ƈą℘ıɬơƖơ 32
"Ma che succede".
Selin continuò a guardarsi intorno con aria stupefatta, spostandosi tra le stanze del vecchio rudere alla ricerca di Jeff. Il suo sguardo vagò smarrito tra le crepe sulle pareti, i cespugli di edera che erano cresciuti all'interno delle mura ed i pochi mobili malrodotti che erano presenti, ma senza riuscire a trovarlo.
Anche se non avrebbe saputo spiegarsi il perché, questa cosa la destabilizzò alquanto.
Dopotutto lui era sparito nel nulla nel cuore della notte, non aveva detto una sola parola riguardo alle sue intenzioni e non aveva lasciato alcun indizio che le suggerisse.
Era semplicemente andato via.
Sospirando la castana tornò ad avvicinarsi al vecchio materasso che lei stessa aveva posizionato in un angolo, e chinandosi lentamente a terra recuperò il peluche a forma di coniglietto. Lo strinse forte in una mano e nel contempo si ritrovò a pensare che probabilmente Jeff aveva deciso di tornare sulla sua strada, lasciando che lei e la piccola Felia facessero lo stesso.
Era esattamente ciò che lei gli aveva chiesto, dopotutto.
Era ciò che aveva desiderato per tutto il tempo.
Ma allora per quale motivo si sentiva così terribilmente rattristata, adesso?
Scosse la testa e reggendo il pupazzo per un orecchio tornò dalla bambina che ancora dormiva distesa a terra, rannicchiata su se stessa e con entrambe le mani sotto a una guancia. Anche se l'improvvisa ed ingiustificata sparizione di Jeff la preoccupava, sapeva di dover occuparsi prima di tutto della piccola: procurarle qualcosa da mettere sotto ai denti, ma soprattutto portarla al sicuro.
Felia era la priorità.
Le si avvicinò con le labbra strette in un amaro sorriso, iniziò poi a scuoterla dolcemente fino a farla svegliare.
-Felia, è mattina, dobbiamo andare-.
La bambina sollevò la schiena di scatto e si portò entrambe le mani al volto, iniziando a stropicciare gli occhi. -...Dove?- mormorò, con la bocca ancora impastata dal sonno.
L'altra le afferrò una mano per aiutarla ad alzarsi e le riconsegnò il peluche, con un ampio sorriso. Avrebbe tanto voluto avere una risposta sicura da fornire a quella domanda.
-Via di qui, tanto per cominciare- le disse. -Ti porto al sicuro-.
Anche se probabilmente la bambina non riusciva a comprendere del tutto le sue parole non disse nulla, e stringendo il suo amato coniglietto si limitò a seguire i passi cauti di Selin mentre lentamente finiva di svegliarsi.
Era molto stanca e confusa, ma riponeva una tale fiducia in quella ragazza da essere indotta a fare tutto ciò che lei suggeriva senza esitazione. Era consapevole che ogni sua decisione era finalizzata sempre e solo al suo bene.
La castana varcò la soglia del vecchio rudere per prima e si assicurò che non vi fosse nessuno nei paraggi prima di uscire del tutto, facendo poi cenno alla piccola di seguirla a sua volta. Non aveva idea di che ore fossero, ma la strada era deserta.
A causa della pioggia che si era rovesciata sulla città quella notte, l'aria era piuttosto fredda ed umida mentre il suolo era ancora bagnato; dovette schivare un paio di pozze di fango prima di raggiungere l'asfalto.
-Ma dov'è lui?- borbottò ad un certo punto la piccola Felia, che forse soltanto adesso aveva notato l'assenza di Jeff.
Non le rispose.
Prima di allontanarsi del tutto osservò scrupolosamente i dintorni della casa per assicurarsi che il ragazzo non si trovasse lì, poi si incamminò mano nella mano con la bambina, tentando di mettere a tacere i pensieri negativi che stavano annebbiando la sua mente.
Da quel momento in poi avrebbe dovuto cavarsela da sola, e purtroppo non aveva le idee molto chiare riguardo a ciò che avrebbe dovuto fare.
Era certa che Jeff avesse ragione quando le aveva detto che per le forze dell'ordine lei ormai era una vera e propria criminale, e che le avrebbero di certo dato la caccia; ma allo stesso tempo non era sicura di sapere come affrontare la questione.
Non possedeva di certo la sua stessa esperienza.
Silenziosa camminava lungo il marciapiede che conduceva verso il centro della città, ma dirigendosi verso una zona diversa da quella da cui era provenuta: evitare di tornare nei pressi del vecchio hotel sarebbe stata una buona idea.
-Dove andiamo?- domandò Felia, agitando il suo vecchio peluche a mezz'aria.
-Fidati di me- le rispose Selin, emettendo un breve sospiro.
La priorità al momento era portarla al sicuro, in un luogo in cui qualcuno potesse nutrirla ed accudirla. Per quanto avrebbe voluto tenere Felia al suo fianco era perfettamente conscia che non avrebbe potuto farlo, per una infinita serie di motivi.
E così, stringendo amorevolmente il pugno sulla sua piccola mano, Selin proseguì il suo cammino decisa a trovare un luogo in cui avrebbe potuto lasciarla, qualcuno l'avrebbe certamente trovata.
Consegnarla alla polizia non era un'opzione da tenere in considerazione, purtroppo.
Mentre camminava di tanto in tanto si voltava verso la piccola, e sentiva il suo cuore stringersi ogni volta che lei ricambiava con un sorriso: stava per tradire la sua fiducia.
Le loro strade si sarebbero dovute separare proprio come era accaduto non molto tempo prima con la sua sorellina minore, ma questa volta era lei stessa a volerlo. Sapeva che quella era l'unica cosa giusta da fare al momento, per il bene della piccola.
Che razza di vita avrebbe mai potuto garantirle, lei?
Ad un certo punto, mentre le due camminavano lungo il bordo di una strada a senso unico costeggiata da un grande parcheggio mezzo vuoto, una macchina dalla verniciatura nera rallentò bruscamente ed accostò a pochi passi.
Gli pneumatici impattarono su una pozza d'acqua piovana sollevando una piccola onda che si riversò sull'asfalto.
Dapprima Selin ebbe l'impulso di fuggire, pensò di essere spacciata; ma poi, voltandosi verso il finestrino lato passeggero che stava venendo abbassato, riconobbe alla guida l'amichevole volto di Rose.
-Ragazza, sei proprio tu?-.
La donna indossava un abito bordeaux, aveva raccolto i capelli in una lunga treccia che partiva dal centro della testa e scendeva sulle spalle contratte; sul suo polso sinistro era attorcigliato un bracciale di metallo a forma di serpente.
Selin verificò che non vi fosse nessun passeggero a bordo, poi si avvicinò frettolosamente al finestrino trascinando Felia con sé.
-Si, ciao...- mugolò, evidentemente scossa. Era certa che non l'avrebbe mai più incontrata, e invece eccola li intenta a fissarla con le mani strette sul volante.
Rose la guardò accigliata per pochi secondi, poi si allungò ed aprì la portiera facendole cenno di entrare.
-Salta su, sbrigati- le intimò. -Non voglio che qualcuno ci veda-.
L'altra non ci pensò a lungo, si fidava di quella donna e inoltre al momento non aveva alternative migliori. Sistemò la piccola Felia sui sedili posteriori lasciandole una carezza sul viso come a volerla rassicurare, poi salì a bordo sistemandosi sul sedile anteriore.
Rose non disse nulla, ma ingranò la marcia e ripartì tornando al centro della carreggiata.
Sembrava nervosa.
Solo dopo un centinaio di metri si voltò rapidamente verso la ragazza, iniziando ad alternare la sua attenzione tra lei e la strada che stava percorrendo.
-Che ti è successo? Dove diavolo eri finita?-.
L'altra abbassò lo sguardo sulle proprie ginocchia piegate, e con una mano si aggrappò al sedile. -È complicato, ma sto bene. Non preoccuparti-.
-Prendi queste e dalle alla bambina- esordì subito dopo Rose, che frugando tra alcuni oggetti contenuti nel cruscotto estrasse un paio di cuffie collegate ad un piccolo lettore mp3.
Di sicuro voleva parlare di qualcosa che Felia era meglio non sentisse.
Senza fare domande la castana accese il dispositivo che iniziò a riprodurre una traccia causale contenuta nella memoria, poi voltandosi indietro ed allungandosi tra i sedili sistemò le cuffie sulla testa della piccola.
-Un po' di musica, ti farà sentire meglio- le disse.
Felia non era stupida, aveva capito perfettamente ciò che stava accadendo ma la lasciò fare. Era troppo stanca e triste per replicare.
Appoggiò le cuffie sulle orecchie ed in un attimo il rumore del mondo si azzerò, sostituito dalle note di una canzone rock che non aveva mai sentito prima.
-La polizia è sulle tue tracce, è successo un casino- continuò subito dopo Rose, assumendo un'espressione preoccupata. -Ieri, dopo che te ne sei andata, sembra che Phil sia stato assassinato. Lo sapevi?-.
Quella domanda fu seguita da alcuni secondi di silenzio tombale, durante i quali Selin ebbe l'impressione di affogare. Certo che lo sapeva, eccome se lo sapeva.
-Hanno dato la colpa a te- proseguì Rose, notando il suo silenzio. -Gli sbirri ti danno la caccia, quindi adesso...- sì interruppe, tenendo lo sguardo dritto sulla strada davanti a lei. Poi, sospirando, continuò a parlare. -Quindi adesso ho bisogno di sentirti dire che non sei stata tu, ragazza-.
La castana deglutì a vuoto, stringendo entrambi i pugni sulle ginocchia. -No, certo che no. Non sono stata io, te lo posso giurare-.
In quel momento il viso di Rose si distese, mentre emetteva un altro lungo sospiro. -Oh, menomale. Adesso mi sento decisamente più leggera- asserì, mentre giunta ad un incontro svoltò un una direzione casuale. -Pensi che sia stato quel ragazzo?-.
-Non lo penso, lo so- rispose d'impulso l'altra, spostando lo sguardo sul paesaggio attraverso il vetro. -Ero lì quando è successo-.
Rose spalancò gli occhi e le lanciò uno sguardo pietrificato; poi si lanciò un una curva brusca che fece stridere gli pneumatici sull'asfalto.
-Ma che fai?!- esclamò Selin, voltandosi indietro per assicurarsi che Felia stesse bene: nella fretta si era dimenticata di metterle le cinture.
-Cambio destinazione, dobbiamo parlare- rispose la donna. -Ho bisogno di sapere come stanno le cose, quindi ti accompagno in un posto sicuro in cui possiamo discutere con calma-.
L'altra scosse lievemente la testa. -E dove?- si limitò a domandare.
A quella domanda Rose rispose dapprima con un ampio sorriso, mentre si fermava a un semaforo rosso. -Una tavola calda, la mia preferita- asserì. -Sono sicura che voi altre siate piuttosto affamate-.
L'auto proseguì lungo una via periferica affiancata da un grande parcheggio vuoto.
Felia ascoltava quella strana musica con lo sguardo fisso sue goccioline di pioggia che sporcavano il vetro, stringendo il peluche contro al petto. Si sentiva al sicuro, sapeva di essere protetta da persone gentili anche se un po' strane; e la mancanza del suo papà iniziava a farsi sentire sempre meno.
Furono sufficienti pochi minuti affinché l'auto di Rose raggiungesse la tavola calda, che si palesò davanti ai loro occhi in tutto il suo squallore: una catapecchia sul bordo della strada, con un vetro scheggiato e l'insegna scolorita che ne riportava il nome.
"Little Diner".
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