Vita al villaggio

La stanza di Artemisia, la sorella di Leif, era uguale a quella del fratello, anzi, più spoglia: non c'era alcun disegno di draghi o fiori alle pareti.

- Adesso è tua, puoi personalizzarla come vuoi. A mia sorella non importerà - aveva detto Leif.

Mira sospirò piano, tirandosi a sedere sul letto. Non appena si fosse alzato, sarebbe iniziato il suo primo giorno da abitante dell'isola.

Si passò una mano fra i capelli, indeciso se andare a sbirciare nella camera di Leif per vedere se era sveglio o aspettare che fosse lui a venire a dargli il buongiorno.

Rammentò i sensi ultra-sviluppati del ragazzo e decise di non spaventarlo come il giorno prima.

Chiuse gli occhi, immaginandosi di essere nella propria stanza, a casa, anche se ora era quella la sua casa. Per un istante si concesse di sognare di venir svegliato dalla sorellina, di raggiungere i loro genitori che stavano facendo colazione fuori.

- Buongiorno - disse Leif, dopo aver bussato gentilmente sulla parete.

- Buongiorno - replicò Mira, riaprendo gli occhi e abbozzando un sorriso. Era inutile perdersi nei ricordi. La sua nuova vita era lì, ora, e stava per cominciare.

Un angolo della bocca di Leif s'incurvò timidamente all'insù.

- Sei pronto? Oggi ti faccio conoscere gli altri e ti porto a fare acquisti: avrai bisogno di vestiti, soprattutto vestiti che non prendano fuoco facilmente. Non si sa mai, con i nostri draghi in giro per casa.

Mira annuì e si alzò. Insieme andarono a fare colazione e, quando entrarono in cucina, Carbonello gli mordicchiò una caviglia.

- È il suo modo di salutarti - spiegò il giovane Domadraghi, abbassandosi ed emettendo un suono buffo all'indirizzo del draghetto. La creatura gli rispose con un verso simile, agitando la coda.

- Anche Cocco faceva così... - mormorò Mira con nostalgia.

Uscirono. Leif gli mostrò il fruttivendolo, il pescivendolo e il macellaio, poi si fermò davanti a un edificio da cui sbucavano piante ovunque.

- Questo, come puoi vedere, è un negozio di erbe e piante. È gestito da Rorik, il Domadraghi delle piante, naturalmente. Vieni, entriamo.

Rorik era alto e robusto, aveva la pelle scura e i capelli di un castano molto scuro. Si stava affaccendando attorno ad un bancone, aiutato da tre draghetti, e non appena li vide sul suo volto sbocciò un sorriso, che gli illuminò anche gli occhi color cioccolato.

- Ciao - li salutò. La sua voce era gentile e profonda.

- Ciao, Rorik - replicò Leif.

- Come state?

- Bene.

Il suo sguardo si spostò su Mira e il ragazzo annuì.

- Bene anch'io - si affrettò a rispondere. - Mi chiamo Mira.

- Piacere di conoscerti, Mira - disse Rorik, prendendogli una mano tra le proprie.

- Mira viene da un'isola distrutta dall'ultima tempesta e da oggi vivrà qui - lo informò Leif. - Gli sto mostrando il villaggio e presentando i Domadraghi.

Rorik sorrise con compassione.

- Mi dispiace per la tua isola, Mira. Benvenuto al villaggio.

- Grazie.

- Hai ancora bisogno di un assistente, Rorik? - domandò poi Leif. Il Domadraghi delle piante annuì. - Mira, potresti dare una mano al negozio con Rorik, se ti va.

- Prenditi il tempo che ti serve per ambientarti e pensarci - replicò Rorik con indulgenza, prima di rivolgersi ai draghetti. - Alberello, Fiore, Foglia, torniamo al lavoro. Grazie della visita, Leif. È stato un piacere conoscerti, Mira! Ci vediamo in giro.

E sparì nel retrobottega, seguito da Alberello, Fiore e Foglia.

- Il suo drago, Bosko, dorme là dietro - spiegò Leif, indicando il retrobottega. Uscirono dal negozio e proseguirono il giro del villaggio.

Leif gli presentò Lynae, la Domadraghi dell'elettricità e la ragazza di Rorik; era di bassa statura e aveva corti capelli neri, un viso gentile e il carattere vivace. Stava meditando con il proprio drago, una femmina giallo brillante chiamata Illiya, ma s'interruppe immediatamente non appena avvertì la loro presenza.

- Andiamo alla cascata, adesso - disse Leif.

- A conoscere... Elin? - chiese Mira. Il Domadraghi annuì.

- Hai una buona memoria - lo lodò.

La cascata precipitava in un lago, nel quale una ragazza stava facendo eseguire alcuni trucchi al proprio drago, una creatura gigantesca di color azzurro tenue e gli occhi di ghiaccio.

- Elin! - gridò Leif, per sovrastare il fragore della cascata. La ragazza si voltò nella loro direzione, tuttavia rimase nell'acqua. Leif sospirò, dopodiché tese una mano a Mira. - Vieni. Dovremo bagnarci un po'.

Egli afferrò la sua mano e lo seguì nell'acqua, lasciandosi tirare dal biondo che avanzava sicuro.

Elin era molto bella, come aveva detto Leif il giorno prima: aveva lunghi capelli biondo crema e gli stessi occhi azzurro ghiaccio del proprio drago.

Li squadrò rapidamente, soffermandosi sulle loro mani unite. Leif mollò la presa.

- Leif - lo salutò freddamente la Domadraghi.

- Ciao, Elin - replicò lui, con uno strano tono. C'era tensione nell'aria, e Mira si chiese perché.

Leif proseguì col ripetere che stava mostrando il villaggio e presentando i Domadraghi a Mira, il quale ora era un abitante dell'isola, come aveva detto a Rorik e Lynae.

Elin annuì, senza alcun particolare interesse.

- Piacere di conoscerti. Ora, se non vi dispiace, io e Marat abbiamo da fare - li congedò. Ai due non restò che andarsene.

- Quando impari a conoscerla, è una ragazza fantastica - lo rassicurò Leif, mentre lo portava alla bottega dei vestiti.

La proprietaria, una signora cicciottella di mezz'età, li aiutò ad asciugarsi col proprio drago di piccola taglia.

- Come posso aiutarti, Leif? - domandò in seguito. - Hai bisogno di una nuova tenuta da competizione?

Il ragazzo scosse la testa.

- No, non sono qui per me, ma per Mira. La sua isola è stata spazzata via dall'ultima tempesta e da oggi vivrà qui, e avrà bisogno di vestiti a prova di drago - spiegò. La donna, il cui nome era Belle, fece un energico cenno d'assenso con la testa.

- Ti mostro subito tutto ciò che potrebbe fare al caso tuo, caro - asserì, dopo averlo studiato brevemente. Tornò qualche istante più tardi con una montagna di vestiario.

Leif stilò una lista di ciò di cui avrebbe avuto bisogno e la espose a Mira, invitandolo a provare qualunque capo gli piacesse.

Una volta soddisfatti, Belle infilò i vestiti in un sacco e li consegnò al loro nuovo proprietario. Leif pagò per lui.

- Prendilo come un regalo di benvenuto - disse, abbozzando un rapido sorriso.

- Torniamo a casa, adesso? - chiese Mira.

- Prima volevo portarti da un'altra parte, non ci metteremo molto - rispose Leif con fare misterioso. E lo portò in una bottega specializzata in attrezzatura per draghi e Domadraghi.

Mira si guardò attorno, affascinato: c'erano esposte selle come quelle che aveva visto Leif e Yorick utilizzare, delle bottiglie contenenti un liquido per lucidare le squame, dei profumi calmanti. E poi corde, coltelli, guanti, calzature speciali per Domadraghi.

Leif si rivolse al proprietario del negozio e gli chiese qualcosa. Egli se ne andò e tornò con dei coltellini che mise sul bancone.

- Ti piace intagliare il legno, vero? Scegline uno - disse il Domadraghi. Mira si avvicinò e li osservò; attaccato al manico c'era un cartellino col prezzo. Scelse il più economico e lo indicò a Leif, il quale scosse il capo. - Non badare al prezzo. Scegli quello che ti piace, Mira.

Il ragazzo obbedì e prese quello che più assomigliava al coltellino che aveva ricevuto in regalo dal padre, molto tempo addietro.

- Buona scelta - lo lodò Leif, prima di pagare. - Ora possiamo andare a casa.

- Grazie per tutti i regali - disse piano Mira, arrossendo, mentre tornavano a casa.

- Spero di aver rimediato alla pessima accoglienza dell'altra sera - borbottò Leif. Mira sorrise.

- Me ne sono già dimenticato - lo rassicurò. Il Domadraghi si concesse un sorriso.

Entrati in casa, Mira andò a cambiarsi e a riporre gli altri vestiti nell'armadio, mentre Leif andò a salutare il proprio drago.

Si ritrovarono poco dopo, e il biondo si offrì di accompagnarlo a cercare del legno da intagliare. Poi, quando l'ebbero trovato, si sedette accanto a Mira a osservarlo.

Era bello, tutto concentrato, con indosso i vestiti che gli aveva comprato. Gli donavano.

Era bello.

Ed era bravo, apprese non molto più tardi. Suonava benissimo.

Glielo disse.

- Suoni benissimo, Mira.

Lui arrossì, balbettando un ringraziamento.

Era carino.

Leif si soffermò sulla sua bocca, e poi sul movimento delle sue dita.

- Hai mai intagliato qualcos'altro, oltre ai flauti? - gli domandò.

- No, ma ci potrei provare.

- Secondo me saresti bravo. Qua attorno c'è parecchia legna, puoi prenderla. Vado a fare un giro con Rubino. Ci vediamo a casa.

E se ne andò. Aveva bisogno di schiarirsi le idee, anzi no, di non pensare a nulla. E sul dorso di Rubino era il posto migliore per svuotare la mente.

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