare le vesti e gonfiare le gonne leggere sulle crinoline. Le coppie si formavano e scambiavano nella quadriglia e alla ragazza parve di cogliere in quel tipo di ballo un qualche intento di seduzione che l'anno precedente le era completamente sfuggito. Le sembrava che qualcuno si cercasse non solo per danzare, non sapeva spiegarselo bene, ma si rese conto di una certa vena di malizia in alcuni di loro, quasi che quel lasciarsi e riprendersi nascondesse più di un semplice passo di danza.

«Buonasera, vi andrebbe di unirvi a me nel prossimo valzer?»

Sabrina trasalì. Un giovane le si era piazzato di fronte e con un sorriso magnetico la stava invitando a ballare. Scosse la testa spaventata e indietreggiò di un passo mentre questi si faceva più vicino.

«Mi sembrava di aver colto un certo interesse verso la danza...» la stuzzicò.

«No, no... io» farfugliò imbarazzata, mentre il giovane si presentava con un leggero inchino.

«Mathias Longburn, per servirvi.»

«Sabrina Becker» rispose con un inchino affrettato a sua volta, non sapendo bene come comportarsi: quel giovane aveva almeno dieci anni più di lei, non era un ragazzino. Gli unici uomini di cui avesse esperienza erano i soldati di suo padre, ma non le avevano mai proposto di ballare. Anzi, il solo pensarlo era assurdo.

Il giovane le tese la mano ammiccando, stavano giusto annunciando il valzer e Sabrina s'irrigidì indecisa: non sapeva ballare, ma quell'uomo aveva dei modi galanti e uno sguardo intrigante che l'attrassero d'istinto.

«Buonasera, signore, desiderate qualcosa da mia sorella?»

Jonathan intervenne a sorpresa: non era impegnato con i suoi amici? Da dove era saltato fuori?

«Buonasera a voi, la stavo semplicemente invitando a ballare. Con il vostro permesso, naturalmente» rispose l'uomo, ritirando la mano.

«Mia sorella ha solo quattordici anni... non credo che il valzer sia un ballo adatto.»

I due rimasero a fissarsi negli occhi per qualche istante, misurandosi. Jonathan era molto più giovane, ma aveva un piglio feroce che non sembrava prudente sottovalutare e la divisa che indossava gli dava un'aria marziale. Alla fine l'uomo si ritirò con un inchino senza staccarle gli occhi di dosso e Sabrina riprese a respirare normalmente.

«Che stavi facendo?» L'accusa del fratello la riportò al presente.

«Non stavo facendo niente.»

«Il valzer non va bene per te. O vuoi dare scandalo con una danza del genere?»

«Non stavo per accettare l'invito, se vuoi saperlo» rispose con stizza.

«Ah, davvero? Se non fossi intervenuto, tu ora saresti là in mezzo a piroettare tra le braccia di uno sconosciuto! O forse preferivi che ti lasciassi fare e magari andassi direttamente ad avvertire nostro padre?»

Sabrina impallidì. Suo fratello le stava rinfacciando ancora il suo bieco comportamento da spia dell'anno precedente. Fece per ribattere, ma lui la zittì con disprezzo.

«Non ti preoccupare: non ho intenzione di dirlo a nostro padre. Se non altro per non mettere nei guai Robert che si è offerto di essere il tuo chaperon stasera... Stai attenta a non dare confidenza in giro» e come era arrivato tornò a scomparire tra la folla dei suoi amici, lasciandola sola ai margini.

La ragazza sentì un nodo allo stomaco. Era sorvegliata a vista, era evidente. Non prendeva parte ai divertimenti dei fratelli, ma non poteva fare un passo senza controllo... Altro che rimuginare se  salutare o meno Thomas: con quei due mastini alle calcagna non sarebbe nemmeno riuscita ad avvicinarlo. Si ricordava bene quanto non andassero d'accordo con lui: non le avrebbero mai permesso di manifestargli simpatia.

Risentita, lanciò uno sguardo in direzione di Robert che conversava con gli altri poco distante, dandole le spalle, e si avviò verso una panca lungo la parete. Era sempre meglio che trovarsi di fianco a suo padre, ma aveva intimamente sperato che la compagnia dei fratelli l'avrebbe aiutata a divertirsi almeno un po'. Invece loro se la spassavano e a lei non restava che starsene per conto suo a fare da tappezzeria. Si sedette imbronciata, almeno avrebbe riposato i piedi stanchi mentre aspettava che quel supplizio finisse.

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