13

Jenna

Quel giorno mi alzai subito non appena sentii la sveglia.
Sorrisi.
Mancavano esattamente un'ora e quaranta minuti alla nostra partenza.
Un'ora e quaranta minuti prima dell'inizio della pazzia.
Mi alzai di scatto e accesi lo stereo.
Partì "Summer Paradise" dei Simple Plan.
Alzai il volume al massimo, fregandomene delle lamentele dei vicini.
Avrebbero avuto tempo per il silenzio. Ora toccava a me.
Iniziai a saltare per l'appartamento, mettendo in ordine ogni stanza e cercando di capire se mi fossi dimenticata qualcosa.
Le canzoni continuavano a scorrere, e io continuavo a cantare.
Stavo mettendo lo spazzolino nel necessaire, quando sentii il telefono vibrarmi nella tasca.
Frederick.
Corsi a spegnere lo stereo, poi risposi al telefono.
-Dimmi Fred.
-Si sente il tuo stereo da due miglia.
-Ehm, sì. Ma mi andava di farlo, quindi l'ho fatto.
-Siamo sotto casa tua. Marc ha suonato dieci volte il campanello poi ha perso le speranze.
Risi:- Vengo ad aprirvi.
Spalancai la porta e mi trovai davanti Marc.
Indossava una felpa blu, che stava una favola con i suoi occhi (perché mi venivano in mente certe cose?) ed un paio di jeans scoloriti ad arte.
-Hai preso l'album da disegno?- gli chiesi.
-E tu hai preparato la macchina fotografica?
Sorrisi:- Ho la polaroid nella borsa e la macchina fotografica in valigia.
Sono... pronta.
-Spero tu non abbia dieci valigie, perché non entreranno nell' auto di Frederick.
Scossi la testa, poi lo lasciai entrare in casa.
-Ho un borsone e due valigie. Sono stata brava.
-Dipende da quanto pesano.
Si chinò e prese il borsone e una valigia. Vidi i muscoli del braccio contrarsi, e poi una smorfia sul suo volto:-A cosa ti serviranno i mattoni?
-Per limarmi le unghie.- risposi.
Lui scoppiò a ridere:- Riesci a portare da sola l'altra valigia?
Annuii.
Gli aprii la porta e lui scese le scale.
Presi le chiavi e guardai l'appartamento.
Tutto sembrava in ordine, e per un attimo mi sembrò che il tempo si fosse fermato ad tre mesi prima.
Quando andava ancora tutto bene.
Vidi sul frigo una foto di me e Bonnie.
Avevamo dieci anni, ed eravamo sedute sotto un'altalena.
Sorrisi, poi corsi a prenderla.
La staccai e la inserii nella tasca in alto della giacca.
A un passo dal cuore.
Per sentirla ancora vicina.
Mi richiusi la porta alle spalle senza voltarmi.

***

-Allora ragazzi.- dissi.
Ero seduta nel sedile posteriore, da sola.
Frederick guidava e Marc guardava fuori dal finestrino.
-Se veramente vogliamo continuare questo viaggio dovete far scegliere la musica.
-Non dovresti occuparti del diario di viaggio?- chiese Marc.
-Infatti.- risposi- Ma quello lo farò a fine giornata.
A proposito, dove dormiamo?
-In un motel fuori Richmond.
Perché?
-Così. Posso cambiare canzone?
-Assolutamente no.- disse Frederick.
-Questa band fa schifo!
-I The Script sono fantastici! E se non sei di questa opinione puoi anche andartene!
Incrociai le braccia:- Abbiamo gusti diversi. Facciamo che scegliamo le canzoni alternandoci?
-Ragazzi, basta.- intervenne Marc.
-Siamo partiti da appena venti minuti e già litigate?
Sbuffai.
-Facciamo un gioco.- dissi allora- Ci facciamo delle domande a vicenda e dobbiamo rispondere sinceramente. 

-Ci sto.- rispose Frederick.

-Va bene, ma non fate domande troppo imbarazzanti. O troppo personali. O...
-Marc, dovresti imparare a lasciarti andare. - lo interruppi -Passeremo insieme talmente tanto tempo che prima o poi dovrai scioglierti.
Non rispose, e io lo lasciai fare.
- Comincio io.- dissi quindi.- Se non vi chiamaste così, quale nome scegliereste?
-Archibald III- rispose subito Frederick.
Sentii Marc ridere, e mi sporsi davanti per vederlo.
-E tu? Come vorresti chiamarti? - gli chiesi.
-Non so. Mi piace il mio nome.
-Io vorrei chiamarmi Teresa.- dissi.- Mi piace, e significa "cacciatrice" in greco. È poetico.
-Beh, la prossima volta che Marc farà un tuo ritratto può disegnarti con un arco e una treccia, in stile Katniss Everdeen.
Risi, e sentii Marc che sbuffava:- Mancano ancora cinque ore per arrivare a Richmond. Non so quanto riuscirò a resistere con voi.
Iniziai a ridere così tanto da avere le lacrime agli occhi.
-Tocca a me fare una domanda.- urlò Frederick- Quanto facilmente arrossite?
Mi asciugai gli occhi e mi rimisi composta.
-In che senso?- chiese Marc.
-Non mi sembra una domanda da ingegneria aerospaziale.- rispose Frederick.
-Non è facile farmi arrossire.- mi intromisi- Ed è molto più facile che io arrossisca per l'imbarazzo piuttosto che per un complimento.
-Io non arrossisco mai.- disse Marc.
-È impossibile.- dissi.
Marc si voltò:- Perché?
-Dovresti essere ancora più privo di emozioni rispetto a come sei normalmente.- rispose Frederick.
-Io non sono privo di emozioni. Solo perché non le rendo di dominio pubblico, non significa che io non provi nulla. E non penso proprio di essere l'unico che le nasconde. Vero, Frederick?

-Di cosa state parlando?- mi intromisi- Ognuno a volte nasconde quello che prova. Cosa c'è di male?

Intercettai l'occhiata che si scambiarono, ma non riuscii a dargli un significato. Cosa mi stavano tenendo nascosto?

***

Welcome to Richmond.

Ecco cosa diceva il cartello stradale all'inizio della città. Sorrisi, poi esultai.
Prima che potessi dire qualcosa, Frederick svoltò alla rotonda, uscendo di nuovo da Richmond.
-Cosa stai facendo?- chiese Marc.
-Sorpresa.- disse solo Fred.
Guardai il paesaggio dal finestrino, e incontrai lo sguardo di Marc nello specchietto retrovisore.
Gli sorrisi, e lui fece lo stesso.
-Appena scendiamo dovete prendere un cambio di vestiti.- disse Fred- Mettetevi anche il costume.
-Sei uscito di testa?- disse Marc- È metà novembre.
-E allora?
-Dobbiamo fare il bagno in un posto sperduto?! Te lo scordi.
-Marc, piantala di preoccuparti per tutto. Al massimo ti prenderai un raffreddore, o l'influenza. Poi ti passerà.
-Si può sapere dove stiamo andando?!- domandai io.
-Alle Dark Falls.

***

Fred parcheggiò l'auto in uno spiazzo in mezzo al bosco.
C'erano già due auto, e dopo pochi minuti ne arrivarono altre.
Mi cambiai in auto, poi uscii e lasciai che lo facessero Marc e Frederick.
Quando uscirono seguimmo la folla di gente che si muoveva verso un piccolo ponte tibetano che ci avrebbe portato sull'altro versante e ai piedi delle piccole cascate.
-Non più di dieci persone per volta!- urlò la guida davanti a noi.
Rabbrividii un po'. Non mi piaceva quel ponte. Sarebbe stato un miracolo attraversarlo, le vertigini non mi avrebbero lasciato via facile.
-Hai freddo?- mi chiese Marc, e prima che gli potessi rispondere, mi mise un braccio sulle spalle e mi avvicinò a lui.
Sorrisi:- Sono le vertigini. Ho paura di attraversare il ponte.
-Non è tanto alto.- sussurrò, poi mi baciò la tempia.
Cosa diavolo stava facendo?
Vidi Frederick sorridere, poi distogliere rapidamente lo sguardo da noi due.
Marc mi strinse più forte a se, mentre a gruppi di dieci le persone attraversavano il ponte.
Feci un respiro profondo, e Frederick scoppiò a ridere.
-Marc, dovresti toglierle il respiro, non farle prendere aria!
-Sto facendo del mio meglio.- rispose lui.
Lo guardai, ma lui distolse lo sguardo.
Sentii il suo corpo irrigidirsi, e prima che potessi chiedere spiegazioni, arrivò il nostro turno di attraversare il ponte tibetano.

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