Capitolo 8: Incendio
«Ed eccoci qui!», annunciò Sue con voce gioiosa. «Il Regno delle Fate... o meglio, quel che ne rimane».
Gli alberi erano enormi, e Travis non avrebbe saputo indicarne la specie. Dovevano essere alti almeno novanta... no, forse anche cento metri, mentre il diametro del tronco si aggirava attorno ai dieci metri. Le cortecce erano di un color rosso scuro, ed emanavano un gradevole profumo; le loro foglie erano aghiformi, ma i rami erano così estesi da ricoprire il cielo, come se la foresta fosse sprofondata in un'eterna notte senza tempo. Lungo i tronchi e alla base delle radici si potevano scorgere vari rigonfiamenti sferici, di legno o di terra, collegati da scale o ponti sospesi, che erano attraversati da uno o due buchi quadrati, dai quali proveniva una luce soffusa; ogni tanto, dall'interno si potevano udire dei rumori, o addirittura delle voci. Miriadi di particelle luminose multicolore svolazzavano per aria. Il Pikachu cercò di afferrarne una con una zampa e, quando la sfiorò, si sentì attraversare da una bizzarra scarica di euforica vitalità; era come se qualcuno gli avesse reso il sangue effervescente! Durò solo un attimo, però, e subito dopo la particella svanì.
«Q-questo è... questo è...», mormorò il Pokémon Topo, incredulo. «...è incredibile... ma com'è possibile?!». Alzò lo sguardo, incontrando quello di Sue. «Non avevo mai letto di niente del genere! Ricordo chiaramente che nel trattato autobiografico "I viaggi di Ainzero", il protagonista dice di essere entrato nel Regno delle Fate... ma la descrizione non corrisponde affatto! Lui ha detto di essersi ritrovato in una specie di città-mercato, una qualche sorta di bazar!».
«Ah... sì, sentiamo ancora parlare del vecchio Ainzero». La Spritzee ridacchiò. «Ma lui ha conosciuto i Folletti della Terra della Luce. Qui nella Terra del Ghiaccio, facciamo le cose in modo diverso».
«Dunque», esordì di punto in bianco Ruby, guardandosi attorno, «dove sono i feriti? Hai detto che questo era quello che rimaneva del vostro regno... ma non mi sembra che siate messi poi così male».
«Questa zona è la più lontana dal luogo dell'incidente», spiegò la Pokémon Profumo, seria. Abbassò lo sguardo. «Io... io c'ero. Ho visto tutto. È stato... è stato orribile, orribile a dir poco». Iniziò a volteggiare verso le profondità della foresta. «Venite. Vi accompagno verso la zona dell'incendio. Ormai, dovrebbero essere riusciti a spegnere il fuoco...».
«Mentre ci porti lì», propose Travis, riallacciandosi la sciarpa blu, «perché non ci racconti che cosa è successo? Ah... sempre se ti va, ovvio».
La Spritzee sospirò. «Ve lo dirò. Dopotutto, avete il diritto di sapere».
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Era una bellissima giornata fuori. Il Sole splendeva... i Cherrim sbocciavano... i Pikipek cantavano... ed era in giornate come queste... che i bambini come Sue e Marnie... andavano a giocare presso la collina accanto al villaggio. Ai piedi del rilievo terroso ricoperto di erba, le due bambine erano intente a cimentarsi in un passatempo alquanto nuovo, ma che fra i giovani stava già prendendo piede; il calcio. Be', Marnie non era esattamente provvista di piedi per calciare, ma... aveva trovato un'interessante e logica alternativa.
«Ohi, Sue!», gridò la Flabébé. «Lancio lungo!». Gli occhi della Pokémon si illuminarono di blu, mentre il pallone schizzava in aria.
«Lo prendo!», esclamò la Spritzee, scagliandosi a tutta birra verso l'alto. «Lo prendo, lo prendo, lo prendo-oooff!». Un naturale verso di sorpresa e dolore le sfuggì quando la palla, che era grossa quasi quanto lei, la colpì proprio in faccia, facendola precipitare. Atterrò dolorosamente... sul suo naso.
«Ah, nooooo!». Marnie si precipitò a controllare le condizioni dell'amica. «Sue! Mi dispiace tanto! Non l'ho fatto apposta!».
«S-sto bene, sto bene», fece la Pokémon Profumo, massaggiandosi il becco con le corte ali. «Non mi sono fatta niente».
«Hai... hai un taglio sul naso parecchio lungo», commentò spaventata la Flabébé.
«Rettifico! Non mi sono rotta niente!», si corresse Sue. «Dai, non è nulla! Un bel cerottone, e passa tutto! Vero?».
«V-vero», mormorò Marnie, portandosi una mano davanti alla bocca, nervosa. «Però... non usiamo più la palla, ok?».
«Va bene... cosa suggerisci, allora?».
La Flabébé alzò lo sguardo, una mano sul mento, poi venne colpita da un'improvvisa illuminazione.
«Forse... possiamo semplicemente provare ad usare un pallone più... morbido?».
«Buona fortuna! E dove lo troviamo?».
«Possiamo cercare in giro», propose Marnie. «O magari, anziché con un pallone, potremmo provare con un temari. Sono fatti di tessuto, quindi dovrebbero essere molto più mor-».
All'improvviso, udirono un bizzarro rumore provenire da lontano, un suono indefinibile; era come ascoltare un fulmine liquido... o meglio, questa fu la descrizione migliore che Sue riuscisse a pensare.
«...che diavolo era quel rumore?». Fu Marnie a dare voce ai pensieri della Spritzee. «Mah, probabilmente una schermaglia fra tipi Elettro... ho sentito dire che quando molti fulmini si radunano in un punto solo, tendono a fare suoni strani».
Ma Sue non stava più ascoltando. Era infatti parecchio presa da un oggetto che le era rotolato addosso dal pendio della collina. Era perfettamente sferico, nonché grande più del doppio di lei, la cui superficie bianca era ricoperta di puntini colorati; ai lati, pareva fossero state disegnate due esplosioni. Lentamente, la sollevò con un'ala; era parecchio leggera. Ed era... perfetta.
«Ehi, Marnie!», esordì Sue. «Potremmo usare questa!». Alzò la palla. «Che ne dici?».
«Be', è un po' grossa... ma va bene!». Prima che la Spritzee la lanciasse, però, la Flabébé disse: «Aspetta... e se appartenesse a qualcuno?».
La Pokémon Profumo fissò l'oggetto sferico. «Hai ragione... ma credo che finché non verranno a reclamarla, non si arrabbieranno se la usiamo un poco noi».
«Ah... ok... se lo dici tu», fece Marnie, ancora dubbiosa. «Allora... va bene». L'amica spinse la palla verso di lei, che la afferrò usando Psichico. «D'accordo! LANCIO LUNGO!».
Ma il pallone non raggiunse mai il suo obbiettivo. Invece, a metà traiettoria si liberò in qualche modo del controllo di Marnie e schizzò verso il villaggio di Villarosa, il cui profilo poteva essere visto in lontananza.
«...ma che diavolo?», fece Sue, inarcando un sopracciglio. «Ho... ho come l'impressione che quella non fosse una palla».
Tutt'ad un tratto, udirono un forte BOOM! Si voltarono; e videro Villarosa in fiamme. Senza pensare, si precipitarono subito verso casa.
XXX
Le grida di dolore o le implorazioni di soccorso urlate dagli abitanti erano uno spettacolo straziante. Le case bruciavano; l'aria era impregnata di fumo; ed una densa nube di cenere ricopriva il cielo. Sue rimase a fissare quello spettacolo devastante, lo sguardo perso nel vuoto, mentre Marnie si portava una mano davanti alla bocca. Erano entrate nel villaggio dall'ingresso secondario, quello più vicino alla collina e, incuranti del calore delle fiamme, avevano raggiunto il crocevia che tagliava in quattro la piazza centrale. Da ogni parte guardassero, vedevano solo panico, disperazione, distruzione e... fuoco.
All'improvviso, anche al di sopra di tutto quel trambusto, udirono i passi di qualcuno che correva verso di loro, pure con una certa fretta. Sue, in particolare, si girò per prima, salvo ritrovarsi sommersa da piume rosa e stretta da due forti braccia. La Spritzee alzò lo sguardo, incontrando due occhi rossi; ad abbracciarla con tutta quell'intensità era stato un Aromatisse.
«Sue», esordì il Pokémon Fragranza, trattenendo a stento le lacrime. «Sei... sei salva! Sei viva!».
Passarono un paio di secondi, poi anche la Spritzee si mise a piangere. «Papà...». Provò a cingerlo con le corte ali. «Stai bene...».
«Eh, ma certo che sto bene!», fece l'Aromatisse. «Tuo padre ha la pellaccia dura!».
«E la mamma?», domandò Sue, spaventata.
«Anche lei è a posto... più o meno». Jekyll sospirò. «Purtroppo si è ferita nella fuga... ah, ma... niente di troppo serio, sia chiaro!».
«Meno male», commentò la bambina. «E-».
Un rumore enormemente forte coprì le sue ultime parole, mentre un nuovo vortice di fiamme si dipanava per aria verso di loro. Se non fosse stato per la Protezione di Marnie, probabilmente se la sarebbero vista brutta. Ma era solo l'inizio. Dal fuoco, infatti, uscì un Pokémon decisamente... bizzarro. E inquietante, visto che si muoveva come un burattino. Era alto e sottile. Al collo portava una enorme gorgiera bianca, mentre su di essa era adagiato il "pallone" che Marnie e Sue avevano provato ad usare. Pallone che, evidentemente, era la testa di quello strano essere.
«Papà?», esordì Sue, fissando intensamente il padre negli occhi e indicando il Pokémon sconosciuto. «Chi è quel tipo?»
«Non ne ho idea», rispose il Pokémon Fragranza. «Ma... quella sua testa...». Strinse i pugni. «Tutto procedeva tranquillo, finché la sua testa e solo quella non è piombata nel bel mezzo della piazza, esplodendo. Poi si è ricomposta, è volata via ed è esplosa di nuovo, e di nuovo, e di nuovo, ancora e ancora!». Alzò un braccio, puntando un dito contro lo sconosciuto. «Maledetto bas-!». Si interruppe quando si ricordò della figlia. Tossì un paio di volte. «Cioè, volevo dire... vile marrano!». Agitò un pugno chiuso verso di lui. «Sappiamo che sei tu il responsabile di questo incendio! Cos'hai da dire a tua discolpa?».
Il Pokémon con la testa a pallone non rispose.
«Capisco». Jekyll sbuffò. «Allora vuoi fare il gioco del silenzio, eh?». Si rivolse poi alla figlia. «Sue... non preoccuparti. Farò il cu- farò i conti con questo mascalzone! EHI!», gridò poi, per attirare l'attenzione dello sconosciuto, che nel frattempo si era voltato dall'altra parte. «Forse tu non lo sai... ma io sono il Pokémon più forte di tutta Villarosa, anzi, di tutto il Regno delle Fate!». Il che era una balla bella e buona, ma doveva assicurarsi di incutere quanto più timore possibile nel cuore del suo avversario, se voleva ingaggiare una lotta. «Ora, ascoltami! Puoi scappare, e lasciarti alle spalle tutta questa storia... oppure puoi venire più vicino, sperando scioccamente di riuscire a sconfiggermi». Pronunciò l'ultima frase con tono volutamente strafottente. «Non vorrai mica fuggire, vero? Che fine farebbe il tuo onore di uomo? Perché... sei un maschio, vero?».
Lo strano Pokémon, in tutta risposta, iniziò ad incamminarsi verso l'Aromatisse. Il Pokémon Fragranza incominciò a sudare freddo; il suo avversario era palesemente un tipo Fuoco. E tutti sapevano quanto gli attacchi di tipo Folletto tendessero a perdere di potenza in prossimità di fonti di calore. Tuttavia, l'Aromatisse rimase impassibile. Si mise interamente davanti a Sue e Marnie, portandosi una mano sotto il mento.
«Oh-oooh?», fece, cercando di nascondere la paura ed il nervosismo sotto una maschera di strafottenza. «Mukatte kuru no ka? Nigetsu ni kono Jekiru ni chikazuite kuruno ka?* Anche se ti ho detto che sono il più forte di tutta la foresta, ti stai comunque avvicinando?». Abbassò la voce, giusto per assicurarsi che la figlia e la sua amica non lo sentissero. «Qualcuno qui sta per prendere un abbondante dose di calci in culo».
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«E... com'è andata?», domandò Travis alla fine del racconto.
«Mio padre ha... vinto?», rispose Sue, titubante. «Più che altro per abbandonodell'avversario, visto quel tizio lo aveva praticamente lasciato sull'orlo della morte».
Travis non era sicuro che essere lasciati sull'orlo della morte contasse come vittoria, ma ebbe abbastanza tatto e buonsenso da restarsene zitto e muto.
«E la tua amica?», volle sapere la Flareon.
«Sta be- oh, siamo arrivati!», esclamò Sue.
Era... desolante come vista. Dozzine di case bruciate e in rovina; fra le strade, su lenzuola di vario colore, erano stesi parecchi Pokémon. Alcuni di loro erano in condizioni gravissime, altri stavano relativamente bene se non per lo shock, e altri ancora, in minima parte... giacevano sotto un lenzuolo. Quell'incendio aveva causato anche delle vittime. Un tempo quel posto doveva essere stato ospitale e vivibile, ma ora... ora, era soltanto pieno di macerie e cenere.
«Non... non potevate usare mosse curative?», chiese Travis. «O prendere dei Semi, o delle Bacche?».
«La maggior parte dei negozi di medicine è stata bruciata», rispose la Spriztee. «Ed i dottori stessi sono ridotti così male, che non sono molto d'aiuto, anche se fanno tutto il possibile».
«Ok, vediamo se ho afferrato». Il Pikachu si pizzicò fra gli occhi. «Dunque... avete trovato un pallone esplosivo... che si è rivelato essere la testa di un tizio in gorgiera... che ha appiccato il fuoco al vostro villaggio?».
«V-vi prego, dovete credermi!», li implorò Sue. «Nessuno di noi farebbe mai una cosa del genere! Abbiamo norme antincendio rigidissime, e a tutti viene insegnato a seguirle scrupolosamente! Infatti, i pompieri hanno spento da poco l'incendio, che ha raggiunto proporzioni tale solo perché... be', non ce lo aspettavamo!».
«Non ho detto di non crederti», disse in tutta tranquillità Travis. «È solo che quest'intera situazione è così assurda...». Salvo poi pensare; "Disse il tizio con i poteri rotanti, che alla riunione di famiglia ha dovuto sopportare un incredibile imbarazzo mentre annunciava la cosa, e che forse alla fine non è nemmeno stato preso sul serio". Sospirò, poggiandosi una zampa sulla faccia. "Ah, cavolo... spero almeno che Red possa permettersi di prendersi il disturbo di venire a darmi una zampa. Se non capisco come usare questo potere al più presto, sono fottuto!".
XXX
La hall della gilda era incredibilmente piena. Anche più del solito. Probabilmente, la notizia che due del team Bluemoon avessero perso una scommessa contro un tale del team Praises Work era girata in fretta, nonostante il fatto risalisse alla sera scorsa.
«Ripetimi un po' perché dobbiamo fare questo?», volle sapere Simon, agitando imbarazzato le due code.
«Perché... avete tipo perso», rispose il Lycanroc Forma Giorno di nome Fandango. «E poi... non è una grande penitenza. Prometto di non essere crudele».
«Dai, non c'è bisogno di arrabbiarsi», intervenne Manhattan. «È solo per oggi, ce lo ha assicurato».
Il Meowstic sospirò. «Questa... sarà la giornata più imbarazzante della mia vita».
O almeno, ne era sicuro, poiché in realtà non sapeva cosa avesse in mente il Lycanroc; era tuttavia sicurissimo che sarebbe stato qualcosa di parecchio strano. Ma così imparava a non fare scommesse con Fandango. Soprattutto, aveva capito che era meglio non sfidare il Lycanroc a dadi; in qualsiasi circostanza, avrebbe sicuramente vinto lui. Perché era stramaledettamente bravo.
Ben presto, sia a Manhattan che a Simon venne consegnato un pacchetto quadrato. Il Meowstic lanciò un'occhiata confusa al compagno, che per tutta risposta fece spallucce. Il Pokémon Temperanza esaminò meglio ciò che gli era stato consegnato; ciascun lato del pacco era lungo all'incirca trenta centimetri, per uno spessore di cinque centimetri. Qualsiasi cosa si celasse all'interno dell'incarto verde e del fiocco rosso, era parecchio morbida al tatto. Il pacchetto di Manhattan era simile, solo più grande. Lentamente, il Meowstic sfoderò gli artigli e praticò un incisione sulla carta color pistacchio. Ci infilò dentro una zampa, e riuscì a sentire qualcosa di incredibilmente soffice e... profumato. Pian pianino, l'esploratore scartò l'oggetto e, siccome era ripiegato su sé stesso, lo srotolò, fissandolo allibito. Il suo compagno fece lo stesso. La maggioranza dei Pokémon lì presenti li stavano guardando; inutile dire che quasi tutti si sforzarono di trattenere le risate.
«...no». Simon scosse la testa, mentre teneva spiegato davanti a sé il "regalo" di Fandango. «Non importa se ho perso o meno; io questo non me lo me lo addosso! Mi rifiuto, capito? Kotowaru!».
«Oh, non fare tante storie!», lo incitò Fandango, fissandolo con i suoi occhi di un inusuale color porpora. «Vedrai; ti starà benissimo!».
Simon fece una smorfia e gemette in segno di protesta. Poi, con riluttanza, alzò le braccia e si infilò l'abito. Doveva riconoscere che almeno era comodo. La maggior parte dei Pokémon non portava vestiti, tranne che per Nastri, Gale, sciarpe o altri accessori. Tuttavia, esisteva una specifica categoria lavorativa che richiedeva il portare addosso un'uniforme, o una divisa. Ed erano proprio due di queste divise ad essere stata consegnata a Simon e Manhattan. Fin lì, nulla di sbagliato. Solo che...
Il Meowstic si sistemò sulla testa la cuffia bianca, per poi allacciarsi il grembiule orlato di pizzo. Nel fare tutto questo, la sua faccia avvampò per l'imbarazzo. C'erano una marea di Pokémon che lo fissavano, tutti palesemente impegnati nel tentativo di non ridere. Un Mightyena, in particolare, sembrava stare morendo sul posto.
«...finito», commentò infine il Pokémon Moderazione. «Allora?». Giusto per scherzare, fece una piroetta. «Che ve ne pare?».
Non era certo uno spettacolo che si vedeva tutti i giorni. La gonna, orlata di fronzoli, gli arrivava sotto le ginocchia, lasciando scoperta solamente la punta delle zampe inferiori. Il grembiule, allacciato dietro con un elegante ed enorme fiocco, contrastava in pieno con il nero della divisa. Le maniche a sbuffo, nere, erano anch'esse adornate da fronzoli candidi, e gli arrivavano fino al polso, terminando con un riporto bianco. La cuffia, allacciata dietro la testa, era perfetta. Insomma, un perfetto outfit da cameriera.
«Contento?». Il Meowstic incrociò le braccia, fulminando con un'occhiata Fandango e picchiettando con un dito sull'avambraccio. «Be'?».
«Che posso dire?», esordì il Lycanroc. «Sembri proprio fabuloooous!».
«Spiritoso», fece l'esploratore, con voce piatta e mortalmente seria. Poi si rivolse al partner. «E tu cos'hai ricevuto, Manhat-?!». Nell'osservare il Lucario, rimase senza parole per qualche secondo. «Oh my... oh my...». Infine, esplose. «OH MY GOODNESS! Ti sta benissimo!».
Anche il Lucario indossava una divisa da cameriera, ma a differenza di Simon pareva non essere affatto scosso o turbato dalla cosa. Quell'atteggiamento, unito all'espressione corrucciata e seria che aveva sulla faccia, contribuivano a farlo sembrare un vero e proprio "maid man".
Red osservava la scena da lontano, seduto ad uno dei tavoli; ringraziò la sua buona stella di aver rifiutato di partecipare a quel gioco di dadi. Sospirò; la missione da cui erano appena tornati era stata incredibilmente stancante. Il momento in cui avevano sbattuto "Jumping" Jack Flash nella cella era stato semplicemente idilliaco, perché significava la fine di una caccia al Pokémon durata anni! Per fortuna lo avevano acciuffato loro, il Medicham. Non prima di una lunghissima lotta, che li aveva lasciati tutti e tre quasi senza forze.
All'improvviso, davanti a lui si palesò uno Staraptor. Portava al collo una bella bandana azzurra, segno che lavorava alle poste. Senza tanti giri di parole, gli fece cadere una lettera fra le zampe. Il Raichu non perse tempo ed aprì la busta, iniziando a leggere.
«Mmh», fece Red, fissando il foglio che teneva fra le zampe.
«Allora?», domandò il postino. «Cosa riferisco?».
«Mmmmmh», mugugnò il Raichu dagli occhi rossi.
«S-signore?».
«MMMMMMMMMMMMHHH!».
«Si sente bene?».
«Cos- ah, sì!», rispose il Pokémon Topo, alzando lo sguardo. «Ero solo...perso nei miei pensieri».
"Non voglio nemmeno sapere cosa gli passi per la testa", si disse il Pokémon Rapace. «Allora...?».
«Prima devo chiedere il permesso alla Capitana», rispose l'esploratore. «Se me lo concederà, provvederò ad avvisare i miei compagni di squadra e allora potrò venire». Si poggiò una zampa sulla fronte. "Ok, Travis. Tecnicamente, ci hai salvato la vita da Kyurem, e hai impedito che Simon cadesse preda di una crisi di nervi. Immagino che ripagherò il favore".
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Spazio autore
Scusatemi.
Non ho saputo resistere.
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