ƈą℘ıɬơƖơ 20

Jeff inspirò una piccola boccata d'aria e fu subito colto da un violento colpo di tosse, che lo indusse a comprimere i muscoli addominali causandogli una violenta fitta di dolore.
Si guardò intorno molto brevemente per confermare a se stesso di trovarsi ancora all'interno della sua stanza: la porta era chiusa, Selin era in piedi ad un passo da lui mentre la bambina giaceva dormiente a terra, avvolta nella sua coperta.
-Non hai niente da dire?- ghignò la ragazza, che lo stava fissando intensamente con le braccia avvolte attorno al petto ed uno sguardo truce. Sul suo corpo erano evidenti i segni delle botte che aveva ricevuto e le abrasioni causate dai suoi tentativi di liberarsi dalla prigionia; ma adesso lo guardava dall'alto in basso con ritrovata sicurezza. Sembrava trovare quel ribaltamento della situazione piuttosto soddisfacente.
Il killer ricambiò con una smorfia di fastidio e tentò di sollevarsi dal materasso, ma solo per accorgersi un attimo dopo di avere entrambi i polsi bloccati dalla medesima catena che lui stesso aveva più volte utilizzato ai danni altrui. La sentì tintinnare e premere sulla pelle, così la rabbia gli fece recuperare lucidità molto più alla svelta.
Come aveva potuto permettere che accadesse una cosa simile?
-Ma che cazzo credi di fare!?- sbottò, tentando di alzarsi una seconda volta, ma fallendo nuovamente.
La sensazione di contenimento dovuta ai polsi bloccati contro alla sponda del letto alimentò la sua rabbia come benzina gettata sul fuoco: iniziò a strattonare la catena con tutta la forza che aveva in corpo, ignorando del tutto il dolore che quei movimenti gli stavano causando.
-Calmati, ti farai male- commentò Selin, che sprezzante del pericolo si avvicinò a lui e si mise a sedere sul bordo esterno del materasso, perché conscia che non sarebbe mai riuscito a raggiungerla se non con i piedi.
-Vaffanculo!- ghignò ancora il ragazzo, mentre sul suo viso tornava ad essere evidente quel riflesso insano di follia. -Ti sgozzo come un maiale, liberami subito!-.
A quel punto il sonno della piccola Felia fu bruscamente interrotto, ma questa volta anche lei non sembrava affatto spaventata: se ne stava in piedi e, pur mantenendo sempre una certa distanza, osservava la scena con curiosità e interesse.
Dopotutto il mostro era stato legato, non poteva più fare del male a nessuno.
Era stato sconfitto.
-Non ho una buona ragione per farlo, neanche una- ribatté Selin, scuotendo la testa. -Quindi perché non provi a calmarti, tanto per cominciare?-.
La rabbia di Jeff continuò a crescere, così come il suo desiderio di sfogarla su qualcuno: con i denti stretti ed il volto piegato in un ghigno di dolore, continuava a tentare di liberare le sue braccia dalla morsa della catena con bruschi strattoni.
-Liberami, o mi incazzerò di brutto!- sbraitò. 
-Scusami, ma non posso fidarmi di te- replicò ancora l'altra mentre lentamente si alzava in piedi, mettendo in mostra ben volentieri la sua ritrovata sicurezza in sé stessa. Voleva che lui vedesse quanto era forte, quanto non era stata scalfita dalle sue violenze, quanto non le importasse delle sue minacce. 
-Spero tu capisca il motivo per cui ti faccio questo- aggiunse infine, incrociando il suo sguardo senza timore alcuno. Ne aveva abbastanza di lui, di quella putrida stanza, di tutto quello che aveva sopportato in quei giorni.
Ma contro ogni logica, in quel momento Jeff sorrise.
Piegò le labbra sottili in un ampio ed innaturale sorriso che la fece raggelare in modo istantaneo, per quando era folle e cattivo: il suo sguardo d'un tratto sembrava quasi non essere più umano, come fosse stato posseduto da un'entità maligna.
La ragazza fece d'istinto un passo indietro, tutta la sua sicurezza iniziò a vacillare in modo progressivo e sempre più.
Jeff la osservava continuando a sorridere ma senza più muovere un muscolo, con la schiena inaracata e le mani leggermente sollevate che mantenevano in tira la catena di ferro.
Nella mente di Selin iniziarono l'uno dopo l'altro a nascere dubbi di ogni tipo: Avrò chiuso bene il lucchetto? La catena sarà sufficientemente robusta? E se riuscisse a sfilare fuori le mani senza aprirla?
Fu travolta nuovamente dalla paura, e fu solo a causa di quel suo sguardo che sentiva attraversarle il corpo da parte a parte; aveva l'impressione che lui potesse persino leggere i suoi pensieri, che ad un tratto non gli potesse più tener nascosto nulla.
Deglutí a vuoto ed emise un piccolo sospiro per calmarsi, mentre tentava di riprernde il controllo.
-Trovi la situazione così divertente?- esclamò, dimostrando una falsa sicurezza.
Ma il tremare della sua voce la tradì.
Il killer continuò a guardarla in silenzio per un'altra decina di secondi, poi finalmente tornò ad appoggiare la schiena contro al materasso ed il sorriso sul suo volto svanì mentre le sue labbra si stringevano.
-Posso vedere la tua paura- commentò.
Il corpo di Selin fu attraversato da un brivido che la indusse a fare un ennesimo passo indietro; anche Felia, che per tutto il tempo era rimasta in silenzio a guardare, la raggiunse e si aggrappò ai suoi pantaloni alla ricerca di consolazione.
-Ed è buffo- continuò lui, iniziando a ridacchiare. -Non posso farti del male, giusto?-.
Stava giocando con la sua paura, stava alimentando i suoi dubbi e cercando di destabilizzarla ulteriormente.
La ragazza strinse i pugni, facendo cenno a Felia di restare ferma dove si trovava tornò ad avvicinarsi a lui. Non intendeva permettergli di avere la meglio sulle sue emozioni anche in quella occasione, non voleva continuare ad essere la vittima.
-Non ho paura di te- ghignò, travolta dalla frustrazione.
-Non più. Quindi piantala di comportarti come se avessi le cose sotto controllo perché non le hai-. Chinò la schiena per avvicinarsi al suo volto e guardarlo dritto negli occhi, ed a quel punto con la mano destra gli sferrò uno schiaffo sulla guancia così forte da avvertire immediatamente un forte bruciore sul palmo.
Il suono acuto echeggiò nella stanza rimbalzando violento sulle quattro mura quasi spoglie.
-Questo è per tutto quello che mi hai fatto. Ma sai che c'è?- gridò poi, rabbiosa. -Adesso sono io ad avere il controllo, quindi risponderai alle mie domande-.
Nei secondi che seguirono quel sonoro schiaffo, Jeff rimase immobile con gli occhi spalancati a fissare un punto indefinito davanti a se. Non si era aspettato per niente quella reazione, e forse il bruciore che adesso proveniva dalla sua guancia aveva in qualche modo arrestato la risalita della sua follia.
Non disse nulla, ma l'espressione sul suo viso iniziò a cambiare man mano che recuperava il controllo dei suoi istinti; ora, molto più di prima, gli sembrava che si fosse intensificato tutto il dolore che proveniva dalle ferite lungo il suo corpo.
Alcune di queste avevano ripreso a sanguinare a causa dei movimenti bruschi che aveva fatto tentando di liberarsi.
-...Selin?- mormorò la piccola Felia, posizionandosi sotto alla finestra. -Non farlo arrabbiare, ti prego...-.
-Non avere paura- le rispose prontamente la ragazza, con un amaro sorriso sulla bocca. -Non può farci niente-.
Tornando poi a rivolgere la sua attenzione al suo aguzzino, la ragazza si rese conto che lui aveva smesso di guardarla. Era tornato invece a mantenere lo sguardo fisso sul soffitto laddove l'umidità aveva creato una grossa chiazza nera che imbrattava la vernice.
-Perché non facciamo ancora quel bel giochino delle domande, uh?- iniziò a dire, accavallando le gambe. -Ti divertiva così tanto-.
Nessuna risposta, Jeff continuava ad evadere il suo sguardo.
-Solo che questa volta sarò soltanto io a farle a te- aggiunse, aspramente. Non che desiderasse realmente parlare con lui, ma raggiungere una sorta di accordo o quantomeno guadagnarsi almeno un po' della sua stima le sarebbe stato utile: probabilmente Jeff era l'unico tra i presenti in grado di abbattere la porta.
Ma il moro chiuse gli occhi, espirando lentamente aria dal naso. -Non mi va di giocare-.
-Ah no?- inveì lei, innervosita. -Beh non mi importa-.
A quel punto lui si voltò molto lentamente verso di lei, e poté vedere nel suo volto un'espressione di profonda ed inesorabile tristezza. Sembrava una persona totalmente differente da quella che era stato fino ad un paio di secondi prima, e questo non poté che confonderla in modo ulteriore.
-Avresti dovuto lasciarmi morire...- mugolò il moro dopo un breve silenzio, con un filo di voce. -Non capisco perché tu mi abbia aiutato-.
Selin tacque, fu colta di sorpresa da quelle parole.
All'improvviso non riusciva più a provare rabbia nei confronti di quel folle, perché aveva la sensazione di star parlando con un'altra persona, e non la stessa che l'aveva legata e torturata per giorni.
Non aveva idea di come avrebbe dovuto comportarsi, sapeva soltanto che il suo desiderio di vendicarsi si stava prosciugando.
-Io non sono come te, ecco perché- gli rispose, ma solo perché sul momento non trovò niente di meglio da dire. -E inoltre, credo che ti dovessi un favore in qualche modo- aggiunse abbassando sensibilmente il tono della sua voce.
Jeff aggrottò la fronte, ma non le chiese spiegazioni a riguardo. -Capisco- si limitò a dire.
Nella stanza calò il silenzio, la persiana aveva iniziato a sbattere contro alla parete esterna a causa di alcune folate di vento notturno.
Confusa ed incapace di decidere in che modo reagire, Selin iniziò a camminare avanti e indietro lungo la stanza sotto allo sguardo attento di Felia, che di tanto in tanto sbadigliava: non era affatto abituata a restate sveglia in orari così insoliti, e si sentiva molto stanca e provata ma allo stesso tempo non avrebbe potuto semplicemente tornare a dormire.
Non sapeva che cosa sarebbe accaduto da lì a poco, ciò che era certo era che qualunque cosa Selin avesse deciso di fare avrebbe cambiato anche la sua sorte.
Dipendeva da lei in tutto e per tutto.
-Cristo santo, non hai proprio nient'altro da dire?- sbottò infine la ragazza, lasciando cadere le braccia lungo il corpo. -Dopo tutto quello che mi hai fatto, non ti viene in mente proprio niente?-.
Era arrabbiata a morte con Jeff, ma non solo per ciò che aveva subito per mano sua: i suoi continui cambi di atteggiamento le impedivano di comprendere quali fossero le sue reali intenzioni. E trovava questa cosa oltremodo irritante.
Il killer restò ancora immobile, eccetto per il ritmico picchiettare della sua mano sinistra sulle lenzuola stropicciate.
-Che cosa vorresti sentirti dire, Selin?- mugolò. -Fammi un favore, uccidimi e facciamola finita-.
-No- ribatté subito lei, facendo una smorfia. -Perché invece non mi dici che cosa ti è successo?-.
Lui esitò a rispondere, ma un quel momento sembrava stranamente aperto al dialogo. -Non è evidente? Sono stato braccato-.
La ragazza aggrottò la fronte. -Braccato?- ripeté, quasi istantaneamente.
Lo sguardo del killer a quel punto si fece piatto, indecifrabile. -Sono un ricercato, la polizia mi sta alle calcagna, ed anche un discreto numero di altre persone- rispose, sospirando. -Questa volta mi avevano quasi preso... Ecco che è successo-.

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