Capitolo 21: Il Segreto di Travis

«STA SCHERZANDO, VERO?!». Tracy sgranò gli occhi. «Insomma, è... è una cosa impossibile!».

«Be', quello che hai detto di aver fatto stamattina sembrerebbe suggerire il contrario», commentò Xue-Yong, incrociando le braccia. «Onestamente, sembrava molto simile ad una mossa chiamata Incrotuono... Paladine era in grado di usarla».

«S-sì, v-vero, ma...», proseguì lo Shinx, pur non sapendo cos'altro aggiungere. «N-non può essere stata proprio Incrotuono, i-io... a-andiamo, signora, sia realistica; io non posso essere un Campione!».

«Perché no?». Senza attendere una risposta, la Capitana si alzò dalla scrivania, avvicinandosi al giovane esploratore. «Esiste un testo la cui attendibilità storica è ancora oggi ampiamente discussa, ma comunemente accettato dalla comunità degli studiosi; sono sicuro tu abbia sentito parlare delle Cronache dei Campioni; un'opera letteraria in prosa, suddivisa in nove volumi, uno per Campione, da novantanove capitoli ciascuno, più un capitolo introduttivo, per un totale di ottocentonovantadue capitoli. Ogni volume porta il nome di un Campione, quindi abbiamo; Mizukami, Paq-mei, Oyecomova, Axelerose, Shinobu, Kira, Fryser, Kaminari, e Paladine». Si piegò, per mettersi allo stesso livello degli occhi dello Shinx. «In ciascun volume, vengono spiegate parecchie cose riguardanti il "funzionamento" del gruppo dei Campioni. Ad esempio, ogni Campione di un Pokémon riceve parte delle memorie dei precedenti Campioni dello stesso Pokémon, se ce ne sono stati. Viene spiegato inoltre che un Campione è capace di usare le mosse esclusive del Pokémon di cui possiede i poteri, e che non possono esistere due Campioni correlati allo stesso Leggendario o Pokémon Misterioso». Fece un sospiro di amarezza. «Non si sa bene chi sia l'autore... alcuni credono si trattasse di qualcuno che decise di raccogliere le varie voci e leggende che giravano attorno a questi Pokémon potentissimi, altri invece ritengono fosse un Pokémon che accompagnò per davvero i Campioni nel loro viaggio alla ricerca dell'Oscuro; quest'ultima ipotesi in particolare è supportata dal fatto che non esistono testi che narrino, con la stessa cura nei dettagli, le gesta e le vite dei Campioni di duemila anni fa, quelli che posero fine alla guerra secolare... di loro, in effetti, si è sempre saputo molto, molto poco». Tornò nuovamente a sedersi dietro alla scrivania in mogano. «Coraggio, Tracy; raccontami di come hai sentito la parola "Aeralia" per la prima volta».

Passarono alcuni istanti, durante i quali lo Shinx rimase completamente paralizzato, come se fosse fatto di pietra, incerto su cosa avrebbe dovuto dire o fare. Poi, però, si rese conto che non poteva far altro se non raccontare la verità. Con la voce bloccata da un misto di emozioni quali imbarazzo, paura e forse anche un poco di tristezza, rivelò alla Capitana il sogno che aveva fatto la notte scorsa. Parlò di ciò che lui –o meglio, Paladine– aveva detto, fatto e provato, del vecchio Lucario con cui aveva discusso, e del suo fallito tentativo di visualizzare i propri poteri.

«E... questo... è tutto», mormorò, abbassando la testa, salvo poi rialzarla subito. «Senta, signora... posso porle una domanda?».

«Lo hai appena fatto, ma prego, continua», lo invitò la Capitana, sorridendo.

«S-se io fossi davvero un Campione, allora... questo cosa comporterebbe?», osò chiedere lo Shinx. «Voglio dire... cosa dovrei fare?».

«Sarò onesta con te; dovrai –non dovresti, dovrai– darti da fare», confessò la Mienshao. Solo allora si rese conto di essere stata un po' troppo vaga. Fece un respiro profondo, cerando il modo giusto per rispondere alla domanda postale dal giovane Pokémon Baleno. «Mi spiego meglio; i poteri sono i tuoi, appartengono a te, ma-».

«Ma non spetta a me decidere se usarli o meno, vero?», la interruppe Tracy. Il tono dello Shinx era a metà fra il gelido e l'abbattuto. «Dovrò usarli per proteggere gli altri, magari da una grande minaccia incombente, perché è questo che significa la mia presenza come Campione, ossia che probabilmente una catastrofe orribile sta per abbattersi su questo mondo, e toccherà a me, un ragazzino di undici anni, abbandonare il mio sogno di diventare esploratore per andare a scongiurare una specie di apocalisse, a causa di poteri che io non ho chiesto di avere, dico bene?».

«Sarò sincera con te, Tracy», disse a quel punto Xue-Yong. «Il tuo sogno... la scena che mi hai descritto... è esattamente uguale a quella narrata nel trentatreesimo capitolo del volume di Paladine; quello che ti ha parlato era Paq-mei, che addestrò il Campione di Zekrom nell'utilizzo dei suoi poteri».

Un lungo silenziò seguì le parole della Capitana. Tracy chinò la testa; gli sembrava di riuscire a sentire una specie di peso su di sé, ma non riusciva a capire di cosa si trattasse. Tuttavia, lo comprese ben presto; ripensò al muso sorridente di Alexander; a tutti gli esploratori che, ogni giorno, lavoravano duro per aiutare il prossimo; al fratello maggiore, partito per chissà dove ad affrontare una minaccia che si credeva sconfitta da ben mille anni; ai suoi genitori, zii, cugini e parenti vari, che lo avevano sempre sostenuto ed aiutato; e, infine, non poté non pensare a tutti i Pokémon che abitavano la Terra della Luce, Pokémon che conducevano le loro vite, felici o meno; e fu allora che lo Shinx capì la natura del fardello che sembrava schiacciarlo; era il peso della responsabilità. Tutto ciò che la Capitana gli aveva detto fino a quel momento aveva senso; lui era un Campione, il Campione di Zekrom, proprio come Paladine, uno dei miti della sua infanzia, secondo solo al fratello maggiore. Lentamente, le emozioni presero a colpirlo con la forza di un fiume in piena. Prima che potesse fare qualsiasi cosa, un mare di lacrime aveva iniziato a sgorgare dai suoi occhi dorati.

"No, è un qualcosa che devo fare!", si disse, determinato. "Probabilmente... ho risvegliati i miei poteri... in vista di ciò che mio fratello dovrà affrontare! Ma allora... è forse destino che combatteremo questa battaglia insieme?".

Fece un respiro profondo, nel tentativo di calmarsi, e percepì un dolce aroma di mirtillo. Alzò lo sguardo, e notò che Xue-Yong stava porgendogli un fazzolettino rosa di tessuto. Ringraziando, lo Shinx lo prese, usandolo per asciugarsi le lacrime.

«Va un po' meglio, ora?», domandò infine Xue-Yong, una volta che l'esploratore le ebbe restituito il fazzolettino zuppo.

«S-sì, signora, grazie». Tracy sospirò, sollevato. «Grazie», ripeté poi. «Oh, Arceus...».

La Capitana provò un leggerissimo senso di colpa, mentre si rendeva conto che forse aveva comunicato al ragazzo quella notizia con decisamente poco tatto.

«Quindi», riprese lo Shinx, «lei è proprio sicura che io sia un Campione?».

«Sì, assolutamente», confermò la Mienshao. «A meno che tu ed il tuo compagno non mi abbiate raccontato una balla, ma perché mentire su una cosa del genere? Non sei il tipo che va in cerca di attenzioni, o sbaglio?».

«No, no, per niente», rispose il Pokémon Baleno, facendo un paio di respiri profondi. Finalmente, si era calmato. «P-però... wow! Io, il Campione di Zekroom!». Ora che aveva ripreso il controllo delle proprie emozioni, Tracy cercava di intravedere gli aspetti positivi della faccenda. "Ora che ci penso... Paladine sapeva volare! Mi chiedo se mai ci riuscirò anch'io, uno di questi giorni! E la faccia che farà Travis quando glielo dirò... sono sicuro che sarà contentissimo!".

XXX

Nel frattempo, un annoiatissimo Alexander aspettava fuori dalla porta, totalmente inconsapevole della conversazione appena tenutasi fra il compagno di squadra e la Capitana della gilda.

"Mi chiedo cosa si stiano dicendo di importante", si disse. Ad un certo punto, chiuse gli occhi ed inalò l'aria; il suo olfatto potentissimo, che in realtà caratterizzava ogni Rockruff, gli avrebbe permesso di riconoscere lo stato d'animo di Tracy, anche al di là di quella porta spessissima. "Vediamo... adesso è... spaventato? Sì, questo è senza dubbio l'odore della paura... uh, adesso invece è... triste, molto triste... ah, ho capito! La Capitana deve avergli comunicato qualche brutta notizia". Inspirò un'altra volta. "Ora, invece, è... tranquillo". Dentro di sé, il Rockruff non poté non sentirsi sollevato. "Aaah... allora l'ha presa bene".

XXX

Il Lucario alzò lo sguardo, osservando il cielo terso, privo di nuvole. Non c'era praticamente vento. Manhattan era stanco. No, più che stanco, era semplicemente seccato. Incrociò le braccia, sbuffando.

«Annoiato?», domandò la familiare voce di Simon al suo fianco, tre metri alla sua sinistra.

«Un po'», ammise il Lucario, facendo ricadere le braccia muscolose lungo i fianchi. «Non vedo l'ora che ci diano il cambio».

Il Meowstic non poté fare a meno di ridacchiare sotto i baffi. «Stare di guardia può essere snervante», proclamò, «ma qualcuno dovrà pur farlo. Ultimamente hanno incrementato le misure di sicurezza in tutte le gilde. Una volta, a tenere d'occhio l'ingresso, c'era un Pokémon solo». Aprì la bocca, forse per aggiungere qualcosa, ma si zittì immediatamente. «...lo senti?».

Manhattan non comprese subito a cosa si riferisse il compagno di squadra. Lo comprese però un istante dopo, quando un'orrenda sensazione di disagio iniziò ad attanagliargli le viscere. Un tremore incontrollabile iniziò a prendere possesso del suo corpo, mentre le gambe parevano essergli diventate molli come spaghetti.

«S-sì», rispose finalmente il Lucario, la voce ridotta ad un mormorio. «L-lo... anzi, la sento anch'io... questa... questa è un'aura potentissima!». Nervosamente, iniziò a guardarsi attorno.

«C'è qualcosa che non va?», domandò perentorio Simon, notando l'atteggiamento del compagno di squadra. «Riesci a localizzarne il proprietario?».

«No». Il Pokémon Aura si morse il labbro inferiore; mai, in tutta la sua vita, si era sentito tanto nervoso e vulnerabile. «Come faccio a spiegartelo... la percepisco, ma non la vedo! Ti ho già spiegato come funzionano le auree, no?». In vista di un eventuale combattimento, caricò una Forzasfera nella zampa destra. «Ciascuno ne possiede una, ed è alla base di qualsiasi nostra azione. Anche il semplice atto di vivere origina un'aura, ed è il motivo per cui nessun essere vivente può occultare la propria, se non... be', morendo». La potenza dell'attacco si intensificò, fino a che Manhattan non si ritrovò nella zampa una sfera d'aura altamente compressa. «Ogni aura è diversa dalle altre, e ciò è dovuto principalmente alla personalità dell'individuo, al suo carattere e alle sue esperienze passate; questo è il motivo per cui anche genitori e figli possono avere auree che sono l'una l'esatto opposto dell'altra». Il Lucario sospirò; era complicato spiegare un concetto del genere, ma la sua preoccupazione principale, al momento, era un'altra. «Ma quest'aura... non capisco!». La sua testa scatto a destra, poi a sinistra, poi in alto. «Un'aura così potente... dovrebbe essere visibile anche a grande distanza!». Infine, tornò a guardare dritto davanti a sé. «Quest'aura... la percepisco, ma non la vedo! Non riesco a localizzare il suo portato-». Fu lì che gli venne in mente una teoria. Una teoria spaventosa, certo, ma pur sempre valida.

Lentamente, il Lucario smorzò la Forzasfera, fino a farla svanire del tutto.

«Sei impazzito?!», quasi gli urlò Simon. «Che fai?! Non abbassare la guardia!».

Ignorandolo, Manhattan si inginocchiò per terra, per poi allargare le braccia e amplificare al massimo il suo senso di percezione delle auree. Le prime che avvertì appartenevano ai membri della Blue Ocean Floor. Li conosceva tutti, per cui aveva già dedotto che l'aura spaventosa da lui percepita non apparteneva a nessuno di loro. Proseguì con l'indagine, scandagliando ogni singolo centimetro quadrato davanti a sé, fino a che i suoi sensi non si imbatterono in una presenza a dir poco... bizzarra. I suoi recettori si alzarono, mentre cercava di condurre un'indagine più accurata.

"Distanza... venti chilometri verso Ovest", constatò. "In direzione di Borgo Foglianuova, dunque. Il proprietario di quest'aura, chiunque sia, non è da solo... sì, c'è un altro Pokémon, percepisco chiaramente la sua presenza. E a giudicare dalle fluttuazioni delle loro auree, direi che stanno... litigando, credo?".

«Trovato!», esclamò infine, rialzandosi in piedi. «Abbiamo trovato il portatore di quest'aura!». Si girò verso Simon, che ancora non aveva abbandonato la posa da combattimento. «Si trova a Borgo Foglianuova e, qualsiasi cosa stia facendo, non ce l'ha con noi; ho ragione di credere che sia rimasto coinvolto in una discussione».

Aveva appena terminato la frase, che l'aura minacciosa scomparì con la stessa rapidità con la quale era venuta. Il Lucario sbatté un paio di volte le palpebre; quel Pokémon, qualunque e chiunque fosse, ci aveva messo relativamente poco a calmarsi! Immediatamente, tentò di nuovo di percepire la sua aura, ma fallì; si era affievolita troppo perché lui potesse anche solo localizzarla. Abbassò il braccio, non potendo non sentirsi un poco deluso.

Evidentemente, il suo stato d'animo doveva essere condiviso anche da Simon, poiché il tipo Pisco guardò in basso.

«Aww», mormorò, come un bambino a cui era stata rubata una Gomma. «Che peccato! Ed io che credevo sarebbe accaduto qualcosa di interessante!». Si girò verso il pesante portone della gilda. «Be', ad ogni modo, è mezzogiorno; direi che è ora di pranzare. E poi, subito in missione!».

Manhattan imitò il compagno, premendo con una zampa sul portone. E sarebbe anche entrato, se non avesse udito un bizzarro tintinnio nell'aria, accompagnato da una dolce voce femminile.

«Qualcosa di interessante?», ripeté la voce, in tono interrogativo. «Non so a cosa ti riferisci, ma forse posso dartelo io».

Immediatamente, nella zampa aperta di Manhattan si formò un lungo bastone d'aura di almeno sessanta centimetri. Con una rapidità invidiabile, l'esploratore si girò, pronto a fronteggiare qualsiasi avversario gli si fosse parato davanti. Non appena si fu voltato, i suoi occhi si posarono su una Pokémon bipede, alta poco più di un metro. Il suo pelo era coloro rosso scuro molto simile al sangue, eccezion fatta per le gambe, la punta delle zampe superiori e una striscia che dal mento andava fin sotto alla zona pelvica; quelle parti, infatti, erano colorate di un candido bianco. Un'enorme criniera, anch'essa bianca, sormontava la sua testa, culminando con un'estremità scura. A Manhattan ci vollero un paio di secondi per riconoscere la specie di Pokémon che aveva davanti; si trattava di una Lycanroc, una Forma Notte per essere precisi. Ciò che più lo colpì di quella creatura furono gli occhi; anziché rossi, come quelli di tutti i Lycanroc con quella forma, i suoi erano azzurrissimi, simili più a due piccoli zaffiri che ad organi adibiti alla visione. Dalla voce e dalla corporatura, poteva avere al massimo diciassette, forse diciotto anni. Era accovacciata per terra, come se fosse atterrata dopo aver compiuto un lungo balzò.

«Chi sei?», domandò perentorio Manhattan, senza abbassare la guardia. «E da dove sei venuta?». "Lei emana... la stessa aura che percepivo fino a pochi secondi fa!", osservò il Lucario, tenendo però quell'informazione per sé. "Ora, però, non è affatto minacciosa; è così... così... nervosa, e insicura".

Nascondendo con incredibile maestria le proprie emozioni, la Lycanroc si alzò e, con molta nonchalance, si passò una zampa fra la criniera.

«Il mio nome», esordì, fissando Manhattan nelle palle degli occhi, «è Lya, Lya Lech». Senza sfilarsi la zampa dalla criniera, continuò. «Sono venuta qui perché ho sentito che fra i vostri esploratori vi è un giovane Rockruff di nome Alexander. O sbaglio?».

«No, non sbagli». Fu Simon a rispondere, sospettoso. «Perché ti interessa?».

La Pokémon Lupo sorrise. Né Simon, né tantomeno Manhattan credevano che l'aggettivo "aggressivo" sarebbe stato perfetto per descrivere un sorriso. Quel giorno, dovettero ricredersi. Le labbra di Lya erano tirate indietro all'estremo, mostrando una fila inquietante di denti sorprendentemente bianchi e affilatissimi.

«Semplice», rispose la Lycanroc. E a quel punto, tutta l'aggressività, l'esuberanza e l'audacia emanate dal suo aspetto svanirono; lentamente, Lya si alzò da terra, le zampe posteriori unite e quelle anteriori che si toccavano tramite gli indici. A quel punto, la Pokémon Lupo abbassò la testa, e Manhattan riuscì a percepire una forte, complicata timidezza. «E-ecco... i-io sono... sono...». All'improvviso, prese fiato e gridò: «SONO SUA SORELLA MAGGIORE!».

XXX

«Allora, ricapitoliamo», commentò Red, poggiando una zampa sul tavolo. Si erano tutti riuniti a casa di Travis e Ivy, una delle poche che non erano crollate, ovviamente con il consenso di questi ultimi. «Dobbiamo combattere una misteriosa entità malvagia, nota come l'Oscuro; Travis era a conoscenza di questa minaccia da tre anni, ma non ha fatto niente fino ad oggi!». Si girò verso il Pokémon Topo, fulminandolo con lo sguardo. «Per-ché?! Perché non hai provato nemmeno a raccogliere un qualche straccio di informazione, eh?!».

«Ho avuto altro per la testa», rispose il Pikachu. «Eravamo concentrati sul nostro viaggio verso la Wintersun! Poi, quando ci siamo uniti ad essa, abbiamo avuto tempo praticamente solo per le esplorazioni!».

«Questo. Non. È. VERO!», urlò l'esploratore. «Non puoi aver passato ogni secondo del giorno e della notte ad esplorare! Sarai pure tornato a casa ogni sera!».

«E VA BENE!», gridò a sua volta Travis, alzando di scatto le braccia al cielo. «Ho avuto paura! Ecco, l'ho detto! Non è mistero che io non volessi finire maciullato dagli artigli di una creatura infernale!».

«E allora, perché all'improvviso hai cambiato idea?», intervenne Charlie. «Perché ci hai messo tre anni?».

Il Pokémon Topo non rispose subito. Passarono alcuni secondi, durante i quali un bizzarro silenzio calò sul gruppo come un fiocco di neve cade sul terreno quando casca dalle nuvole, pronto ad unirsi a migliaia di suoi fratelli.

«I-io non lo so», ammise il diciottenne, poggiandosi le zampe sulla faccia. «All'inizio, avevo una gran paura di morire... ed ero così spaventato, che ho finito per smettere di pensarci... o meglio, ci ho provato, ma non ci riuscivo». Sospirò, affranto. «Più cercavo di non pensarci, e più ci pensavo! E più ci pensavo, più mi sentivo... orribile, semplicemente orribile! Sapevo di poter fare qualcosa, ma ero troppo spaventato per... per fare effettivamente qualsiasi cosa!».

Un odore salato riempì l'aria, ma solo Ivy se ne accorse, e solo lei capì quale fosse la sua origine. «Travis...», mormorò, e fece per poggiare una zampa sulla spalla del compagno, ma questi, per la prima volta, la cacciò.

«SONO IL PEGGIO DEL PEGGIO!», gridò il Pikachu, togliendosi le zampe dal muso; il suo pelo era rigato da strisce scure che partivano dagli occhi. «A causa della mia paura della morte, ho permesso a quel... quella cosa di diventare sempre più forte, ora dopo ora, giorno dopo giorno, anno dopo anno!». La sua voce era rotta dai singhiozzi. «Ho provato ad essere sincero con la mia famiglia! Sono stato sincero anche con il mio fratellino, e sapete cosa ho fatto? L'ho fatto piangere! In quanto fratello maggiore, dovrei proteggerlo, invece gli ho fatto del male! Gli ho inflitto del dolore emotivo che, se volete il mio parere, è anche peggio di quello fisico!». Abbassò la testa, sfiorando la superficie del tavolo con la fronte. «Volete sapere la verità? La verità è che ho passato anni a cercare di apparire perfetto in ogni cosa; il fratello maggiore perfetto, il figlio perfetto, il combattente perfetto, l'esploratore perfetto... ma in realtà, sono semplicemente un patetico codardo! Se davvero avessi avuto anche... anche solo un briciolo di autentico coraggio, non... non avrei aspettato tanto per darmi da fare!».

Ancora una volta, il silenzio più totale calò sul quartetto. Fra tutti, Ivy era la più scioccata; conosceva Travis da quando entrambi non erano altro che semplici bambini; avevano passato praticamente tutta la loro vita assieme, ancor prima che confessassero il proprio amore reciproco l'uno per l'altra; in tutti quegli anni, Travis le era sempre parso come una specie di pilastro; sempre fortissimo, sempre imbattibile, sempre inarrestabile... solo ora, con quel suo improvviso cedimento nervoso, si rendeva conto che era incredibilmente fragile... come qualsiasi altro Pokémon. E forse, ora, lo capiva meglio perché l'evoluzione in Espeon le aveva dato come un sesto senso, una specie di capacità intuitiva di capire ciò che gli altri stessero pensando. Lentamente, con delicatezza, si appoggiò al compagno, cercando di non schiacciarlo visto il suo aumento di peso e dimensioni, e questa volta lui non la respinse.

«Scusa». Pian pianino, Travis le cinse il collo con le braccia meglio che poté. «Scusa, se ti ho mentito... a quanto pare, non sono esattamente il Pokémon impavido che credevi, eh?».

«Non ha importanza», fu la placida risposta di Ivy, mentre ricambiava l'abbraccio del compagno. «Ascoltami, Travis... tu non sei un codardo, capito?».

«No, non capisco». Il Pokémon Topo abbassò lo sguardo. «Quando abbiamo rischiato di affogare, ho avuto paura! Quando siamo stati rapiti dai banditi, ho avuto paura! Quando abbiamo combattuto contro gli spettri di quei due esploratori, ho avuto paura! Quando il dottor Heimerstein ci ha usati come soggetti per il suo esperimento, ho avuto paura! Quando Kyurem mi ha congelato, ho avuto paura!».

«Ed è proprio perché hai avuto paura», spiegò Ivy con dolcezza, «che sei stato coraggioso. Poiché il vero coraggio deriva dal superamento dei propri timori». Sorrise, cercando di alleviare l'atmosfera. «Ed io mi sono innamorata di un Pokémon coraggioso, non di uno stupido spericolato». Avvolse con la coda biforcuta l'uovo, che teneva al sicuro sotto il petto. «E sono sicura che lui, o lei, ti rispetterà comunque, anche se credi di non meritare il suo amore».

«Oh, Ivy», mormorò il Pikachu, incapace di dire qualsiasi altra cosa. Alzò lo sguardo, incontrando gli occhi azzurri della propria compagna. E, per la prima volta nella sua vita, ella gli sembrò distante e irraggiungibile. L'evoluzione sembrava averla resa così matura, così... adulta. Eppure, aveva esattamente la sua stessa età. Non c'era quasi più traccia della timida e impacciata ragazzina che aveva incontrato anni e anni addietro. Si fissò le zampe gialle. "Nonostante sia giovane quanto me, Ivy si è evoluta e ha raggiunto il massimo del suo potenziale". Strinse i pugni con vigore. "Anch'io devo migliorare!".

Nel frattempo, Red e Charlie osservavano la scena. Entrambi erano apparentemente impassibili, ma dentro di loro era tutta un'altra storia.

"Certo che", si disse il Raichu, "sono davvero adorabili, insieme!". Poi, il suo sguardo si spostò inavvertitamente sulla Pokémon Multigene al suo fianco, che lo stava fissando intensamente. D'istinto, Red si sentì avvampare, e distolse rapito gli occhi. "Tuttavia... non posso fare a meno di chiedermi una cosa...".

"Se non mi fossi suicidata", pensò Charlie Moon, fissando l'ormai ex-compagno di squadra, "anche noi...", e posò lo sguardo su Travis ed Ivy, ancora abbracciati, "...saremmo forse potuti diventare come loro?".

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