Alba
Era mattino presto, prestissimo, quasi ancora notte. Yorick si arrampicò sul tetto ed emise un fischio; un istante dopo Lutfi s'alzò in volo. Il Domadraghi balzò sul suo dorso con grazia.
- Andiamo, amico mio - bisbigliò, dandogli qualche pacca affettuosa.
Mentre volavano, a metà strada dalla loro meta, un altro drago si stagliò nel cielo che andava rischiarandosi.
Il Domadraghi d'aria e quello d'acqua si sorrisero, e i loro draghi danzarono uno attorno all'altro.
Volarono fianco a fianco, in silenzio, prima di planare sulla spiaggia dell'isola di Jun.
I due innamorati si sedettero sulla sabbia, tenendosi per mano. Yorick sbadigliò.
- Hai sonno? - chiese Jun. - Non c'è bisogno che ti svegli così presto per me...
- Ma voglio farlo - protestò il ragazzo. - Voglio trascorrere ogni singolo istante che ho a disposizione con te.
Si stesero. Yorick appoggiò la testa sul petto del fidanzato, e lui portò una mano tra i suoi capelli chiari per accarezzarglieli.
In cielo c'era ancora uno spicchio di luna. Il Domadraghi d'acqua sorrise e si mise a canticchiare a bocca chiusa.
Yorick desiderò che quel momento durasse per sempre: lo sciabordio delle onde, il lento battito del cuore del ragazzo che amava, il suo canticchiare sommesso, l'alba nascente, ogni cosa era perfetta.
Chiuse gli occhi.
- Non mi importa niente - borbottò, un poco assonnato. - Se devo, mi sveglierò presto tutte le mattine per venire da te. Sempre... anche quando sarò vecchio...
Gli avvolse un braccio attorno alla vita. Jun si mosse appena per baciargli la fronte.
- Credo che per allora non dovremo più fare avanti e indietro - ridacchiò. - A me non dispiacerebbe trasferirmi. Mi piace la mia isola e voglio bene ai miei genitori, certo, ma penso che per vivere appieno la mia vita... ho bisogno di essere dovunque tu sia.
Yorick sbadigliò di nuovo.
- Ti verrò incontro a metà strada... - farfugliò, prima di cedere al sonno. Jun continuò ad accarezzargli i capelli in silenzio, sentendosi felice e in pace.
***
Mira suonava il flauto, seduto contro il corpo di Nuvola. La creatura lo ascoltava rapita, e lo seguì quando lui si alzò, continuando a suonare.
Leif gli apparve alle spalle e lo abbracciò da dietro, baciandogli il collo.
- Leif - rise il suo ragazzo, appoggiandosi a lui.
- Adoro vedervi insieme - mormorò il Domadraghi di fuoco sul suo collo, facendolo rabbrividire. - E sentirti suonare...
Si sedette, invitando il fidanzato ad accomodarglisi in grembo. Egli riprese a suonare, ma solo dopo aver richiamato il proprio drago vicino a sé.
Ad un tratto smise e poggiò la testa sulla spalla di Leif.
- Leif... stasera voglio andare alla grotta da solo - annunciò, prendendogli una mano e giocherellando con le sue dita.
- Da solo?
- Puoi... accompagnarmi, se ti va. Ma vorrei passare lì la notte... da solo - ripeté. Il Domadraghi di fuoco annuì.
- Va bene. Ti accompagnerò con Rubino.
- Forse... riuscirò a sognare di nuovo i miei genitori - sospirò Mira. Leif appoggiò la testa alla sua e gli accarezzò i capelli.
- Mira...
Il Domadraghi impugnò nuovamente il flauto e se lo portò alle labbra. Leif tacque, limitandosi ad ascoltare la struggente melodia intonata dal suo ragazzo.
Più tardi, quella sera, Mira preparò la sacca per la notte ed uscì col fidanzato. Sellarono i rispettivi draghi e partirono alla volta della grotta.
Non parlarono, durante il viaggio, né si guardarono. Mira rimase chino sul dorso di Nuvola, lo sguardo rivolto alla meta.
- Sentirò la tua mancanza - disse Leif, una volta atterrati, abbozzando un sorriso.
Mira gli accarezzò una guancia.
- E io la tua - bisbigliò, prima che il biondo lo abbracciasse. Si strinsero forte. - Buonanotte, Leif.
Le loro labbra s'incontrarono. Il Domadraghi di fuoco prolungò il bacio il più possibile.
- Leif...
- Non posso restare qui con te?
Mira scosse la testa, per quanto il suo tono di voce supplicante l'avesse messo in difficoltà.
- Mi dispiace. Ci vediamo domattina.
Leif annuì, rassegnato, e lo baciò un'ultima volta.
- Prenditi cura di lui - disse a Nuvola. Dopodiché montò su Rubino e s'alzò in volo, non riuscendo ad impedirsi di voltarsi a guardarlo per un istante.
Mira e Nuvola li seguirono con lo sguardo finché non sparirono alla loro vista.
- Andiamo, piccola - disse il Domadraghi, sfiorando la morbida testa del proprio drago con i polpastrelli.
Si avviò verso la grotta, immediatamente seguito da Nuvola.
Era buia, molto buia, senza Rubino a far luce, ma Mira s'arrangiò con un fiammifero.
Mostrò a Nuvola i disegni sulle pareti, cercando di farle capire che il drago bianco era probabilmente imparentato con lei. Lei gli diede un colpetto alla mano con la testa per chiedergli le coccole.
Il Domadraghi rinunciò a ciò che stava facendo e si dedicò al drago, prima di stendere coperta e cuscino e andare a dormire. Nuvola si raggomitolò attorno a lui, appoggiando la coda sulla sua vita; era più pesante e spessa del braccio di Leif, ma andava benissimo.
Quella notte sognò la tempesta, quella in cui i suoi genitori erano scomparsi. Due draghi bianchi li salvavano prima che l'onda si abbattesse sull'isola.
Si svegliò gridando. Era ancora notte e Nuvola lo osservava preoccupata, mugolando. Si strinse a lei e richiuse gli occhi.
Si ritrovò in un altro sogno: stavolta la tempesta era quella che l'aveva strappato dalla propria isoletta. Mentre annaspava tra le onde, prima di perdere conoscenza, vide una figura bianca raccoglierlo dal mare e abbandonarlo su una spiaggia.
Il sonno lo abbandonò poco dopo. Il sole stava sorgendo. Mira si passò le mani sul viso, trovandolo bagnato di lacrime.
Si tirò a sedere.
- Mi hai salvato? - chiese a Nuvola, ma nei suoi occhioni sinceri non trovò risposta. - Credi che i miei genitori siano ancora vivi?
Si osservò la piuma sul polso.
Era solo un sogno, si disse. Le lacrime ripresero a scorrere. Era solo un sogno.
Abbracciò Nuvola, e lei strofinò il testone contro di lui, cercando di confortarlo.
- Torniamo a casa - mormorò, allontanandosi. Per una volta, la parola casa lo rese triste e basta.
Sellò Nuvola e le baciò il muso, dopodiché si sistemò sul suo dorso e la invitò a partire.
Tornati all'isola, il drago volò via di nuovo per andare a cacciare. Il suo domatore entrò in casa in punta di piedi, sperando di trovare il fidanzato sveglio, ma ancora a letto.
Leif fissava il soffitto, di malumore. Aveva dormito male, senza Mira, e si era svegliato molto presto, senza riuscire a riaddormentarsi.
Dei passi cauti di qualcuno che stava andando nella sua stanza attirarono improvvisamente la sua attenzione.
- Speravo di trovarti sveglio - bisbigliò Mira, sedendosi sul letto e poi sdraiandosi al suo fianco.
Il Domadraghi di fuoco lo strinse a sé, inspirando a fondo il suo profumo.
- Mira...
- Mi sembri stanco...
- Ho dormito male - borbottò Leif. - Ma ora che sei qui mi rimetterei volentieri a dormire...
Mira gli baciò la fronte e sorrise.
- Dormi, amore mio - sussurrò, avvampando un poco.
Decise di non parlargli dei sogni fatti, proprio perché non voleva dar loro importanza. Erano solo sogni. Pur essendo l'unico modo per rivedere i suoi genitori, era troppo doloroso. Doveva smettere di pensarci una volta per tutte, perché continuare a tormentarsi era inutile, gli faceva solo male.
E quando più tardi Leif si risvegliò, decisamente più riposato, e gli chiese se aver trascorso la notte nella grotta fosse stato fruttuoso, gli rispose di aver fatto sogni troppo confusi per ricordarseli.
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