XI
Sfrego i bicchieri con uno strofinaccio.
Con grande gioia ho appena scoperto di aver sforzato il braccio oltre il limite, per questo negli ultimi giorni faceva piuttosto male.
Niente di grave, semplicemente devo prestare attenzione a non esagerare.
Sono abbastanza soddisfatto della piega che ha preso il rapporto tra me e Andrea.
Ci salutiamo, ridiamo ogni tanto, insomma, mi parla!
Come ogni venerdì c'è la signora Maria, un'anziana vedova che viene al bar giusto per parlare un po' con qualcuno, e di tanto in tanto porta la nipotina.
È una donna simpatica, coi capelli biondi e cottonati, piuttosto corti. Non mi dispiace chiacchierare con lei.
Le appoggio il caffè sul banco, e sento la porta aprirsi.
«Buongiorno!», saluto fingendo allegria, senza neppure guardare chi è entrato.
«Con quale freddezza!», dice ridendo il cliente che ha appena varcato la soglia.
Una voce calda, carica di allegria.
Alzo lo sguardo su un ragazzo di un anno in meno di me che mi sorride con le braccia semiaperte.
La sua figura è slanciata, ha i capelli chiari ricciolini e gli occhi verdi.
La sua carnagione è un po' abbronzata, o almeno risulta così al confronto con i capelli.
Indossa dei jeans e un giubbotto in pelle nero aperto con sotto una maglia bianca.
Capisco che i pomeriggi iniziano ad essere poco più caldi, ma quel ragazzo ha dei seri problemi di termoregolazione.
«Marco!», dico con un sorrisone.
Lui si avvicina al banco dietro il quale mi trovo io e ci battiamo la mano per poi tenerla stretta qualche secondo mentre mi dà una pacca sulla spalla.
Quella dolorante.
«Pensavo fossi morto», scherzo.
«Tu piuttosto», risponde, «sono secoli che non ti fai vedere».
«Sai com'è, il lavoro».
In questo momento Andrea torna dal tavolo che stava servendo e vede che parlo con lui in modo confidenziale, intuendo probabilmente che ci conoscessimo già da prima.
Marco prende posto al banco in modo che io possa parlargli senza smettere di lavorare, e così facciamo.
«Come sta tua madre?», mi chiede gentile.
«Sempre peggio», rido.
Vedo che Andrea, nell'istante in cui pronuncio questa frase, alza il capo, probabilmente colpito dalla semplicità con la quale ho detto una cosa del genere.
«Dai raccontami qualcosa di nuovo», dico.
«Eh», sospira, «cosa devo dirti?».
«Lavoro? Università? Famiglia?», rido.
«L'università così così, gli ultimi esami non sono stati il massimo».
«Si recupera».
«Spero. Comunque lavoro in un giro pizza quattro sere a settimana».
«Buono dai».
«Ah! Sai una novità?».
«Sai perfettamente che non la so».
«Sì ma tranquillo eh», dunque continua, «mi sto sentendo con una da un po', credo sia seria la cosa», dice, quindi sorride.
«Davvero? Fa vedere».
Estrae dunque il telefono dalla tasca e mi mostra la foto di una ragazza abbastanza carina, coi capelli lunghi e lisci, schiariti in uno shatush.
È magra e di statura media.
«Carina», dico sincero, «e com'è?».
«Simpatica. Quando l'ho conosciuta non sembrava, infatti non ha riso a una sola delle mie battute. Insomma, lei era carina, mi è piaciuta sin dall'inizio, quindi non sopportavo il suo comportarsi da superiore».
«Ma aspetta, come l'hai conosciuta?».
«Te l'ho detto, alla festa di Pippo!».
«Non me l'hai detto», sbuffo.
«Si invece», dice con tono cantilenante, «e in ogni caso ero alla festa e lei era seduta di fronte a me».
«Chi è Pippo?».
«Santi lumi!», esclama e io scoppio a ridere, «Bertazzoli!».
«Mai sentito».
«Non m'intessa. Stavo quasi per rinunciare, quando è successa una cosa».
«Lei si è accorta che c'eri e ha fatto qualcosa di eccitante come», e faccio finta di pensarci su un po', «salutarti?».
«No, ma ero salito un attimo al piano di sopra», continua a raccontare.
È proprio idiota questo ragazzo, non capisce mai quando lo prendo in giro.
«Insomma, stavo scendendo ed è successa una cosa alquanto imbarazzante».
«Una?!», domando ironico, ma come sempre lui ignora le mie prese in giro e prosegue.
«Sono scivolato giù dalle scale, all'indietro, e per non cadere mi sono aggrappato a Pippo che si trovava di fianco a me, ma ovviamente è servito solo a farlo cadere sopra di me», racconta sbellicandosi dalle risate.
«Esilarante».
«Aspetta! C'è dell'altro: quando sono caduto lei si trovava proprio davanti alle scale che parlava con Jessica».
«E quest'altra chi è?».
«Shh, ascolta! Aveva una bevanda in mano, e appena mi ha visto scivolare l'ha sputata sul décolleté di Jessica. Non puoi capire, quando l'ho vista sganasciarsi così dalle risate ci sono rimasto malissimo».
«E ci credo», dico trattenendo a stento le risate.
«Ma grazie a quella figuraccia ho avuto l'occasione di parlarci, per scoprire che lei era lì sotto l'obbligo di Jessica».
«Ma Jessica chi?».
«Radici!».
«Il tuo elencarmi cognomi non mi aiuta».
«Impiccati», dice, «in ogni caso è stata obbligata, quindi era seria per questo. Allora abbiamo iniziato a parlare e ora non riesco a togliermela dalla mente», dice e resta qualche secondo a guardare il soffitto con aria sognante.
«Ehi, bella addormentata?».
«Comunque è carina anche lei».
«Chi?».
«Jessica!».
«Devi smetterla di passare da un argomento all'altro senza un filo logico!», urlo ridendo, «Ma quindi chi ti piace delle due?»
«Miriam ovviamente! Jessica non è per me» conclude con tono eloquente.
Gli lancio subito un'occhiata.
«Dai! Posso almeno fartela vedere?».
«Prima fammi lavorare», dico un po' scocciato mentre porto un vassoio ad un tavolo.
Fortunatamente c'è poca gente, quindi posso parlare tranquillamente con lui.
Torno al banco e Marco mi mostra le foto della ragazza di nome Jessica.
Andrea sembra tendere l'orecchio in attesa di un mio parere, ma non gli dò molto peso.
Osservo le varie foto della ragazza, e cerco tra le tante quelle due o tre dove le si vede il volto.
È una ragazza bassa, abbastanza procace, devo ammetterlo, ma trovo molto più carina Miriam.
«Normale», dico arricciando un lievemente il naso.
«Che noia che sei!», si lamenta, «E guardale un po' le ragazze, anziché lamentarti sempre. Devi solo dare un giudizio, mica fidanzartici».
«Ho dato un giudizio. È una nanetta con tante tette, al punto che è probabile che nessuno le abbia mai visto il volto».
«Parla lo spilungone».
«Non ho mai detto di essere bello per la mia altezza», dico irritato, quindi assumo un tono vanitoso:«Sono bello per altre e innumerevoli qualità».
«Sei crudele».
«Va bene, va bene», dico allontanandomi un po' per preparare il caffè a due clienti appena entrati.
Li servo al tavolo, quindi osservo il mio amico.
Ha il profilo abbastanza dolce e affusolato, mentre la mandibola è piuttosto delineata.
Siamo amici da un'eternità, abbiamo sempre giocato insieme da ragazzini, e uscivamo insieme i pomeriggi in cui non avevamo troppa roba da studiare, oppure la sera, con a volte qualche amico in più.
Sono sempre stato legato a lui.
Poi, un giorno, ci siamo allontanati.
È successo proprio così.
Un giorno, senza alcuna ragione valida.
Certamente avevamo entrambi gli amici di scuola diversi, in più io ho iniziato a lavorare e non ho avuto più molto tempo.
Ma è capitato veramente all'improvviso.
Insomma, non abbiamo mai litigato. Resta quello che conosce meglio la mia famiglia e la situazione, così come io so molte cose personali sue, ma ci vediamo sempre meno frequentemente.
Proprio per questo sono felice che sia qui.
Gli voglio davvero bene, e sono consapevole che la colpa di tale distacco sia anche mia, in quanto non l'ho più cercato, ma lui pare aver capito la situazione, e sono felice.
Con Marco non è mai cambiato nulla.
Che lo veda tutti i giorni, o una volta all'anno, è sempre lo stesso.
Porta la tazzina bianca di caffè alle labbra carnose e beve l'ultimo sorso, per poi voltarsi verso di me che lo stavo osservando, e sorridere confuso.
«Perché mi guardi e sorridi, ho qualcosa?», chiede.
«Perché sei stupendo», dico ironico. Forse.
Tira all'indietro la testa e lascia andare una risata.
Lo ammetto, mi piaceva.
C'è stato un periodo in cui mi piaceva da impazzire, anche se probabilmente è ciò che ho provato sin da quando abbiamo iniziato a legare.
E se è vero che non si dimentica mai veramente una persona, allora questa felicità sarebbe giustificabile.
Eppure no.
Preferisco pensarlo come un carissimo amico.
E se fosse sempre stato così?
È possibile che io abbia confuso un forte sentimento di amicizia per amore.
«Vieni a trovare la mamma, per favore. Le farebbe piacere».
Ciao a tutti!!
Cosa ne pensate di questo capitolo?? Scusate se aggiorno poco ma con la scuola è un casino..
DamnArtist
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