Bad dreams pt.2

Era un pomeriggio molto tranquillo nei sotterranei di Serpeverde, momentaneamente abitato solo da tre ragazzi. Daphne stava partecipando alle esclusive lezioni di alchimia.

« Strano che non ti sia iscritto anche tu. » disse Blaise in direzione di Draco.

« Sei pazzo? In pozioni ho ottimi voti solo perchè Piton mi adora. » replicò il biondo, facendo materializzare con un colpo secco un poggiapiedi rivestito di velluto. 

Malfoy, infatti, facendo ribaltare tutti i suoi compagni di corso, aveva scelto Babbanologia solo per avere basi più solide per deridere i non maghi.

Si mise comodo sul divano polveroso della sala comune, godendosi lo scoppiettare del fuoco e lo sciabordare delle acque del Lago nero.

« Non è meraviglioso? Sentite, sentite anche voi. » li esortò Draco socchiudendo gli occhi per la pace.

« Io, oltre ai rumori di sottofondo, non sento nulla. » confessò Theodore Nott, guardando Blaise come a voler cercare conferma.

« Appunto! Tutte quelle ragazzine pettegole che hanno messo in giro la voce su... la voce su... » Draco non riusciva nemmeno a dirlo talmente il ribrezzo. 

Non tentò affatto di contenere l'espressione nauseata e il suo naso si arricciò vistosamente formando tante grinzette. Non che quella dei due amici fosse tanto differente, anzi.

« La voce su mio figlio. »

Salazar, pronunciarlo era addirittura peggio che pensarlo.

« Tutte quelle stronzette sono in giro per il giardino a prendere gli ultimi raggi di sole, la lingua velenosa di Daphne è a lezione, gli altri ragazzini... beh, non ho idea di dove si siano cacciati, ma poco importa. »

« Tra i tuoi ruoli di caposcuola non rientra l'onere di, appunto, controllare gli studenti? »

« Non i miei, io tolgo punti solo a quelli degli altri. » dichiarò in tutta semplicità il rampollo di casa Malfoy. « Ma, soprattutto, Pansy non si è più fatta viva; non avrei potuto chiedere regalo migliore. » continuò poi portandosi le mani dietro la nuca.

« A costo di farle credere che ti porti a letto la Granger da anni? » domandò ironico Theodore.

« Le chiederei di sposarmi e le farei accettare la proposta sotto Imperius davanti a tutti, se ciò servisse a farla sparire per sempre. »

« Beh, potresti fargliela stasera, tra un vaso da notte scrostato e un altro... non avresti un grande pubblico, ma la voce girerebbe in fretta. » gli ricordò Theo, scoppiando in una risata e trascinando con sé Blaise.

« Vaffanculo. » berciò Malfoy.

Se solo gli avesse raccontato dei suoi continui sogni, quei due non l'avrebbero più lasciato vivere.

« Hai ben... quanti venerdì a disposizione? Venti? Ne hai di tempo per chiederle la mano, allora! » infierì Blaise.

A Draco tornarono alla mente le continue suppliche della Granger-in-sogno a proposito di tutte quelle ore insieme, che – valutò con umore nero il ragazzo – cominciavano proprio quella sera.

« Vaffanculo anche a te. » ringhiò in direzione di Zabini, mentre nella sua testa una sinuosa figura ben vestita gli sedeva accanto, sul suo sontuoso letto scolastico.




« Anche tu alla ricerca di un posto solitario? »

Anthony sollevò gli occhi spaventato all'udire una voce fin troppo familiare.

Hermione si avvicinò al Corvonero sorridente. Aveva fatto lunghe passeggiate tra le librerie, in cerca del fattaccio che i suoi compagni avevano tentato con così tanta insistenza di occultarle, ma dopo alcuni giri in cui non aveva notato nulla di strano e si era imbattuta in Anthony Goldstein seduto da solo, aveva deciso di gettare la spugna e di fermarsi – il perché di tutto quel fervore in sala comune sarebbe rimasto un mistero.

« Oh, ciao, Hermione. » la salutò lui, recitando la parte di quello felice di vederla lì, proprio in quel momento.

« Sì, volevo un momento di pace tutto per me... tu cosa ci fai qui? » domandò con urgenza. 

A quanto gli era stato riferito da Ginny poco dopo la paura pranzo, la caposcuola non si sarebbe mossa dalla sua stanza per ore per finire il tema di Astronomia, affidatole il giorno stesso; e invece eccola là, con un in mano un libro che di certo, vedendo la copertina, non trattava quella materia.

« Mi sono messa a studiare rune antiche e, non ci crederai mai, ma ho trovato un errore di traduzione che nemmeno la professoressa aveva considerato tale. Ero ansiosa di correggerlo, e rileggendo la lezione di oggi mi è venuta voglia di portarmi avanti con lo studio. » rispose con un eccitazione tipica di qualcuno che ha appena infranto qualche regola e che è riuscito a scamparla.

Espressione totalmente opposta a quella di Theodore Nott, suo sventurato compagno di corso dal terzo anno, quando la vide far saettare la mano per segnalare la svista.

Hermione si sedette accanto al ragazzo e i suoi occhi caddero automaticamente sulle pagine del volume aperto.

« Incantesimi adatti ad ogni tipo di parquet? » chiese confusa. 

Una perla di sudore, prontamente asciugata fingendo di grattarsi la testa, fece la sua apparizione su una tempia del Corvonero.

« Sì... » confermò in difficoltà lui, in cerca di una scusa decente.

« Non ricordo nulla di inerente al fai da te a lezione di incantesimi. » meditò la caposcuola con ingenuità.

Anthony maledì Ginny Weasley, sebbene fosse consapevole della sua innocenza: insomma, che cavolo ne sapeva lei che Hermione, di punto in bianco, avrebbe deciso di fare una capatina in biblioteca per sbirciare i prossimi argomenti di Rune Antiche?

« No, infatti. » confermò il corvo. « È che mio padre si è messo in testa di ristrutturare casa da sé, sai come sono fatti i papà, e ho pensato di fare qualche ricerca. » si inventò.
Beh, quantomeno la scusa non era del tutto idiota.

Hermione tornò a sorridere.

« Oh! » esclamò. « Che gentile. Se solo il mio non fosse un non mago farei lo stesso... c'è una piastrella, in camera mia, che ogni volta attenta alla mia vita... scusami, dove stai andando? » domandò seriamente incuriosita la Grifondoro, vedendo Anthony chiudere in tutta fretta il tomo e riporre pergamena e piuma nella sua borsa a tracolla.

« Vado ad aiutare Micheal Corner in trasfigurazione. » rispose lui affabile.

« E il libro? Non lo prendi in prestito? Non hai scritto nulla alla fine! » gli fece notare lei.

« Perchè non ho trovato nulla di utile, ci vediamo, Hermione! » si defilò, sparendo dietro gli scaffali.

Non poteva certo portarselo via, quel tomo di bricolage; trattando di un argomento che Madama Pince non vedeva richiedere tutti i giorni avrebbe potuto sollevare alcuni dubbi.
Probabilmente erano tutte preoccupazioni inutili, si disse Anthony uscendo dalla biblioteca, ma era meglio non destare troppi sospetti.




Prima ora di punizione. Un momento che, nessuno dei quattro, era particolarmente entusiasta di dover affrontare.

La Mcgranitt perchè vedeva coinvolta la sua alunna migliore negli ultimi anni; Piton perchè si era ritrovato nella posizione di dover punire il suo pupillo, certo che avrebbe finito per infrangere tutto quello che gli sarebbe capitato tra le mani – non essendosi mai ritrovato a dover fare lavoro da elfi domestici; Hermione perchè fino ad allora aveva potuto evitare di conversare con il biondo, e sapeva che adesso sarebbe stata costretta ad affrontarlo; Draco perchè era terrorizzato che la Grifondoro si comportasse proprio come descritto in sogno.

Le loro bacchette erano state requisite – ufficialmente per evitare che imbrogliassero e che, in quattro e quattr'otto pulissero tutto con l'uso della magia, ma tutti e quattro sapevano che in realtà fosse solo una precauzione per evitare che i due caposcuola si accoppassero.


Ventuno e trenta, ora di inizio.

Tutto, nella stanza dei trofei, lasciava presagire un certo nervosismo da parte dei presenti; a partire dal vecchio quadro di un gatto esitante che, essendo abituato alla più completa solitudine, era strisciato da una cornice all'altra, raggiungendo in un attimo quella più in alto, fino alle dita tremanti di Hermione.

Erano stati confinanti là dentro, in uno stanzino che ingombro di mensole e credenze – altrettanto colme di trofei, medaglie e coccarde varie – raggiungeva a stento i quattro metri quadrati. 

Si erano messi all'opera senza fiatare e senza guardare l'altro negli occhi, troppo spaventati di appurare concetti già messi in chiaro in precedenza.
Anche se, tuttavia, la caposcuola Grifondoro aveva già avuto un piccolo mancamento notando il più insignificante dei particolari che, se solo il Draco-in-sogno non glielo avesse menzionato la notte precedente, non avrebbe mai notato: appena dopo cena, Malfoy aveva deciso in via del tutto eccezionale di dare una sistemata all'interno disordinato del suo baule. Sposta questo, sposta quello, il suo dito indice sfiorò in maniera sbagliata il bordo sottile di una vecchia lettera depositata sul fondo, tagliandoglielo superficialmente. Un racconto che già di per sé le aveva messo agitazione addosso – a causa della piena probabilità di tutti i fatti narrati in precedenza dal Serpeverde-dietro-la-maschera – e che quando aveva visto essersi avverato per davvero, intravvedendo di sfuggita una linea rossa sul dito del ragazzo mentre puliva, le aveva provocato l'ipertensione.

C'era qualcosa di strano e, sempre che la sopracitata condizione medica non la spedisse prima al San Mungo con un'ischemia in corso, era più che decisa a far luce sulla questione.


Draco, sotto la camicia candida inamidata con tanta cura da un elfo domestico, stava sudando copiosamente.

Sapeva di essere osservato, ci avrebbe messo la mano sul fuoco, ma non se la sentiva proprio di aggredirla – complice il timore che Hermione avrebbe potuto cogliere l'attimo per intavolare un lungo colloquio fatto di domande bizzarre e conversazioni civili, o di almeno un qualcosa che le ricordasse. Sì, era decisamente più intelligente tacere, almeno per una volta.

Malfoy ruotò la testa quel tanto che bastava per guardare di sottecchi la caposcuola, di spalle dietro di lui e il suo sguardo cadde istintivamente sulle sue gambe snelle – essendogli appena ritornata alla memoria l'immagine della Granger, quella allettante.
Le cosce quella volta erano coperte (ovviamente), e la sua attenzione scivolò giù dal fondo schiena celato dalla gonna, ai polpacci nudi. 

E fu allora che la vide, la voglia. 

Piccola, di un colore non tanto scuro e della stessa precisa forma di quella vista nei suoi sogni. Draco era sicurissimo di non averla mai notata prima di quelle notti: come avrebbe potuto, dopotutto, visto che la Granger non l'aveva mai attratto?

Il vecchio trofeo di Quidditch vinto da Edmure Callegan nel 1832 cadde a terra, andando in pezzi.

Hermione si voltò di scatto, spaventata da quel rumore improvviso; insomma, lo perdeva di vista un attimo e questo distruggeva un antico premio del XIX secolo.

« Che è successo? » domandò con voce più stridula del normale.

« A te che sembra? » replicò irritato il biondo Serpeverde piegandosi per raccogliere la coppa, staccata dal supporto di marmo, e che era rotolata verso la Grifondoro. 

Draco gettò un'altra occhiata alle gambe di Hermione, prima di raddrizzarsi e tentare un improbabile incastro del manico dorato nel foro della base.

Il nome del vincitore era scritto a caratteri corsivi su una lastra di vetro rotta per la caduta, che finì per tagliarlo.

« Salazar! » bestemmiò facendo cadere a terra nuovamente il trofeo e aggravandone la situazione. 

Si portò di istinto il dito ferito alle labbra, per leccare via la goccia di sangue.

« Ti sei fatto male? » fece un passo avanti Hermione che, sebbene si trovasse davanti al nemico, non riusciva ad ignorare qualcuno bisognoso d'aiuto.

« No, non è niente. » replicò tranquillo Draco.

Annusò un profumo femminile, che inspirò profondamente per sentire meglio, e quando lo riconobbe come quello della Granger-ammiccante indietreggiò bruscamente.

« All'inferno, lo aggiusterà Piton. » imprecò poi scaricando i frammenti senza delicatezza sulla mensola su cui erano sempre stati e tornando alle sue occupazioni. 

Malfoy si augurò di aver scongiurato ulteriori domande, ma sentiva lo sguardo della Grifondoro perforargli la nuca ed era perfettamente consapevole che, presto o tardi, le sue stramberie avrebbero fatto capolino.

« Dovresti lavorare. » un tono non aggressivo, uscito fuori di puro istinto, che sorprese entrambi. « Non ho alcuna intenzione di farti prendere i meriti per un lavoro mio. » si corresse subito lui, ristabilendo il clima ordinario.

Inutile, perchè Hermione non si voltò. 

Anche la cadenza neutra era stata preannunciata, e sentiva di voler sapere a tutti i costi come ciò fosse possibile: sognare di vedere un Malfoy dietro la maschera poteva essere, nei limiti del possibile, normale e dettato solo da semplice capacità immaginativa, ma prevedere le sue mosse decisamente no.
Incrociò le braccia e andò avanti a fissare la schiena del ragazzo, lasciando vagare gli occhi scuri sull'impronta delle scapole sulla camicia, la postura rigida, le grinze che il leggero contrarsi dei muscoli delle braccia facevano durante lo sfregamento dello straccio su una coppa d'argento... c'era qualcosa che non andava, e Hermione non poteva ignorarlo.

« Malfoy? »

Eccola là, Draco lo sapeva – e lo temeva – che prima o poi si sarebbe fatta avanti.

« Cosa vuoi? » domandò in modo poco gentile, senza guardarla. 

Hermione non si scompose, ormai aveva fatto il callo al suo vizio di rispondere in modo scontroso. Era più una mosca bianca l'esortazione detta senza cattiveria di poco prima.

« Non prendermi per pazza. »

« Troppo tardi. »

Lo ignorò ancora.

« Ma ti capita mai di fare brutti sogni? »

Silenzio.

Malfoy si aspettava ogni genere di domanda, ma non quella. Si bloccò, il panno stretto tra le dita affusolate e gli occhi spalancati. Era seriamente in difficoltà e pensò subito di rifilarle una mezza verità: ossia che sì, faceva spesso incubi ma, nel caso glielo avesse chiesto, no, lei non c'entrava nulla.

« Ti riferisci ancora a quella tua stupida, inesistente, Babbanite? » cercò di sviare il discorso lui.

Dopotutto, non avrebbe dovuto pensare a che versione propinarle se avesse cambiato l'argomento di conversazione.

« Oh, quindi l'hai scoperto... » valutò lei, con la mente sui chissà quanti modi di vendicarsi avesse già vagliato il Serpeverde.
Poi, però, si riscosse e con la voce più sicura ripeté il quesito.

« Fai mai brutti sogni, Malfoy? »

« Che razza di domanda è?! » domandò stizzito lui.

« Sto solo cercando di avere una conversazione civile con te. » protestò lei gettando lo straccio su una credenza aperta.

Malfoy non diede a vedere di aspettarsi quel genere di replica.

« Va' dritta al punto. » si ritrovò a dire con un tono che, ancora una volta, non nascondeva alcuna cattiveria ma, anzi, un tranquillo invito a continuare. 

Malfoy si schiarì la gola perplesso: era come parlare con qualcuno con cui si ha avuto, mesi addietro, qualcosa da spartire, ma con cui non si parla da tempo – e il fatto che questo qualcuno fosse la Granger non faceva che destabilizzarlo.

Presto o tardi avrebbe fatto la fine di Pansy: sarebbe diventato matto da legare.

Hermione sentì di star arrossendo per l'imbarazzo del successivo quesito, che non tardò ad arrivare e che fece cascare a terra il secondo trofeo, rompendosi anch'esso.

« Ecco... ti capita mai di sognare qualcuno che odi? »

Draco si sentì come preso in contropiede, non avendo immaginato prima che la Granger sarebbe stata tanto specifica. Tuttavia non perse la sua ordinaria arroganza, e ridendo ironico domandò:

« Mi stai chiedendo se tu faccia mai la tua regale comparsa? » no, era più prudente mentire. « No, Granger. Vederti tutti i giorni è già di per sé un incubo. »




Nei dormitori di Serpeverde gli alunni erano tutto fuorché addormentati. 

E mentre Theodore Nott e Blaise Zabini sedevano davanti al camino in attesa del povero Draco, Daphne Greegrass aveva approfittato dell'assenza delle sue compagne di stanza (in particolare di quella di Pansy) per dedicarsi alla bellezza. 

Era sdraiata sul suo letto, avvolta da un accappatoio di raso argentato, con tra le dita dei piedi due separatori di spugna per unghie, e sfogliava con interesse il Settimanale delle Streghe, approfittando del momento in cui cambiava pagina per ammirare la manicure appena fatta.

Probabilmente nemmeno se Hogwarts fosse crollata su sé stessa sarebbe fuggita, per evitare che i ragazzi la vedessero in quelle condizioni: sul suo viso aveva spalmato una fanghiglia grigio topo e i suoi capelli erano stati legati disordinatamente in uno chignon, da cui alcune ciocche erano riuscite a sfuggire ed erano state fermate da delle infantili mollette fucsia.
Avrebbe preferito di gran lunga la morte ad un'umiliazione del genere. E quando qualcuno bussò alla porta il suo cuore cominciò a battere dolorosamente nel petto.

« Chi è là? » urlò rizzandosi a sedere, gli occhietti struccati che si muovevano freneticamente in giro per la stanza in cerca di una via di fuga.

Il portone si aprì silenziosamente, lasciando un piccolo spiraglio che permise alla ragazza di nobili origini di intravedere gli occhi scuri e tristi di Pansy Parkinson. 


***

Come promesso, la seconda parte non ha tardato :) 

Mi spiace averlo dovuto dividere (anche perchè io provo un amore smisurato per i capitoli lunghi), ma ho pensato che ben pochi avrebbero gradito più di 6000 parole in un unico capitolo :S

Quindi faccio un piccolo sondaggio: ho avuto ragione a credere ciò? Se dovessero essercene altri così, preferite due aggiornamenti che li dividono (ovviamente pubblicati a pochi giorni di distanza, giusto per dare il tempo a tutti di leggerli), o preferite che li lasci così come sono? 

Detto ciò, spero che questo capitolo vi sia piaciuto e che non vi abbia deluso:) 

Alla prossima, 
Lily :*

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