Capitolo 14: Epilogo
Due anni dopo, in una piccola casa di Borgo Foglianuova, durante una pacifica serata primaverile, una Luxray è impegnata a raccontare a suo figlio una storia. Una storia che sarebbe stata d'ispirazione per molti, moltissimi giovani esploratori...
«Così, il team Bluemoon tornò alla gilda, dove raccontò fin nei minimi particolari di quell'incredibile avventura. Gli esploratori, ovviamente, potevano crederci, ma quando Charlie aprì lo sportellino sulla sua schiena, mostrando i circuiti... be', puoi immaginarti le loro facce! Infine, a tutta la squadra venne insignita della promozione al Rango Master Tre, per l'incredibile forza di volontà e sangue freddo dimostrati. Fine. E questa era la storia del team Bluemoon. Affascinante, non è vero?», domandò Yannie, usando i denti per rimboccare le coperte al figlio. «Buonanotte, Travis».
«Nooo...», mormorò il Pichu, stendendo le braccine corte verso la Luxray e cacciando uno sbadiglio. «Ti prego, mamma... raccontamene un'altra».
Yannie sospirò. «È già molto tardi, Travis, e domani hai la scuola; suvvia, sarà per un'altra volta...».
«Per favore...», implorò Travis, facendo gli occhioni teneri. «Solo un'altra...».
«E va bene...», concesse infine la Luxray. «Ma solo un'altra, ok? Poi basta».
«D'accordo!», esclamò felice il Pichu, mettendosi a sedere sul letto, tutt'orecchi. «Dai, dai!».
«C'era una volta...», esordì Yannie, «...una... no, scusami, non ce la faccio; sto dormendo in piedi».
«Ok... fa niente». Travis, deluso, abbassò le orecchie. «Però, però, però... posso farti una domanda?».
«Certamente!».
«Come aveva fatto Charlie a finire nella scatola? E ad arrivare nella Terra della Luce?».
«Nessuno lo sa. Probabilmente, suo padre provò a fare di tutto per metterla al sicuro... ma comunque, nessuno ha idea di come sia arrivata da noi».
«E il Re? Che fine ha fatto?». Travis iniziò ad agitare vivacemente la corta coda nera. «E poi cos'è successo a Betty? Hanno costruito davvero una nuova Charlie, oppure la cosa è finita lì? Come funziona la Soul di Charlie?».
«Dopo aver accompagnato il team Bluemoon a casa», spiegò Yannie, «Betty fece ritorno sull'isola e, dopo aver ispezionato più a fondo le macerie del magazzino, trovò anche il Re ed il suo progetto... o almeno, si suppone sia andata così. Questo risponde a due delle tue domande. Per quanto riguarda la Soul di Charlie Moon... spiegò lei stessa che si trattava di un potere in grado di dare la vita. E poteva fare cose incredibili; trasformava i sassi in semi di papavero che sbocciavano subito, curava le ferite applicandoci del pantano che poi faceva mutare in carne e tessuti, divertiva i bambini... purtroppo, l'unico giorno in cui visitò il nostro borgo, tu avevi la febbre. Te lo ricordi, vero?».
«Altroché! Oh, e un'altra cosa; il team Bluemoon esiste ancora?».
«Sfortunatamente no. Si sono sciolti».
«COOOSAAAAA?! E quando e successo?!».
«Recentemente; solo qualche mese fa, stando a quanto ho sentito dire. È stato un durissimo colpo, per la Blue Ocean Floor, perdere degli esploratori abili come loro. Credo che Manhattan e Simon lavorino come baristi all'area ristoro della gilda, mentre Red si sarebbe messo a cucinare... un consiglio; dicono che prepari roba estremamente piccante, quindi non provarla se subito dopo avrai impegni per via dei quali non potrai stare seduto otto ore sul cesso piegato in due da dolori lancinanti».
«Ma perchéééé? Perché si sono sciolti?! Erano dei bravissimi esploratori, no? E hanno confermato l'esistenza di una terra che fino a due anni fa si credeva esistesse solamente nelle leggende e nei racconti popolari... hanno addirittura ottenuto il Rango Master Tre, che praticamente equivale ad una nomina a vice-Capitano; quindi, perché diavolo hanno smesso?».
«Non è un qualcosa di adatto alle orecchie di un bambino». Yannie sbadigliò. «Non vuoi saperlo, fidati».
«Sì che lo voglio sapere!». Inorgoglito, il Pichu gonfiò il petto. Cercava di assumere un portamento fiero, ma il risultato lasciava piuttosto a desiderare. «Ormai sono grande; posso sopportare benissimo le cattive notizie!».
«...mi prometti che non ti metterai a piangere, venendo a conoscenza del triste destino subito dagli eroi che ti hanno salvato?».
«Prometto!».
«Va bene...». Yannie fissò gli occhi smeraldini del figlio; erano enormi, grandi e pieni di speranze per il futuro. «Vedi, piccolo mio, qualche tempo dopo il ritorno dall'Isla de Engranajes, Charlie Moon si rese conto di una cosa».
«Cosa, cosa? Di cosa si rese conto Charlie Moon?».
«Vide i suoi compagni evolversi, crescere e... invecchiare, anche se di poco. Per lei, invece, il tempo sembrava non passare mai; dopo due anni, era ancora la stessa. Si rese conto che non sarebbe mai invecchiata, perché era una macchina. Si rese conto che non sarebbe mai morta, perché non era mai stata davvero viva. Si rese conto che i suoi poteri spingevano gli altri Pokémon a trattarla bene, ma non con rispetto o gentilezza... bensì con paura».
«E poi? E poi?», domandò Travis, con un sorrisone enorme che gli andava da guancia a guancia, stampato sul dolce viso paffuto, agitando la corta coda nera. Era chiaramente ansioso di sapere come sarebbe andata a finire la storia che sua madre stava raccontandogli. «Cos'è successo poi?».
«Dopo essersi resa conto di tutte quelle cose, Charlie Moon prese una decisione; in una fredda notte d'inverno, di quelle in cui i fiocchi di neve scendono fra mille piroette, la Purrloin uscì non vista dalla gilda, si affacciò dal bordo del promontorio, osservando il mare in burrasca che si frangeva fra rivoli di spuma biancastra contro gli scogli acuminati... la Luna, colorata di un insolito blu acceso, a causa di un raro fenomeno atmosferico. Le stelle brillavano nel cielo, mentre in sottofondo s'udiva lo scroscio del mare».
«E lei chiamò Betty, per prendere nuovamente il volo verso casa?».
Yannie scosse la testa. «No. Fece un passo avanti, e cadde giù, giù, sempre più giù... fracassandosi infine sugli scogli, come un piatto di coccio che si rompe una volta schiantatosi sul duro e freddo pavimento».
«NO! Qualcuno l'aveva spinta?».
«Ti sbagli, piccolo mio. Charlie era assolutamente capace di intendere e di volere quando si è buttata in mare. Lei voleva smettere di funzionare»
Il sorriso sul volto di Travis svanì lentamente. «Ma... perché lo ha fatto? È... morta?».
«Sì, Travis; Charlie Moon, un'eroina che tutti avevano imparato ad amare, morì quella gelida notte. Di lei, furono solo ritrovati l'orecchio destro e qualche circuito, miracolosamente scampati alla furia trascinatrice della corrente e portati a riva da una pattuglia della polizia marittima».
«I... i suoi compagni... e gli altri esploratori della gilda... come hanno reagito?».
«Quando lo sceriffo Arcanine riferì loro la notizia della sua morte, non ci misero molto a capire cos'era successo; del resto, Charlie si era confidata con loro riguardo alle sue preoccupazioni... non si stupirono, ma la cosa li lasciò comunque molto addolorati».
«Ma... non avrebbe dovuto farlo!». Travis si rizzò in piedi sul suo giaciglio di paglia. «È stato un gesto molto egoistico!».
«Travis, tesoro», esordì la madre, facendogli cenno con una zampa di tornare a sdraiarsi, «una volta, un grande esploratore e Capitano disse che non esistevano Pokémon veramente cattivi... tuttavia, un Pokémon spaventato o disperato può arrivare a macchiarsi delle colpe più terribili, dei crimini più crudeli... è così che va il mondo, piccolo mio». La Luxray fece un triste sorriso ironico. «Alquanto deludente, dico bene? Travis? Travis?».
Il Pichu, alla fine, aveva ceduto alla stanchezza ed era crollato. Gli occhietti chiusi, il suo ventre si alzava e si abbassava regolarmente. Sorridendo, Yannie Cattermore lasciò la camera e finalmente tornò nella sua camera da letto, dove l'attendeva suo marito, Trevor Troy D'Arby. La Luxray si distese accanto a lui sul giaciglio di paglia. Restarono a fissare il soffitto per un po', poi Yannie si mise a pancia all'aria, si voltò verso Trevor e gli sussurrò: «Tesoro... non sono ancora stanca~♪».
«Oh, buttati qui da me!», la invitò il Raichu. Solo che la Luxray prese l'invito un po' troppo alla lettera e si lanciò direttamente sul corpo del povero Trevor che, faticando per respirare, gridò: «No... aspetta... tesoro... così mi schiacci! Ok, sai cosa? Sopra ci sto io».
E il mondo parve come sparire del tutto... tutto, tranne un piccolo spazio; per Trevor, soltanto lei esisteva... soltanto Yannie esisteva. D'altro canto, non si poteva certo dire che la Luxray non ricambiasse quei gesti d'affetto. E rimasero avvinghiati a quella maniera per circa quattro ore, baciandosi e sfiorandosi in quell'atto di passione amorosa. Fu una notte alquanto movimentata per la coppia, ma alla fine, e solo alla fine, il sonno ebbe la meglio anche su di loro. Quello che entrambi non sapevano, però, era che forse Trevor ci aveva dato dentro un po' più del previsto...
Nel frattempo, in un'altra piccola casa di Borgo Foglianuova, stava verificandosi una scena simile. Una Eevee cromatica, candida come la neve e con due grandi occhioni cerulei e vitrei, era distesa a letto, sul fianco sinistro. La coperta le era scivolata per metà di dosso.
«Ehi...», mormorò una voce dalla porta della sua camera. «Stai dormendo, Ivy?».
«No», rispose la Eevee, senza voltarsi. «Stavo pensando».
«E a cosa?», domandò il proprietario della voce, un agile Umbreon, avvicinandosi. «A cosa pensavi, figliola?».
«Al futuro...». D'un tratto, Ivy si voltò verso il padre; pareva quasi che potesse vederlo, data l'intensità con la quale i suoi occhi lo fissavano. «Papà, ti prego, sii sincero; credi davvero che io possa diventare un'esploratrice?».
Oliver (tale era il nome dell'Umbreon) le si avvicinò e si sedette al suo fianco. Le orecchie della Eevee fremettero, come se lei avesse percepito lo spostamento d'aria causato dai suoi movimenti. Le rispose: «Certo che lo credo. Perché non dovresti esserne in grado?».
Sua figlia abbassò le orecchie e lo sguardo. «Non scherzare... lo sai che non è possibile!». Poi lo fissò negli occhi... o meglio, fissò il punto in cui credeva ci fossero i suoi occhi. «Voglio dire, siamo realisti; non ce la farò mai! Lo sapevo, io... è... è tutto inutile!».
Il padre sospirò, poi le si avvicinò ulteriormente, finché non furono fianco contro fianco. E le soffiò in un orecchio, facendola ridacchiare. Era un gesto che non faceva da tanto, ma tanto di quel tempo...
«Ascoltami bene», le disse poi. «Io e tua madre ti abbiamo sempre incoraggiata, e non smetteremo di farlo... però, non ti svalutare. Svalutarsi non porta mai a niente, crostatina. È soltanto una delle tante cose che possono far male all'autostima».
«Oh, papà...», mormorò Ivy, «...era da tanto tempo che non mi chiamavi con quell'appellativo, vero?».
«Quale? "Crostatina"?». Oliver scoppiò a ridere. «Sì, hai ragione... sei un po' cresciuta per questo genere di cose, non trovi? Hai già sette anni...».
«Però...». La Eevee appoggiò la propria testa contro quella del padre. «Però... non lo so. Probabilmente, fallirò ogni missione... nessuno vorrà mai accompagnarmi. Finirebbe incominciando».
«Ascoltami... quel tuo amico... Travis, giusto? Non vuole diventare un esploratore anche lui?».
«Sì, ma...».
«E allora forma una squadra con lui! Ti ha sempre trattata bene, fin dal primo giorno di scuola, no?».
«Sì, ma... andiamo, nemmeno lui vorrà prendersi la responsabilità di una Pokémon... ah... come me». Ivy sospirò, avvilita. «Nessuno vorrebbe prendersi la responsabilità di una Pokémon... cieca». Quest'ultima parola fu appena sussurrata dalla giovane Eevee, ma venne comunque recepita da suo padre.
«Ivy, Ivy, Ivy», ripeté egli. «Quando tua madre scoprì che eri nata cieca, decise comunque di accudirti, e io con lei».
Ivy sbuffò. «Questo è un discorso diverso; voi siete i miei genitori, e...».
«Credi davvero che lo abbiamo fatto soltanto perché siamo i tuoi genitori?», le domandò Oliver. «No, lo abbiamo fatto anche perché eravamo consci dei pericoli che una Pokémon cieca avrebbe corso... certo, avremmo potuto darti in adozione, ma non lo abbiamo fatto. E sai perché?».
«No, perché?».
«Perché eri e sei preziosa, crostatina mia. Il fatto che tu abbia questo problema non deve farti pensare che sei strana, né tantomeno che vali meno di qualsiasi Pokémon là fuori... quindi, cammina a testa alta, hai capito? Non vergognarti mai dei tuoi occhi; sono bellissimi... fidati».
Ivy abbozzò un sorriso, la sua coda iniziò a dimenarsi. «Se lo dici tu... grazie, papà!».
«Di nulla, crostatina mia», rispose il padre, prima di rimboccarle le coperte con i denti. «Ora però dormi, su...». Una volta che ebbe sistemato le coperte sulla figlia, disse: «Buonanotte» e uscì in punta di zampe per non svegliarla.
«Buonanotte», gli augurò Ivy, già sprofondata per metà nel mondo dei sogni. «Buona... buonanotte...notte...».
L'intero borgo, a quel punto, era addormentato. E sui tetti delle loro case brillava una bellissima falce di Luna...
FINE
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top