ƈą℘ıɬơƖơ 30
"Uccidile".
Nella mente di Jeff si annidava una bestia bramosa di sangue, che non vedeva l'ora di affondare le zanne nella carne delle sue vittime.
Essa rappresentava il lato più oscuro, malvagio ed irrazionale della sua personalità e costituiva tutti i pensieri e gli istinti che lui non poteva controllare in modo cosciente e razionale.
Se poco prima avesse risposto alla domanda di Selin, quando lei gli aveva domandato quale fosse la cosa che lui temeva più di tutte, le avrebbe di certo detto che perdere del tutto il controllo della sua mente rappresentava per lui la paura più grande in assoluto.
Ma non lo aveva rivelato, aveva tenuto quel segreto per sé. Una debolezza di cui vergognarsi e custodire con la massima riservatezza.
Eppure adesso era li, in piedi davanti a quelle due innocenti, con un ghigno bestiale ad inarcare le sue guance ed il desiderio irrefrenabile di ridurre entrambe in tanti piccoli pezzettini.
"Uccidile".
L'adrenalina scorreva lungo le sue vene assieme al sangue, era pronto a sferrare un attacco e già ne pregustava il momento; a niente sarebbe servito, a questo punto, provare a placare i sui istinti.
Avevano preso il controllo.
Selin tentò di indietreggiare mentre si guardava attorno alla ricerca di una via di fuga: aveva ormai capito di essere in pericolo, e probabilmente sapeva anche di avere scarse possibilità di uscire indenne da quelle situazione.
O anche solo di uscirne viva.
Tentò di dire qualcosa, qualsiasi cosa che avrebbe potuto convincere il killer a tornare in sé, ma non ebbe tempo a sufficienza neanche per esprimere un piccolo lamento: solo un attimo dopo, muovendosi con una velocità sovrumana, Jeff le era già alle calcagna. Si comportava come se le ferite sul suo corpo d'un tratto non fossero più un problema.
La afferrò brutalmente e la fece sbattere con la schiena contro alla parete, mentre la piccola Felia terrorizzata fuggiva nella stanza adiacente gridando con il suo peluche stretto nelle mani.
"Uccidile".
Jeff aveva tentato di comportarsi in modo normale, di instaurare un rapporto pacifico con quella ragazza dalla quale si sentiva attratto, ma non aveva mai dimenticato quale fosse la sua vera natura. In cuor suo sapeva bene che prima o poi quel momento sarebbe arrivato, e forse avrebbe dovuto agire preventivamente per evitare tutto questo; ma ormai era troppo tardi per correre ai ripari.
La bestia sclapitava, era affamata.
In un impeto d'ira avvolse con forza una mano sul collo della ragazza fino a mozzarle il fiato mentre con l'altra mano recuperava dalla tasca il suo coltello; era il momento.
La guardò negli occhi, lei si stava agitando. Non avrebbe accettato la morte così facilmente.
-Ma..Che fa..i- la sentì mormorare a fatica, con il palmo premuto sulla sua gola. Sentiva le sue vene pulsare sotto alle dita, il suo corpo tremare.
Era sua.
La sensazione di avere il totale controllo della situazione lo fece di nuovo eccitare sessualmete, in quei giorni di troppa confusione mentale aveva temuto di essere diventato troppo debole ed emotivo per compiere quell'omicidio ma invece ecco che adesso, senza esitazione alcuna, era pronto a prendersi la vita di Selin.
E poi anche quella della bambina, che si era allontanata da lui ma non era fuggita. Che stupida.
Fece scorrere un polpastrello sulla lama affilata prima di usarla, gli piaceva farlo. Guardò poi la ragazza negli occhi e si immerse con la mente all'interno della paura che stavano esprimendo come stesse sguazzando in una piscina fresca in un giorno di piena estate.
Era tutto perfetto.
Pronto a sferrare il colpo e certo di volerlo fare per davvero Jeff irrigirì i muscoli, sollevò il coltello e prese la mira. Ma proprio in quel frangente, lungo non più di un secondo, la ragazza in preda al panico fece l'unica cosa che le venne un mente: gli sferrò uno schiaffo in pieno volto, con così tanta forza che il suono rimbalzò più volte tra le pareti umide e spoglie della vecchia casa in rovina.
Jeff cessò di muoversi in modo immediato, colto completamente di sorpresa da quel gesto; la sua guancia bruciava, ma non fu per questo che ad un tratto si sentì profondamente ferito.
Fu come se quello schiaffo avesse assopito in un secondo tutta la rabbia, la frustrazione e la follia che lo stavano inducendo a compiere l'omicidio sostituendoli invece con qualcosa di molto diverso.
-Sei un mostro!- gridò strozzata la voce di Selin, che approfittando di quell'attimo di confusione da parte del killer riuscì a scivolare via di lato, evadendo la sua presa. Aveva creduto di potersi fidare almeno un po' di lui, ma si era chiaramente sbagliata.
Annaspando la ragazza si allontanò e fu subito raggiunta da Felia che si aggrappò alle sue gambe in cerca di consolazione, con il viso paonazzo ed il corpo che tremava dalla testa fino ai piedi.
Jeff rimase immobile con la faccia rivolta verso la parete, le spalle inarcate ed il coltello ancora stretto nella mano destra; teneva lo sguardo basso, totalmente perso nel vuoto e trascinato via dal susseguirsi di tutti i pensieri che rapidamente invasero la sua mente. Vistose tracce di sangue ancora imbrattavano i suoi vestiti, la debolezza faceva tremare le sue ginocchia ed ora portava sulla guancia lo stampo rosso dello schiaffo che aveva appena ricevuto.
La voce nella sua testa tacque.
E lasciò al suo posto un incolmabile ed assoluto silenzio.
Aveva perso il controllo ancora una volta, ma soltanto adesso se ne stava rendendo conto. Con il pugno strinse il manico del coltello e si rese conto di avere le dita sudate; da quanto tempo se ne stava immobile davanti a quella parete?
Confuso e disorientato sollevò lo sguardo, trovò Selin a pochi passi da lui intenta a consolare la bambina. Non era andata via, non ancora, neanche questa volta.
Ma che problema aveva quella ragazza?
-Io...- iniziò a balbettare con un filo di voce. -Io non... Non...-.
La castana lo guardò intensamente, non con disprezzo ma con un'espressione che sembrava nascondere un pizzico di comprensione. Sembrava aver capito che cosa fosse accaduto, anche se forse non gli avrebbe mai perdonato quella ennesima perdita di controllo.
-Non volevo...- riuscì a mormorare Jeff, con il fiato spezzato. E per la prima volta, timida e solitaria, una lacrima solcò il suo volto sfregiato percorrendone una guancia pallida, poi il naso sottile, fino a scendere sulle labbra che lui stava serrando.
Aveva rovinato tutto quanto, ma solo adesso riusciva a rendersene conto. La verità che non aveva voluto ammettere neanche a se stesso era che non aveva nessuna intenzione di fare del male a Selin o a Felia, al contrario desiderava ardentemente assicurarsi che entrambe fossero al sicuro. Ma solo adesso realizzava che non avrebbe mai potuto garantire la loro sicurezza se fosse rimasto ancora in loro compagnia: che lo volesse o no, lui stesso rappresentava il peggior pericolo al quale sarebbero mai potute andare incontro.
Un profondo sconforto lo assalì, ebbe l'impressione ad un certo punto di non riuscire più a respirare. Chiuse gli occhi e trattenne il fiato mentre apriva la mano con la quale ancora reggeva il suo coltello lasciandolo cadere sul pavimento sporco. Stava per dissociarsi completamente dall'ambiente che lo circondava se non fosse che, solo un attimo dopo, percepì il calore delle mani di Selin che si aggrappavano alle sue spalle.
Spalancò gli occhi, la trovò davanti a lui.
-Ora calmati, ok?-.
La ragazza aveva uno sguardo preoccupato ma non più per sé stessa, bensì per lui. Lo scuoteva delicatamente per osservare la sua reazione, stava cercando di assicurarsi che avesse effettivamente recuperato il controllo.
La piccola Felia, poco distante, osservò la scena stringendo forte il suo pupazzo ma ebbe la lucidità mentale necessaria a capire che avrebbe dovuto fare la sua parte. Così, avanzando qualche piccolo passo incerto, raggiunse Selin e si chinò rapidamente per afferrare il coltello adagiato a terra; strinse la manina destra sul manico e lo sollevò, era la prima volta che inpugnava un coltello così grande, suo papà non le aveva mai permesso di utilizzare neanche quelli con la punta arrotondata.
Con l'oggetto in mano corse fino a raggiungere la finestra, poi appoggiò il busto sul davanzale sporco e lo gettò via più lontano che le fu possibile, facendolo cadere all'interno di un grosso cespuglio di rovi ed edera.
-Ma che cazzo...- borbottò Jeff, affogando i polmoni in una enorme boccata d'aria; indietreggiò di un solo passo, non era sicuro che trovarsi così vicino a Selin gli facesse piacere.
-Sono calmo, sono calmo..- esordì ancora, visibilmente confuso.
La ragazza annuì brevemente, e restò ancora a guardarlo; ciò che era appena accaduto le confermava che, per quanto Jeff potesse avere buone intenzioni, non avrebbe mai potuto fidarsi di lui al cento per cento.
-Sicuro?- gli chiese non sapendo che altro dire.
Il killer non rispose, ma senza dire niente si diresse nell'altra stanza e tornò a distendersi sul materasso, colto da un caotico ammasso di pensieri che stavano annebbiando la sua mente. Si sentiva stupido, patetico, ed anche un assoluto perdente: per una volta che aveva deciso di non voler uccidere qualcuno di sua spontanea volontà, si ritrovava a dover combattere contro impulsi violenti che andavano nella direzione opposta.
Cercando pace si distese adagiando sulla stoffa scolirita il lato sinistro del corpo ed iniziò a fissare la parete davanti a se, dove alcune ramificazioni di edera selvatica erano arrampicate.
Voleva riuscire a calmarsi in ogni modo, ma la sua testa continuava a suggerirgli in modo fin troppo chiaro che cosa avrebbe dovuto fare.
Uccidere.
Il sangue lo avrebbe fatto stare meglio, avrebbe placato istantaneamente ogni suo malessere.
Deglutí cercando di bagnare la gola secca, e poco dopo ecco che vide la piccola Felia raggiungerlo a passo svelto: la bambina, saltellando, stava andando dritta nella sua direzione.
"Ma che vuole adesso" pensò Jeff, sgringendo i denti. Quello era il momento peggiore, avrebbe tanto voluto che lei potesse capirlo.
-Vattene- le ordinò freddamente.
Era certo che sarebbe finito per ucciderla se si fosse avvicinata ancora.
Ma la piccola ignorò completamente la sua richiesta, si fermò proprio davanti a lui e con una mano tremante gli porse il peluche a forma di coniglietto che stringeva invitandolo a prenderlo.
-Tieni, è il mio coniglietto- gli disse, con ingenuità. -Così ti sentirai meglio-.
Jeff spostò lo sguardo sul pupazzo ed ebbe l'impressione di venir trascinato sul fondo di un burrone. Si sentì svuotato di ogni desiderio o pensiero malsano, privato di tutte le forze e travolto da emozioni nuove che neanche sapeva di poter provare.
La piccola Felia doveva aver pensato che stringere il peluche lo avrebbe fatto sentire meglio, che avrebbe funzionato per lui così come era stato utile a lei. E Selin, che osservava la scena a distanza, non poté far altro che sorridere.
-...Grazie-.
Jeff allungò una mano ed afferrò l'oggetto con estrema titubanza, mentre la piccola iniziava a sorridere; era soddisfatta del suo gesto altruista, ed era certa che se il suo papà avesse potuto vederlo ne sarebbe stato molto fiero.
-Puoi tenerlo quanto vuoi, ma poi dovrai restituirmelo- aggiunse.
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