Capitolo 1: Surfing 'n Pancakes

Era un bellissimo tardo pomeriggio di Sole sulla ridente isola di Mele Mele, a nord-ovest della regione di Alola. La temperatura era ottimale, mitigata da una fresca brezza marina. E poiché era estate, numerose famiglie erano sciamate a cenare sulla spiaggia o nei pressi di essa come Ribombee sul miele, mentre il vento ottimale e la marea agitata la rendevano la meta perfetta per molti surfisti.

Kiana Kahanamoku si portò una mano alla tempia per proteggersi gli occhi, dimenticandosi, com'era suo solito, del paio di occhiali da Sole che aveva in testa. Il vento le soffiava addosso, scarmigliandole i lunghi capelli biondi e lisci, in contrasto con la pelle abbronzata. I suoi occhi, azzurri quasi quanto il mare, erano intenti a scrutare suddetta enorme distesa d'acqua salata, roboante di onde. Il suo abbigliamento consisteva in un bikini giallo striato di azzurro. Ma la cosa che più risaltava all'occhio era, senz'ombra di dubbio, la sua immensa, colossale, gigantesca... tavola da surf arancione, lunga circa due metri e settanta. L'attrezzo sportivo in sé emanava una specie di potentissima aura di tamarraggine; elegante e funzionale, era decorata sulla punta con l'immagine di un bel Raichu di Alola. Kiana andava molto fiera della sua fedele amica; una longboard in schiuma di poliuretano e fibra di vetro con resina epossidica. Poco maneggevole, ma molto stabile, adatta per le onde poco veloci, poco potenti e più tonde. Del resto, anche a soli sedici anni, la ragazza era una professionista del surf; aveva iniziato a cinque anni, rivelandosi una specie di talento naturale. E a lei la cosa era piaciuta immediatamente, e continuava a piacerle; perché ogni volta che cavalcava un'onda, anche la più piccola, si sentiva come la regina del mondo. Anche per questo, aveva iniziato a lavorare part-time al bar della spiaggia.

Subito entrò in acqua, il leash che collegava la poppa della tavola alla sua caviglia, e una volta trovato un punto abbastanza profondo, poggiò la longboard sulla superficie dell'acqua, vi si distese sopra ed incominciò a nuotare verso il solito spot. Subito, notò un'onda perfetta. Immediatamente, si mise nella zona di line up, dove l'onda avrebbe incominciato a frangersi, rendendo la propria parete ripida e surfabile. Normalmente, non era una fan delle onde piccole, ma che gliene fregava? Era in vacanza, e si trovava lì per spassarsela tranquillamente; non aveva alcun bisogno di onde giganti. Immediatamente, la tavola incominciò a scivolare in maniera autonoma e lei afferrò la afferrò con entrambe, si alzò in piedi e si tirò su con un unico movimento, eseguendo un perfetto take-off. Una seconda onda, più grande, le consentì di cimentarsi in un hang ten, ponendosi con entrambi i piedi sul nose della tavola. Era divertente, e rilassante. Ma all'improvviso, accadde qualcosa di strano. Kiana sentì che la testa incominciava a girarle; il che era strano, perché lei non era ovviamente una tipa da soffrire il mal di mare. Ben presto, però, in preda alle vertigini, la ragazza perse il controllo della propria longboard e cascò in acqua.

XXX

Ross Ridley, il ragazzo di Kiana, osservava la scena da lontano. Si trattava del classico giovane adulto; diciassette anni, addominali niente male, capelli corti e castani ed uno sguardo magnetico. Indossava un costume da bagno stile boxer rosso, decorato dai classici fiori tropicali bianchi. Anche lui portava degli occhiali da Sole, ma sugli occhi, visto che la luce troppo intensa gli dava fastidio. Lavorava al negozio di Malasade, specialità tipiche della regione di Alola, ma era già da un paio d'anni che il locale aveva iniziato ad offrire molto di più; Pan di Lumi, Poffin, Pokémelle, Lavottini, Conostropoli e... pancake. Quelle dolci, spessissime prelibatezze tondeggianti erano uno dei piatti più ordinati, assieme alle iconiche Malasade. Ed era stato proprio grazie ad un pancake che Ross aveva conosciuto Kiana. Perché glielo aveva fatto volare per sbaglio in faccia mentre lo girava. Come avesse fatto a farlo arrivare così lontano, nessuno lo seppe mai. Ma fu l'iniziò di un qualcosa di magico. Si piacevano e si amavano. Semplice.

Ad ogni modo, il ragazzo era intento ad osservare l'amata mentre questa cavalcava un'onda più grossa delle altre. Si girò un attimo, per attingere al portavivande riempito di ghiaccio e prendersi una Koko-Cola, e quando tornò con lo sguardo sul mare... lei non c'era più. Immediatamente, strizzò gli occhi, cercando meglio. Ed eccola lì... galleggiante sulla superficie dell'acqua e rivolta a pancia in giù, senza dare alcun segno di vita. Subito, Ross lanciò un grido d'allarme, accorgendosi subito dopo che c'era già una bagnina intenta a recuperare l'amore della sua vita. Il ragazzo si precipitò istantaneamente verso il lungo mare, dove la bagnina stava trascinando una Kiana priva di sensi. In qualche modo, era riuscita a non perdere gli occhiali da Sole in acqua.

«Come sta?!», domandò, agitato come non mai. «Che le è successo?! Come ha fatto a ridursi così?!».

«Signore, si calmi!», ordinò la bagnina, un'alta mora sui trent'anni. «Siamo facendo il possibile per-».

Si interruppe notando che Kiana aveva aperto lentamente gli occhi, per poi precipitarsi immediatamente al suo fianco. Si accovacciò sulla sabbia rovente.

«EHI!». La afferrò per le spalle, dandole una vigorosa scrollata. «EEEHIIIIII! MI SENTI?».

«S-sì», rispose lentamente la ragazza, sputando in quel momento un fiotto d'acqua salata. «Ahio! Mi fa male il ventre... devo aver tirato una panciata, mentre cadevo». Lentamente, cadde nuovamente per terra, afferrandosi la pancia. «Ahia!».

«Allora», si intromise la bagnina, che aveva bisogno di tutti i dettagli per verificare quale tipo di incidente si fosse verificato, «cosa è successo, di preciso? Cosa la ha portata a perdere controllo della tavola».

«N-non lo so», ammise la ragazza, cercando di ignorare la sgradevole sensazione che aveva nello stomaco. «Ad un certo punto ha iniziato a girarmi la testa, e sono svenuta... e il dolore addominale... non so. Non credo sia dovuto all'acqua, perché dopo aver fatto colazione ho aspettato tre ore e mezza prima di-AHIA!». Ebbe una sorta di lieve convulsione e con uno scatto si raggomitolò al suolo, percossa da violenti spasmi muscolari, le mani che si contorcevano dando unghiate sulla sabbia.

Ross non perse tempo; estrasse dalle tasche del costume il proprio smartphone ed iniziò a comporre il numero dell'ambulanza. Tuttavia, proprio quando il suo pollice era ad un millimetro dall'icona verde a forma di cornetta del telefono, si accorse che a Kiana stava accadendo qualcosa di decisamente molto strano.

Nel frattempo, per la ragazza era iniziato un vero e proprio incubo. Il dolore al ventre si intensificò, come se avesse mangiato troppe Malasade in una volta. E lentamente, il petto ed il ventre di Kiana iniziarono ad espandersi, diventando più curvi e rotondi, mentre su di essi si formava una strana chiazza color crema. All'improvviso, numerose stilettate di dolore la fecero contorcere ancora di più sul terreno e lanciare un grido di paura e agonia, causando l'accorrere di una piccola folla di curiosi, che si mise in mezzo fra lei e Ross. Le ossa nelle sue braccia iniziarono a scricchiolare mentre si restringevano, rendendo gli stessi arti superiori più corti. L'anulare ed il pollice rientrarono in entrambe le mani. Le dita rimanenti si incurvarono e si fusero parzialmente, creando due estremità arrotondate che non tardarono a tingersi fino al polso di bianco panna attraversato da due linee gialle, mentre le braccia si ridussero a due specie di moncherini color miele. Una sorte non dissimile toccò ai suoi arti inferiori; la coscia e la gamba si accorciarono, mentre il piede si allungò e appiattì, assumendo la forma adatta ad una postura digitigrade, e l'astragalo ed il terzo cuneiforme si atrofizzarono e vennero assorbiti. Gli arti inferiori poi si spostarono lateralmente, per adattarsi alla nuova struttura dell'osso pelvico, mentre le ginocchia si spostarono più verso l'alto. Anche le dita dei piedi si piegarono su sé stesse, fondendosi parzialmente, pure se in maniera minore, mentre sottili linee gialle attraversarono quelle nuove estremità, facendole sembrare come due meringhe. E fu allora che Kiana realizzò cosa stava accadendo realmente.

"M-mi sto... t-trasformando... in un Pokémon!", pensò, osservando quelle che ormai erano a tutti gli effetti delle zampe. "S-sto diventando... un... un Raichu... di Alola?".

Le orecchie si trovarono ben presto ad ospitare una pelliccia color limone, per poi arricciarsi su sé stesse, spostandosi sulla sommità della testa. I suoi biondi capelli caddero di colpo per terra, venendo rimpiazzati dalla stessa pelliccia color miele che ricopriva il resto del corpo. I muscoli del collo e delle spalle si fusero, rendendo impossibile dire dove finissero gli uni ed iniziassero gli altri, ma per fortuna in quella zona il suo scheletro non subì tante modifiche. Poi, fu il turno della testa; dapprima si fece più paffuta e cicciosa, per poi restringersi in modo tale da adattarsi alla nuova forma assunta dal collo. Si ricoprì quasi immediatamente di quella morbida pelliccia color miele. All'improvviso, Kiana sentì come se qualcuno le avesse ficcato due coltelli arroventati negli occhi. Li chiuse immediatamente e quando dopo un istante li riaprì, tutti i presenti furono in grado di vedere... che erano rimasti azzurri. La pupilla, al contrario, era diventata bianca. La mandibola le si spostò, non senza causarle enorme dolore, in avanti, accompagnata subito dopo dalla mascella, formando così un piccolo muso, sul quale svettava un naso nel processo di diventare piccolo e marrone. Sulle sue guance apparvero due grossi segni circolari gialli, mentre al loro interno si formavano delle specie di "sacche" adatte ad immagazzinare l'elettricità. Ci fu qualche altro cambiamento nella struttura del suo cranio, ma non se ne curò. Perché mentre tutto ciò accadeva, la ragazza aveva incominciato a sentire il proprio bikini scivolarle di dosso come il suo corpo si restringeva ed accorciava sempre di più. Ben presto, Kiana si ritrovò a fissare il pezzo superiore del costume mentre cadeva sulla sabbia e, d'istinto, si coprì il petto con un corto braccio. Ma in realtà, giunta a quel punto non le importava nemmeno più. Era riversa carponi sulla spiaggia, circondata da gente in un momento in cui avrebbe proprio preferito ritrovarsi sola. All'improvviso, udì lo scatto di una macchina fotografica. Non osò alzare la testa; non voleva. Tutto quello che si sentiva di fare era accasciarsi sulla spiaggia e piangere da sola, in silenzio. Ma una voce proveniente dalla folla le riportò alla mente una questione ben più immediata.

«E la coda? Dov'è la coda?».

Non dovette aspettare molto per scoprirlo. Una scarica di dolore attraversò il suo coccige e l'osso sacro, mentre da questi si formavano altre ossa e vertebre, in una lunga sequenza terminante con un'enorme estremità a forma di fulmine arrotondato. Un bel pelo color cioccolato si appropriò della nuova appendice, mentre l'estremità a forma di fulmine si ricoprì di pelliccia gialla. E infine, due strisce color latte si formarono sulla sua schiena. Ora era finita. Era fatta. Era completa. Istintivamente, si diede una scrollata e con un colpo secco della zampa posteriore destra rimosse il pezzo di bikini che le era rimasto attaccato addosso. Subito dopo però si rese conto di cosa aveva fatto, e si coprì imbarazzata le parti intime con la zampa anteriore che non era impegnata a coprire il petto. Poi, però, le sue gambe cedettero e lei si ritrovò con la faccia- no, con il muso nella sabbia. Una lacrima le rigò il volto; tutto quello che avrebbe voluto fare era scavarsi una Fossa e seppellircisi dentro per sempre.

"E poi, perché io?!", si chiese, alzando lo sguardo al cielo. "Santo Tapu, cos'ho fatto di male io, eh?!". Il Sole stava oramai tramontando, tingendo il cielo e le nubi di colori rosei, nuvole di pesche e albicocche si stagliavano placide nel cielo infuocato. Kiana si abbandonò al pianto e ai singhiozzi. Era finita. La sua vita, da quel momento in avanti, era o finita o destinata a rivelarsi un incubo. Sua madre l'avrebbe presa bene, visto il suo passato da Performer Pokémon. Quanto a suo padre... be', lui lavorava in una centrale elettrica, quindi avrebbe tipo potuto dargli... una zampa? Tuttavia, doveva essere realistica; il suo lavoro era fottuto. Nessuno si sarebbe mai sognato di assumere un Pokémon, giusto? Figurarsi poi pagarlo. Ma la cosa che più la impensieriva era...

"Ross", si domandò, "cosa faccio con te?". Si rotolò finché non fu a pancia all'aria, ignorando tutta la gente che la fissava. Aveva tolto le zampe dal petto e dalla zona pelvica; tanto, non aveva più importanza per lei. "La nostra relazione... non potrà più continuare. Un essere umano, amare una Pokémon in quel senso... è impossibile, nonché illegale. Mi... mi dispiace... così... tanto...". La realtà dei fatti le procurava ancora più dolore di quanto gliene avesse causato la trasformazione. "...è finita".

Ora, veniva la parte più difficile. Lentamente, mooolto lentamente, si girò verso la massa di persone che ora torreggiavano su di lei, vagando con lo sguardo alla ricerca dell'amato. Lo trovò subito, incrociando i suoi occhi castani. Doveva solamente... convertire in parole... quei pensieri nefasti... un momento! Poteva anche solo parlare una lingua umana?! Allungò un braccio verso il ragazzo, provando a chiamarlo per nome.

«R-R-R-Ross...», esordì mormorante, constatando che almeno era in grado di farsi capire. «I-io non... mi... mi dispiace ma...».

Il ragazzo non disse una parola. Si limitò a farsi strada fra quella massa di curiosi, avvicinandosi alla Raichu di Alola, per poi sederlesi accanto. Il suo viso non esprimeva, né tantomeno tradiva alcuna emozione. Kiana lo fissò timorosa per alcuni istanti che le parvero lunghi eoni, in attesa che dicesse qualcosa. Dopo un lungo silenzio, il ragazzo tese le braccia verso di lei, i palmi aperti perpendicolari al suolo e paralleli tra di loro.

«Posso?», domandò, non senza giusto un minimo di imbarazzo.

Kiana non capì subito a cosa si riferisse, ma se ne rese conto quasi immediatamente. Sebbene lei stessa non fosse un'Allenatrice, lo stesso discorso non valeva per sua madre, che era una ex-Regina di Kalos in pensione e possedeva un bel Fennekin. Ed ogni volta che lo prendeva in braccio, lo tirava sempre su prendendolo da sotto le ascelle, adottando la stessa posa che Ross aveva assunto in quel momento.

«S-sei sicuro?», domandò la Raichu, cincischiando con le proprie dita. «E-e s-s-se fosse c-c-contagioso? E-e se tu ti... ti trasformassi subito dopo avermi toccata?».

«Correrò il rischio», affermò risoluto il ragazzo, «e sono già pronto ad affrontare ogni possibile rischio e conseguenza».

A quel punto, Kiana sospirò, chiuse gli occhi per paura ed alzò le corte braccia. Delicatamente, le mani di Ross si avvolsero attorno al suo torso e la sollevarono da terra. La Raichu si sentiva a disagio; cosa aveva intenzione di fare il suo ragazzo? La risposta le arrivò quasi subito, quando all'improvviso si ritrovò delicatamente stretta fra le sue braccia, guancia contro guancia, in un caloroso abbraccio. La ragazza, timidamente, gli mise le tozze braccia attorno al collo. Era un segnale chiaro; lui, almeno, ci sarebbe stato. Non come amante, non più. Ma come amico, l'amico più caro. Lentamente, Ross si alzò in piedi, per poi volgere lo sguardo alla folla.

«Be'?», esordì, evidentemente seccato. «Ancora qui siete? Levatevi di torno!». E, così dicendo, si fece strada fra la massa di curiosi, che si scostarono senza dire niente, probabilmente ancora sorpresi dal recente avvenimento. Alcuni poi tornarono direttamente a casa, mentre altri postarono l'evento sui vari social network, quali InstaGrimer e FacebooKomala. Lentamente, il ragazzo abbassò gli occhi su Kiana, ancora stretta al suo petto. «Dunque... che facciamo, adesso? Te la senti di tornare a casa?».

Lentamente, la Raichu scosse la testa.

«No», disse in tono afflitto. «Ancora... ancora no. Non credo... che potrei affrontare mia madre in questo momento».

XXX

Era ormai tarda sera, ed il Sole era scomparso da tempo dietro l'orizzonte. Il cielo, prima terso, ora era ricopertosi di poche e rade nuvole scure. Per la prima volta dopo troppe ore, sul viso di Kiana comparve un lieve sorriso. Siccome non se l'era sentita di fare ritorno a casa, lei e Ross avevano rimesso a posto tutte le cose nella borsa della spiaggia e avevano iniziato a fare un piccolo giretto della città. A chi non era a conoscenza della vera identità della Raichu con gli occhiali da Sole sulla testa, e indicandola chiedeva "Carina, è tua?", il ragazzo rispondeva semplicemente che si trattava di una Pokémon amica. Ed in effetti, era la verità.

«Dunque», commentò ad un certo punto Ross. «Oramai è ora di cena... dici che-».

«No», rispose Kiana, essendo ben consapevole della domanda che il ragazzo le avrebbe posto. «Non... non ancora...». Non era ancora pronta a fronteggiare sua madre. Anzi, non era nemmeno sicura di come avrebbe reagito alla notizia che ora aveva una Pokémon per figlia. «Possiamo... cenare... fuori? Prometto che pagherò io!».

«Ok», concordò Ross, estraendo dalla tasca dei pantaloncini il proprio smartphone, solo per poi ritrovarsi con Kiana che gli tratteneva il braccio.

«Aspetta... questo vorrei... farlo io». Una volta che le fu passato il cellulare, la ragazza scrollò la rubrica fino a che non trovò il nome della madre. Avrebbe usato il suo, di telefono... se non avesse avuto attiva l'opzione di sblocco tramite riconoscimento facciale. Ogni squillo non faceva altro che aumentare la pressione psicologica della Raichu. E finalmente, la chiamata cominciò. Kiana si accostò il telefono all'orecchio arricciato, sussultando nell'udire la voce della madre dall'altro capo del telefono. Grazie al suo udito finissimo riusciva a captare vari rumori di sottofondo, i quali le suggerirono che sua madre si trovava in soggiorno.

«Pronto?».

«Ehm... ciao, mamma!»

«Kiana! Finalmente oggi ti fai viva! Dove sei? Fra poco inizio a preparare la cena...».

«Sì, a proposito di questo... non credo che verrò a casa per cena oggi».

«...oh. Perché?».

«Ross mi ha invitata a cena fuori».

«Ah, però! Carino da parte sua! E dove andate, di bello?».

«Ecco... andremo al...». La Raichu di Alola alzò lo sguardo verso Ross, il quale le indicò l'insegna di un ristorante apparentemente non malaccio che si trovava proprio a due passi da lì. «Andremo al "Unima Graffiti" qui vicino. Sai, no... quello dove ho festeggiato il mio sedicesimo compleanno solo con papà, perché tu dovevi farti operare all'anca...».

«Sì, ho presente il posto. Bene, perfetto! Ci sono stata anch'io un paio di volte; un locale niente male, davvero. Peccato solo che il servizio sia un po' lento a volte».

«Ok, grazie dell'avvertimento! Ti saluto, mamma! Ciao!».

«Ciao!».

E la conversazione si chiuse. Kiana tirò un forzato sospiro di sollievo, mentre Ross, sempre portandola in braccio, si addentrò nel ristorante.

XXX

La catena di ristoranti "Unima Graffiti" era alquanto famosa, tanto da avere numerose filiali sparse per tutto il mondo. Ciò che aveva garantito successo al franchising era la sua caratteristica tematica, ossia la Unima degli anni '50. Insomma, nel momento in cui mettevi piede in un Unima Graffiti, te ne accorgevi immediatamente. Cimeli del cinema appesi alle pareti, musica jazz, blues, rock e pop sparata a tutto volume... insomma, era come fare un salto indietro nel tempo.

Kiana aveva sempre adorato quel posto, sin da quando ci era andata per la prima volta, da piccola, a festeggiare il matrimonio di un'amica di sua madre. E se n'era innamorata all'istante. La musica, i cimeli degli anni '50 e quell'atmosfera vintage che esercitava su di lei un fascino irrefrenabile. Per non parlare dell'odore che proveniva dalle cucine... oooh, quello era una vera e propria ciliegina sulla torta!

Stavolta, invece, fu diverso. Non appena ebbe varcato l'ingresso, la Raichu storse il naso; l'odore delle friggitrici ora era troppo intenso per i suoi gusti. La musica, sparata a tutto volume, le dava un'insopportabile mal di testa. Ma erano tutte cose su cui poteva sorvolare, tanto più che ai pochi Pokémon presenti lì dentro tutto ciò pareva non importare assolutamente. Non sembravano infastidito, o disturbati. Sembravano... tranquilli. In particolare, un Rockruff seduto ai piedi di un'anziana coppia era intento a divorare la propria ciotola di cibo Pokémon, tutto contento, senza fare minimamente caso al rumore, proprio lui che avrebbe dovuto avere un udito particolarmente sensibile. In qualche modo, il Pokémon Cagnolino pareva averci fatto l'abitudine, forse perché viveva in un ambiente talmente pieno di stimoli sensoriali da permettergli di ignorare quelli più sgradevoli. Kiana sospirò; avrebbe dovuto abituarcisi.

Nel frattempo, Ross aveva avvicinato un cameriere, che indossava una divisa nera ed un grembiule a scacchi, e chiesto un posto libero, al quale era stato scortato subito dopo. In poche parole, consisteva in un divanetto a parete con davanti un tavolo, accanto ad un muro di vetro. Cercando di essere il più delicato possibile, il ragazzo poggiò la Raichu proprio di fianco a lui, dandole una bella vista su cosa accadeva all'esterno. Non che ci fosse molto da vedere; solo la strada illuminata dai lampioni, sulla quale passavano dozzine di persone e Pokémon alla volta, in una specie di fiumana inarrestabile, tutti apparentemente senza meta. Sospirando, Kiana si mise in punta di zampe per sbirciare il tavolo ed afferrò un menù, imitata da Ross. Diede una rapida scorsa ai piatti; molte delle cose che prima l'avrebbero attirata o ingolosita, ora le parevano semplicemente inadatte ad un Pokémon Topo. La maggior parte delle pietanze era a base di carne, cosa che per lei era diventata off-limits. Girò pagina; le insalatine non le aveva mai sopportate, e non aveva certo intenzione di iniziare a farlo tanto presto. Sfogliò il fascicoletto alla ricerca di qualcosa di appetibile, ma tutto quello che vedeva o conteneva cose che non avrebbe potuto digerire, o le faceva semplicemente schifo. Stava per arrendersi, quando lo sguardo le cadde per caso su una piccola sezione colorata di azzurro, in basso a destra dell'ultima pagina. Sgranò letteralmente gli occhi quando si rese conto cos'era; si trattava di un micro-menù per Pokémon! Subito dopo, la cosa le parve anche abbastanza ovvia! Anche loro avrebbero pur dovuto mangiare qualcosa, no? La Raichu tirò un sospiro di sollievo. Attirando l'attenzione di Ross con un tocco sulla mano, gli indicò cosa le interessava. Avrebbe preferito parlargli il meno possibile; già erano troppe le persone che avevano assistito "in diretta" alla sua trasformazione, senza contare che la notizia sarebbe probabilmente diventata virale entro la mattina seguente. Se poi qualcuno avesse udito una Raichu parlante, si sarebbe scatenato letteralmente il finimondo. Quando lo stesso cameriere di prima tornò, Ross ordinò per entrambi; una vaschetta media di patatine fritte con salsa cheddar per lui, e per "Raichu" un Cesto Fantasia. Per tutti e due, da bere, acqua. Il cameriere annotò il tutto sul blocchetto per gli appunti, rivolse loro un sorriso di cortesia e si diresse verso la cucina gridando qualcosa.

XXX

Dopo un'oretta e mezzo di attesa, finalmente le loro ordinazioni furono pronte. Una bella vaschetta rossa, piena di patatine fritte ricoperte di formaggio fuso giallo venne fatta scivolare sul tavolo davanti a Ross. Kiana incrociò le braccia; a quel punto, era chiaro che per il suo ordine ci sarebbe voluto un po' di più. E come se non bastasse, aveva una fame da Lycanroc. Presumibilmente, l'intero processo di metamorfosi aveva prosciugato gran parte delle sue energie. Durante l'attesa, la Raichu di Alola ne approfittò per dare un'occhiata al suo nuovo corpo. Da quello che aveva sentito, le guance dei Raichu di Alola rilasciavano un gradevole profumo quando pizzicate, assieme ad una lieve scossa. Lentamente, si portò una zampa alla guancia e si diede un minuscolo pizzicotto. Un flebile aroma si diffuse nell'aria, svanendo però in una frazione di secondo. Fu strano, ma decisamente divertente! Poi, si domandò se fosse stata in grado di surfare; probabilmente ne era capace, ma non se la sentiva di provare lì dentro. Un Raichu di Alola che cadeva per terra doveva essere uno spettacolo... insolito. Troppo insolito per lei, che non voleva attirare più attenzione del necessario. Inoltre, si rese anche conto del fatto che l'essere una Raichu di Alola le dava, in teoria, accesso ai poteri e alle abilità di quella specie di Pokémon... ancora una volta, meglio non provarci in quel posto. Non voleva certo folgorare qualcuno per sbaglio.

All'improvviso, il suo stomaco prese a brontolare rumorosamente. Kiana abbassò lo sguardo e le orecchie, imbarazzata. Ma in quell'esatto momento, una piccola gocciolina di saliva le cadde dalla bocca fino al pavimento. La Raichu si coprì le labbra con le zampe; cosa diavolo le stava succedendo?! Se ne rese conto quando notò che l'aria si era riempita di un profumino niente male, che le faceva fremere il naso. La Pokémon Topo si mise in punta di zampe posteriori, appoggiandosi con quelle anteriori, mentre le saliva l'acquolina in bocca. E finalmente, lo vide! Il Cesto Fantasia! Si trattava di una ciotola di forma tondeggiante, bassa e poco profonda. Ma quanto non aveva in profondità, ben lo recuperava in diametro. Ed era letteralmente piena di delizie. Si trattava principalmente di frutta; cocco, uva, mirtilli, pesche, fichi e noci. Assieme anche a qualche crocchetta. Nel notare queste ultime, Kiana storse il naso; va bene che era una Raichu, ma mangiare cibo Pokémon era un po' troppo per lei. Le pupille di Kiana si allargarono man mano che il cameriere si avvicinava, l'enorme ciotola in mano, e la Pokémon Topo esibì un sorriso enorme. Sorriso che svanì praticamente all'istante quando l'uomo piazzò il suo ordine... per terra. Assieme ad un'altra ciotola, più profonda, piena d'acqua.

"Ah... vero", realizzò avvilita la ragazza. "I Pokémon mangiano... seduti... per terra". Deglutì la propria saliva; non si sarebbe mai abbassata a quei livelli... PERÒ AVEVA FAME!

Stava già per rinunciare alla propria dignità, quando vide Ross alzare una mano.

«Scusi», chiamò questi, facendo voltare il cameriere che stava già allontanandosi. «Quel Cesto Fantasia e l'acqua... li potrebbe mettere qua sopra, per favore?».

L'uomo lo fissò, dapprima confuso, poi notò che la Raichu di Alola seduta a fianco del ragazzo pareva essere stranamente riluttante a scendere per terra. Sempre sorridendo, si chinò e raccolse le due ciotole, per poi rialzarsi e poggiarle sul tavolo, proprio di fianco alla vaschetta di patatine fritte del ragazzo. E finalmente, se ne andò.

«Grazie», sussurrò la Pokémon Topo, rivolta al ragazzo, esattamente poco prima che entrambi si lanciassero sulle corrispettive pietanze.

XXX

Una volta pagato il conto –Ross aveva insistito per pagare di tasca sua–, i due uscirono dal locale. Oramai era praticamente notte, e le stelle brillavano dolci nel cielo terso di Alola.

«Dunque», esordì il ragazzo, rivolgendosi ad una più felice Kiana stretta fra le sue braccia, «ora te la senti di tornare a casa?».

Uno sguardo nervoso affiorò negli occhi azzurri della Raichu, che però alla fine sospirò, rassegnata. «Sì, direi di sì. Prima o poi, avremmo dovuto farlo».

Ma fu lo stesso come se fossero arrivati troppo presto. La ragazza deglutì quando il dito di Ross pigiò il campanello. Passarono alcuni istanti, durante i quali si udirono svariati rumori provenire dall'interno, prima che la porta si aprisse, rivelando la madre di Kiana. Questa era una donna prossima alla mezza età, alta circa un metro e settanta. Era da lei che la figlia aveva ereditato capigliatura e colore degli occhi. Indossava un maglione grigio, coperto per buona parte da un enorme grembiule bianco di farina. Non appena aperta la porta, Ellie squadrò sorpresa il ragazzo, per poi appoggiarsi allo stipite.

«...Ross?», domandò, inarcando un sopracciglio. «Che diavolo ci fai tu qui?».

«Salve, signora Kahanamoku!», salutò nervoso lui. «Sono venuto... a darle... una... notizia...».

«Una notizia?», ripeté in tono interrogativo la donna. «E dove sta mia figlia?».

«Q-qui...», mormorò lentamente Kiana. Alzò lo sguardo, facendo sì che i suoi occhi si incontrassero con quelli della madre, ed alzò nervosamente una zampa come in segno di saluto. «Ehm... ecco... ciao, mamma».

Nessuno disse niente, ma non ce n'era bisogno, perché la faccia di Ellie parlò per lei. Passò da uno stato di sorpresa ad uno di confusione, per poi tramutarsi in puro ed autentico orrore. Lentamente, la ex-regina di Kalos si fece da parte, facendo cenno ai due di entrare, invitandoli ad accomodarsi in salotto. Nervoso, Ross si sedette lentamente su un divano pieno di cuscini, poggiando Kiana al proprio fianco, mentre sua madre spostò una bella poltrona rossa e la posizionò proprio di fronte alla coppia, prima di accasciarvici sopra, la mano sulla tempia, gli occhi semichiusi.

La cosa fece preoccupare non poco Kiana, che si sporse verso di lei. «Mamma, ti senti bene?».

Ellie alzò lentamente lo sguardo, fissandola nelle palle degli occhi, poi formulò una semplice domanda. «...come è successo?».

A quel punto, la Raichu di Alola sospirò ed iniziò a raccontare l'intera storia, con l'aiuto di Ross che inseriva particolari qui e lì. Quando ebbero finito, l'ormai ex-regina di Kalos fece un respiro profondo, poi corse ad abbracciare la figlia, piangendo.

«Senti... non importa quale forma tu assuma, ok?», mormorò, stringendo a sé la Raichu. «Tu rimarrai sempre... mia figlia. Capito, Kiana?».

Piansero entrambe. Fu un momento molto toccante, e Ross ne approfittò per annunciare che le avrebbe lasciate da sole, cosa che puntualmente fece. Si fissarono, madre e figlia, per un momento che parve eterno. Poi Ellie passò le dita sulla testa di Kiana, come avrebbe fatto per scompigliarle i capelli. Entrambe sorridevano e piangevano.

«Aspetta solo di vederela faccia di papà», commentò la ragazza, asciugandosi una lacrima. «Si lamentasempre che alla centrale elettrica c'è poca potenza...».

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