Capitolo 28 - A Mother's Love, Second Only to Her Hatred

"Muoviti, Andreas. Gioca le carte, vecchio bacucco, aspettiamo tutti te."

"Dammi un istante, mannaggia, sto pensando!"

Marina sollevò le carte che teneva tra le zampe anteriori, osservando l'anziano Haxorus con una zanna sola seduto davanti a lei fissare intensamente le proprie tre.

Il fatto che fosse stato malamente spronato da Woolter non pareva mettergli fretta in alcun modo, anche se si vedeva chiaramente quanto fosse sotto pressione.

"Questa partita non finirà mai." commentò Bill il Bibarel, dall'altra parte del tavolo, sospirando mentre si sporgeva leggermente verso destra per guardare le carte in mano ad Andreas. L'Haxorus se ne accorse e si tirò indietro, stringendole al petto.

"Se a ogni turno quel vecchio lucertolone ci impiega quindici minuti a decidere è ovvio!" esclamò Woolter, battendo uno zoccolo sul tavolino della veranda e facendo sobbalzare le carte sul tavolo.

"Per questo gioco ci vuole sia fortuna sia abilità!" quasi gridò il Mascellascia, sbattendo sul tavolo la prima carta che gli capitò di pescare, spazientito. Un Tre di Reshiram. Dato che il numero non combaciava con nessuna delle carte presenti sul tavolo, non poté prenderne. "Ecco, ora mi hai fatto scegliere di fretta. Maledetto."

"Huhu. Tocca a me." sghignazzò Woolter, abbassandosi accanto a Iris per guardare le carte che la piccola Electrike aveva tra le zampette. Dato che il Dubwool non poteva tenerle con gli zoccoli, aveva chiesto alla piccolina di tenerle per lui mentre giocavano.

Intanto che loro due parlottavano sottovoce per la mossa successiva, Marina alzò lo sguardo oltre il porticato sotto cui stavano giocando, verso il giardino di casa sua ricoperto dalla ghiaia bianca. Gli abeti e i pini che costeggiavano la discesa verso il villaggio incorniciavano le montagne della catena, già innevate sulle punte. L'estate stava già ormai volgendo al termine.

Quelle settimane senza Shade erano state incredibilmente vuote, nonostante la presenza notevole di quella peste di Iris. La mancanza di suo nipote la sentiva eccome, e non passava giorno senza che lei pensasse a come stesse. Non le aveva ancora inviato una lettera, ma era sicura che lo avrebbe fatto presto.

Aveva invitato i suoi tre amici per non sentirsi più sola, anche se ogni tanto i pensieri le tornavano alla mente come in quel momento.

La Leafeon fu distratta da essi, però, quando Woolter si tirò su di scatto dal proprio cuscino.

"BHEHEH! PENSATE DI AVER VINTO, VECCHIE CARCASSE?!" gridò il muflone, facendo cenno a Iris di giocare la carta per cui si erano accordati. "Mi raccomando piccoletta, giocala nella maniera più scenica possibile, questa è una vittoria."

Iris sollevò con una delle tozze zampette una carta da quelle che aveva, elevandola in cielo prima di mostrarla agli altri.

"Noi giochiamo... la Lancia di Necrozma!"

Andreas parve impallidire, e Bill strinse a sé il proprio mazzo di carte guadagnate con sudore e fatica durante quel gioco.

"Non ci provate!"

"Oh, sì che ci proviamo!" ghignò Woolter. "E decidiamo di rubare il tuo mazzo, Bill!"

"Ahia, questa fa male." commentò Andreas, mentre Iris si sporgeva sul basso tavolo sprovvisto di sedie per prendere il bottino guadagnato dalla carta.

Bill appoggiò i gomiti sul tavolo, unendo le mani in una supplica verso il cagnolino elettrico.

"Iris! Iris, ti prego, tu mi vuoi bene, vero?" implorò, guardando la piccolina dritta negli occhi. "Non mi porteresti mai via il mazzo, vero? Prendi quello di Andreas invece!"

"Hey, no!"

"Mi dispiace, Bill, il tuo è quello con più carte." replicò la piccolina, procedendo ad appoggiare la Lancia di Necrozma in cima alle molte carte del Bibarel, sollevandole e mettendole in cima al mucchietto che lei e il suo compagno di squadra avevano guadagnato durante il gioco. "Ma in guerra, in gioco e in amore, un piacere per mille dolori."

"BHHEEEHEHEH! Ben detto, piccoletta!" esclamò Woolter, contemplando il mazzo. "E a meno che qualcuno di voi non cavi un Asso fuori dalle carte ancora da distribuire abbiamo vinto noi!"

Marina lanciò un'occhiata alle carte che aveva in mano, facendo un sorrisino. Prima che sveli la sua mossa, però, da narratore mi sento in dovere di spiegare a chi è estraneo a questo gioco di carte le sue regole base.

Quello a cui i vecchietti stavano giocando è, in sunto, una versione del mondo Pokémon del nostro rubamazzetto, o rubamazzo.

Per chi non lo conosce è una variante molto semplificata di scopa, e come può suggerire il nome è un gioco che si basa sul rubare il mazzo accumulato da un altro giocatore.

Le regole di questo rubamazzetto, conosciuto nella Regione Bianca, a Miravento e nella Regione Nera come "Ballata dei Numi", sono sostanzialmente molto semplici:

Dal mazzo principale si pescano tre carte a giocatore, e quattro vengono disposte scoperte sul tavolo. Se un giocatore possiede una carta di un numero uguale a una di quelle sul tavolo, può prendere la coppia e aggiungerla al suo "mazzetto", da cui però non può estrarre carte per giocare potendo usare solo quelle che ha in mano. Chi ha il mazzo più alto alla fine del gioco, vince.

Il bello, però, è che se un giocatore ha una carta di numero uguale a quella della cima di un mazzetto di un suo avversario può, appunto, rubarglielo e aggiungere le carte sottratte al proprio.

Un gioco di grande bastardaggine e in grado di terminare le amicizie, non c'è che dire.

Le carte del mondo Pokémon, però, sono molto diverse dalle nostre: esse, infatti, sono di carta nera e hanno raffigurati in pittura color bronzo, argento od oro i Numi Leggendari a seconda del loro rango, a molti dei quali sono assegnate cinque carte. Da qui, infatti, le carte come Uno di Groudon, Due di Groudon, Tre di Groudon, eccetera eccetera, fino a cinque. Questo con ogni maggiore Nume Leggendario della combriccola.

Tutte le carte di stesso numero potevano catturarsi a vicenda, ma c'erano delle eccezioni.

La Spada di Arceus e la Lancia di Necrozma.

Le uniche due carte dorate di tutto il mazzo e singole nel loro genere come dei Jolly, avevano il potere di prendere qualsiasi carta, anche diversa da loro. L'unico modo per catturare un mazzo con in cima la Spada o la Lancia, però, era giocare uno dei quattro Assi.

Asso di Celebi, Asso di Jirachi, Asso di Hoopa e Asso di Mew, che però come ogni carta potevano essere rubati dall'Uno di ogni Leggendario.

Con questa premessa sul loro gioco di carte preferito, e sperando che sia stata comprensibile, posso tranquillamente procedere a dire che tre degli Assi erano già stati giocati. Una coppia Andreas l'aveva nel suo mazzetto, e un Asso di Hoopa era tra le carte libere da pescare sul tavolo.

Dove si trovasse il quarto, lo potete immaginare.

"Tocca a me." disse Marina, sollevando dalle proprie carte l'Asso di Celebi e appoggiandolo in cima al mazzo di Woolter e Iris, subito distruggendo il loro sogno di gloria e portando il mucchio di carte sul suo mazzo.

Andreas scoppiò a ridere nel vedere l'espressione sbigottita di Woolter, che si era visto sfumare davanti il proprio sogno di vittoria.

"Be', direi che Marina ha vinto, dato che gli Uno li abbiamo giocati tutti." sospirò Bill, grattandosi la fronte, mentre il Dubwool collassava sul proprio cuscino.

"Marina... mannaggia a te... dannata strega..." sibilò il muflone, digrignando i denti. Iris mise su un broncio, lasciando le proprie carte sul tavolo mentre gonfiava le guance.

La Leafeon ridacchiò nel vederli reagire così, ma cercò di buttarla sul ridere.

"Come avete detto voi... in guerra, in gioco e in amore, un piacere per mille dolori, no?" disse, socchiudendo gli occhi color nocciola, passando le proprie carte ad Andreas, che le stava raccogliendo dal tavolino per rimetterle a posto. "Fatevi forza, che preparo un tè."

"Uh, al gelsomino?" domandò Woolter, improvvisamente riprendendosi da quel suo stato di finta morte, e quando la Leafeon annuì finalmente lui si tirò su completamente.

"Grazie mille, Marina." disse Andreas, mettendo forza sulle ginocchia per alzarsi in piedi. "Ci penso io, se ti va bene."

"Neanche per sogno, la casa è la mia e gli ospiti siete voi. Vedi di sederti, tu." lo richiamò l'anziana, e subito Andreas si risedette sul legno del portico con un tonfo, facendo scricchiolare appena le assi.

Marina fece un cenno col capo, come a ribadire che fosse quello il suo posto, e si voltò verso gli altri presenti per chiedere se andava a tutti bene il gusto del tè.

"Quindi faccio per tutti del tè al...", il suo orecchio destro ebbe uno spasmo, captando un rumore, "...gelsomino?"

La Leafeon si voltò verso il selciato in ghiaia, drizzando entrambe le orecchie nel sentire i sassolini venire schiacciati da dei lenti passi. Marina era vecchia, certo, ma era la sua vista a stare peggiorando, non l'udito.

Gli altri quattro presenti si voltarono a loro volta verso la discesa, Andreas addirittura alzandosi in piedi per intravedere chi stesse salendo da quella parte.

Marina sapeva con certezza che la sua casa era quella abitata posta più in alto, dato che quella dei suoi vicini, a cui conduceva una diramazione del sentiero, era disabitata ormai da anni. I Remiel si erano trasferiti a Sieria appena era iniziata la guerra. Eppure, qualcuno stava certamente camminando su quel sentiero.

"Oh, issa."

La Leafeon sgranò gli occhi.

Sorreggendosi su uno scopettone come un bastone da arrampicata e tenendo nella mano libera un secchio metallico, una vecchia Gardevoir arrivò in cima alla salita, nello spiazzo che era il giardino di Marina.

Doveva avere qualche anno in più della Leafeon stessa, eppure lei non si basò sulla sua età per riconoscerla. La sua faccia era assolutamente inconfondibile.

Dai lineamenti delicati, ella da giovane doveva essere stata proprio una bellezza della natura. Nonostante tutte quelle rughe, però, tutti erano riusciti a capire chi fosse.

"Saevel? Saevel Remiel?" esclamò il tipo Erba, e gli sguardi di tutti i presenti si incrociarono all'unisono. Sentendo pronunciare il proprio nome, la Gardevoir aveva alzato lo sguardo.

Aprì appena la bocca, indicando il gruppetto con il manico della scopa.

"Voi..."

Bill, Woolter e Andreas esplosero in un grido forse troppo vivace per degli anziani della loro età, e veloci come fulmini (si fa per dire, decisamente nella maniera più rapida che i loro riflessi gli potessero concedere) si alzarono dai cuscini per correrle incontro.

"Ma sei proprio tu?"

"Caspita, da quanti anni...!"

Saevel ridacchiò appena, tenendo stretti a sé scopettone e secchio, rifiutandosi di metterli giù anche in quel momento di affetto. Batté le palpebre segnate dall'età, chiudendo gli occhi e facendo un sorrisino.

"Oh, che piacere rivedervi...!"

Marina fece un sorrisetto nel vedere che quella donna rievocava in lei ricordi agrodolci. Anni prima era stata un membro della combriccola dei vecchietti, finché non si era trasferita a Sieria all'inizio della guerra senza quasi dire niente a nessuno.

Durante gli anni giovanili lei, assieme con la sua famiglia, era stata anche amica di Marina stessa e di suo marito, anche se nessuno era veramente legato a lei da un legame affettivo per via... del suo carattere difficile.

Iris si strinse al fianco della nonna quando lei scese dal patio per avvicinarsi a sua volta al gruppo. Salutare era sempre un bene.

Si unì alla conversazione solo quando finalmente Andreas si decise a spostarsi da davanti a lei, tra risate e pacche date da mani e manici di scopa. Marina si fermò poco lontano da lì, socchiudendo gli occhi.

"Saevel, che sorpresa trovarti qui...!" disse tranquilla, e finalmente la Gardevoir si voltò verso di lei. Nel vederla, inizialmente, rimase di stucco. Ricambiò il sorriso solo quando si rese conto che lei non aveva alcuna intenzione ostile nei suoi confronti.

"Posso dire lo stesso di voi, amici... temevo che anche voi aveste abbandonato questo posto."

"E invece siamo rimasti tutti qua!" esclamò Bill, chiudendo gli occhi ridanciano e sollevando le tozze zampe anteriori. "Noi vecchi ci muoviamo ben poco, sei tu che ti sei trasferita senza dirci niente!"

"Già, suppongo proprio che abbiate ragione."

"Piuttosto, cosa ti porta qui?" indagò Marina, inclinando il capo verso sinistra. "Pensavamo ti fosti trasferita a Sieria e che non saresti tornata più."

La vecchia Gardevoir annuì, sollevando lo scopettone e il secchio per mostrarli, indicando la salita che conduceva all'altra abitazione deserta, un centinaio di metri più avanti.

"Infatti doveva essere così. Ma sono passata per dare una ripulita alla vecchia casa, dato che ormai da qualche anno mia figlia non la usa più."

Marina rifletté qualche secondo, e in effetti ricordava che da ormai qualche anno la giovane aveva smesso di presentarsi per la villeggiatura. Da quanto sapeva, era molto impegnata con il suo lavoro a Miravento, e non poteva permettersi molte vacanze.

"A proposito, come stanno tutti in famiglia?" domandò Woolter, voltandosi verso Saevel, la quale istintivamente sbatté il manico della scopa sulla ghiaia.

L'atmosfera si fece improvvisamente gelida, e Bill tirò un forte ceffone alla guancia del Pokémon Pecora, il quale belò rumorosamente per lamentarsi.

"Ma che maniere-!"

"Taci, mannaggia!"

"No, no, va tutto bene." disse Saevel, sforzandosi di sorridere e inarcando le sopracciglia verso l'alto. "Semplicemente, sono rimasta sola da quando mio marito è morto e i miei figli se ne sono andati di casa."

Marina sollevò le sopracciglia, astenendosi dal commentare, ma rimanendo comunque ben poco sorpresa dalla morte del compagno della Gardevoir. Era sempre stato molto emotivo, e quando la guerra era iniziata anni prima lui già stava dando sintomi di stare per andare al creatore.

Nessuno dei presenti, però, si azzardò a proseguire su quel binario. Sapevano tutti bene le cause del collasso emotivo dell'uomo e dove si sarebbe andati inevitabilmente a parare, e discuterne proprio davanti a Marina e Saevel non era una buona soluzione.

La Leafeon, comunque, non perse la sua cortesia.

"Condoglianze." disse, cercando di essere delicata ma al contempo incisiva. Era ora di mettere una pietra sopra al passato. "Io stavo per fare il tè. Vuoi unirti a noi?"

"Oh, non vorrei disturbare! E poi ho del lavoro da sbrigare, non vorrei-"

"Insisto." ribatté la Leafeon, incamminandosi verso la porta scorrevole che portava in casa sua e aprendola con una zampa anteriore. "Dopo possiamo darti una mano a pulire. Ed è da tanto che non ti vediamo, quindi sarebbe carino festeggiare la riunione a dovere. Ti piace il tè al gelsomino?"

Saevel fece un sorrisetto unilaterale, evidentemente comprendendo di non avere scelta. Appoggiò secchio e scopa a una colonna del porticato.

"Certo che mi piace, cara. E poi tu il tè lo fai sempre buono."

"Il segreto per un buon tè lo conoscono solo i tipo Erba, no?" fece Andreas, incamminandosi al seguito del Pokémon Rigoglioso e dovendosi abbassare per non battere una testata alla porta.

La Leafeon fu felice nel vedere che tutti, Saevel compresa, avevano deciso di mettere piede in casa per l'ora del tè. Menomale, nessuno sarebbe rimasto escluso.

"Prego, sedetevi. Dovrebbero esserci abbastanza cuscini per tutti quanti."

Si allontanò dal tavolo mentre tutti prendevano posto, chiacchierando, solo per andare a preparare l'infuso. Aprì la credenza al livello del suolo, tirando fuori da essa con una zampa anteriore un piccolo fagotto pieno di foglie e un foglietto di carta sottile, che andò ad appoggiare vicino al buco per il fuoco scavato nel pavimento.

I pannelli del legno del suolo erano stati sollevati e al loro posto vi era un buco quadrato, nel quale erano posizionati dei ciocchi di legno non ancora del tutto bruciati e una griglia. Su un mobiletto lì accanto Marina aveva posato una brocca e una teiera, dato che pensava già che avrebbe dovuto preparare il tè.

Bisognava solo accendere il fuoco.

Marina dispose cinque tazze da tè sul tavolino, una per ogni ospite. Dovette ricontrollare che ci fossero tutte un paio di volte, però.

Senza neanche che la chiamasse, Iris si avvicinò a lei e sollevò il musino per guardarla dritta negli occhi. Senza dire niente, quello scambio di sguardi durò per qualche secondo.

La piccolina era lì per aiutare sua nonna ad accendere il fuoco, ma per un momento a Marina parve che la Electrike avesse capito quanto lei si sentisse a disagio.

Rivedere Saevel le aveva rievocato brutti ricordi. Sì, non erano agrodolci. Erano brutti, in maggior misura.

Iris prese il foglietto di carta con una zampina, fissandolo intensamente finché i polpastrelli sul suo palmo non iniziarono a sfrigolare e a risplendere tenui. Una, due scariche elettriche e il foglietto prese fuoco.

Rapidamente e per non scottarsi il Pokémon Cagnolino lanciò sopra ai ciocchi il foglio di carta, le cui fiammelle iniziarono a far presa sul legno asciutto e secco. Marina le diede un bacio sulla testa, cosa a cui la piccolina replicò con un sorrisone da un orecchio all'altro.

"Grazie mille Iris. Vai pure assieme agli altri." disse Marina, aprendo il coperchio della teiera e versandoci dentro l'acqua dalla brocca con un po' di fatica, ma la nipotina scosse la testa.

"Non mi piace la nuova signora." rispose, piegando la testa da un lato. "Mi sa di antipatica."

Marina sollevò le sopracciglia ma non replicò, limitandosi a concordare in silenzio con la piccola e sperare che gli altri non li avessero sentiti, impegnati com'erano a parlottare. La Leafeon mise l'acqua sul fuoco, sedendosi lì davanti a fissare il fornello, in attesa.

"Dovrebbe essere pronto in poco." annunciò, e dal tavolo poco dietro arrivarono varie esclamazioni di esultanza.

"Olè! Sei la migliore, Marina!"

"Grazie di quel che fai per noi, il tuo tè è meraviglioso!"

Il Pokémon Rigoglioso si voltò verso di loro, sorridendo tiepidamente a tutti i presenti, Saevel compresa. La guardò, sperando onestamente che non iniziasse involontariamente casini come era suo solito fare.

"Figuratevi."

"Senti, Marina, dato che siamo tutti qui." iniziò la Gardevoir, appoggiando i gomiti sul tavolo e sporgendosi in avanti. "Volevo chiederti: come sta tua figlia? È da moltissimo che non la vedo. Si è trasferita anche lei in città? E suo marito? Avevano mica un figlio?"

Tutti i presenti impallidirono improvvisamente, e Marina si sentì risalire il cuore in gola e le vene cominciare a bollire per la temperatura del suo sangue.

Ed eccolo, il casino involontario.

"Saevel, ma imparerai mai a stare zitta?" sussurrò Andreas, portandosi una mano alla radice del naso e sbattendo un pugno sul tavolo.

La Leafeon sforzò un sorriso, anche se involontariamente storse il naso.

"Su, Andreas, non... Saevel non poteva saperlo."

Il Pokémon Abbraccio si irrigidì, sollevando la schiena e osservando ad occhi sgranati tutti quanti i presenti, come fosse stata una ricercata circondata dalla polizia in un vicolo buio. Aveva la stessa espressione di una che si vede puntare lance, spade e randelli addosso.

"...Che ho fatto?"

"Astra e Araton sono entrambi morti." disse Marina in un sospiro, abbassando lo sguardo e parzialmente anche le orecchie. Non avrebbe pianto. Le sue lacrime per tutte le persone morte nella sua vita si erano prosciugate da tempo. "Sono stati uccisi nella battaglia del Passo di Lunga Lancia."

La Gardevoir rimase decisamente di stucco, a occhi spalancati e pugni stretti.

"E... il... il piccolo?"

Sembrava genuinamente preoccupata. Almeno questo. Marina fece un sorrisetto malinconico.

"Soraya è anche lui in guerra, al momento. Sta bene." disse, ma non specificò i motivi della sua partenza. Ci mancava solo che la Psico/Folletto facesse ancora la pettegola.

Ella, però, era rimasta praticamente accasciata sul tavolo, visibilmente turbata dalla notizia. Si portò le mani alla testa, scaricando tutto il peso di essa sui gomiti appoggiati al tavolo.

"Arceus Dio Onnipotente, Marina, mi..." mormorò, coprendosi gli occhi con le mani. "Mi dispiace tantissimo, i-io... io non..."

"Non scusarti, Saevel. Non hai colpe."

Per risposta l'altra sollevò il capo e volse lo sguardo verso destra, adocchiando la più preziosa fotografia che Marina avesse appesa al muro.

Lei, suo marito e Astra da cucciola.

"No, non... non è vero. È colpa... è colpa sua se ora sei sola..." mormorò Saevel, riportandosi le mani alla fronte. "E anche mia, in un certo senso..."

Marina aggrottò quasi impercettibilmente le sopracciglia, sentendo il suo corpo quasi andare a fuoco ma cercando di mantenere comunque un contegno. La Gardevoir stava parlando di colui che, a detta di tutti, aveva cominciato la guerra. Stava parlando di colui che era suo figlio.

"Sciocchezze. Eroan non ha fatto proprio niente, sono solo stupidaggini." replicò la Leafeon, comprendendo che ormai non ci si poteva fare niente e che la conversazione era finita proprio dove lei voleva che non andasse. "È sempre stato una persona d'oro, anche da piccolo. Sanno tutti qui che è stato Estrelar a cominciare tutto quanto."

Marina si voltò di nuovo verso la teiera, sollevando il coperchio per vedere se l'acqua stesse bollendo.

"Quel ragazzo non ci è mai stato con la testa." piagnucolò Saevel, ignorando totalmente quello che l'anziana avesse detto. "Eroan è sempre stato strano, sempre a parlare delle epoche antiche da quando aveva solo una manciatina di anni. Se solo avessi saputo che si sarebbe trasformato in un assassino, io..."

"Tu cosa, esattamente?"

Marina sbatté il coperchio della teiera su di essa, voltandosi ancora verso il tavolo. Saevel la fissò, sperduta, mentre nessun altro si azzardava a fiatare.

"Lo avresti spedito in un orfanotrofio, forse? Perché semplicemente era curioso e perché tu non avevi tempo o voglia di stare dietro ai suoi interessi?"

Non le capitava da molti anni, ma Marina si stava decisamente arrabbiando. Avrebbe difeso Eroan con le unghie e con i denti, se necessario. Lo ricordava nitidamente, da Kirlia e da Gallade, energico e allegro come pochi.

Quel piccolo bambino che con un cucchiaio si metteva a scavare in mezzo alla piazza perché si sentiva che sottoterra c'era qualcosa di meraviglioso, e tornava indietro a mostrare a tutto e a tutti un tappo di bottiglia arrugginito come se fosse un grande tesoro.

Quel piccolo bambino che veniva a fare merenda da loro, e che pensava a intrattenere una piccola Astra la quale faceva sempre un macello con le pappine che le venivano date.

Quel piccolo bambino che lei considerava alla stregua un figlio tanto era il tempo che passava con la famiglia di Marina, poiché aveva una madre che lo sgridava per le minime cose che considerava stranezze.

Lei sapeva che Eroan non era un assassino. E lo avrebbe ripetuto all'infinito, se necessario.

"Tuo figlio ha sempre avuto bisogno di attenzioni perché tu non lo degnavi di uno sguardo." disse aspramente Marina, aggrottando le sopracciglia. "Non è strano che cercasse affetto in me o in mio marito, e posso dire di conoscere Eroan molto meglio di te. Ha un cuore grande come pochi. Non mi sorprende che sia rimasto nella Regione Nera invece che tornare da voi."

"Marina..." sussurrò Andreas, cercando di cogliere la sua attenzione, ma lei con un'occhiata tranquilla gli disse in maniera inverbale che aveva la situazione sotto controllo. Si voltò verso la piccola Electrike che aveva accanto.

"Iris, va' in camera tua."

Il cagnolino annuì, voltandosi e correndo via alla velocità della luce, letteralmente. Marina tornò a concentrarsi sulla sua avversaria, con uno sguardo tutt'altro che gentile.

Saevel assottigliò lo sguardo di rimando, indicando con un rapido gesto la fotografia appesa al muro.

"Lui ha ucciso Azza!"

La pelliccia di Marina si sollevò, increspandosi come le foglie di un albero mosse da un furioso e malefico vento, nel sentire nominare così impudentemente l'amore della sua vita.

"Eroan voleva bene a mio marito in maniera ineguagliabile, sono tutte idiozie le notizie che dicono che lo abbia ammazzato!" sbottò la Leafeon, arricciando il naso e accentuando così le rughe sul suo volto. "Azza sarà stato ucciso da Estrelar, e lui ovviamente per coprire ogni sua colpa ha dato la colpa a tuo figlio! Mi chiedo seriamente se tu ragioni alle volte, maledizione ai Numi!"

Sbuffò come un Tauros alla corrida, fissando trucemente una Gardevoir offesa e sbigottita da quelle parole, ben lungi dall'aver finito.

"Eroan amava la compagnia di Azza più di ogni altra cosa. Sapeva di avere sempre la sua approvazione e si sentiva finalmente apprezzato, dannazione!" ringhiò, sbattendo una zampa sulle assi di legno del pavimento. "Perché Azza gli ha dato tutto quello che tu non gli hai saputo mai dare in vita sua! Perché è diventato ambasciatore come lui, secondo te?"

"Hai finito?" domandò Saevel, inarcando un sopracciglio, e per risposta i muscoli anziani di Marina si contrassero nell'impulso di saltarle addosso. Cosa che fortunatamente la Leafeon si trattenne dal fare.

"Sì. Ho finito." annunciò, avvolgendo la coda sulle zampe anteriori. Lanciò un'occhiata alla sua priorità, il tè; la teiera non stava ancora fischiando.

Saevel si portò una mano alla fronte, sospirando e scuotendo la testa in un misto di stanchezza ed esasperazione.

"Oh, Marina, Marina... ma quando lo capirai che hai solo sprecato tempo con quel ragazzino?" domandò, retorica, alzando gli occhi rossastri per guardare la Leafeon, che a petto alto incassava ogni parola.

"Te lo ripeterò per l'ultima volta: non ci sta con la testa. Non era sano allora e sicuramente non lo era neanche quando ha ucciso tuo marito."

La Leafeon assottigliò lo sguardo.

"Quando era ancora un Kirlia ne avevo discusso con mio marito Alaion, riguardo al suo futuro!" esclamò la Gardevoir, aprendo le braccia e alzando gli occhi verso il soffitto, come se avesse voluto invocare il suo defunto marito. "Entrambi eravamo d'accordo su una cosa. Non avrebbe mai avuto un posto nel mondo, se avesse continuato a gironzolare e bigiare la scuola per cercare degli stupidi arnesi dei tempi antichi!"

Si premette le tempie con le mani, compiendo movimenti circolari e stirando e comprimendo le rughe attorno agli occhi e sulla fronte.

"Non era un comportamento che andava incoraggiato! I tempi antichi erano conditi da schiavitù e sottomissione, e guarda dov'è adesso, il mio povero e stupido Eroan. A capo di un culto che si oppone a quello del nostro Arceus, nella Regione più ostile alla nostra!"

Per l'ennesima volta in quei minuti, scosse il capo.

"Lo ignoravamo per fargli capire che non doveva proseguire su quella strada, eppure tu e tuo marito non avete fatto che riempirgli la testa di strane idee."

"Questo commento non era affatto necessario, Saevel." intervenne Bill, sollevando una mano come a dirle di ammutolirsi e smettere di parlare così della lì presente Marina e di tutti coloro che amava. "Lo conoscevamo anche noi, Eroan, e di intenti maliziosi non ne ha mai avuti. Smettila di parlare così di lui, un minimo di amore per quel poveretto non ti è rimasto?"

"Appena è cresciuto abbastanza da non essere più il suo peluche sai che gli ha totalmente voltato le spalle, Bill." commentò ancora più acidamente Woolter, sollevando le sopracciglia e guardando Saevel di sottecchi. "È successo con tutti e due i figli, d'altra parte."

Andreas aspirò aria tra i denti e agitò una mano in aria.

"Ahia, questa fa male."

La Gardevoir esalò di colpo, emettendo una schietta e offesa risata a un tempo, decisamente simile a un "hah!" permaloso e da bambini. Sbatté le mani sul tavolo.

"La vostra audacia mi sorprende, non siete proprio cambiati di una virgola!"

Marina appoggiò le zampe anteriori sul legno, sollevandosi sulle posteriori come faceva l'Imperatore Estrelar alle riunioni di Stato quando doveva imporsi.

"E a me invece sorprende il fatto che un bambino dolce e buono come Eroan sia uscito dal buco della tua fastidiosa f-"

"MARINA!" gridò Andreas, al massimo della sua capacità polmonare, e la Leafeon si dovette praticamente azzannare il labbro per non terminare la parola.

"Dal... tuo fastidioso ventre materno!"

Si sedette con un tonfo, guardando Saevel. La Gardevoir aveva spalancato la bocca e si era portata una mano al petto.

"Davvero, non mi capacito del fatto che quelle atrocità che ci hai appena elencato siano il tuo modo di crescere i figli!"

"Beh, almeno il mio modo di crescere una prole è decisamente meglio del tuo!" ribatté lei, chinandosi in avanti. "Almeno i miei figli sono ancora vivi!"

La teiera emise un sibilo che squarciò il silenzio pesante come cento Copperajah che si era schiantato sulla casa, lasciando ogni presente in uno stato di shock terrificante.

Marina, con gli occhi spalancati, rimase a fissare il pavimento in legno riuscendo a percepire ogni singola fibra del proprio corpo riempirsi di una sostanza dalla massa simile al piombo; l'amarezza.

Volle arrabbiarsi, ma non ce la fece. Nonostante riconoscesse la stupidità del paragone fatto dalla Gardevoir, si sentì comunque punta a fondo da quella frecciatina, anzi, balestrata del tutto inopportuna.

Bill, Woolter e Andreas furono i primi a reagire. Il Bibarel sbatté un pugno a martello sul tavolo e Woolter ebbe l'impeto di tirarle una cornata nel fianco, ma solo Andreas agì concretamente.

Si alzò dal suo posto, afferrando un braccio della più leggera Gardevoir e sollevandola a peso morto.

"Hai rotto le palle."

Saevel emise un gemito offeso, strattonando la spalla per farsi mollare.

"COME TI PERMETTI?!"

"COME TI PERMETTI TU, MISERICORDIA BASTARDA!!" tuonò l'Haxorus, trascinandola senza fatica attraverso la stanza, incitato dalle urla degli altri due vecchietti della sua compagnia. "SE TUO FIGLIO ORA È PROBLEMATICO LA COLPA È SOLO TUA! NON AVRÀ UN POSTO NEL MONDO, DICI?! MINCHIA, È AL VERTICE DELLE POTENZE MONDIALI. MESCHINA E CODARDA SEI, SEMPRE STATA!"

La Gardevoir strinse i denti, cercando di opporsi alla potenza della natura che era un Mascellascia incazzato.

"C-codardo ci sarai tu! Che non hai avuto il coraggio di dire a Marina che l'amavi prima che lei si sposasse!"

La Leafeon interpellata sollevò le orecchie, più offesa che imbarazzata o sorpresa. Come si permetteva quella di sparare diavolerie simili solo per colpire sotto la cintura in una discussione il cui argomento era un altro?

"MO' TU MI SPIEGHI CHE CAZZO C'ENTRA." ruggì il Drago, afferrando la presa della porta scorrevole d'ingresso e aprendola con un gesto talmente potente da generare un forte spostamento d'aria all'interno della stanza. "È STATO ALMENO QUARANT'ANNI FA, DIAVOLACCIO DI UN GIRATINA! PETTEGOLA E PEGGIO DI UNA SERPE, TU!"

Afferrò con entrambe le braccia le spalle della Gardevoir, sollevandola a livello della sua faccia come un fuscello.

"E ringrazia che sono troppo pacifico per testare se quel trenta per cento di possibilità che Ghigliottina vada a segno lo faccia per davvero!"

Spostò una gamba all'indietro.

"Vattene a casa, fai quel che devi fare e sparisci. Fuori!", la sollevò ancora più in alto, "DAI COGLIONI!"

La lanciò fuori dalla porta con tutta la forza che aveva in corpo, facendola ruzzolare con ben poco riguardo addosso allo scopettone e al secchio che ella si era portata dietro dalla città. Andreas si spolverò le mani quando Saevel cercò di tirarsi via il secchio dalla cima della testa.

"M-MALEDETTO BACUCCO...!" gridò, lanciando l'arnese di lato e cercando di rialzarsi per combattere, nonostante l'età. Si tirò in piedi traballando, facendo una corsetta ben poco signorile verso l'entrata.

Andreas aspettò pazientemente che ella si avvicinasse prima di giocare la sua ultima carta.

"Buona... SERATA!" gridò, sbattendo a ritmo con le parole la porta scorrevole letteralmente in faccia alla Gardevoir. Non fu chiaro se fu l'impatto della porta con lo stipite o di Saevel contro la porta a far tremare una parete della casa. Dalla cima delle scale, Iris fece capolino a orecchie alte.

A passo pesante l'Haxorus tornò indietro,al sedendosi con altrettanta baldanza sul proprio cuscino. Portò i pugni sulle ginocchia, e in seguito guardò Marina con uno sguardo serio e conciso.

"Minaccia neutralizzata, Generale."

La Leafeon non riuscì a fare a meno di sorridere, liberando una risatina sottovoce a quel che lui aveva detto.

"Ahh... non sei stato un po' troppo violento?"

"Certo che no, se lo meritava." brontolò Bill di rimando, incrociando le braccia al petto e storcendo il naso. "Bah. Tirare fuori quelle parole proprio davanti a noi. Mi dispiace tanto, Marina. E mi dispiace anche per te, Andreas! Spettegolare così della tua cotta giovanile proprio davanti a lei, che vergogna!"

Un improvviso afflusso di sangue alle guance fece brillare l'armatura di un rosso scarlatto, più intenso di quello dei papaveri a maggio.

"N-non è affatto vero quel che ha detto!"

"Come no." ridacchiò Marina, cercando comunque di usare un certo tatto per non metterlo troppo in imbarazzo. "Eppure a me pareva, quarant'anni fa, che la lettera anonima, smielata e accompagnata da rose che qualche ignoto mi avesse appoggiato sul davanzale fosse scritta con la tua calligrafia."

"Co-COME FAI A RICORD-" guaì l'Haxorus, prima di tossire con forza e alzarsi in piedi. "M-MA GUARDA, È PRONTO IL TÈ!"

Camminò rapidamente verso la teiera, sollevandola dal manico e iniziando a versare l'acqua bollente all'interno delle tazze che Marina aveva sistemato sul tavolino.

Bill si grattò la punta del naso, voltandosi verso la Leafeon alla sua destra.

"Marina, senti... tu credi davvero alle cose che hai detto? In difesa di Eroan, intendo."

Il Pokémon Rigoglioso socchiuse gli occhi, sospirando. In verità, non sapeva nemmeno lei che cosa pensare. Non aveva idea di quale fosse stato il fato di suo marito; fatto stava che la salma non era mai tornata indietro.

Era come se improvvisamente fosse scomparso. Ma di una cosa era sicura: Eroan era innocente. Considerando quanto adorasse Azza, sicuramente non si sarebbe mai azzardato a fare una cosa simile.

"Non lo so." rispose semplicemente, alzando lo sguardo verso la fotografia appesa alla parete. Il volto sorridente e ancora giovane di suo marito in quella foto servì per rassenerare il suo cuore, ma il pensiero di non averlo più accanto fece accapponare la pelle di Marina.

Senza di Azza la sua vita non era più la stessa.

Un bussare alla porta, però, distrasse tutti da quei morbosi pensieri.

Bill guardò il vuoto davanti a sé, totalmente esasperato, e Woolter addirittura si alzò in piedi per andare alla porta. Incastrò un corno nella presa per l'apertura.

"Ma cosa vuole quella, ancora?!"

Con un movimento fulmineo della testa spalancò la porta, iniziando a urlare e belare furioso.

"BALDRACCONA DEI MIEI FERRI DI PECORA, PURRLOIN MORTA CHE NON SEI ALTRO, PROFUMATA COME IL PESCATO LASCIATO SOTTO AL SOLE POMERIDIANO DI MIRAVENT-"

Si interruppe nel vedere che alla porta non c'era la Gardevoir di prima, ma un decisamente più sbigottito e quasi spaventato Latios, che con le sopracciglia inarcate in un gesto di terrore stava fissando dall'alto dei suoi due metri la furiosa pecora gestire una valanga di insulti coi fiocchi contro di lui.

Quando si rese conto di essere libero da quelle ingiurie verbali, Avion liberò una risatina nervosa.

"Neheh... eheh... ehm, è un brutto momento per consegnare la posta...?"

"Ah, sei tu, Avion." disse Marina, sollevando le orecchie. "Prego, entra. Ti avevamo scambiato per qualcuno di decisamente molto meno gradito di te."

Il Latios ridacchiò, sollevando e rendendo visibile agli occhi di Marina una busta che teneva tra gli artigli.

"Be', è un modo originale per essere salutati!"

"Ma tu non sei mica il ragazzetto che si è fatto tirare una craniata da uno di quei due Aggron, qualche tempo fa?" domandò Woolter, facendosi da parte per farlo entrare, cosa a cui il Drago/Psico replicò con uno schiocco di lingua.

"Noi non parliamo di quel giorno!" esclamò, facendo comunque un sorrisino e tendendo verso Marina la lettera, attraversando la stanza con appena un battito d'ali.

"Ecco qua. 'Na bella letterina da parte del nipotame. Dovevo passare per consegnare un messaggio al fronte nord, e mi hanno chiesto di fare un saltellino qui per portarti questa!"

"La nostra lingua, ragazzo, la parli?" esclamò Andreas, che intanto stava macinando le foglie da mettere nel tè. "Santo cielo, sembri un marziano!"

"Su, ciccio, non prendertela tanto con me!"

"C-CICCIO?! NON SONO GRASSO, SONO SOLO PESANTE!!"

"Ciccio è un modo di dire, calma, calma!"

Marina ridacchiò, prendendo dagli artigli del Latios la lettera e aprendola con una zampa, sorridendo nel riconoscere la calligrafia disordinata e imprecisa di Shade. Per i Pokémon quadrupedi scrivere era sempre un problema, e suo nipote non era mai riuscito a farsene una ragione.

Richiuse la lettera. L'avrebbe letta in santa pace non appena sarebbe stata sola con Iris.

"Avion." chiamò, e il Latios subito si girò verso di lei, tirando su le orecchie.

"Comandi?"

"Come sta mio nipote? Tu lo vedi quasi ogni giorno, no? E penso che un tuo rapporto sia più dettagliato di una sua lettera, vista la calligrafia di Shade."

Ridacchiò alle ultime parole, e il Drago/Psico fece un sorrisone.

"Diciamo che i suoi primi giorni sono stati, ehm... molto burrascosi! Ma penso che tutti i dettagli siano lì. Sta bene, comunque! Ha fatto amicizie e inimicizie! Già, molte inimicizie, dato che un tale gli ha tirato una coltellata in fronte, AH AH!"

Marina si portò una mano alla testa.

"Questo dettaglio potevi tralasciarlo..."

"Oh, non preoccuparti, nonnetta!" esclamò Avion, facendo un sorrisone raggiante e a denti scoperti dei suoi. "Sta benissimissimo! L'ultima volta che l'ho visto, però, Albari lo stava colpendo in testa ripetutamente con il suo arco, ahah! Con l'arco in sé, non con le frecce, carità divina!"

"Albari? La figlia di Sayf e Aleris?" indagò Woolter, e il Latios annuì con vigore.

"Ahh, quella tipa è un diavolo di macello. È tornata dal fronte letteralmente stamattina, mezza morta, e già è al lavoro per maltrattare quei poveri cristi dei cadetti! Che poi non è che li addestra, proprio li maltratta ma con cattiveria."

"Tale e quale a suo padre da giovane." commentò Marina, voltandosi verso Andreas, il quale stava osservando le foglie infuse colorare e insaporire l'acqua calda. "Senti, Avion. Noi stiamo facendo il tè, vorresti unirti a noi? Abbiamo giusto una tazza in più."

Il Pokémon Eone parve rifletterci un istante, ma poi subito scrollò le spalle.

"Massì, che saranno mai cinque minuti di ritardo?"

Marina sorrise, socchiudendo gli occhi. Non riusciva a non essere preoccupata per Shade, ma di una cosa era certa.

Era in buone mani.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top