20- Soluzioni pericolose
Non ne parlarono per tutta la settimana, però Robert era certo che il fratello stava architettando qualcosa: lo capiva dai suoi sguardi furtivi e dall'espressione assorta ed era molto preoccupato. Non riusciva a immaginare in che modo avesse intenzione di intercettare quella lettera, ma sentiva che ci stava fortemente pensando. Era un progetto folle, ne era certo, e sapeva che non voleva raccontarglielo per tenerlo fuori dai guai.
Stavano rientrando dopo le lezioni per prepararsi al pranzo e Robert ne approfittò per trattenerlo in corridoio, al riparo da orecchie indiscrete.
«Non so cosa tu abbia in mente di preciso, però ti prego di non farlo...»
«Di che cosa parli?» rispose il fratello fingendosi sorpreso, anche se era evidente che non lo fosse per niente.
«Lo sai bene: sono giorni che ci stai pensando, ma è una follia.»
«Ti ho già detto che tu non ti devi preoccupare di nulla» lo rassicurò Jonathan, svicolando dall'angolo in cui l'aveva messo.
Aveva un piano, ma non voleva condividerlo con il fratello: questa volta l'avrebbe tenuto lontano dai guai.
Il venerdì mattina la sveglia suonò alle cinque come al solito, Jonathan si vestì nervosamente, si presentò all'ispezione e si dileguò senza dare spiegazioni a nessuno. Avrebbe portato a termine la sua missione e si sarebbe recato alla prima lezione del giorno in perfetto orario.
Si avvicinò al portone della caserma con le mani in tasca e, fingendo imbarazzo, attirò l'attenzione dei due movieri.
«Che succede, ragazzo? Non dovresti essere a lezione o altro?» Uno dei due militari gli si parò davanti, sospettoso.
«Ecco, signore, avrei un problema...» tentennò.
«Un problema? E vieni a risolverlo qui?»
«In effetti può sembrare strano... ma mi è stato riferito che qui ci sono i sacchi della posta in partenza» rispose dando a intendere che l'avesse indirizzato lì qualche ufficiale o, almeno, era ciò che sperava fargli credere. Aveva scoperto che la posta ordinaria partiva ogni settimana. Le lettere raccolte per andare verso la California venivano consegnate il venerdì mattina a un soldato incaricato di portarle ad Atchinson, nel Kansas, lì sarebbero state prese in carico dal servizio postale e avrebbero attraversato le montagne rocciose per mezzo della Central Route.
«E con ciò?»
«Signore, la prego, non mi metta in imbarazzo facendomi altre domande... Io avrei necessità di recuperare una lettera» disse, abbassando la voce con tono da cospiratore.
I due uomini si strinsero intorno a lui, incuriositi.
«Una lettera? Che lettera?» chiese uno dei due.
«Vi prego, signori, abbassate la voce!» sussurrò il ragazzo, sembrava spaventato e si guardava furtivamente intorno per essere certo che le guardie nei dintorni non s'intromettessero.
«Ne va della mia reputazione...»
I due scoppiarono a ridere, ma vedendo che il ragazzo sembrava davvero serio e preoccupato lo presero da parte e lo interrogarono.
«Che intenzioni hai, ragazzo?»
«La prego, signore, di credermi... là dentro» disse indicando con un cenno della testa la loro baracca in prossimità del portone «c'è la lettera che potrebbe distruggere il mio futuro con una ragazza e io devo recuperarla.»
«Una ragazza?»
«Sì! La mia ragazza! Sempre che io riesca a riprendermi la lettera... Altrimenti, tempo tre settimane e lei leggerà che le consiglio di trovarsi un altro fidanzato... Capite?! In un momento di follia le ho scritto che lei merita di meglio di un povero cadetto, ma adesso me ne pento!»
Lo guardarono con gravità, ma sembravano compatirlo più che condannarlo. Jonathan cercò di sostenere il loro sguardo indagatore con un'espressione da bravo ragazzo, supplicando che la sua menzogna potesse andare a buon fine e ai due non venisse in mente di chiedere qualche autorizzazione. Si scambiarono un'occhiata, poi quello che sembrava il più anziano lo prese per una spalla e lo condusse verso la baracca. Entrarono mentre l'altro moviere rimaneva sulla porta.
«Va bene, ragazzo, vediamo un po' questa lettera.»
Jonathan si guardò intorno individuando alcuni sacchi in un angolo, ognuno portava un'etichetta cucita recante la destinazione. Quello che andava verso San Francisco, passando per le montagne rocciose, non era molto grande e il ragazzo iniziò a frugare tra la posta sentendo su di sé lo sguardo del militare. Teneva le braccia infilate nel sacco e sfruttava la scarsa luce per decifrare i destinatari.
Poco dopo trovò la finta lettera che aveva scritto per l'occasione e serrandola tra il pollice e l'indice della mano sinistra continuò a sfogliare le altre buste, sentendosi inquieto. Se esisteva una lettera per suo padre doveva essere in quel sacco.
«Ci vuole ancora molto?»
«Ancora un attimo, signore, ho quasi finito...»
Jonathan sentì di avere le ascelle umide: stava sudando. Se non si sbrigava a trovare quello che realmente cercava, si sarebbe ritrovato fradicio. Doveva controllare l'ansia che gli faceva tremare le mani mentre frugava tra le lettere rimaste.
Al Capitano John Becker, il ragazzo fu scosso da un tremito: l'aveva trovata. Lanciò un'occhiata furtiva al moviere e vedendo che stava dicendo qualcosa al suo commilitone s'infilò la busta incriminata sotto la giubba con un movimento fulmineo, poi si alzò brandendo tra le mani la sua lettera.
«Eccola!»
Il militare lo raggiunse e gliela strappò di mano.
«Alla signorina Dawson... è lei la tua ragazza?»
Jonathan annuì.
«Se non si fida può aprirla e vedere che porta la mia firma... Mi chiamo Jonathan Becker.»
Il moviere lo studiò per un attimo, valutando la possibilità di controllare il contenuto della lettera: il ragazzo era visibilmente nervoso. Jonathan accennò un timido sorriso.
«La apra, signore. Però la prego di non leggere oltre alla mia firma, morirei di vergogna, non so se mi capisce...»
L'uomo strappò la busta, incerto se violare o meno l'intimità del ragazzo: non avrebbe voluto farlo, ma qualcosa del suo atteggiamento inquieto non lo convinceva del tutto. Estrasse il foglio e andò direttamente alla firma finale: il nome corrispondeva.
«Ho chiuso con "Spero che voi possiate perdonarmi e di vedervi in compagnia del giovane McEnzie in occasione del Natale. Rispettosamente vostro, Jonathan Becker". Il resto mi auguro che non desideri leggerlo, è piuttosto imbarazzante...» intervenne il ragazzo, sperando di convincerlo della sua buona fede.
«Lasciamo andare il rubacuori» si intromise l'altro moviere affacciandosi e facendogli cenno di allontanarsi.
Jonathan aspettò che gli venisse restituita la lettera e ringraziando si affrettò a uscire.
«Muoviti, ragazzo, o farai tardi per le attività del mattino!»
«Grazie, signore, grazie. Spero che non racconterete in giro questa storia... oppure fatelo, non importa: diventerò lo zimbello di questo posto, ma almeno non avrò perso la fidanzata.»
«Vai sereno, ragazzo, buona giornata!»
«A voi, signori!» e facendo il saluto militare si avviò spedito verso le camerate dei cadetti.
Non poteva credere di esserci riuscito, sentiva la lettera del maggiore che scricchiolava sotto la giubba a ogni passo e il cuore batteva all'impazzata. Doveva sbarazzarsene al più presto.
Arrivato alla sua camerata si trovò davanti al compagno assegnato per quel giorno alla guardia dell'alloggio, che lo bloccò.
«Che fai qui? Sono già tutti usciti.»
«Ho dimenticato di prendere il libro e sono in ritardo!»
Il ragazzo si fece da parte e Jonathan si fiondò verso il suo letto. Dando le spalle alla porta infilò la busta tra le pagine di un diario mentre prendeva il libro necessario per la lezione che doveva frequentare. Sapeva che quello lo teneva d'occhio per essere certo che non stesse frugando tra la roba d'altri o rubando. Sperò che il nascondiglio provvisorio fosse abbastanza sicuro, almeno fino a quando non fosse riuscito a distruggere definitivamente la lettera.
Tornò alla porta e, scambiando un rapido saluto con il compagno di guardia, si sbrigò a raggiungere l'aula in cui si tenevano le lezioni.
Robert vide il fratello entrare e sistemarsi in fondo. Sembrava stanco. Richiamò la sua attenzione con un cenno e lui si limitò a sorridergli soddisfatto. Capì immediatamente che l'aveva fatto; non sapeva di preciso cosa, ma aveva portato a termine il suo piano segreto e sembrava che fosse andato tutto bene. Ricambiò il sorriso e rilassandosi si preparò all'arrivo del maggiore che avrebbe tenuto la lezione quel giorno.
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