Capitolo 3: Son dolori per Dolores

Dopo essere tornata a casa dalla centrale in cui aveva iniziato a lavorare part-time, Kiana si lasciò sprofondare nei cuscini del divano, fissando con sguardo vuoto il nero schermo della TV spenta. Definirla esausta sarebbe stato davvero un eufemismo! Si sentiva come se avesse corso una maratona, giocato una partita di pallanuoto e praticato trekking... tutto contemporaneamente! La tipica calura estiva di Alola, poi, non aiutava per niente. Fortuna che domani era il suo giorno libero! Dopo qualche istante che era lì seduta, la Raichu si alzò e andò in cucina, prelevando una bottiglia d'acqua fresca dal frigorifero. Una volta, la sua scelta sarebbe ricaduta su una Koko-Cola, o magari una CroFini; tuttavia, il suo nuovo corpo le imponeva una dieta che evitasse il più possibile gli zuccheri contenuti nelle bibite. Aprì la bottiglia, non senza qualche sforzo (dopo due settimane, non si era ancora abituata ad avere le zampe) e ne bevve il contenuto pian piano, per evitare di farsi venire un coccolone. Infine, la richiuse e restò a fissare il bianco soffitto per un po', le zampe sul ventre, senza pensare a nulla, poiché non aveva proprio niente da fare; sua madre era sicura di non avere bisogno di aiuto, mentre Ross era in tribunale da quella mattina. E chissà per quanto tempo ci sarebbe rimasto! All'improvviso, udì il suono di una notifica provenire dal suo cellulare, che era riuscita a sbloccare inserendo il codice PUK, e gli diede un'occhiata. Immediatamente, il suo muso si illuminò di felicità; era Pamela, una delle poche amiche che era riuscita a farsi a scuola. E andavano piuttosto d'accordo su praticamente qualsiasi cosa; musica, cibo, moda, ideologie... tuttavia, le due frequentavano indirizzi scolastici diversi. Se Kiana era solita impegnarsi nel settore ristorazione, Pamela investiva tutte le proprie risorse nella moda, poiché voleva diventare una stilista. Durante il periodo scolastico quindi non potevano vedersi molto, ma in quello estivo il discorso era decisamente diverso.

Sul muso di Kiana comparve un sorriso. «MAMMA!», gridò, cercando di attirare l'attenzione della madre. «SEI PROPRIO SICURA DI NON AVER BISOGNO DI AIUTO?».

«Certo, tesoro!», rispose la donna, la cui voce arrivava dal piano superiore, flebile ma perfettamente udibile dalle sensibilissime orecchie della Raichu. «Perché?».

«È CHE HO RICEVUTO UN MESSAGGIO DA PAMELA!», spiegò la ragazza. «MI HA CHIESTO SE HO VOGLIA DI INCONTRARLA AL NEGOZIO DI MALASADE!».

«Ok, vai pure!», le concesse Ellie. «Vedi però di tornare per l'ora di cena, eh?».

«Sì, sì, certo!», promise la Pokémon Topo, infilando il cellulare in una piccola borsa che poi si infilò a tracolla. «Stammi bene mamma, ci vediamo stasera!». E schizzò fuori casa, andando alla massima velocità consentitagli da Codasurf. "Ooh... non oso immaginare la faccia che farà quando mi vedrà!".

XXX

Pamela Patterson era seduta al bancone del locale, cincischiando con la cannuccia della sua bibita gassata, una bella Koko-Cola grande con ghiaccio. Era passato parecchio tempo dall'ultima volta che aveva visto Kiana, l'estate scorsa, quindi aveva deciso di incontrarla nuovamente al negozio di Malasade, dove erano solite darsi appuntamento quasi ogni giorno durante le vacanze. Stranamente, l'amica era rimasta parecchio silenziosa nelle ultime due settimane; non aveva risposto ad alcuna chiamata, né visualizzato alcun messaggio. Pamela non aveva idea di cosa le fosse successo, ma sperava solo che non fosse nulla di grave.

All'improvviso, la ragazza udì il familiare tintinnio delle campanine tubulari appese in cima alla porta del negozio, insieme a qualcuno che la chiamava usando il suo soprannome. «PAM! PAAAM!». Lei la conosceva, quella voce; apparteneva a Kiana. Sollevata, si voltò... ma davanti a lei non c'era una ragazza, bensì una sorridente Raichu di Alola, con una borsetta beige a tracolla. Si fissarono, la ragazza e la Pokémon, per un istante lunghissimo, prima che quest'ultima rompesse il silenzio agitando una zampa e dicendo: «Ciao, Pam!».

La ragazza sgranò gli occhi. «K-Kiana!?».

«Yup», asserì la Raichu, sedendosi a sua volta al bancone. «Come va?». Pamela non era cambiata affatto; alta un metro e sessantacinque, capelli biondi a caschetto, occhi scuri, occhiali e lentiggini. Era leggermente sovrappeso, ma comunque sempre meglio di come Kiana l'aveva vista l'ultima volta. Indossava una maglietta bianca e dei leggins neri.

«Io... a me va... va bene», fece Pam, ancora stranita dal fatto di star intrattenendo una conversazione con una Pokémon. «Ma tu... come...».

«Come ho fatto a diventare così?», domandò retorica la Raichu, avvicinando una barista e allungandole una manciata di monete. «Posso avere dell'acqua in bicchiere? Grazie!». Poi tornò a rivolgersi verso l'amica. «È successo circa due settimane fa...». Emise un lungo sospiro triste, mentre la barista poggiava davanti a lei un enorme bicchiere d'acqua fresca. «Ed è stato orribile. Non so perché o come sia successo. A quanto pare, trasformarsi in un Pokémon è incredibilmente doloroso». Si afferrò la testa fra le zampe. «Un mucchio di persone mi hanno vista... mentre mi contorcevo per terra, in preda agli spasmi e all'agonia... pregando solo che finisse...». Fece una pausa, prendendo fiato. «Mi hanno filmata, ti rendi conto? Invece di aiutarmi... mi hanno fatto un video, hanno scattato delle foto... e poi, le hanno messe su Internet! Ho provato a cancellarle, ma oramai il danno era fatto».

«Sarò sincera», commentò Pamela, fissando incredula l'amica. «Quando ho visto l'articolo su Internet, ho pensato immediatamente che fosse un falso, o uno scherzo di cattivo gusto. E invece...».

«Invece, eccomi qui!», scherzò la Raichu, ridendo. «Ma tutto sommato, non è poi così male. Non più, almeno. Sai, la prima settimana è stata un vero inferno! Pensa che non riuscivo nemmeno più ad uscire senza sentirmi imbarazzata!».

«Oh, no!», esclamò la ragazza, portandosi una mano alla bocca. «Dev'essere stato terribile!».

«E lo è stato», confermò Kiana, bevendo un altro sorso d'acqua dal suo bicchiere. «Ma poi, è capitato anche a Ross, che è diventato un Meowth di Alola... e sebbene mi dispiaccia davvero molto per lui, devo dire che la consapevolezza di non essere l'unica... mi ha fatto sentire un po' meglio».

«E credi... che capiterà anche a qualcun altro?», domandò Pamela, improvvisamente seria. «Insomma... potrebbe essere una specie di epidemia, no?».

«Lo escludo», rispose rapida la Raichu. «Almeno, per il momento. Ne sappiamo troppo poco, per poter giungere alle conclusioni».

Pamela si limitò a scollare le spalle, prendendo una sorsata della sua Koko-Cola. «Se lo dici tu... ma io non sono tranquilla. Per niente». Poggiò il bicchiere, oramai mezzo vuoto, sulla superficie liscia del bancone. «Ad ogni modo, dimmi; com'è essere un Pokémon?».

«Ci sono degli aspetti negativi e degli aspetti positivi», rispose pacatamente la Raichu, sventolando una zampa. «Iniziamo da quelli negativi; devo eliminare qualsiasi bibita gassata dalla mia dieta, altrimenti finirò per stare male».

«Oh!», fece Pamela, fissando con sguardo colpevole la bevanda da lei ordinata. «Oh, cribbio...».

«Eh, già». Kiana bevve un altro mezzo sorso d'acqua. «Bella fregatura, eh? Sempre in ambito di dieta; devo stare attenta a mangiare solo frutta, verdura o Cibo Pokémon. Fortuna che di quello ne esistono in tutte le salse; gelati Pokémon, Malasade Pokémon... direi che non è cambiato poi così tanto. Poi, vediamo... cos'altro posso aggiungere?». Si sfiorò il mento con una zampa, poi si illuminò. «Ah, già! Non posso più indossare vestiti di alcun tipo».

«Vedo, vedo... ma la cosa non ti dà fastidio?».

«Assolutamente no. Non penso ancora a questa forma come se fosse il mio vero corpo. E siccome non è il mio vero corpo... be', che la gente guardi pure; sono ricoperta da tanto di quel pelo, che sarebbe difficile notare qualcosa».

«Ok, capito. Altri aspetti negativi?».

«Che dire... ci sarebbe il mio lavoro alla centrale elettrica».

«...tu lavori alla centrale elettrica?».

«Dalla settimana scorsa, sì. Hai presente, no, quella centrale che sfrutta l'energia dei Pokémon di tipo Elettro?».

«Certo, certo... aspetta. Stai cerando di dirmi che ora sei una dei Pokémon che "lavorano" lì?».

«Esattamente. E non c'è bisogno di enfatizzare la parola "lavorano", perché impiegano tempo ed energie in un'attività produttiva, come qualsiasi altro lavoratore. Vengono pure pagati, sai?».

«Pagati? Che se ne fanno i Pokémon del denaro, scusa?».

«Niente. E infatti, non vengono pagati in soldi, ma in Bacche o cibo in generale. Un sistema molto intelligente, devo dire. Io, ovviamente, sono l'eccezione alla regola, visto che mi pagano in contanti».

«Ah, però! Ed è un lavoro stancante?».

«Parecchio, direi. Ogni giorno, per sei giorni, per otto ore interrotte solo da una pausa pranzo di mezz'ora, devo produrre almeno diecimila volt. Ma non sono da sola, eh, altrimenti verrei distrutta! Lavoro in quadra con altri trentasette Pokémon. Insieme, forniamo ben trecentottantamila volt freschi freschi alla nostra città, ogni singolo giorno. Ooh, Pam, dovresti conoscere la mia squadra; sono proprio forti!».

«Davvero? Che tipi sono?».

«Elettro, ovviamente». Kiana proruppe in una leggera risata. «Ma sul serio, sono simpatici. Questa battuta me l'ha insegnata Luxray; sai, quando riesci a capire quello che dicono, scopri che i Pokémon hanno in realtà un gran bel senso dell'umorismo».

«Cioè, tu riesci a capire quello che dicono gli altri Pokémon?!». Pamela era incredula. «Davvero?!».

«Di che ti stupisci?», domandò la Pokémon Topo. «Dopotutto, sono pur sempre una Raichu».

«E cos'altro riesci a fare?», volle sapere la ragazza.

«Posso surfare sulla coda!», cinguettò Kiana. «Ed è una figata! Inoltre, sono immune alle scosse elettriche e-».

«BENE, BENE, BENE!», commentò un'orribile voce familiare alle loro spalle, mentre le porte si spalancavano. «Ma che sorpresa! La porca frequenta i ratti, eh?».

Lentamente, sia Pamela che Kiana si voltarono, trovandosi faccia a faccia con un'altra ragazza, snella, mora, occhi neri. Dolores Sorrow era conosciuta all'infuori della scuola per essere incredibilmente affascinante e chic; all'interno della scuola, invece, tutti la conoscevano quale la grandissima stronza che era. In pratica, riusciva sempre a cavarsela senza conseguenze, qualsiasi cosa facesse, perché era la figlia del preside. Si avvicinò a passo svelto alle due, con la sua solita camminata "stilosa".

«Salve, Dolores», sibilò Kiana in maniera ostile. «Mi dispiace, ma temo di doverti correggere, poiché l'unica porca che io vedo qui è completamente da sola!».

«Bada a come parli», minacciò Dolores, avvicinandosi pericolosamente alla Raichu. «Potrei spezzarti il collo». Un sacco di gente stava guardando, ma nessuno osava interferire. «Vedi di abbassare la cresta. E non prendere le difese di questa panzona», aggiunse, indicando Pamela. «Non servirà a molto; probabilmente, morirà di diabete! E poi, cosa potresti mai farmi? Sei troppo codarda per agire».

Sul muso di Kiana si formò un sorriso incredibilmente tirato. «Divertente; perché da quanto ne so, sono io quella che può sparare fulmini».

Dolores montò una smorfia sprezzante. «Dai, su, provaci! Qui è pieno di gente! Così, tutti potranno vedere quale minaccia rappresenti!».

«Forse non potrò darti una lezione qui», fece la Raichu, minacciosa, «ma permettimi di darti un consiglio; d'ora in poi, guardati le spalle!».

Ma la ragazza fece orecchie da mercante, voltandosi poi verso Pamela. «E comunque, questo non cambia il fatto che tu», e le punto un dito nel petto, «sia la solita grassa, grossa palla di lardo!».

L'ultima cosa che Kiana vide fu l'amica che correva verso il bagno, in lacrime. A quel punto, la Raichu perse completamente le staffe. Si alzò dalla sedia e volò verso Dolores, fluttuandole a pochi centimetri di distanza dalla faccia.

«Ascoltami. Molto. Attentamente», scandì con furia, afferrandole il colletto della camicia azzurra che indossava. «Fai un'altra cosa del genere, e giuro su Tapu-Koko che ti folgoro». La fissò negli occhi, per assicurarsi che avesse carpito il messaggio. «Do you understand?».

Dolores non disse nulla. In tutta risposta, le prese le zampe in malo modo e se le tolse di dosso.

«Non mi toccare con quelle sporche zampacce!», la insultò la mora. «Dopotutto, sei soltanto uno squallido roditore!».

«Sarà, ma sono sempre più topa di te!», ribatté Kiana, sogghignando.

«Mi assicurerò che tu venga espulsa!», gridò Dolores. «Quest'anno non metterai piede a scuola, garantito!».

La Raichu di Alola fece spallucce, girandosi. «E chi ti ha detto che avevo intenzione di tornarci? Ho già un lavoro... alla centrale elettrica, s'intende!». Fece un sorriso estremamente tirato, di fronte ad una Dolores che stava letteralmente fumando di rabbia. «Sai, il mio sogno era quello di diventare una pasticcera, ma i Pokémon dotati di pelo non sono ammessi nelle cucine dei ristoranti per ovvie ragioni d'igiene. Quindi, ho pensato ad un impiego dove le capacità di un Raichu di Alola sarebbero state apprezzate più che mai. Dunque, per un Pokémon di tipo Elettro, quale posto migliore di una centrale elettrica? Sarò anche una Pokémon, ma adesso ho una carriera solidissima». Voltò la testa, incontrando nuovamente lo sguardo furioso della sua nemica. «Il fatto di non potermi più distruggere la vita ti fa arrabbiare, tesoruccio?».

«LURIDA TROIA, IO TI AMMAZZO!», gridò Dolores, le mani già protese verso la gola della Pokémon Topo, la quale riuscì tuttavia a portarsi ad un'altitudine sicura. «TORNA SUBITO GIÙ!».

«SIGNORA!», gridò a quel punto l'impiegata dietro al bancone, la stessa che poco prima aveva servito Pamela e Kiana, attirando l'attenzione della mora. «Mi duole informarla che se non cesserà subito queste sue attitudini moleste, sarò costretta a chiamare la polizia».

«PFFF!», fece Dolores, trattenendo una risata. «E per cosa verrei arrestata, sentiamo?».

«Allora», esordì la donna, picchiettandosi la guancia con il dito indice. «Vediamo un po'... tentata violenza nei confronti di un Pokémon... atti di bullismo... secondo la legge di Alola», e a quel punto estrasse un telefono dalla tasca dei pantaloni, «questi soli due reati sono abbastanza per farla finire in gattabuia per un massimo di... credo cinque anni». Accese il dispositivo. «Ora, le sue opzioni sono le seguenti; può lasciare questo negozio, e cavarsela con un ammonimento da parte del gestore del locale, o aspettare tranquillamente l'arrivo delle forze dell'ordine. Oppure, farò finta di non aver visto nulla se lei accetterà di comprare ogni singola Malasada rimastaci in magazzino». Incrociò le braccia, sempre tenendo il cellulare. «Quale preferisce delle tre?».

«Io ho solo detto la verità», fu la risposta di Dolores, accompagnata da una scrollata di spalle. «Non è colpa mia se quella tipa lì ha più grasso addosso di uno Snorlax obeso!».

«Va bene». L'impiegata sorrise, alzando le braccia, per poi riabbassarle e comporre un numero telefonico di tre cifre. «Come lei desidera».

Immediatamente, una maschera di puro terrore si dipinse sul volto della ragazza, quando comprese che quella donna non stava scherzando.

«N-no, a-a-aspetti!», balbettò, poggiando sul bancone una manciata di banconote che aveva estratto dalla tasca destra dei pantaloni. «Va bene! Comprerò tutte le Malasade che avete nel magazzino».

Il dito dell'impiegata si fermò poco prima di raggiungere il tasto che avrebbe inviato la chiamata. Alzò lo sguardo, volgendosi verso Dolores, per poi inarcare un sopracciglio e mormorare; «...prego?».

«Ha sentito bene!», esclamò Dolores, tremando. «Ho con me un sacco di Pokédollari!».

Lentamente, l'impiegata estrasse da sotto il bancone un registro, che aprì. «Dunque... ci risulta che in magazzino al momento siano conservate... oh, Numi... ottocentomilasettecento Malasade semplici». Alzò lo sguardo, incontrando quello della mora. «Sicura di volerlo fare? Le verrà a costare un bel po'...».

«Non mi interessa!», proclamò Dolores. «I soldi non sono un problema!».

Fu a quel punto che nella testa di Kiana spuntò un'idea niente male, che di sicuro avrebbe insegnato una lezione a quella smorfiosa. Si avvicinò all'impiegata e le sussurrò il proprio piano all'orecchio. E più entrava nei dettagli, più sul volto della donna compariva un sorriso enorme.

«Ve bene», fece l'impiegata, tranquilla. «Compri pure tutte e ottocentomilasettecento Malasade. Tuttavia, devo avvertirla che il nostro negozio ha una plitica zero sprechi».

La mora si bloccò. «Che intende?».

«Intendo dire», spiegò l'impiegata, gesticolando, «che rischierei di venire licenziata. Mi dica; lei cosa farà con tutti questi dolci? Li butterà via?».

«Non ho ancora dei Pokémon», rispose Dolores, «non posso certo darli a loro! Cosa vuole fare, obbligarmi a mangiarli tutti? Questa è stata un'idea sua!».

«Un'idea mia che tu hai accettato», fece la donna dietro al bancone. «Quindi, o compri quelle Malasade e te le mangi, oppure chiamerò la polizia senza alcuna esitazione. Capito... no, anzi; do you understand?».

«E VA BENE!», esplose la mora. «Non ci penso nemmeno a finire in prigione! Mi mangerò le vostre stupide Malasade!». Ovviamente, era consapevole che si trattasse di un compito umanamente impossibile. Ma non le importava. Non aveva alcuna intenzione di finire arrestata. «Fatevi avanti con la prima!».

Immediatamente, uno dei famosi dolci tipici di Alola le venne messo davanti su un piattino, ricoperto di zucchero a velo. Dolores deglutì, prima di iniziare a mangiarlo. Quando lo ebbe finito, non fece nemmeno in tempo a prendere fiato che già aveva davanti letteralmente una schiera di Malasade. Per un attimo, pensò semplicemente di rinunciare e finire in galera... ma il suo orgoglio non glielo avrebbe mai permesso! Iniziò a divorare dolce dopo dolce, imponendo al suo riflesso faringeo di non funzionare. In fondo, per quale motivo sarebbe dovuto essere un compito difficile? Se ce la faceva un tizio obeso in un programma televisivo, perché diavolo non avrebbe potuto riuscirci anche lei? La risposta le arrivò quando, dopo la diciassettesima Malsada, incontrò il limite del suo stomaco, che iniziò a farle terribilmente male. Le vennero un paio di conati di vomito, che in qualche modo riuscì a reprimere. Fissò nauseata la fila di dolci sul bancone, che pareva non avere fine.

All'improvviso, però, accadde qualcosa di bizzarro. Più guardava le Malasade, e più il suo senso di disgusto nei loro confronti iniziava a svanire. Ne prese una, fissandola per qualche istante. Era marroncina, sormontata da un velo bianco di zucchero, ed emanava un odore irresistibile. Non aveva idea del perché... ma qualcosa nella sua testa le diceva di continuare a mangiare. Subito, si mise in bocca la Malasada e, senza nemmeno masticarla, la ingoiò. Ne afferrò quindi un'altra, e un'altra, e un'altra ancora. Senza nemmeno rendersene conto, aveva iniziato ad ingozzarsi come qualcuno che non mangiava da un mese!

Kiana sgranò gli occhi; com'era possibile?! Nessun essere umano avrebbe mai potuto mangiare tanti dolci senza che gli esplodesse lo stomaco! Ma poi, si accorse di qualcosa che straripava dalla cinta di Dolores. Aguzzò lo sguardo, e si rese conto immediatamente di quello che stava succedendo. Doveva ammettere che le dispiaceva per la mora, in fondo... molto in fondo.

La pancia di Dolores iniziò a gonfiarsi, strappando lentamente gli abiti, ricoprendosi nel frattempo di una pelliccia color crema. Le orecchie le divennero appuntite, e si spostarono sulla sommità della testa, che si fece un poco più piatta. La quantità di pelle sulla faccia diminuì drasticamente, costringendola a socchiudere gli occhi. Le sue scarpe si strapparono in maniera violente, mentre i piedi da loro ospitati si trasformavano in enormi zampe circolari e piatte, dotate di tre artigli ciascuna e ricoperte dalla stessa pelliccia color crema della pancia e del volto. I pantaloni, ovviamente, incontrarono lo stesso fato, poiché il corpo di Dolores stava facendosi sempre più rotondo ed enorme. Le sue braccia divennero più corte, mentre le unghie e le dita si trasformarono in artigli acuminati. Ben presto, un pelo color verde scuro incominciò a ricoprire il resto del suo corpo, e i canini dell'arcata inferiore iniziarono a sporgere dalle labbra.

Impegnata com'era a ficcarsi in bocca Malasada dopo Malasada, Dolores non si rese conto di questo processo finché non udì un sordo schiocco metallico sotto di lei, e cadde con la schiena per terra. Nel tentativo di rialzarsi, si rese conto che il suo corpo era stranamente troppo pesante e goffo. Provò a guardare in direzione del bancone, dove ancora giaceva l'ultima dozzina di Malasade, ma tutto quello che vide fu una morbida montagnola ricoperta di pelo. Fu solo allora che comprese quello che le stava succedendo, e lanciò un grido di orrore. La sua stazza aumentò in maniera vertiginosa, facendola arrivare ad un'altezza di due metri e dieci. Con uno sforzo immane, riuscì a tornarsene in piedi, ed il suo sguardo cadde su quei dodici dolci deliziosi. Senza nemmeno accorgersene, aveva già sollevato tutti e dodici i piattini, facendone cadere il contenuto nella sua bocca, e ingoiato. A quel punto, però, si rese conto di quello che aveva fatto. Si guardò intorno; c'erano un sacco di persone che la fissavano. Alcune erano scioccate, altre spaventate e altre ancora parevano... divertite. La indicavano, ridendo e prendendosi gioco di lei. Una lagrima le rigò la guancia pelosa, e la ragazza provò immediatamente a fuggire da quell'umiliante inferno, il pavimento che tremava ad ogni suo passo. Riuscì a raggiungere senza problemi la porta a vetri. Quello che non riuscì a fare fu uscirne. Rimase infatti incastrata, come c'era da aspettarsi visto il Pokémon che era diventata. Dolores, una tempo ragazza tanto snella e sinuosa quanto arrogante, si era trasformata in una enorme e tristissima Snorlax.

Inutile dire che Kiana scoppiò a ridere. Tuttavia, essendo un animo gentile, prese il cellulare dalla borsetta e digitò il numero dei pompieri, spiegando meglio che poteva la situazione. Non menzionò chi fosse veramente la Snorlax; era probabile che non le avrebbero creduto. Ad ogni modo, la sirena del loro camion non tardò a farsi sentire e, fra le risa e l'incredulità generale, Dolores venne finalmente rimossa dalla porta, e riportata a casa. A quel punto, la Raichu andò a controllare le condizioni di Pamela nel bagno delle ragazze. La ritrovò in lacrime sul pavimento. Pian pianino, Kiana la convinse ad uscire, per poi raccontarle l'accaduto. Scoppiarono entrambe a ridere. Senza dubbio, era stato decisamente un bel pomeriggio.

XXX

Kiana rimase riversa sulla schiena, a fissare il cielo stellato. Era tarda notte, ma non le importava di dover andare a dormire presto, poiché domani sarebbe stato il suo giorno libero. Una lieve brezza smosse l'aria della notte, solleticandole il pelo. Se ne stava lì, sul tetto, a pancia all'aria. Era da qualche tempo, infatti, che preferiva dormire fuori, per qualche motivo che lei stessa non riusciva a comprendere. Quindi, era riuscita a costruirsi in quattro giorni una specie di piattaforma da fissare al tetto della casa; era un cerchio di circa quattro metri quadrati d'ampiezza, sul sui perimetro era montata una rete che le avrebbe impedito di cadere qualora si fosse agitata nel sonno. Chiuse gli occhi, e sorrise, così come la vita sembrava star facendo con lei. Si sentiva bene. Si sentiva felice. E tuttavia, una terribile domanda l'assillava, una domanda alla quale sperava di non dover trovare risposta. In ventuno giorni, tre persone si erano trasformate in Pokémon.

"Prima io", ragionò la Raichu, "poi Ross... e oggi Dolores". Si girò a pancia in giù, poi si acciambellò. "Cosa è accaduto? Succederà ancora?". Lentamente, la stanchezza incominciò ad avere la meglio su di lei. Poco prima che si addormentasse, però, un'ultima domanda le ronzò in testa. "E soprattutto... chi sarà il prossimo?".

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