Capitolo uno

Sto solo guardando te

Mi fa sorridere

E quando mi ritrovo a sorridere

È strano

Col passare dei giorni

Il mio amore verso di te

Va sempre più in profondità

Beautiful feeling – Day 6



24 dicembre 2022, mattina

Yukine non aveva mai apprezzato il giorno del suo compleanno.

Quando era un ragazzino, era costretto a festeggiarlo con la sua famiglia. Di solito cenavano in un ristorante costoso che proponeva pietanze troppo elaborate per il suo palato. Non aveva un buon ricordo di quei compleanni. La rigida formalità imposta da suo padre e gli abiti eleganti lo facevano sentire ingessato.

Il Natale, in Giappone, non era una festività religiosa. Eppure, durante la Viglia Tōkyō si accendeva di magia: le strade erano arricchite di addobbi e le luminarie che si arrampicavano sugli alberi dei marciapiedi erano come lucciole nel buio. Quando calava la notte, una dolce nostalgia impregnava l'aria.

Spesso, dopo quelle lunghe ed estenuanti cene di famiglia, lui e Shinichi passeggiavano verso Shibuya e ammiravano la città che si preparava ad accogliere il Natale. Era capitato più volte che nevicasse. Yukine ricordava la sensazione fredda dei fiocchi che si scioglievano a contatto con la pelle e la risata del fratello maggiore.

Dopo la morte di Shinichi, Yukine aveva deciso di non festeggiare il suo compleanno.

Non ci sarebbero più state passeggiate lungo le strade illuminate dagli addobbi, né la neve che fioccava dal cielo nero come china. Non ci sarebbe stato l'eco della sua risata. Anche se era cicatrizzata nei ricordi.

Poi era arrivata Daisy.

All'inizio, lei era stata come un timido raggio di sole primaverile che penetrava dagli scuri e tagliava a metà la penombra. Finché, nonostante i suoi tentativi di rintanarsi nel buio e nel freddo dell'inverno, quella luce non era diventata abbagliante e calda.

Poteva sembrare che fosse lui a prendersi cura di sua moglie, in verità era merito di Daisy se la sua vita era migliorata. Lei stemperava il suo carattere gelido e diffidente. Lo faceva senza chiedergli nulla in cambio, con una spontaneità che lo sorprendeva ogni volta.

Da quando avevano ripreso la loro relazione, Daisy gli organizzava piccole feste di compleanno. Nulla di eccessivo, lo sapeva che altrimenti lui non avrebbe apprezzato, ma era diventata una tradizione per i Poison Dust.

Soprattutto adesso che loro due non vivevano più con Liam, Darrell e Sean.

Avevano comprato una casa nel quartiere di Kensington a un anno dalle nozze. Avevano deciso di compiere quel passo perché desideravano un luogo che fosse riservato soltanto a loro due.

Liam non aveva preso benissimo quella decisione e veniva a fargli visita con Sophie praticamente ogni giorno, riempiendo il loro salotto di un insopportabile chiasso. Sean si era rattristato, anche se aveva finto di essere entusiasta per non rovinare il momento, mentre Darrell non aveva battuto ciglio e si era limitato a consigliare la cucina migliore.

I rapporti con gli altri membri non erano cambiati: continuavano a vedersi tutti i giorni per lavoro e spesso uscivano per bere qualcosa al solito pub. Yukine aveva fatto adattare una delle numerose stanze dell'abitazione come sala prove, pertanto capitava che i Poison Dust suonassero lì e poi si riunissero per cenare insieme.

Quel 24 dicembre, però, non era solo il suo compleanno. Era una giornata importante per lui.

Yukine si annodò la cravatta magenta con un gesto fluido della mano, poi abbassò lo sguardo per controllare che i lembi fossero della stessa lunghezza. Si insinuò una mano tra i capelli per domare una ciocca leggermente spettinata, dopodiché si guardò di nuovo allo specchio della cabina armadio.

Non c'era un filo di tensione sul suo volto sbarbato, né nelle iridi. Anche le spalle apparivano rilassate. Solo il rimbombare del cuore tradiva le sue vere emozioni.

Un colpo delicato alla porta lo distrasse e i suoi occhi saettarono in quella direzione.

«Yukine.» La maniglia si abbassò appena, ma Daisy non aprì.

Lui lanciò un'altra occhiata al proprio riflesso. «Dimmi.»

«Sei pronto?»

«Ovviamente.»

«Oh, okay.» Daisy esitò. «Posso entrare?»

«Certo.» Yukine corrugò le sopracciglia, notando il colletto della camicia un po' sgualcito. Ci passò le dita per sistemarlo.

Daisy aprì la porta, lui la sentì entrare nella stanza. Il suo fresco profumo di lavanda non era cambiato. Yukine pensò che quella fosse una delle sue certezze. Ormai quell'odore, tipico di lei, aveva impregnato ogni tessuto della casa. Avrebbe dovuto esserne assuefatto, eppure, quando Daisy gli passava accanto, l'aria trascinava con sé quella nota dolce.

Yukine non la guardò. Continuava a osservare il proprio riflesso, alla ricerca dell'imperfezione da sistemare.

Le dita di Daisy si posarono sul suo braccio e, a quel punto, lui spostò gli occhi su di lei.

Gli sorrideva, raggiante e forse emozionata. I folti capelli erano acconciati in una treccia morbida che le ricadeva sulla spalla sinistra. Dei sottili ciuffi arricciati sgusciavano dalla capigliatura, ma lei non pareva farci caso. Non ci badava mai.

Yukine, però, sì. Allungò una mano e glieli sistemò dietro le orecchie, cogliendo l'occasione per sfiorarle la pelle calda con i polpastrelli.

Il frontman non seppe resistere, perché il desiderio di assaggiare le sue labbra divenne così prepotente da soverchiare tutto il resto, anche l'ansia che lo attanagliava. Come al solito, Daisy era capace di dissolvere le sue emozioni negative.

Premette le dita sul mento di lei per sollevarle il viso. Chiuse le palpebre e si chinò. Posò la bocca su quella di Daisy, inspirando il suo profumo, mentre le loro labbra si fondevano. Conosceva a memoria la loro forma, ma non si stancava mai di schiudergliele con la lingua per accarezzare la sua.

La sentì mugolare, quando le loro lingue si lambirono con un movimento languido. Quel suono quasi impercettibile lo incendiò, e dovette contenersi per non farla sua proprio in quel momento.

Fece un passo indietro, staccandosi da lei. Daisy trattenne il fiato, le sue pupille erano dilatate. Sbatté le palpebre, poi, ricomponendosi, strinse la mano sul suo braccio.

Lo squadrò da sotto in su con un sorriso compiaciuto.

«Sei molto elegante» si complimentò.

«Non più del solito» ribatté Yukine.

Daisy ridacchiò. «Mmh. Hai anche la cravatta. Non pensi che sia un po'...» Si picchiettò l'indice sul mento, fingendo di rifletterci: dall'espressione sorniona lui capì che lo stava prendendo in giro. «...Eccessivo?» concluse.

Lui ridusse gli occhi a due fessure. «No. È solo una cravatta.» Distolse lo sguardo da lei e lo portò di nuovo sul proprio riflesso. Si sistemò la giacca nera sopra la camicia, lisciando le pieghe con gesti attenti e accurati.

Daisy gli afferrò le mani e gliele strinse, fermandolo. «Yukine» lo riprese con un tono a metà tra il rimprovero e il divertito.

Lui non rispose. Non aveva più saliva nella bocca e, quando pensava a quello che stava per succedere, un guizzo di agitazione gli chiudeva lo stomaco. Il suo volto era una lastra di ghiaccio, tuttavia sapeva che Daisy era capace di scrutare attraverso le minuscole crepe.

Per quel motivo evitava di guardarla negli occhi.

Lei sembrava aver intuito comunque cosa lo turbasse. «Lo so che sei nervoso» esordì infatti.

Daisy gli lasciò le mani e gli strinse le spalle. Fece un sospiro, poggiando la testa tra le sue scapole. Lui dapprima si irrigidì per quel contatto improvviso, poi chiuse le palpebre e si rilassò.

Sospirò. Il battito scoordinato del cuore gli ronzò nelle orecchie.

Daisy gli cinse il busto con le braccia. «So che hai paura, ma devi lasciarlo entrare» mormorò pianissimo.

Un nodo gli strinse la gola e un treno di ricordi dolorosi sfrecciò nella sua mente. Il dolore con cui cercava di convivere da quel maledetto 4 dicembre 2012 lo annichilì. Frammenti di immagini si affastellarono nella sua testa. Erano passati dieci anni, ma faceva male come il primo giorno.

Questa sofferenza non se ne andrà mai via.

Aveva mantenuto le distanze da loro, da lui, per difendersi. Eppure, sapeva di aver commesso un errore e ora voleva rimediare. Aveva già iniziato a farlo, a dire il vero, anche se non era semplice.

Non era più andato in Giappone dal matrimonio e la sua famiglia non era potuta venire in Inghilterra. Gli impegni di lavoro erano stati soffocanti da entrambe le parti e in quegli anni era stato difficile organizzare un viaggio a causa della pandemia. Adesso Hiroshi aveva quindici anni, era abbastanza grande per prendere un aereo intercontinentale e affrontare tutte quelle ore di volo da solo.

Le strinse le mani per trarre il sostegno necessario. «È passato tanto tempo. Non so come si fa.» La sua voce era roca, come se non fosse abituato a parlare.

Daisy scosse la testa, lui la percepì sfregare contro la schiena. «Vi videochiamate spesso su Skype. Quanto potrà essere diverso?»

«Non è la stessa cosa.»

«Sei in ansia per lui?» gli chiese lei dopo un attimo di silenzio. «Il volo è molto lungo...»

Yukine guardò l'orologio. «Atterrerà a momenti. Ho prenotato un taxi che lo porterà direttamente qui dall'aeroporto.»

Daisy sciolse l'abbraccio e lo affiancò. Lo osservò attraverso lo specchio, poi intrecciò le loro dita. Sorrideva, lo faceva sempre, e lui amava quel sorriso.

«Andrà bene» lo rassicurò. «Starà bene da noi. Phie e Sean non vedono l'ora di conoscerlo meglio.»

Yukine annuì quasi impercettibilmente. «Restare qui in Inghilterra per studiare sarà un grande cambiamento per lui.»

E per me.

Il sorriso di Daisy si allargò. «Se la caverà. Ormai è grande» fece una pausa. «Tuo padre ha intenzione di affidare a lui l'azienda, quindi?»

Yukine serrò la mandibola. Ripensare alle imposizioni di suo padre gli faceva ribollire il sangue per l'irritazione. Era un uomo testardo: non avrebbe rinunciato un'altra volta.

«Sì, ma sembra che Hiroshi sia d'accordo.»

L'espressione di Daisy si tinse di genuina sorpresa. «Davvero?»

«Già» replicò Yukine, senza nascondere una punta di amarezza.

«Credevo che gli piacesse cantare» osservò lei, sorpresa.

«Gli piace ed è dotato» rispose subito il vocalist. «Ma dice che preferisce la matematica. Vorrebbe iscriversi alla facoltà di economia, dopo il liceo.»

«Tuo padre festeggerà.»

«Almeno uno dei figli è felice di seguire le sue orme» sbottò Yukine. Sarebbe stato bello se Hiroshi avesse amato la musica nello stesso modo in cui l'amava lui. Desiderava condividere qualcosa con suo fratello minore così come l'aveva condivisa con Shinichi. Ma Hiroshi non era Shinichi e doveva imparare a conoscerlo. Inoltre, non poteva imporglielo.

Non sarebbe stato diverso da suo padre, se avesse provato a convincerlo.

Sentì una vibrazione provenire dalla tasca dei pantaloni. Estrasse il cellulare e sbloccò lo schermo.



Messaggio da Hiroshi 11:45

Onii-chan(1), sono arrivato a Londra e sto salendo sul taxi

che mi hai prenotato.

Almeno credo... non capisco molto l'inglese LOL

Beh, però sono a Londra, questo è sicuro...

Ci vediamo tra poco! 😊



Era scritto in giapponese, quindi Daisy non poteva capirlo, anche se aveva allungato il collo per sbirciare. Stava cercando di imparare la lingua, ma aveva un livello ancora troppo basso. Per il momento era in grado di dire "buon appetito", e sapeva salutare e presentarsi.

«Sta arrivando» la informò Yukine, cercando di camuffare l'emozione che gli stringeva la gola. Non era mai stato tanto nervoso in vita sua, nemmeno durante la prima esibizione o nel giorno del suo matrimonio.

Permettere a Hiroshi di entrare era la cosa più difficile che avesse mai fatto.


Messaggio a Hiroshi 11:47

Stai attento e non perderti.

Messaggio da Hiroshi 11:48

Ricevuto!!! XD


***

Le dita di Yukine scivolavano leggere sulla tastiera del pianoforte, riproducendo la melodia che gli riempiva la mente.

Il vocalist aveva gli occhi chiusi mentre suonava. Assaporava la sensazione di sentire la musica creata da lui che, come un filo, lo univa alle sue emozioni. Era l'unico modo che conosceva per esprimersi.

Le note si intrecciavano tra loro fino a formare una canzone ancora po' imprecisa. Ma, anche se lo infastidiva che non fosse eccellente, gli piaceva il risultato. In quel momento suonare lo aiutò a non pensare, lo liberò dal peso nel torace: era una costante della sua esistenza, un'incrollabile verità a cui amava aggrapparsi.

Daisy canticchiava parole improvvisate, mentre si spostava da una parte all'altra del salotto, probabilmente in ansia quanto lui.

L'ampia vetrata che dava sul cortile lasciava filtrare la tenue luce del mattino: il sole era coperto da un drappo di nuvole che ne assottigliava il bagliore. Il grande albero di Natale, vicino al divano, colorava l'angolo della stanza. Daisy ci aveva impiegato mezza giornata ad addobbarlo con luci e decorazioni.

D'un tratto, il suono ripetuto del campanello sovrastò la canzone. Yukine si interruppe di scatto, le mani sopra la tastiera.

Aprì gli occhi. Il battito del suo cuore si fermò per un secondo.

Daisy fissò incerta la porta, poi spostò lo sguardo verso di lui. «Apro io?»

Yukine si limitò ad annuire. Si girò sul panchetto, poggiando le mani sulle ginocchia, e osservò Daisy avvicinarsi all'ingresso.

Ogni muscolo del suo corpo era contratto per la tensione; la sua schiena era rigida, le dita erano chiuse sul palmo. Abbassò la testa e osservò le nocche pallide, seguì con lo sguardo le vene blu che serpeggiavano sulla pelle.

C'era una riflessione che lo pungolava.

Aveva tentato di non badarci e di scacciarla, ma adesso Yukine era senza difese e quel pensiero si impossessò della sua attenzione.

Creare un rapporto con Hiroshi non significa tradire quello tra me e Shinichi.

Era la sua paura più grande, una delle ragioni che lo avevano spinto lontano dal fratello minore.

Avrebbe amato per sempre Shinichi.

Ma doveva andare avanti.

Sollevò lo sguardo, quando sentì la serratura della porta scattare.

Daisy strinse suo fratello in un abbraccio soffocante. «Ciao, Hiroshi» lo salutò lei con voce traboccante di emozioni. «Sono felice di vederti.»

La testa di Hiroshi faceva capolino dalle spalle di Daisy. Il ragazzino le stringeva il busto per ricambiare l'abbraccio. Due valigie scure e un borsone verde militare erano sul pavimento di marmo accanto a loro.

Yukine si alzò in piedi. Gettò un'ultima occhiata al pianoforte nero, scrutò lo sfarfallio della luce riflessa sulla vernice.

Poi si voltò e, dopo un profondo respiro, si avvicinò a sua moglie a suo fratello.

Ogni passo era scandito dal cuore. Batteva così forte da sovrastare tutti gli altri suoni attorno a lui. Sentiva le gambe molli, era come se camminasse sulla gelatina.

Eppure, erano belle sensazioni.

Quando giunse vicino a loro due, Daisy liberò Hiroshi dalla sua stretta. Con la coda dell'occhio, la vide asciugarsi la guancia con il dorso della mano.

Yukine si girò e il suo sguardo incrociò quello di suo fratello.

E, per un istante, gli sembrò di avere di fronte un fantasma.

Avevano parlato spesso su Skype, aveva guardato le sue foto su Instagram e Facebook, ma dal vivo la sua somiglianza con Shinichi era ancora più incredibile.

Hiroshi gli sorrise, un po' impacciato, mentre si grattava la nuca. Era alto quanto lui, adesso, anche se era più muscoloso. Aveva i capelli neri come i suoi – come quelli di loro fratello maggiore – e i suoi occhi dal taglio a mandorla erano color carbone. Tuttavia, possedevano un bagliore gentile. Una luce, una morbidezza, che non pensava di poter rivedere ancora.

Una stretta al petto lo sorprese e la gola si chiuse, in un misto di commozione e profonda nostalgia.

Le labbra di Hiroshi si arricciarono in un sorriso identico a quello di Shinichi e, di nuovo, il cuore di Yukine si strinse in una morsa.

«Tadaima(2), onii-chan.» Suo fratello gli fece un breve inchino per salutarlo.

Yukine deglutì, gli occhi lucidi. Non voleva piangere. Lui non piangeva mai davanti a nessuno.

«Okaeri(3), Hiroshi-kun

Gli allungò una mano. Hirsohi dapprima la fissò senza capire bene cosa fare, poi però la accettò con un gesto impacciato.

A quel punto, Yukine lo avvicinò a sé e gli circondò le spalle in un abbraccio un po' rigido. Suo fratello scoppiò a ridere, dandogli una pacca affettuosa sulla schiena.

La risata di Hiroshi gli riverberò dentro. Fece da eco a quella di Shinichi, sbiadita ma sempre presente nei ricordi.

Chiuse le palpebre, mentre la felicità, calda e rassicurante, si diffondeva in ogni parte di lui.

Lo aveva lasciato finalmente entrare.







1- Lett. "fratello maggiore". È il modo in cui spesso i fratelli minori si rivolgono a quelli maggiori.

2 - Sono a casa.

3 - Bentornato.

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