I
Alto.
Viso allungato.
Portamento elegante.
Occhi piccoli e quasi inespressivi.
Un classico, insomma.
Credo si sia accorto che lo osservo.
Ogni volta che asciuga i bicchieri assopito nei suoi pensieri, e si accorge che lo fisso, distoglie subito lo sguardo aggrottando un po' le sopracciglia, come a dirmi che è infastidito.
Peccato che io continui.
È terribilmente distaccato.
Come si chiama?
Andrea.
Ha i capelli scuri un po' lunghi, parla poco, sottovoce, tenta in ogni modo di passare inosservato.
Stupido da parte sua, considerata l'altezza e il bell'aspetto.
«Mattia, vai a prendere dell'altro caffè!», urla il capo.
Mattia Allevi è il mio nome.
Lavoriamo in un bar, infatti vado nel retro e apro la scatola con le confezioni di caffè.
Al contrario di Andrea non sono affatto alto, il che è un profondo disagio.
Davvero profondo.
Per arrivare ai ripiani troppo alti devo utilizzare uno sgabello.
Pensano sempre che sia più piccolo rispetto alla mia età.
Se devo prendere le sigarette mi chiedono la carta d'identità.
Se esco la sera a bere mi chiedono la carta d'identità.
Ci sono un sacco di ragazze più alte di me.
Nelle foto di gruppo sono sempre nascosto dietro agli spilungoni.
Quindi la cosa peggiore.
I soprannomi.
Nano, nanetto, tappo, puffo, nano da giardino, gnomo, nanerottolo,
Eppure, nonostante l'altezza, sono perfettamente in grado di farmi rispettare e ho carattere.
Insomma, sono basso, ma arrivo dove voglio.
E voglio arrivare a lui. Andrea.
Torno al bancone ed è sempre lì, impassibile. Non trovo altri termini per descriverlo.
Ha le maniche della camicia tirate un po' in su, così che gli scoprono gli avambracci magri ma molto forti.
Si nota anche con la camicia che è abbastanza scolpito, e il primo bottone slacciato lascia intravedere la clavicola scolpita e il collo abbastanza grande, ma ben proporzionato.
È da una settimana che lavora qui, e ancora ci saremo scambiati due o tre parole.
In effetti i turni sono a noi sfavorevoli, in quanto lavoriamo sei giorni a settimana, io dal martedì alla domenica e lui dal lunedì al sabato, ma solo il martedì, mercoledì e sabato gli orari coincidono alla perfezione, perché gli altri giorni finiamo e iniziamo a orari diversi, e durante il lavoro non possiamo permetterci di perdere tempo.
Oggi è sabato, e sono fortemente intenzionato a fermarlo dopo il lavoro.
Infatti, appena finisce la giornata, e ci stiamo cambiando, mi avvicino a lui che ha ancora il grembiule in mano.
«Ehi Andrea!», inizio.
Lui si gira di scatto.
«Oh, ciao», mi dice.
«Dato che è finita la settimana, per te almeno, perché non ci fermiamo a bere qualcosa da qualche parte?»
A vederci vicini sembra decisamente più grande lui, invece ha appena diciannove anni, mentre io quasi ventidue, e sembro ancora un ragazzino.
Ora che sono così vicino a lui posso intravedere un filo di barba, che inizia a ricrescere.
«No, non ho tempo», risponde secco.
Mi lascia spiazzato, lo ammetto, ma subito accenno una risatina provocatoria e ritento:«Prego?»
«Ho detto che...».
«Sì sì, ho sentito. Ma qual è il problema, eh? Non sei mai uscito con amici a bere?».
«Ho detto che non ho tempo, non che non l'ho mai fatto», dice seccato.
«Mica devi ubriacarti. Cosa ti costa?»
«Non hai nessun altro a cui chiedere?» alza un po' la voce, e fa per andarsene, prendendo lo zaino ancora aperto con entrambe le mani, in modo da non far cadere il contenuto.
«Sì, ma lo sto chiedendo a te», e detto questo tento di fermarlo acciuffando lo zaino, con l'unico risultato di farlo aprire abbastanza in modo che si ribalti tutto.
Andrea si fionda a terra e cerca di raccogliere gli oggetti caduti ma, poiché non era certo mia intenzione combinare quel pasticcio, mi sono abbassato anch'io per aiutarlo, e ho afferrato in contemporanea con lui una busta marroncina abbastanza grande.
Di sfuggita riesco a leggere che è una cartella medica, sua, ma non posso fare altro perché me la strappa di mano.
«Scusa», sussurro, e cerco di non soffermarmi sull'argomento "cartella misteriosa".
«Lasciami in pace», ringhia.
Con lo sguardo basso si allontana a passo svelto.
Non finisce qui.
Ma salve!! Eccomi con una nuova storia. Diciamo che l'idea era nata dal fatto che io odio gli stereotipi nelle storie yaoi (seme alto, stronzo, che domina e che sembra non desiderare altro oltre ai rapporti carnali finché non si scoprirà che ha sofferto molto e amore amore amore; uke basso, timido, impacciato che sa solo farsi dominare e non ha quasi mai il carattere e la forza per dire di no).
Solo che poi la trama ha preso una piega diversa dal semplice obiettivo di rompere gli stereotipi, quindi oltre a venire più lunga del previsto, a parte i primi capitoli i personaggi verranno caratterizzati meglio che posso.
Mh.. okk era un monologo inutile quindi... Spero vi sia piaciuto questo primo capitolo!!
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