ƈą℘ıɬơƖơ 24
-Questa immigrata merdosa ha rapito mia figlia!- gridò l'uomo, voltando la testa in direzione di Rose.
Selin riuscì a rotolare sul pavimento allontanandosi di qualche metro, per poi rapidamente alzarsi in piedi; era troppo agitata per chiedersi come potesse sapere che lei non era una cittadina americana, in quel momento aveva ben altri problemi.
Rose attraversò l'ingresso con decisione, afferrando l'uomo per una spalla come cercasse di tranquillizzarlo. -Cristo santo, datti una calmata Phil!- esclamò, scuotendolo.
"Quindi questo è il suo nome", pensò brevemente l'altra. E di certo i due si conoscevano abbastanza bene a giudicare dal modo in cui la donna gli si rivolgeva; forse il padre di Felia era uno dei suoi clienti abituali, non faceva fatica ad immaginarlo.
-Ti dico che ha preso mia figlia!- ripeté lui, ancora agitato. -E Dio solo sa cosa le ha fatto, non la vedo da non so quante ore, cazzo!-.
-Ok, adesso calmati- ripeté ancora la donna, che sembrava piuttosto innervosita dalla situazione. Si voltò accigliata in direzione di Selin, scuotendo la testa. -Ragazzina, mi spieghi che cosa è successo?- le chiese.
-Siamo state rapite, entrambe- evidenziò lei alzando il tono della voce. La bambina, evidentemente terrorizzata, si nascose dietro alla sua schiena aggrappandosi ai suoi pantaloni: era chiaro ormai che fosse la presenza di suo padre a spaventarla in quel modo.
Phil scoppiò in una risata isterica iniziando a gesticolare con entrambe le mani.
-Rapite? Ma che cazzo sta dicendo questa pazza- esclamò, incredulo. -Vai a raccontare questa stronzata a qualcun altro-.
-Rapite da chi?- domandò nel contempo Rose, distendendo le braccia. Subito dopo, notando la titubanza della ragazza nel rispondere a quella domanda e certa che Phil non avrebbe mantenuto la calma ancora per molto, emise un pesante sospiro e si spostò sul lato della porta.
-Ok, riprenditi la bambina e portala fuori, parlo io con Selin- annunciò.
Anche se difficile da interpretare quello fu un gesto gentile da parte di Rose, che voleva assicurarsi di aver compreso la situazione ed allo stesso tempo evitare che l'uomo facesse seriamente del male a Selin; nonostante la conoscesse poco, non avrebbe mai potuto credere davvero che quella ragazza così gentile e timida avesse davvero potuto rapire la piccola Felia.
Per quale motivo, poi?
Avanzando a passo svelto Phil afferrò con violenza il braccio sinistro della figlia, la quale tentò di divincolarsi senza riuscirci; la trascinò lungo tutta la stanza nonostante lei puntasse a terra le suole delle scarpe. -Mi fai male, papà!- si lamentò con un filo di voce.
E Selin, immobilizzata dalla paura, non poté far altro che osservare la scena inerme, e scambiarsi un ultimo sguardo con il volto paonazzo della bimba prima che venisse trascinata in corridoio per poi sparire via dalla sua visuale.
Si sentì impotente, e questo le fece davvero male.
Avrebbe voluto difenderla, strapparla via dalle mani di suo padre e metterla al sicuro, ma non poté farlo.
Non poté fare proprio niente.
-Adesso mi spieghi tutto ragazzina, ok?- disse la voce di Rose, che la strappò via dai pensieri che la stavano soffocando.
La donna la osservava con interesse mentre con una mano aperta pettinava i suoi lunghi capelli: era curiosa di capire cosa fosse accaduto per davvero, e non sembrava volerla giudicare.
Selin abbassò lo sguardo e strinse le spalle, riprendendo solo adesso e respirare normalmente. Le sue ginocchia tremavano, aveva i palmi sudati e la vista annebbiata.
-Perché non ti siedi?- la invitò poco dopo Rose indicando il letto, mentre si apprestava a chiudere la porta della camera per ottenere un po' di privacy; dal corridoio proveniva il suono ovattato del pianto di Felia, ancora udibile distintamente.
Emotivamente distrutta Selin fece ciò che le aveva detto, sistemandosi a sedere sul bordo del materasso con le mani schiacciate tra le ginocchia tremanti e puntando lo sguardo a terra.
-Devo andarmene via subito- sibilò a bassa voce.
Con un atteggiamento protettivo Rose si mise al suo fianco, e posò delicatamente una mano sulla sua coscia per trasmetterle un po' di calore umano.
Era brava a farlo.
-Adesso cerca di calmarti, ho bisogno di capire. Non preoccuparti, sono dalla tua parte- la rassicurò. -Ma devi dirmi tutta la verità-.
Annaspando la ragazza tentò di recuperare la calma, concentrandosi sulla propria respirazione. -Nella camera centoquattro abita un assassino- disse, con la voce che tremava. -Mi ha rapita, ha rapito anche la bambina...-.
Sul volto di Rose comparve dello stupore, che fece inarcare le sue sopracciglia perfettamente modellate. -Un assassino?- ripeté.
-Mi ha legata, picchiata, mi ha...- si interruppe Selin, stroncata dalla un crescente cumulo di ansia. -Felia era una testimone, per questo ha preso anche lei-.
-Scusami ma non capisco- intervenne Rose, con la fronte aggrottata. -Perché allora eravate entrambe qui?-.
L'altra strinse le spalle, in realtà non sapeva come avrebbe potuto spiegare in modo cedibile ciò che era accaduto nelle ultime ore. -Ha deciso di lasciarci andare, alla fine- rispose. -Ma potrebbe cambiare idea, è un pazzo capisci? Per questo devo andarmene subito!-.
L'espressione confusa sul viso di Rose divenne ancor più confusa, nell'udire quelle parole. -Parli del ragazzo con i capelli neri, vero? Quello con le cicatrici sul volto- le chiese.
A quel punto Selin spalancò le palpebre, colta di sorpresa.
Non si sarebbe mai aspettata una risposta di quel genere.
-Aspetta, conosci Jeff?- ansimò destabilizzata.
-È questo il suo nome? In realtà no, non lo conosco- spiegò la donna, con una strana tranquillità. -E credo di essere l'unica, a parte te e Dan, ad essere a conoscenza della sua presenza qui-.
La ragazza alzò lo sguardo all'improvviso, sempre più sorpresa. -Se lo sapevi perché non me lo hai detto?- ghignò. -Quel giorno in cui ti ho chiesto chi fosse, mi hai detto che la camera centoquattro era vuota!-.
Rose sollevò le mani e fece un ampio sorriso amichevole, volendo evidenziare il fatto che lei non avesse nulla a che fare con quella brutta storia.
-Hei, non ho voluto dirti una bugia. È solo che quel tipo ci tiene molto alla sua privacy, mi ha chiesto di non parlare a nessuno della sua esistenza. Tutto qui-.
-Perché lo conosci?- domandò ancora Selin, che a causa della tensione aveva l'impressione di soffocare.
L'altra emise un piccolo sospiro.
-Ha richiesto i miei servizi, abbiamo scopato giusto un paio di volte- ammise ridacchiando. -Ma sinceramente non ho idea di chi sia, non ha neanche mai detto il suo nome... E per dirla tutta mi deve ancora dei soldi-.
Tutte quelle nuove informazioni finirono per trasformarsi in un ammasso caotico di pensieri nella mente di Selin, che iniziava a sentirsi davvero oppressa e disorientata. Si alzò in piedi con un balzo, sistemando meglio lo zaino sulle sue spalle.
-Beh, è un maledetto psicopatico ed anche un assassino, ora lo sai- esordí. -Qualcuno deve fermarlo, siete tutti in pericolo-.
-Frena, frena, frena!- esclamò Rose afferrandole una mano. -Dove stai andando?-.
-Via da questo posto di merda!- rispose lei, quasi gridando. -Alla polizia, non lo so! Non importa dove, devo andarmene-.
Impetuosa raggiunse la porta e la spalancò, non avrebbe tollerato di attendere un solo minuto in più.
-Selin, aspetta un secondo!- le gridò dietro Rose, raggiungendola. Trovandosi ormai nel corridoio la donna lanciò uno sguardo all'ingresso della camera centoquattro, la cui porta era come sempre chiusa. Jeff, certamente, si trovava ancora al suo interno.
-Se ciò che mi dici è vero dovresti avvertire Dan, capito?-.
-Dan non mi ascolta!- replicò la ragazza, mentre si allontanava a passo svelto. -Nessuno in questo cazzo di posto mi ha mai ascoltata-.
-Allora andiamo alla polizia, ti accompagno io. Ho una macchina-.
Quelle ultime parole che Rose pronunciò con il fiato in gola, indussero la ragazza ad arrestare il suo movimento. Si fermò al centro del corridoio con i pugni stretti e gli occhi lucidi, tremante.
-Ti accompagno io- ripeté l'altra, mentre la raggiungeva con una breve corsa. -Andiamo subito, ok? Non posso telefonare, la batteria del mio telefono è morta. Ma spiegheremo tutto quanto direttamente in centrale, è piuttosto vicina-.
Erano sole, tutte le porte erano chiuse e nessuno stava girovagando nei corridoi a quell'ora. Selin guardò Rose con rassegnazione, e si avvicinò al suo orecchio per poter parlare a voce bassa; voleva scongiurare la possibilità che qualcun altro nei paraggi la sentisse.
-Se vuoi aiutarmi, vai tu. Io non posso, non ho i documenti, sono una clandestina-.
Rose allargò un piccolo sorriso, che indicò la sua chiara comprensione della situazione. Temeva che l'avrebbe giudicata negativamente venendo a conoscenza di quel dettaglio, ma così non fu.
-Va bene, ci penso io allora- le rispose, semplicemente. E senza preoccuparsi di indossare qualcosa di diverso dal pigiama che già aveva addosso si limitò a recuperare le chiavi della macchina in fretta, per poi dirigersi correndo ai piani inferiori.
Non avrebbe impiegato molto tempo, la stazione di polizia si trovava a pochi isolati di distanza.
Con speranza e gratitudine Selin osservò la donna mentre se ne andava, e provò finalmente un piacevole e rincuorante sollievo: questa volta era tutto finito per davvero, non le restava che andarsene via.
Avvolgendo le mani sulle spalline dello zaino si incamminò a sua volta lungo il corridoio ma con una meta ben diversa: avrebbe dovuto fuggire più lontano possibile, non importava la direzione. La città sarebbe stata il suo nascondiglio, e forse avrebbe trovato un modo per abbandonare anche quella e recarsi in direzione di qualche altro centro abitato nei dintorni.
L'ambiente era tornato ad essere spaventosamente silenzioso, solo il suono ritmico dei suoi passi echeggiava sulle pareti scolorite; e quando ebbe raggiunto la prima rampa di scale che l'avrebbe condotta alla salvezza, un grido assordante la raggiunse.
-Dove credi di andare, stronza!-.
A pochi metri da lei, uscito di nuovo fuori dalla sua stanza con una furia spaventosa, vi era Phil con una mazza da baseball stretta saldamente con entrambe le mani.
E questa volta avrebbe dovuto affrontarlo da sola, non poteva più contare sull'aiuto di Rose.
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