Capitolo 3

In un primo momento, quando Alex spalancò i grandi occhi castani sul mondo, non ebbe la minima idea di dove si trovasse. L'immagine che ebbe del suo primo risveglio a Los Angeles, che in molti avrebbero potuto definire alquanto inusuale, in seguito, avrebbe stanziato nella sua mente per molto tempo, certamente in funzione di monito. Sulla parete di un bianco sbiadito, che gli si parava di fronte, campeggiava quello che avrebbe dovuto essere un trancio di pizza avanzato, il quale, con estrema lentezza, scivolava verso il pavimento, lasciandosi dietro una lunga striscia oleosa, quasi a testimoniare quello che doveva essere stato il più grande gesto della sua breve vita. Una paio di materassi gonfiabili, ma non propriamente gonfi, analoghi a quello su cui era disteso, occupavano più di metà del salotto, la cui restante parte era ingombra di bagagli semi aperti, il cui contenuto si trovava pericolosamente sparso sul pavimento.

Gli occorse qualche minuto di acuta osservazione dell'area circostante, prima di accorgersi che, con sua somma indignazione, un individuo non meglio identificato, disteso prono, gli giaceva accanto, il russare attutito dal fatto che la sua faccia aderisse completamente al materasso sottostante. Il suddetto individuo, identificato in seguito come Matt Helders, di anni diciannove, non pareva curarsi per nulla del fatto che la gamba ed il braccio destro di Alex fossero completamente compressi sotto il peso del suo corpo, in una posizione che quest'ultimo non doveva trovare particolarmente comoda, data la violenza con la quale tentava di spintonarlo via.

"Matt, levati, coglione, mi stai completamente schiacciando una gamba e un braccio" Fece notare Alex, corredando la frase con movimenti convulsi, simili a quelli dei tonni appena pescati. Dal cadavere mancato che aveva di fianco, si udirono un paio di grugniti, che ad un orecchio attento, suonarono qualcosa come "Sto dormendo, lasciare un messaggio dopo il beep." Alex aggrottò la fronte, allungando il braccio superstite nel tentativo di scoprire che ore fossero. Appurò che erano da poco scoccate le dieci del mattino, un mattino parecchio assolato, a quanto pareva, data la quantità di luce che filtrava da una finestra poco lontano. Certo era che il suo primo giorno a Los Angeles non poteva certamente essere sprecato in quel modo, decise così di ricorrere ad una soluzione più drastica, ripetendosi, mentalmente, che il fine, infondo, giustifica sempre i mezzi, no?

Rovesciando completamente un paio di leggi fondamentali, sulle quali si basa l'intera fisica, nonchè imprecando con una serie di affermazioni che spaziavano dalla quasi innocente alla quasi illegale, il braccio e la gamba destra di Alex tornarono ad appartenere al loro proprietario, il quale fu ben felice di constatare che funzionassero ancora correttamente, cosa che non si aspettava sarebbe successa prima di un paio d'ore, o di un paio d'anni, data la traumatica esperienza appena vissuta. Matt, al contrario, inaspettatamente non gioì del ritrovato uso degli arti assieme all'amico, ma anzi, non fu affatto contento di essere stato bruscamente trasferito sul gelido pavimento, un'insoddisfazione che non esitò ad esternare in toni soavi "Sei una grandissima testa di cazzo, Alexander David Turner!" Fece presente il ragazzo, sollevandosi e massaggiandosi un gomito dolorante.

Alex sorrise, un sorriso più simile ad un ghigno "Lieto di sapere che apprezzi le mie idee" Finse una profonda riverenza canzonatoria, che, tuttavia, Matt non parve trovare di suo gradimento "Sto per farlo." Disse, con tono estremamente calmo ed uno sguardo gelido, i pugni serrati lungo i fianchi. Sarebbe certamente parso parecchio più intimidatorio, se non avesse indossato un paio di calzoncini costellati da un caleidoscopio di teneri orsetti, che minavano altamente alla sua virilità. Tuttavia, la minaccia parve ugualmente sortire l'effetto sperato, nonostante l'inadeguata mise, difatti, Alex sgranò gli occhi, all'udire quelle parole, intuendo immediatamente a cosa alludessero. Calcolò rapidamente il tempo che gli ci sarebbe voluto per raggiungere l'ingresso e fuggire, quando realizzò che probabilmente non avrebbe dato una buona prima impressione di sè, se si fosse materializzato in strada in mutande. D'altro canto, una cattiva reputazione restava pur sempre un'idea più allettante della morte certa, ragion per cui, era proprio in procinto di alzarsi e correre verso l'ingresso, quando accadde.

Fu un lampo, durante quale vide un rapido riassunto della propria vita scorrergli rapidamente davanti agli occhi, come un filmato accellerato: un neonato violaceo che emetteva i primi vagiti, un bambino dai capelli neri che sorrideva in sella ad un triciclo rosso, lo stesso bambino che mostrava con fierezza un sorriso sdentato, un dodicenne che imbracciava una chitarra per la prima volta... non ebbe tempo di vedere il resto, perchè, d'improvviso, lo invase l'oscurità più completa. Per un istante fu fermamente convinto di essere morto, e si chiese sinceramente per quale ragione il paradiso fosse completamente nero, invece che il tripudio di bianco a cui era stato abituato, tuttavia, realizzò quasi immediatamente, con un sua suprema gioia, di star respirando. Flebilmente, pareva più un rantolo, ma respirava. E provava dolore, tanto dolore.

Il corpo di Matt, al momento, si trovava interamente su di lui, cosa che spinse Alex a rimpiangere amaramente gli idilliaci momenti in cui solo una parte di esso invadeva il suo spazio vitale. Gli sorse spontaneo domandarsi quanto tempo potesse sopravvivere un essere umano in mancanza di ossigeno. Calcolò mentalmente un altro paio di minuti, riflettendo su quanto la sua morte sarebbe stata poco dignitosa e certamente non-leggendaria, come lui avrebbe ardentemente sperato. Una morte leggendaria, difatti, si sarebbe presto tramutata nel suo lascia passare per il famigerato paradiso del rock, estrema casa dove risiedevano stabilmente colossi che spaziavano da Hendrix a Lennon.

Tuttavia, ebbe modo, con suo enorme sollievo, di evitare la morte certa, almeno per quel giorno. La divina provvidenza, difatti, palesatasi sotto la forma di un bassista diciannovenne che rispondeva al nome di Nick O'Malley, sebbene alquanto divertito dalla ambigua scenetta che gli si parava davanti, decise ugualmente di intervenire, se non altro per evitare che la band perdesse il proprio cantante ancor prima di aver mai registrato alcunché, di certo, senza un solista, le possibilità di venire ingaggiati si sarebbero notevolmente abbassate. Scartando dal principio un approccio basato sulla diplomazia e sul buon senso, decise, quasi immediatamente, di ricorrere ad una tattica, a sua detta, nettamente più efficacie, la quale comprendeva un paio di caviglie, in questo caso appartenenti a Matt, strattonate ed una potenziale capocciata sul pavimento, che anche in questo caso sarebbe spettata di diritto a quest'ultimo.

Tale brillante piano, tuttavia, fu quasi subito destinato naufragare, in quanto, Alex, probabilmente malinterpretando l'ultima spiaggia che il fato aveva avuto la pietà di donargli, sfruttò l'unica parte del suo corpo non sottoposta a totale compressione, ovvero il piede sinistro, per scalciare fendenti, pressoché alla cieca, che, con inaspettata quanto maniacale precisione, centrarono in pieno Nick, cosa che, apparentemente, il ragazzo non dovette trovare particolarmente piacevole; difatti, repentinamente al colpo, le sue gambe parvero cedere del tutto, cosa che provocò, quasi istantaneamente, la sua caduta in avanti, precisamente sul corpo, ancora bellamente sdraiato, di Matt.

Sebbene quest'ultimo non avesse dovuto trovare la situazione alquanto confortevole (cosa che attestò definendo Nick con una serie di epiteti che quest'ultimo non colse, impegnato com'era a gemere di dolore, invocando sua madre), nulla fu superiore al disappunto che provò Alex, in quegli istanti di puro panico che attanagliarono la sua mente, improvvisamente priva di qualunque piano di fuga. La divina provvidenza, in quel momento, seppur indignata dall'inaccortezza del ragazzo nell'aver bellamente tirato un calcio nei bassifondi del suo segnale divino, decise di accorrere nuovamente in soccorso dello sfortunato aspirante calciatore, fornendogli un secondo segno, questa volta ben saldo a dedita distanza.

"Fate una festa e non mi invitate? In piedi, signorine, la ricreazione è finita" Decretò Jamie, categorico, aspirando frattanto una tirata di sigaretta e scrutando la scena divertito. Dimostrando grandi doti interpretative, nel comprendere la serie sconnessa di mugolii proveniente dalla pila di persone di fronte a lui, comprese di dover in qualche modo intervenire, ragione per cui, impiegando un buon ottanta percento della sua forza fisica, nonché un abbondante trecento percento della sua pazienza, circa una decina di minuti e una trentina di ossa rotte più tardi, Nick, Matt ed Alex avevano piacevolmente riacquistato un colorito più o meno normale e ripristinato quasi tutte le funzioni vitali. Il trauma, al contrario, divenne purtroppo indelebile.

Alex, colse il rinnovato utilizzo degli arti, nonché del regolare apporto di ossigeno al cervello, per definire le attuali condizioni del proprio aspetto. Si rimirò attentamente nel grande specchio a parete, in più punti scheggiato, che occupava prepotentemente la parete opposta del salotto; un ragazzo all'espressione alquanto inorridita, ricambiò il suo sguardo. Si trattava di un tipo piuttosto magro, dagli occhi scuri vagamente assonnati ed i capelli, solo la sera prima perfettamente coperti di gel, divenuti patria del disordine per perpetuo, il quale sfoggiava, apparentemente con orgoglio, un paio di boxer sui quali campeggiava un primo piano di Spongebob. La simpatica spugna gialla sorrideva ampiamente, in un'inquadratura molto suggestiva.

Alex, si passò istintivamente una mano fra i capelli, nel tentativo di renderli un minimo presentabili, un'operazione ben presto destinata a fallire, in quanto, il ragazzo stesso, realizzò ben presto che i danni fossero irreparabili. Passò, quindi, ad un' ispezione prettamente olfattiva: sollevò il braccio sinistro ed inspirò. Ne seguì una smorfia di disgusto che attestò con evidenza che anche questo test non pareva essere risultato positivo. "È l'odore di Los Angeles, bello" Pontificò Matt, posando un gomito sulla spalla dell'amico, il quale ricambiò con un'occhiata obliqua "Davvero? Che strano, e io che l'ho sempre attribuito al sudore. Sono stato così stupido" Ironizzò il ragazzo, squotendo la testa con estremo disappunto.

In quell'istante, la testa di Jamie apparve oltre la soglia della porta della cucina, stanza immediatamente successiva al salotto. Arricciò il naso, assumendo una smorfia al quanto disgustata "Fatevi una doccia, scimmiette, c'è un forte odore di Los Angeles da queste parti" Affermò saltuariamente, un istante prima di ricongiungersi al resto del proprio corpo, nella stanza accanto.

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