ƈą℘ıɬơƖơ 26

Un'alba fredda e silenziosa tingeva le facciate dei palazzi con una particolare tonalità di arancio, mentre il sole lentamente sbucava fuori dall'orizzonte.
L'aria del mattino tra le strade era umida, odorava di asfalto, smog e spazzatura.
La città si stava risvegliando.
-Di qua, sbrigati-.
Nonostante fosse ormai spossata ed esausta Selin riuscì ad allontanarsi dal vecchio hotel a passo svelto, reggendo tra le braccia la bambina che ancora non aveva recuperato i sensi.
Fu indescrivibile il sollievo che provò nel rivedere quelle strade e quei palazzi malconci, la piacevole sensazione dell'aria aperta che le accarezzava la pelle e penetrava nelle sue narici, l'asfalto rigido sotto alle suole delle scarpe.
Sapeva di vittoria, di libertà.
Nonostante tutto, era ancora viva.
Stringendo forte al petto la piccola continuò ad avanzare mossa solo dalla sua forza di volontà, percorrendo rapidamente tutti i vicoli indicati da Jeff e riuscendo così ad allontanarsi dalla zona senza che nessuno, o quasi, avesse potuto notare il loro passaggio.
Il ragazzo non aveva mentito, sembrava conoscere la zona proprio come le sue tasche. Anche se lasciare che fosse proprio quello squilibrato a dirle dove andare la faceva sentire piuttosto stupida, non intendeva realmente affidarsi a lui: mentre camminava rivolgeva spesso uno sguardo alle sue spalle, e pensava che non appena si fosse potuta ritenere in salvo avrebbe diviso le loro strade sperando non incontrarlo mai più.
Per il momento, tuttavia, sfruttare la sua esperienza le parve l'unica alternativa al farsi arrestare: da sola non avrebbe avuto idea di dove andare, di quali fossero le strade più sicure da percorrere. Inoltre lui era al momento in una condizione di netto svantaggio a causa delle sue pessime condizioni fisiche, e questo la faceva sentire molto più al sicuro.
L'andatura di Jeff era lenta ed affaticata, di tanto in tanto riprendeva a zoppicare in modo molto vistoso.
Dietro loro, a centinaia di metri di distanza, erano udibili le sirene strillanti di un paio di auto della polizia che nel frattempo avevano raggiunto la residenza abusiva di Dan.
E non serviva un genio a capire che i poliziotti, non trovando ne lei ne Jeff all'interno, si sarebbero presto messi sulle loro tracce ispezionando ogni angolo della città.
-Ma che fai?-.
Dopo essersi guardata intorno con sospetto Selin si chinò a terra e adagiò la bambina sull'asfalto, continuando tuttavia a reggerle la testa: era affaticata, aveva il fiato corto ed i muscoli delle sue braccia chiedevano pietà. Felia non era particolarmente pesante ma trasportarla lungo il tragitto si era rivelata un'ardua impresa per il suo corpo minuto, senza contare che non mangiava da molte ore e iniziava a sentirsi piuttosto debole.
Jeff le rivolse uno sguardo di disapprovazione, ed un paio di passi dopo si fermò a sua volta.
-Te lo avevo detto di non portarla con noi- la sgridò a denti stretti, colto dell'ennesima fitta di dolore che cercava di ignorare ma che in realtà gli stava togliendo il fiato.
La castana scosse la testa con una smorfia mentre recuperava fiato. -Stai zitto- rispose d'impulso, senza più preoccuparsi della reazione che avrebbe potuto scatenare: era esausta sotto ogni punto di vista, e la sua stanchezza si esprimeva anche con la rabbia.
Facendo appello a tutta la forza d'animo che le era rimasta afferrò nuovamente la bambina e la sollevò con fatica, riprendendo a camminare molto più lentamente di prima.
E il killer, nonostante fosse evidentemente innervosito dalla situazione, non disse niente.
Proseguirono lungo un vicolo soffocato tra due vecchi palazzoni, così stretto che le loro spalle ne sfioravano le mura di mattoni, fino a che un'altra decina di metri oltre non si trovarono dinnanzi ad una strada di periferia. Una lunga striscia di asfalto pieno di crepe che sembrava voler segnalare il confine della città con una boscaglia di qualche migliaio di metri quadrati.
Ora sì che potevano dirsi al sicuro, più o meno.
-Me la cavo da sola, adesso- annunciò Selin, facendo scorrere lo sguardo sulle fronde degli alberi con entusiasmo e speranza.
Seppur non si trovassero poi tanto lontani del centro città quel luogo sembrava decisamente più sicuro: le poche abitazioni che erano presenti apparivano in condizioni disastrose, pertanto dovevano essere quasi certamente disabitate. Inoltre la strada era completamente vuota, neanche una singola macchina la attraversava e l'ambiente era piacevolmente silenzioso.
-Eh?- rispose Jeff, inchiodando a terra le suole delle sue scarpe e sollevando le sopracciglia. Annaspava a causa del dolore, che tuttavia continuava a tentare di nascondere nel miglior modo possibile. -Cosa significa?-.
La ragazza si chinò ancora per adagiare a terra la bambina e prendere nuovamente un po' di fiato. -Ognuno per la sua strada, non voglio vederti mai più- esordì a bassa voce.
La verità è che non aveva idea di cosa dovesse fare adesso, ma era certa che qualsiasi alternativa sarebbe stata migliore rispetto alla prospettiva di restare in compagnia di quello psicopatico.
Jeff ridacchiò stizzito. -Stai scherzando, vero? Hai praticamente ucciso un uomo, ti daranno la caccia e chiaramente tu non hai idea di come gestire questa cosa-.
-Io non ho ucciso proprio nessuno, cristo!- ribatté aspramente lei.
-Da questo momento sarai ripudiata dalla società, non esisterà più un posto sicuro per te- continuò a dire lui, come se neanche avesse ascoltato la sua risposta. -Dove pensi di andare?-.
La rabbia che Selin stava provando le salì su per la gola costringendola a sputarla via con le prime parole che le vennero in mente. -Questo non è affar tuo, niente che mi riguardi è affar tuo! So cavarmela da sola e in ogni caso preferirei crepare adesso anziché continuare a seguire te-.
Le labbra del killer si piegarono in un lieve sorriso malsano mentre continuava a fissarla. -Oh, ma certo- borbottò con una certa soddisfazione. -Ah dimenticavo, sarai accusata anche di rapimento- aggiunse, indicando la bambina. -In pratica se ti troveranno finirai al fresco per il resto della vita-.
Lei strinse le mandibole, stava per gridare addosso a Jeff tutta la sua frustrazione quando all'improvviso sentì la piccola Felia iniziare a tossire ripetutamente.
Subito si gettò su di lei e le afferrò la testa con le mani, cercando di verificare che stesse bene.
La piccola non sollevò mai la testa, continuò a tenere lo sguardo fisso sull'asfalto mentre riprendeva a tremare.
-Papà?- mugolò, con un filo di voce. -Voglio il mio papà... Dov'è papà?-. Si trovava in un evidente stato confusionale, sembrava non avere idea di dove si trovasse.
-Felia, ci sono io con te. Non avere paura- bisbigliò la ragazza al suo orecchio, stringendola in un abbraccio dal quale tuttavia la bimba tentò subito di sottrarsi.
-Voglio il mio papà!- gridò ancora, scoppiando in un pianto disperato; aveva le mani sudate, continui spasmi attraversavano il suo corpo con violenza.
La castana le afferrò il mento sollevando il suo viso. -Va tutto bene, ti prometto che andrà tutto bene- tentò di rassicurarla, e per poco non scoppiò a piangere a sua volta: vedere una bambina così piccola in quello stato le spezzava il cuore, e avrebbe dato qualunque cosa in quel momento per farla sentire al sicuro.
Avvolse le braccia dietro alla sua schiena e la strinse forte sul petto, notando che questa volta Felia non aveva fatto alcuna resistenza; tentò di cullarla, serrando le palpebre ed insiprando con il naso il suo odore.
Non meritava tutto questo dolore.
Era troppo piccola, troppo innocente. 
Jeff si trovava in piedi a poco più di un metro di distanza da loro, ma non le stava più guardando: il suo volto sfregiato era adesso sollevato e direzionato all'orizzonte, laddove la strada asfaltata svoltava sulla destra e spariva dietro alle mura di un palazzo in decadenza.
Non riusciva a percepire alcun suono ma il suo sguardo vigile era fisso su un muro di cemento distante centinaia di metri, sul quale aveva notato il riflesso di una luce lampeggiante.
Ormai era in grado di notare la presenza di un'auto della polizia in arrivo ancor prima che questa si palesasse nel suo campo visivo, e quella luce rossa e blu apparteneva certamente ad una di queste.
-Merda, arrivano gli sbirri- commentò a bassa voce.
Si guardò intorno molto rapidamente, non aveva molto tempo a disposizione per pensare ma era certo di voler mettere in salvo anche le altre due, oltre a se stesso. Dopotutto Selin aveva lottato tanto, e un po' il suo aiuto se lo era meritata.
La vide alzare lo sguardo con preoccupazione, mentre abbracciava la bambina. -Dove?- gli chiese.
Ma lui non le rispose.
Nonostante le sue condizioni la afferrò bruscamente per un braccio costringendola a mollare la presa sulla piccola, che tuttavia lei non lasciò.
-Non toccarmi!- la sentì gridare, e questo non fece altro che aumentare la sua frustrazione. Lasciò la presa ma soltanto per afferrarle i capelli ed iniziò a trascinarla fino all'ingresso di una delle abitazioni in stato di abbandono che si trovava sul ciglio della strada. -Entra, muoviti!-.
La porta era aperta, appesa per miracolo ad una parete che stava cadendo a pezzi; era presente un gradino in marmo scheggiato proprio davanti all'ingresso, sul quale Selin puntò con decisione i piedi.
-Lasciami, bastardo!- gridò esasperata, continuando a stringere la mano in quella di Felia.
Il killer tentò di spingerla dentro usando la forza, e voltando la testa nella stessa direzione di poco prima riuscì a visualizzare la volante della polizia in avvicinamento.
Non aveva tempo.
Spostando la mano destra sulla schiena della ragazza riuscì a farle perdere equilibrio e la spinse un avanti, facendola cadere poco oltre la soglia dell'edificio; fece poi lo stesso con la piccola Felia, giusto con un poco di gentilezza in più.
Con un ghigno di dolore Selin balzò in piedi un attimo dopo.
-Non toccarmi, non...- gridò ancora, ma si interruppe a metà della frase quando vide il killer portarsi un dito davanti alla bocca.
-Silenzio, passano qui davanti-.
Annaspando la ragazza spostò lo sguardo sull'unica finestra malridotta che era presente nella stanza, e vide chiaramente il profilo dell'auto che stava attraversando la strada a pochi metri di distanza.

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