Iperbolica, o il Naufragio dell'Illusione
Guardate! Basta solo alzare gli occhi.
Sono dimagrito fino a strapparmi
Ogni massa di dosso
Per danzare con Einstein
Sulla cresta di un fotone impazzito,
Sparato nello spazio
Come parola scritta.
Altissimi arcipelaghi
Di costellazioni ho sferzato col mio
Sguardo, circumnavigando orbitali
Eterne, intonando serenate alle
Lune che mi sbirciavano
Dalle schiene delle eclissi, timide
E nude, il mio spirito ho ambrato alla
Luce di cento soli.
Ebbro d'assoluto, con infinita
Voce ho ululato contro
La volta di vetro del cielo fino
A frantumarla: lastre
Gravide di universi
Sono collassate, schiantando i propri
Lividi contro i fondali dell'essere.
Oltre i frantumi di spazio, con lacrime
Di sudore ho trascinato la mia
Anima grave, ingigantita. Il più
Lungo dei miei sguardi ho lanciato, teso
All'eterea vetta, seguitando
Ad avanzare per millenni, passo
E dopo passo immenso,
Incespicando contro il
Cadavere marcescente di Dio.
E sono giunto in cima.
Con voce muta ho gridato, sfinito,
Lacrime asciutte ho pianto e ancora, dentro,
L'esigenza sentivo
D'esploder via il sentimento come un
Colpo di proiettile dalla canna.
Vertiginosamente,
In punta di piedi
Sui picchi d'ispirazione ho danzato,
Senza guardare giù.
E quando alla fine sopra ogni vetta
Svettavo, e nulla più
Mi restava da salire e neanche
Lo sguardo osava spingersi
Più in su, è stato allora
Che il mio cuore ha esitato.
Solo un attimo è stato,
E comunque, fatale.
L'occhio è caduto in basso, profondissima
Mi ha vinto la coscienza
Del tutto, e grande, e sadica
Ha gravato lo spirito ancor più.
Svelta come un fulmine, una vertigine
Mi ha lancinato, perfida e
Come una forbice ha squarciato l'ego,
E tutto è stato scosso da un fremito,
Come se un brivido di freddo avesse
Cinto l'essere. L'orologio cosmico
Si è smontato, funebre, e in un trambusto
Folle il pavimento del cielo si è
Sbriciolato, e dal Paradiso, giù
Il mio corpo è crollato,
Rapidamente, e mesto
E penoso s'è infine infranto al suolo.
A.A.
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