ƈą℘ıɬơƖơ 6

La seconda notte tra le fatiscenti mura del vecchio hotel trascorse estremamente lenta, quasi come se le lancette dell'orologio appeso sulla porta avessero rallentato drasticamente il loro moto. Selin seguì lo scorrere del tempo passeggiando avanti e indietro in quei pochi metri quadri che componevano la sua stanza, distesa sul letto con gli occhi spalancati o in piedi davanti alla finestra, con lo sguardo perso nell'ambiente notturno che divorava la città. Nessun rumore disturbò il suo riposo quella notte, eppure questa volta ad impedirle di prendere sonno erano i pensieri che si attorcigliavano nella sua testa.
Iniziava a temere di non farcela, si domandava che cosa avrebbe potuto fare quando i risparmi che si era portata appresso si sarebbero del tutto esauriti.
Riuscì a cadere nel sonno solo grazie alla stanchezza verso le due e mezza della notte, e tornò ad aprire gli occhi quando erano ormai giunte le sei, disturbata da un raggio di luce che si era posato sulla sua fronte.
Si lavò frettolosamente ed indossò gli abiti che aveva accuratamente lavato il giorno del suo arrivo, i quali fortunatamente erano ormai asciutti nonostante l'umidità costante che aleggiava in quell'insalubre ambiente; sistemò i capelli, poi con un pesante sospiro ricambiò lo sguardo della sua stessa figura riflessa nello specchio. Sorrise lievemente, pensando che forse quel giorno le cose sarebbero andate meglio per lei; si apprestò così ad aprire la porta della camera e uscire in corridoio.
Come prima cosa, non appena ebbe messo il naso fuori, percepì dei rumori provenire dalla porta di fronte: si trattava nuovamente di gemiti femminili, forse della stessa donna della volta precedente, uniti anche a quelli che erano palesemente appartenenti ad un uomo, ovvero colui che si stava intrattenendo con la stessa.
Selin scosse la testa. "Ma non è possibile, sono le sei del mattino..." pensò tra se e se, irritata e disturbata dalla situazione. Decise di allontanarsi da quella porta e sbrigarsi a scendere di sotto, ma non appena ebbe compiuto il primo passo lungo il corridoio in modo quasi automatico le venne l'impulso di guardare in direzione della porta centoquattro, accanto alla sua: e le fu subito evidente che la strana macchia rossa che aveva notato la sera precedente fosse sparita nel nulla. Forse era stata rimossa dallo stesso proprietario della stanza, o da qualche addetto alle pulizie; inoltre era stata pulita con una certa minuzia, siccome non le fu possibile trovare anche solo un piccolo residuo della macchia o un eventuale alone sul pavimento lasciato dal detergente.
Aggrottò la fronte, percorrendo con gli occhi il profilo della porta. Era certa di non averla mai vista aprirsi o chiudersi da quando era entrata in quel motel, neppure una singola volta, tantomeno le era mai capitato di incontrarne il proprietario; se non fosse stato per i rumori che aveva udito provenire dall'interno, avrebbe giurato che quella camera fosse vuota.
Dando un rapido sguardo al corridoio sgombro si chinò a terra piegando le ginocchia, e facendo leva sui palmi delle mani posizionò la testa vicina al pavimento nel tentativo si sbirciare attraverso la sottile fessura. Neanche lei sapeva di preciso che cosa stesse cercando o cosa sperasse di riuscire a vedere, ma la sua curiosità prese il sopravvento; e fu molto delusa nel non riuscire a vedere nulla di interessante, se non la base di un antico mobile identico a quello che aveva nella sua stessa stanza.
Sfortuna volle, tuttavia, che proprio mentre era chinata con la tempia sinistra premuta sul pavimento, la porta dietro alle sue spalle fu aperta frettolosamente. Udendone il rumore Selin si alzò in piedi con un balzo, e trovò davanti a se un uomo sulla cinquantina che si affrettava ad uscire dalla stanza: era ben vestito e mentre con una mano reggeva una valigia in pelle con l'altra stava cercando di alzare la zip dei pantaloni, senza riuscirci. Lo sconosciuto parve molto in imbarazzo nel momento in cui notò la sua presenza, e se ne andò percorrendo il corridoio con passi lunghi e ben distesi, senza dire una parola. Solo un attimo dopo, alla medesima porta aperta si affacciò anche una donna in vesti intime di pizzo nero, con uno spesso strato di trucco scuro sulle palpebre superiori; la riconobbe, era la stessa che aveva distrattamente incontrato sulle scale il giorno precedente.
-Hei, sei nuova..- mormorò ella, squadrando Selin dalla testa ai piedi con un'espressione di curiosità e interesse dipinta sul volto. I suoi capelli erano lisci e di media lunghezza, sistemati sul lato sinistro con una spilla lucente. -Abiti davanti a me, quindi?-.
In quel momento Selin si irrigidì moltissimo, ma tentò di non mostrare la sua titubanza e di apparire il più naturale possibile. Ricambiando lo sguardo della donna solo adesso si rendeva conto che lei reggeva con la mano destra una sigaretta accesa, che di tanto in tanto si portava alla bocca; chiudendola tra le labbra coperte di rossetto, ne tingeva la cartina di rosso.
Vietato fumare nelle aree comuni. Un'altra regola imposta dal padrone di casa, della quale tutti se ne fregavano alla grande.
-Sì, molto piacere- rispose prontamente.
La donna le fece un piccolo sorriso, soffiando via il fumo verso l'alto, e continuò a fissarla. -Io sono Rose. Cosa ti porta in questo buco di città, se posso chiedere?- le domandò poi, appoggiandosi con una spalla contro allo stipite della porta.
Selin avvolse le braccia attorno al petto, mantenendo un comportamento falsamente indifferente. -Lavoro- disse, mentendo solo in parte.
E la donna, immediatamente dopo aver udito quella parola, scoppiò a ridere di gusto. -Lavoro? In questo posto di merda? Non posso che augurarti buona fortuna-. Non le stava parlando con malizia, sembrava sincera e Selin pensò per un attimo che forse, se quella tipa conosceva bene la zona, avrebbe potuto indicarle un posto in cui poter cercare un'occupazione quantomeno dignitosa.
Così, pur provando una certa vergogna, le si avvicinò di qualche passo e parlò abbassando lievemente il tono della voce. -In realtà non conosco bene la città, e non ho parenti o amici qui- disse, quasi sussurrando.
La mora si sfilò la sigaretta dalla bocca, poi con un gesto estremamente rapido la spense chiacciandola tra le dita, senza bruciarsi. -Mi spiace ragazzina- si limitò a dire. -La vita può metterci seriamente alla prova, a volte. Eccezion fatta per chi nasce già ricco-.
La ragazza annuì debolmente. -Invece tu... Che cosa fai per vivere?-. Solo dopo aver posto quella domanda, e notando l'espressione divertita che assunse immediatamente il volto dell'altra, capí di aver posto un quesito davvero stupido.
La donna sorrise e le batté una pacca sulla spalla, ridacchiando divertita. -Diciamo che mi sono dovuta adattare. Ma non è poi così male- disse. Fece poi un passo indietro, sistemando meglio la lingerie di pizzo nero che a malapena le copriva i glutei per intero. -A proposito di questo, se avessi voglia di compagnia sai dove trovarmi- aggiunse facendole l'occhiolino, con uno sguardo che Selin non riuscì ad interpretare appieno. Tuttavia, la ragazza scosse la testa praticamente subito, iniziando a sua volta ad allontanarsi. -Oh, no, ti ringrazio- riuscì soltanto a dire, evidentemente in imbarazzo; lo rendevano chiaro le sue gote, diventate rosse tutte d'un tratto.
-Oh, chiedo scusa allora- ridacchiò ancora Rose, mentre si accingeva a richiudersi all'interno della sua stanza. -Avrei giurato fossi lesbica, errore mio-.
Nel momento in cui Selin si ritrovò da sola in corridoio rimase immobile con la mani affondate nelle tasche dei pantaloni, a riflettere su quella strana conversazione con un lieve sorriso sulle labbra; certo, la sua vicina di stanza era una persona decisamente molto particolare ed anche piuttosto molesta, ma non sembrava cattiva per niente.
Forse, tutto sommato, avrebbe potuto tollerare più volentieri il suo continuo disturbo della quiete.
Espirò svuotando il petto e scuotendo la testa si ritrovò a posare ancora una volta lo sguardo sulla porta chiusa della stanza centoquattro. Pensò che forse, se quella tizia si prostituiva all'interno dell'hotel da qualche tempo, avrebbe saputo dirle chi abitava in quella precisa stanza; tuttavia, fu scoraggiata dal chiederglielo per paura di venir reputata un'impicciona.
Decise così di lasciar perdere per il momento, e camminando a passo svelto scese le scale fino al pian terreno, dove poi uscì dalla porta principale con lo zaino sulle spalle.
Non incontrò Dan, il padrone di casa, ma questa volta non se ne curò.
Una volta all'esterno sentì il sole accarezzarle la pelle per la prima volta da quanto era arrivata in quella terra straniera, ed in qualche modo ne fu rassicurata. Cambiò il suo percorso, dirigendosi dalla parte opposta rispetto a dove si era recata il giorno prima, alla ricerca di un colpo di fortuna; essendo ancora sprovvista di documenti e non avendo alcun tipo di referenza aveva bisogno proprio di questo, di un gran bel colpo di fortuna. Trascorse così un altro giorno tra le vie di quella città che pian piano stava imparando a conoscere, vagando per le varie attività commerciali aperte nella speranza che qualcuno accettasse di offrirle un'occupazione senza contratto, ma fallendo miseramente ancora una volta. Verso le tre del pomeriggio, scoraggiata e fortemente titubante, trovò il coraggio di entrare in un ufficio di collocamento; non parlò con nessuno, ed evitò accuratamente gli sguardi delle poche persone che vi trovò all'interno, dirigendosi a testa bassa fino alla bacheca posta oltre l'ingresso dove erano appesi alcuni annunci. Tre di questi in particolare le parvero interessanti e ne prese delle copie che infilò velocemente in tasca, per poi tornare frettolosamente fuori. Il primo era stato scritto dal proprietario di un bar alla ricerca di una cameriera, il secondo proponeva un posto di lavoro all'interno di una fabbrica di tessuti, mentre il terzo era una proposta di assunzione come collaboratrice domestica a casa di una coppia di anziani.
Avrebbe avuto bisogno di un telefono per contattate i numeri riportati sugli annunci, ma la città era sprovvista di cambine telefoniche; così, camminando a passo svelto, tornò sui suoi passi ripercorrendo a ritroso le strade da cui proveniva fino a tornare al vecchio hotel. Con un po' di fortuna, qui avrebbe trovato qualcuno che le potesse prestare un cellulare giusto il tempo di fare un paio di telefonate.
Quando si ritrovò dinnanzi alla malmessa struttura erano ormai le quattro del pomeriggio ed il sole stava nuovamente venendo soffocato da una nuova coltre di nubi; percorse il vialetto a denti stretti e raggiunse la porta d'ingresso, aprendola distrattamente. Ancor prima che fosse riuscita a metter piede all'interno tuttavia venne colpita alla spalla da un uomo che stava uscendo di fretta, il quale non si voltò indietro per scusarsi; era seguito da altri due individui, i cui volti erano decisamente poco raccomandabili. Si trattava solo di alcuni tra i tanti coinquilini con i quali divideva quello spazio claustrofobico e sporco, probabilmente poveri e reietti almeno quanto lei.
Selin sospirò e proseguì salendo le scale fino al secondo piano, pensando che non vedeva l'ora di potersi permettere un'alternativa a quell'alloggio degradante.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top