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Bevvi l'ultimo sorso d'acqua nel mio bicchiere, poi risi per una battuta che aveva fatto Frederick.
Bonnie fece lo stesso, e persino Marc accennò un sorrisino.
-Ragazzi, forse è meglio se adesso ce ne andiamo.- disse la mia amica- Nonostante rida, penso che Jenna sia un po' stanca, per il viaggio in aereo ed il resto...
-Non ci avevo pensato!- disse Frederick - Possiamo portarti a casa immediatamente.
Sorrisi:- Non ce ne è bisogno. Il mio appartamento è qui vicino. Non ne vale la pena.
Bonnie insistette, ma io restia ferma sulla mia posizione.
Ci alzammo e dopo aver pagato il conto ce ne andammo.
Rabbrividii un po' per l'aria fredda di inizio ottobre, e mi strinsi nel mio giacchetto.
Frederick prese per mano Bonnie, e lei si appoggiò a lui.
-È stato un piacere averti conosciuto.- dissi rivolta a lui, poi guardai Bonnie e le sorrisi.
Il suo ragazzo aveva superato ogni mia più rosea aspettativa. Promosso a pieni voti!
Lei capì, e vidi i suoi occhi illuminarsi. Le piaceva sul serio.
Marc rimase in silenzio, e saluto burberamente solo il fratello.
Mi voltai, diretta al mio appartamento, quando sentii una voce alle mie spalle.
-Come mai tanta fretta di andartene?
Marc mi stava seguendo e ben presto mi affiancò.
-Non ho fretta.- risposi- Solo tanto sonno. Il fuso orario e l'aereo mi hanno stesa.
Rimase in silenzio per un paio di secondi, poi disse:- A quanto pare non ti sto simpatico.
Mi venne quasi da ridere. Come aveva fatto a capirlo? Probabilmente mi si leggeva in faccia.
-Sei una persona fuori dal comune.- dissi solamente.
- Non siamo poi così diversi, sai?
Mi fermai e lo guardai, interrogativa.
-Entrambi guardiamo il mondo attraverso qualcosa.
Tu attraverso l'obiettivo di una telecamera, io attraverso la tela.
Abbiamo in comune più cose di quante tu non creda.
Rimasi in silenzio, perplessa.
Forse aveva ragione.
-Cerchiamo un modo per evadere la realtà, perché ciò che ci circonda non ci piace.
Probabilmente ti sei appassionata alla videocamera perché non ti piaceva il mondo che ti faceva vedere tuo padre cercando di educarti all'arte.
Anche a me non piaceva la realtà, da bambino. Ed ho iniziato a dipingere.
-Forse hai ragione.- risposi, ricominciando a camminare verso il mio appartamento- Ma penso sia questa l'unica cosa che ci accomuna.
-Tu credi?- inarcò un sopracciglio.
-Beh, dato che non ti sei degnato di salutare nessuno, non hai detto nulla di nulla durante la cena, e rimani costantemente imperturbabile... sì, penso che le nostre somiglianze finiscano là.
Marc sorrise, ed io mi fermai davanti al mio appartamento.
Lo salutai con un rapido cenno della mano, ed infilai la chiave nel portone.
-Non è stato un piacere conoscermi?- disse, riprendendo le parole con cui avevo salutato suo fratello.
-No, non è stato un piacere conoscerti.
-Solo perché non ho partecipato alla serata perfetta che avevate organizzato tu e Bonnie? O perché ho fatto saltare il vostro appuntamento a quattro?
Sgranai gli occhi.
Appuntamento a quattro? Di cosa diamine stava parlando?
-Chiariamo un concetto. Io non ho organizzato proprio nulla, è stata Bonnie a fare tutto quanto.
Secondo, non era un appuntamento a quattro, altrimenti avrei lasciato che Bonnie si sedesse vicino a Frederick per poi mettermi accanto a te.
Terzo, sono appena tornata da un viaggio che potrebbe segnare una svolta nella mia carriera, e voglio concentrarmi solo su questo.
Non sono in cerca di una relazione.
E quarto- dissi, aguzzando la lingua- per quanto pensi che il tuo ego sovrasti ogni cosa, il mondo non gira solo attorno a te.
Ed il mio, puoi starne certo, non girerà mai attorno a te.
Aprii il portone e me lo richiusi alle spalle.
Non sentii la sua replica, e non seppi nemmeno mai se effettivamente disse qualcosa.
Ma in quel momento la mia rabbia era così intensa che avrei potuto arrampicarmi sui muri pur di sfogarla.
Entrai nel mio appartamento e mi misi quasi subito a letto.
Feci dei profondi respiri dal naso.
Non mi piaceva sentirmi arrabbiata. Non mi piaceva nemmeno sentire emozioni così intense.
Da quanto non mi arrabbiavo così? Era mai successo prima?
Non lo so. Non mi ricordavo.
Chiusi gli occhi, e rividi davanti a me il cielo stellato africano.
Le stelle mi erano sempre sembrate incredibilmente vicine.
Ripensai alle notti infinite passate in tenda, e come pian piano gli occhi scuri di John mi fossero diventati familiari.
Ripensai al suono della sua risata, e a come mi ero rapidamente innamorata di lui.
Ci eravamo scambiati un unico bacio, probabilmente perché la continua vicinanza ci stava dando alla testa.
Lui adesso era a Washington, ad esaminare le riprese e inserire la sua voce.
Sorrisi un'ultima volta, poi riaprii gli occhi.
Dalla finestra entrava la luce della luna.
Ripensandoci adesso, mi viene quasi da sorridere.
Quelli furono, da lì a molto tempo, gli ultimi istanti di pace, prima della tempesta.
Non potevo ancora sapere cosa aveva il destino in serbo per me.
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