Piccoli passi

Elin s'inginocchiò sulla sponda del lago per lavarsi il viso, prima di entrare in acqua. Marat emerse in tutto il proprio splendore, gocciolandole addosso nel scrollare la testa.

- Ciao bellissimo - lo salutò la domatrice, accarezzandogli il collo. Il drago sbuffò, e dalle sue narici uscirono delle nuvolette di vapore. - Hai mangiato?

Marat emise un verso rauco in assenso.

- Ci vediamo più tardi - gli disse dolcemente Elin, prima di andarsene.

Aveva deciso. A breve sarebbe partita per nuove avventure lontano da casa, ma prima voleva riappacificarsi con certe persone... con i suoi amici.

La prima persona da cui andò fu Lynae. La ragazza stava meditando con Illiya come ogni mattina, tuttavia s'interruppe immediatamente quando avvertì la sua presenza.

- Elin! - esclamò, contenta, prima di farsi cauta. - Hai bisogno di qualcosa?

La Domadraghi d'acqua s'attorcigliò una ciocca al dito, giocherellando con i capelli.

- Non esattamente - borbottò, incerta. - Possiamo... parlare?

- Certo - Lynae fece per alzarsi, ma l'amica la fermò e si sedette davanti a lei.

Parlare, aveva detto. Come faceva? Le mancavano le parole.

Lynae era sempre stata una buona amica, vivace ed affettuosa. La sua confidente, colei che la coinvolgeva in tutte le sue avventure, tutti i suoi giochi. La loro amicizia era parsa immutata anche quando era diventata la ragazza di Leif. Ma poi si erano lasciati, e Lynae si era messa insieme a Rorik. Si era aperta una crepa nella loro amicizia, crepa che le era sembrata una voragine.

Ora doveva solo... fare un passo oltre alla crepa, sperando che Lynae fosse al di là di essa ad aspettarla.

- Cosa ti tormenta? - chiese dolcemente la Domadraghi dell'elettricità, rivolgendole uno sguardo affettuoso.

Era lì, oltre alla crepa, e l'attendeva a braccia aperte.

Fallo. Fai il passo.

- Mi dispiace... di tutto - disse Elin in un soffio. - Di essermi allontanata. Di averti ferita. Di aver calpestato la nostra amicizia.

Lynae annuì.

- Non spero che potremo essere ancora amiche - proseguì Elin a bassa voce. - Lynae... ho intenzione di partire e girare il mondo. Ma ci tenevo a dirti che mi dispiace.

- Va bene. Scuse accettate - replicò la ragazza, sorridendo. - Elin, è vero, mi hai ferita. Ma non è nulla di irreparabile. Spero che questo viaggio ti arricchisca. Voglio che tu sappia che, se tornerai, io ti aspetterò. Siamo una squadra, no? Tu ed io lo siamo state ancora prima di diventare Domadraghi.

Si abbracciarono. Lynae ridacchiò.

- Non osare mancare al mio matrimonio.

- Non mancherò - borbottò Elin, godendosi ogni istante di quell'abbraccio.

- E comunque, - bisbigliò la Domadraghi dell'elettricità - tempo e distanza distruggono solo le amicizie superficiali. Spero che saremo amiche ancora per tanto tempo.

La seconda persona da cui Elin andò fu Yorick. Il Domadraghi d'aria era stranamente in casa e non da Jun, e ascoltò pazientemente ciò che aveva da dire.

Tuttavia, una volta terminato di ascoltare, le disse che non avrebbe accettato le sue scuse. Sei venuta a scusarti solo perché parti? Molto carino da parte tua. Sei già passata da Leif? No?

Era arrabbiato, lo capiva. Era sempre stato molto legato al Domadraghi di fuoco più che a lei; la loro amicizia era fragile e s'era spezzata immediatamente.

Era inutile parlare con lui. Se ne andò.

- Buon viaggio - mormorò Yorick, un poco amareggiato della propria reazione.

Mira non era ancora arrivato al negozio di piante per lavorare quando Elin vi si presentò per parlare con Rorik.

- Buongiorno, Elin - le disse lui, lievemente stupito di vederla. - Come posso aiutarti?

La Domadraghi gli spiegò ciò che aveva spiegato a Lynae e Yorick. Rorik annuì, poggiandole una mano sulla spalla.

- Ho sempre voluto bene tanto a te quanto a Leif e mi è dispiaciuto che tu ti sia allontanata quando vi siete lasciati. Non è sempre ovvio dire come ricrescerà una pianta, una volta spezzata - asserì, grattandosi la testa. - L'importante è che non ricresca un'erbaccia.

Elin strinse le labbra, non capendo dove volesse andare a parare.

- Da un fiore non può nascere un'erbaccia - la rassicurò Rorik. - Spero che troverai la terra e il sole che ti servono per sbocciare, Elin.

E la abbracciò. La ragazza ricambiò l'abbraccio.

- Continua a prenderti cura degli altri, Rorik - mormorò. Il Domadraghi le accarezzò i capelli.

- Lo farò - promise. - Prenditi cura di te, Elin. Buon viaggio.

Si separarono. Il ragazzo le sorrise con affetto e le fece un gesto di saluto con la mano.

Nell'andarsene, Elin per poco non andò a sbattere contro il proprio ex ragazzo e il suo fidanzato.

Leif la guardò stranito. Mira le rivolse un timido saluto, ricambiato dalla ragazza.

- Che ci faceva qui? - chiese il Domadraghi di fuoco all'amico. Rorik si strinse nelle spalle.

- Abbiamo scambiato due chiacchiere - rispose.

Elin tornò dal proprio drago come gli aveva promesso. Sguazzò nel lago con Marat fino a sera, quando lo salutò per tornare a casa a cambiarsi.

Dopo cena avrebbe parlato con colui che più di tutti meritava delle scuse.

Leif.

Il suo nome le lasciava l'amaro in bocca.

Stava per uscire quando arrivò Yorick per chiederle scusa di come si era comportato quel mattino.

- Non so se riuscirò ad accettare le tue scuse... ma ci proverò - borbottò, senza guardarla negli occhi. Elin lo ringraziò ed aspettò che se ne andasse per uscire.

Leif era a letto con Mira, a coccolarlo.

- Leif! - lo chiamò Elin da fuori.

Il Domadraghi di fuoco si scusò col fidanzato e andò a vedere chi l'avesse chiamato.

- Elin? - disse, stupito.

- Ciao... Leif.

- Ciao. Che ci fai in giro... di sera?

- Volevo... parlarti.

Leif sospirò.

- Se è per quella discussione... lascia perdere. Lasciamola nel passato.

Elin scosse la testa.

- Volevo... chiederti scusa - mormorò. Il ragazzo inarcò un sopracciglio.

- Di cosa? Sul serio, Elin, non importa.

La Domadraghi scosse di nuovo il capo.

- Leif... ho intenzione di lasciare l'isola per viaggiare da sola, come tua sorella. Ma non volevo partire senza prima aver sistemato le cose tra di noi - fece una pausa, sospirando. - Scusa. Scusa per tutto. Per averti spezzato il cuore, per averti fatto sentire come se la tua presenza non facesse differenza, per aver dimenticato che prima di essere fidanzati eravamo amici.

- È tardi per questo, Elin - borbottò Leif, a disagio, passandosi una mano fra i capelli. - Se ti stai scusando perché ti senti in colpa, lascia qui i tuoi sensi di colpa e parti tranquilla.

Elin avrebbe voluto dirgli che quelle scuse gliele doveva, gliele doveva da tanto tempo, non erano i sensi di colpa, e tuttavia tacque.

Lui le diede una pacca gentile sulla spalla.

- Sono andato avanti. Sono felice - abbozzò un sorriso. Riguardo alla sua felicità, la Domadraghi era d'accordo: Mira lo rendeva felice. - Mi mancherai.

Le accarezzò una guancia. Quanto affetto c'era ancora in quella carezza!

- Devo tornare da Mira. Buonanotte, Elin - le disse. E, senza nemmeno attendere la sua replica, si voltò e tornò in casa.

Un'ondata di emozioni travolse Elin, ora rimasta sola come un cucciolo di drago senza la madre. Non era andata male, ma neppure bene. Almeno si era tolta il peso dal cuore.

Era ora a due passi dalla libertà.

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