Il Vecchio Vedovo

Conoscevo questo vecchio,
con i calli sulle mani, 
i ricordi lontani
di qualcosa che non è mai esistito.
Tutto elegante vestito
come se si trattasse di un matrimonio 
ma era la solita partita del giovedì.
Li spiavo dalle scale,
aiutato dall'oscurità,
quei tre spettri al tavolo,
che farfugliavano dei tempi d'oro
e dicevano parole incomprensibili 
mentre si scambiavano 
i cuori o i sette.

Mia nonna era la più vivace,
animata da qualche goccio di troppo,
ma sempre attenta.
Mio nonno era il più sfortunato,
bisticciava con il senso del tutto 
come aveva sempre fatto,
in cerca del segreto mai raccontato all'uomo.
Ma quel vecchio era il fulcro,
il vero oggetto della mia 
innocente attenzione di bambino.
Sempre pronto a ridere o a parlare
anche di cose ignote o sgradevoli,
pronto a riempire i calici di vita 
o a fare qualche passo al suono dei Beatles.

Ma nei momenti morti,
rubati dalla noia e dalla nostalgia,
quel vecchio aveva lo sguardo perso di un vedovo.
Avevo sentito della sua amata,
si erano sposati da giovanissimi,
pronti a scoprire il mondo insieme.
Lei non poteva avere figli,
ma ne avevano adottati a bizzeffe 
nelle lontane foreste nere 
o nelle praterie della terra del fuoco.
Avevano visto mezzo mondo,
ma non era questo lo scopo.
Quando lei lasciò questo mondo,
lo lasciava anche lui
per qualche minuto
pensando a lei
in quei momenti morti,
rubati dalla noia e dalla nostalgia.

A.A.

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