Capitolo 26 - Lo Sradicatore di Ippocastani
«A-aspetta... cosa...?», balbettò Scott, confuso, una volta che Sue ebbe mollato la presa. «Che... come... che significa?». Sbatté le palpebre, fissando incredulo la Vaporeon. «N-nipotino... che vuol dire...?».
«Ti spiegherò tutto con calma», disse la Vaporeon, sedendosi. Una lacrima le rigò il volto, ma la Pokémon Bollajet si portò una zampa al muso e la asciugò come meglio poteva, cercando di riprendere il controllo di sé stessa. «Scott... io sono tua nonna. E il Master della Banshee Cry, lui è tuo nonno. E io... io... sono così felice che tu sia tornato». Un sorriso biancastro affiorò in mezzo alle squame bluastre del muso. «Credevo... che fossi morto...».
Lo Scorbunny non disse nulla. Quando tre anni addietro la signora Caramell era morta, aveva avuto l'impressione che una parte del suo mondo fosse crollata, frantumatasi, sparita e persa per sempre nei neri abissi della disperazione e dell'oblio. E ora... aveva davanti quella vecchia Pokémon estranea, una sconosciuta, una persona che non aveva mai visto, che gli stava dicendo di essere sua nonna. E Scott sapeva che la Vaporeon non stava mentendo, perché c'era qualcosa, nelle sue parole, nel suo tono, nei suoi modi e nel suo atteggiamento, che gli confermava che quanto detto da lei corrispondeva alla più pura e semplice delle verità del mondo conosciuto.
«...devo chiederti un sacco di cose...», mormorò infine il Pokémon Coniglio, la voce quasi ridotta ad un sussurro. «D-devo saperlo... quali sono state le circostanze della mia sparizione? Sono figlio unico? E... e...». Ci mise un po' per trovare il coraggio di porre una domanda che lo aveva attanagliato da quando aveva memoria di sé. «...chi erano i miei genitori?». Lanciò un'occhiata imploratrice a Sue, cercando inutilmente di combattere le lacrime che sgorgavano come cascate dai suoi occhi ambrati. «...cosa è successo...?».
«Cercherò di risponderti come posso, dato il poco tempo che abbiamo a disposizione prima dell'attacco al covo dei KIZZ, che avverrà stasera», rispose la Vaporeon. Il suo tono era calmo, ma si vedeva che cercava di controllarsi con tutte le sue forze. «Partiamo dal principio; tu non sei stato abbandonato. Si è trattato di un incidente... un incidente che ha dell'incredibile. Praticamente, i tuoi genitori adoravano portarti a fare delle passeggiate in spiaggia... solo che un giorno, inaspettatamente, iniziò a soffiare un vento così forte... che tu volasti via. Sei stato portato via dal vento... loro non poterono fare nulla».
Scott sbatté un paio di volte le palpebre, poi annuì; certo, quella storia era assurda, ma aveva ormai capito che poteva fidarsi delle parole di Sue. «E... i miei genitori? Che tipi erano?», chiese nuovamente.
«Oh». La Vaporeon parve sorpresa da quella domanda, poi però si ricompose. «Ma... i tuoi genitori non... non sono...».
«Non sono... cosa?», domandò lo Scorbunny, questa volta con insistenza.
A quel punto, Sue fece un respiro profondo. «Mi hai chiesto che tipi "erano", ma... non sono morti».
«...prego?». Scott non era sicuro di aver capito bene.
«Non sono morti», ripeté semplicemente la Pokémon Bollajet, con un'alzata di spalle per quanto le fosse possibile. «Tutto qui».
«Ma... ma...», balbettò il Pokémon Coniglio, non potendo credere alle proprie lunghe orecchie. «Ma... a Borgo Gelato... mi hanno detto... che erano con me... e poi... una frana...». Si sentiva parecchio confuso. «...COME?!».
«Uhm... non posso entrare nella mente di nessuno», esordì la Vaporeon, «ma suppongo di poter fare delle teorie... credo abbiano detto una cosa del genere per fare in modo che tu non ti sentissi abbandonato».
Scott si infuriò; come avevano potuto mentirgli?! Poi, però, comprese che all'epoca aveva solo tre anni, e che se gli avessero detto di averlo trovato completamente da solo, privo di sensi e quasi in punto di morte su una spiaggia ghiacciata, probabilmente la cosa gli avrebbe procurato un trauma emotivo di un certo livello. E fu allora che comprese l'enormità della rivelazione della Vaporeon; i suoi genitori erano ancora vivi.
«Dove sono?!», chiese irruentemente lo Scorbunny, avvicinandosi alla Pokémon Bollajet. «Dove sono adesso?! Dove sono mia madre e mio padre?!».
«Al momento, non si trovano qui», rispose la Vaporeon, fissando il nipote negli occhi. «Sono in missione, e non credo torneranno presto».
«Cioè, sono esploratori?!». Scott riusciva a stento a trattenere l'emozione. «Ma... che vuol dire che non torneranno presto».
«Vedi, il fatto è che quella che stanno svolgendo non è una missione come tutte le altre», rispose Sue, per poi indicare con la testa la bacheca delle missioni. «Permettimi di mostrarti una cosa». Si avvicinò al tabellone, seguita a ruota dal nipote. «Vedi, le missioni sono ordinate in base alla loro difficoltà», spiegò la Vaporeon. «In ordine crescente, ci sono missioni di rango E, D, C, B e A. Sopra di esse, vi sono le missioni di classe S, che possono essere prese soltanto dagli esploratori più esperti, e più in alto ancora ci sono le missioni stellate, da S1 a S9». Fece una pausa per riprendere fiato. «E poi... ci sono le missioni dei Dieci Anni, chiamate così perché nessuno, in dieci anni, è mai riuscito a portarle a termine».
«W-wow...», commentò Scott. In tutta la sua vita, non aveva mai pensato che i suoi genitori fossero anche solo vivi, e di certo non poteva immaginarsi che in realtà lo erano, e che erano pure due esploratori il cui talento era tale da permettere loro di affrontare missioni talmente ardue. «E così... loro sono partiti per una di queste missioni dei Dieci Anni?».
«No», rispose Sue, improvvisamente seria, anche se nella sua voce c'era una nota d'orgoglio. «Loro sono partiti... per una missione ancora più complicata... una missione dei Cent'Anni. Ovviamente, non credo serva spiegarti perché è chiamata così. In realtà, non ho idea di ciò in cui consiste esattamente l'incarico; l'unica cosa che so è che è diviso in due parti. Della prima non so niente, ma la seconda... la seconda parte è incredibilmente difficile».
«Perché? Di cosa si tratta?», chiese Scott, d'un tratto incuriosito.
«Si tratta di un lavoro di catalogazione», spiegò la Vaporeon. «Cioè, come dire... questo continente... non è stato esplorato del tutto. Ci sono un sacco di posti che devono essere ancora segnati sulle mappe... e un sacco di specie di Pokémon... quindi, la seconda parte può essere brevemente riassunta con "esplorate il resto del mondo e annotate tutte le specie che incontrate"». Poi, con voce ironica, aggiunse; «Il che è un sacco di lavoro, ma data la ricompensa da venti miliardi di Poké... sì, ne vale decisamente la pena».
Scott rimase letteralmente a bocca aperta; i suoi genitori non erano solo degli esploratori, ma probabilmente erano gli esploratori più cazzuti di cui li avesse mai sentito parlare, perché per prendere una missione che nessuno era mai riuscito a compiere in cento anni ci voleva fegato. Parecchio fegato. Rimase per qualche secondo a fissare la bacheca delle missioni, immaginando quella che doveva essere la routine quotidiana dei suoi genitori;
«E per finire», proseguì la vice-Master, «non... non... non sei figlio unico». Una lacrima affiorò nel suo occhio destro, ma lei fu rapida ad asciugarsela.
Nell'udire quelle parole, Scott si girò di scatto verso la nonna. «ASPE', COSA?!».
«N-non sei figlio unico», ripeté Sue, lasciandosi sfuggire inavvertitamente un singhiozzo. «N-n-non s-sei... non...». Ma non poté finire la frase, perché all'improvviso scoppiò a piangere. «Scusa... scusa... non ce la faccio...!».
«E-ehi, v-va tutto bene», cercò di consolarla lo Scorbunny, avvicinandosi a lei e mettendole una zampa sulla spalla. «Va tutto bene...».
«...n-non ci riesco», mormorò la Vaporeon, la voce rotta dai singhiozzi e la testa bassa, «n-non posso... non posso parlarne...».
«Non sei costretta a farlo se non vuoi», disse Scott, nonostante la curiosità che lo consumava dall'interno come un fuoco ardente. «Lo chiederò direttamente ai miei genitori... quando saranno tornati... non importa quanto tempo ci vorrà».
La Pokémon Bollajet tirò in su col naso, per poi alzare lo sguardo verso il nipote.
«M-ma tu... h-h-hai il d-diritto di sapere», protestò. «L-lei... t-tua sorella...».
«Senti, è chiaro che questo, per te, non è il momento migliore per parlarne». Scott sospirò. «Sono curioso anch'io, ma... davvero, non c'è bisogno che tu ne parli ora, se la cosa ti crea problemi... senti, perché intanto non ti racconto in dettaglio quello che è successo a me?».
E parlò. Parlò di Borgo Gelato, degli anziani che si erano presi cura di lui, della signora Caramell, della Wintersun, di Travis ed Ivy e della loro missione. Fu solo allora che si rese conto di essersi completamente dimenticato di Carola, che in quel momento si trovava chissà dove; e si arrabbiò molto con sé stesso della cosa, poiché non si era affatto comportato come un bravo esploratore.
«Senti, ehm... nonna». Era strano per lui pronunciare quella parola sapendo che si stava rivolgendo ad una sua vera parente, e non ad uno degli anziani di Borgo Gelato. «C'è... c'è una cosa che devo chiederti... si tratta di un favore immenso, ma... davvero, mi serve il tuo aiuto».
La Vaporeon ci mise un paio di minuti a riprendere il controllo di sé stessa.
«Di qualsiasi cosa si tratti, temo dovrà aspettare», disse, mentre si voltava, preparandosi a tornare nella mensa, dove ancora la aspettavano gli altri esploratori. «Al momento, scovare e arrestare i KIZZ ha la priorità. Ma intanto, dimmi di cosa si tratta».
«Vedi», iniziò a spiegare Scott, mentre si incamminava dietro la vice-Master. «Il fatto è che quando sono venuto qui... ero in missione esplorativa, sostituivo il nostro cuoco». La Vaporeon iniziò a discendere le scale a chiocciola, e lui la seguì. «Assieme a me c'erano anche... altri compagni... il Capitano... e i nostri due clienti... erano una Scorbunny e un bizzarro Pokémon alato tutto nero, che mi pareva avesse addosso anche una specie di armatura...».
«Un Corviknight». I passi di Sue risuonavano sui gradini di pietra. «Dalla tua descrizione, è l'unico Pokémon a cui io possa pensare».
«Esatto!», rispose Scott. «E la Scorbunny, invece, si chiamava Carola». Nell'udire quell'ultima parola, Sue si fermò di colpo, e lo Scorbunny le andò a sbattere contro. «...perché ti sei fermata?».
Ma la risposta non arrivò, perché all'improvviso la Vaporeon si accasciò per terra su un fianco, priva di sensi.
XXX
Selkie stava cercando con tutte le sue forze di non addormentarsi, cullato dal dolce dondolare della testa di Fiadh, dondolio che prima aveva trovato fastidioso ma che, una volta fattaci l'abitudine, si era rivelato essere più rilassante di quanto si aspettasse. E il pelo di quel colosso era così morbido...
"Aaah... che male può fare una dormita?", si domandò il Primarina, chiudendo gli occhi. "Cresselia, apri le tue dolci ali piumate; sto arrivan–!".
Non fece in tempo a sentire il pensiero, che si sentì scivolare e cadere, dal momento che aveva involontariamente rilassato i muscoli delle braccia, ossia l'unica cosa che gli garantiva una qualche sorta di appiglio. Fortunatamente, anziché sul duro e polveroso terreno, il Pokémon Solista piombò come un sacco di patate su una morbida superficie candida e ovattata. Non gli ci volle molto per capire che si trattava del dorso della zampa destra di Fiadh, che in quel momento si era fermato.
«Waaah... t-tutto bene?», domandò infatti l'enorme Vulpix, avvicinando il muso alla zampa per esaminare il suo "passeggero". «N-non... non vi siete fatto niente, vero?».
«S-sì, sto bene. Nulla di rotto», disse il Primarina, alzandosi in equilibrio sulla coda, come faceva quasi sempre quando doveva parlare con qualcuno. «In realtà, è stata colpa mia; ho perso la presa», ammise.
«Waaah... può capitare a chiunque», fece Fiadh, immaginando che Selkie avesse bisogno di essere consolato. «Dopotutto, anche i migliori possono commettere errori, dico bene?».
«Certo, certo». "Ma non dovrebbe capitare a me! Io sono un Capitano, e non posso permettermi di fare errori; sono a capo di una gilda, maledizione!".
«Ehm... allora... waaah... continuiamo?».
Selkie annuì e, una volta tornato sulla testa di Fiadh, si aggrappò nuovamente al suo pelo, questa volta stando più attento a non addormentarsi; dopotutto, non era sicuro che ci sarebbe stata sempre la zampa dell'enorme Vulpix a impedirgli di sfracellarsi al suolo. E così, il loro cammino riprese, ma non durò a lungo, perché dopo soli due minuti Fiadh si fermò.
«Ah... s-signora Corcoran...», mormorò questi con la sua inconfondibile voce tonante. «Waaah... ehm... c-come va...?».
Lentamente, Selkie scostò il pelo sulla testa del ragazzo, in modo tale da poter dare un'occhiata restando però nascosto.
Davanti a Fiadh o, per la precisione, proprio ai suoi piedi, c'era un Pokémon violaceo, alto all'incirca due metri, dotato di due lunghe antenne ed una coda grossa e robusta. Dalle sue guance colava una cosa lucida, viscida e probabilmente molto appiccicosa. Il Primarina non era un esperto in biologia Pokémon, e gli ci volle un po' per riconoscere la specie di quell'individuo; alla fine, fu certo che si trattasse di un Goodra. Indossava un mantello nero con una spallina rossa e il colletto ornato da cotone conciato in modo tale da sembrare pelliccia, e sotto di esso, sul petto, portava quella che sembrava essere in tutto e per tutto una piastra metallica.
Ad ogni modo, Fiadh sembrava conoscerla.
La Pokémon Drago sorrise. «Per favore, chiamami semplicemente Aoife». Alzò una zampa. «Ti stavo aspettando. Per favore, seguimi».
Selkie si morse un labbro; aveva avuto fortuna a trovare qualcuno che gli desse un passaggio, ma voleva arrivare a quella gilda il prima possibile. Tuttavia, capiva benissimo che se anche Fiadh avesse voluto fare una piccola deviazione, non avrebbe potuto fare molto per impedirglielo.
«W-waah... a-a me piacerebbe moltissimo continuare a parlare con lei, signora», esordì il colossale Vulpix, «m-ma vede, devo andare con urgenza a Rockville, per consegnare un carico pesante, quindi... waaah... non ho proprio tempo...».
«Tranquillo». La Goodra alzò una mano. «In realtà, è proprio a Rockville che volevo tu mi seguissi».
«Uh, oh, ehm... waaah... allora... d'accordo». Per la prima volta da quando lo aveva conosciuto, Selkie notò che Fiadh si era fatto all'improvviso molto meno teso e ansioso. «In tal caso, non c'è nessun problema». Sembrava essere persino allegro.
"Uhm... chiunque sia quella Goodra", rifletté il Pokémon Solista, tornando a nascondersi in mezzo al pelo del gigante, "Fiadh la conosce, ed è evidente che si fida molto di lei...". Eppure, non riusciva a capire che genere di rapporto vi fosse fra la Pokémon Drago ed il ragazzo. "Di una cosa sono sicuro; non si tratta di sua madre, questo è certo". Tornò a sbirciare, tenendosi immobile e nascosto come meglio poteva... e si accorse che Aoife stava camminando davanti al Vulpix, anziché, cosa di cui il Primarina aveva paura, arrampicarsi su di lui per chiedergli un passaggio. Si accorse anche che l'andatura di Fiadh si era fatta meno traballante e più stabile. "...è mai possibile che questa Pokémon abbia su di lui una specie di effetto calmante?".
XXX
Era da un po' che camminava ormai, e non poteva che sentirsi sempre più incuriosito. Cos'aveva in serbo la signora Corcoran per lui?
"Speriamo qualcosa di bello", pensò Fiadh, un sorriso enorme stampato sul muso. "...magari si tratta di una qualche leccornia?". Si leccò le labbra, ricordando la prima volta che aveva assaggiato un "dolcetto" ... cioè un'intera mega-torta alla frutta e crema da un chilo. Ma per lui, quello era un dolcetto. "Aaah... ma è meglio che non mi faccia aspettative troppo alte".
Il suo sguardo si posò sulla signora Corcoran che, come sempre, camminava davanti a lui a passo sostenuto, tenendosi alla larga dalle sue zampe, giusto per assicurarsi di non farsi schiacciare da circa duemila tonnellate di peso in caso egli fosse inciampato.
«Allora», esordì improvvisamente la Goodra, senza voltarsi, «dimmi, Fiadh... come va?».
«Benissimo», rispose il Pokémon Volpe. «Mi pagano bene per i lavori che sbrigo... sì, insomma, considerato il fatto che per me è roba leggera».
«Ah, ne sono felice», commentò lei, continuando a camminare. «Aspetta solo di vedere cosa ti aspetta a Rockville; sono sicura che ti piacerà un sacco».
«Aw, così mi rende troppo curioso!», disse scherzosamente il Vulpix bianco, agitando energicamente le sei code e generando una forte folata di vento dietro di sé. Dopo un po' le abbassò, continuando però a scodinzolare. «Insomma, adesso voglio saperlo ancora di più! Di cosa si trat–?!». Si interruppe nell'udire un forte schiocco dietro di sé, seguito da un breve sibilo e un potente tonfo, accompagnato da un corto fruscio. Lentamente, il ragazzo girò la testa; sotto al ventaglio d'ombra creato dalle sue sei code candide, giaceva un ormai sradicato ippocastano, dal quale si levò quasi subito un nutrito stormo di Pokémon di tipo Volante, i quali, stizziti, sbatterono rumorosamente le ali e si alzarono in aria. «Uh, oh... whoops...».
«WHOOPS?! WHOOPS?!», ripeté stizzito uno Staravia, lanciando un'occhiata velenosa al gigantesco Pokémon Volpe. «CI HAI APPENA DISTRUTTO CASA, E TUTTO QUELL OCHE RIESCI A DIRE È "WHOOPS" ?!».
«M-mi dispiace», mormorò Fiadh, chinando il capo. «D-davvero, non... non avevo visto quell'albero, io... m-m-mi dispiace...».
Lo Staravia sbuffò, sprezzante. «Se le cose si potessero risolvere a furia di "mi dispiace"», proseguì, «il mondo sarebbe senza dubbio un posto migliore».
Il kyojin abbassò lo sguardo, le orecchie basse e la coda avvolta attorno alle zampe. "Perché non riesco mai a non fare danni?".
«HAI INTENZIONE DI TIRARLO SU O NO?!», gridò all'improvviso il Pokémon Storno, facendo prendere un mezzo infarto a Fiadh. «QUELL'ALBERO NON TORNERÀ IN PIEDI DA SOLO, SAI?!».
Lentamente, Fiadh afferrò il tronco come meglio poteva con i denti, facendo attenzione a non stringere troppo il morso per non causare ulteriori danni, poi girò la testa di novanta gradi e infilò nuovamente l'ippocastano nel buco che occupava, buttandogli addosso un po' di terra per assicurarne la stabilità.
«Bene», disse infine lo Staravia, per poi appollaiarsi su uno dei rami, borbottando; «Kyojin... ma perché devono esistere i kyojin?».
Un sordo plic riecheggiò tutt'attorno, mentre una lacrima cadeva dall'occhio del Vulpix, formando una piccola pozzanghera. Fiadh digrignò involontariamente i denti. "Neanche un 'grazie'...", pensò. "Cioè... va bene che è stata colpa mia, però...".
«Cerca di non pensarci», soggiunse Aoife, come se avesse indovinato i pensieri del ragazzo. «Lascialo perdere; ti sentirai molto meglio una volta che avrai visto la sorpresa che ti aspetta a Rockville».
Il Vulpix fece come gli era stato suggerito e, cercando di placarsi, diede le spalle all'ippocastano che ospitava l'odioso Staravia, per poi incamminarsi dietro alla signora Corcoran. Tuttavia, dentro di sé, era furioso. Avrebbe voluto tornare indietro, dall'arrogante Pokémon Storno, e gridargli in faccia: "forse tu mi considererai anche un mostro, e forse la mia stazza ti incute paura, ma guarda che anch'io ho dei sentimenti!".
Dopo qualche minuto, tuttavia, si fermò, essendo arrivato davanti alla parete erbosa di una collina che conosceva molto bene; alla sua base, infatti, era posizionata una botola circolare, una delle tante entrate per Rockville... entrate che, per ovvie ragioni, a lui erano tutte interdette. Tuttavia, ciò che sorprese di più Fiadh fu vedere che attorno alla collina si era radunata una discreta parte degli abitanti della città. Dietro di loro si trovava una grossa impalcatura che reggeva un altrettanto enorme telo verde. Il kyojin spalancò gli occhi.
«Eh? C-che ci fa qui tutta questa gente?», domandò, rivolto alla Goodra.
«Be', visto che almeno il cinquanta percento delle entrate economiche di Rockville dipende da te», spiegò un Conkeldurr, «abbiamo pensato di farti un regalo».
«Ci abbiamo messo un mese», dichiarò una Timburr, poggiandosi la trave di legno sulla spalla, «ma ne è valsa la pena».
A quel punto, Aoife tirò via il telo verde con un colpo secco... rivelando un grosso tunnel circolare, con un diametro di almeno quaranta metri. Fiadh rimase a bocca aperta.
«Sapevamo che non apprezzavi dover fare un giro chilometrico ogni giorno», disse la Goodra, «quindi abbiamo pensato di farti un regalo».
«WAAAH!», fece Fiadh, agitando le code. «Non dovevate...!».
«Ma figurati!», esclamò Aoife. «Era il minimo che potevamo fare».
«Non so come ringraziarvi», mormorò il Vulpix. «Allora... mi metto subito al lavoro!».
E detto ciò, si addentrò nella galleria, illuminata da Lumisfere incastonate nelle pareti.
«Wow», commentò a bassa voce. «È... è spaziosa! Cioè, non tanto spaziosa, ma comunque... ci passo!».
Era felice; in tutta la sua vita, non aveva mai visto Rockville, neanche una volta! Di solito, faceva un giro lungo per arrivare ad una baracca dove lo attendeva una squadra di lavoratori, ed erano loro a portare il carico giù, nelle profondità della città. Ma adesso... era tutta un'altra storia!
All'improvviso, però, le sue narici captarono un odore familiare, un odore incredibilmente dolce. Ad un tratto, si fermò: davanti a lui, in un grosso cesto, c'era... una torta alla frutta! E accanto ad essa, spiegato, c'era un grosso biglietto. Il Vulpix lo lesse immediatamente.
"Per il nostro Fiadh! Con amore, Rockville!".
Immediatamente, il kyojin tuffò il muso all'interno del dolce, iniziando a mangiare felicemente. Era così contento! Sapere che non una sola Pokémon, ma un'intera città lo considerava "normale", gli riempiva il cuore di gioia. Una folta finito, si leccò le labbra e proseguì nel suo cammino.
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