||1||
Peggy Schuyler.
La ragazzina era con la fronte appoggiata alla grande tavolata, dove erano strategicamente posizionati i piatti contenenti la colazione dei suoi amici.
I capelli ricci le ricadevano sulle spalle coperte da una camicetta a maniche corte di un orribile giallo ocra, abbinata ad un foulard arancione che aveva legato al collo e ai suoi pantaloncini marroni.
Sulla camicetta era stampata una scritta a caratteri cubitali che riportava "Camp Yorktown" e, nell'angolino in alto a destra, era cucito il suo nome, Peggy Schuyler.
<<Peggy, dovresti smetterla di bere come una deficiente di sera. È ovvio che poi starai male.>>
La ragazza dai ricci capelli castani chiuse gli occhi sfinita e strinse le labbra in una smorfia amara. Non aveva bevuto, anzi, non beveva quasi mai, ecco perché le sembrava strano che Hercules Mulligan avesse detto quelle parole. Si conoscevano bene, non avrebbe dovuto nemmeno pensare una cosa simile.
«Gne gne, non ho bevuto, Mulligan. Sei tu quello che si ubriaca sempre insieme a Gilbert.»
«Mi sento chiamato in causa!»
La più giovane delle tre sorelle Schuyler riconobbe il leggero accento francese di Gilbert du Motier de Lafayette, il migliore amico di Hercules, capendo che era stato lui a parlare.
«Sembri proprio uno zombie, e hai le occhiaie post-sbornia. Penso proprio che, Miss Schuyler abbia sgarrato questa volta.»
Lafayette pronunciò le parole "Miss Schuyler" con un accento più marcato e ridacchiò alla fine della frase.
«Sei finalmente diventata una signorina, con gra tu la zio ni!»
Disse infine Hercules con aria di scherno.
Peggy appoggiò un gomito sul tavolo e fece un movimento col polso, come se volesse scacciare una mosca.
«Non ho bevuto. Semplicemente sta notte non ho dormito, non è difficile da capire.»
«E perchè scusa? Ti consiglio di mangiare qualcosa adesso, se no svieni durante la giornata.»
Herc sorrise ed avvicinò alla sua amica un piatto contenente del pane tostato e un cornetto alla crema.
Peggy spinse via il piatto con una mano e riappoggiò l'intero braccio al tavolo.
«Non ho dormito perché ho passato tutta la notte in bagno a-"»
«Non ci interessano i dettagli delle tue defecate notturne, Peggý.»
Gilbert pronunciò il nome della riccia con un'accento sull'ultima lettera, molto alla francese.
«Forse dovresti smettere di prendere quelle pillole per velocizzare il metabolismo, Peg. È sicuramente colpa di quella roba che prendi se passi più ore al cesso che con noi.»
La ragazza alzò la testa aprendo gli occhi e appoggiò il mento sulle sue braccia, facendo notare meglio le sue occhiaie e i suoi capelli scompigliati.
«Te l'ho già detto Herc, mi servono per smaltire meglio le calorie, e di conseguenza dimagrire.»
«Ma smettila! Non sei grassa!»
Lafayette assunse un'espressione contrariata ed aggrottò le sopracciglia, scostandosi un ciuffo di ricci scuri dagli occhi.
Aveva una coda di cavallo in cui i suoi capelli erano raccolti, nonostante ciò alcuni ciuffi sfuggivano alla presa dell'elastico, ricadendogli sul volto.
Portava gli stessi vestiti della ragazza riccia seduta davanti a lui, ma, invece del nome di Peggy, nell'angolino destro, era ricamato in corsivo "Gilbert Lafayette". Il foulard arancione invece era legato al suo polso, ma a volte lo usava per legare i capelli, imitando Hercules che lo usava come bandana.
Gilbert era proprio un bel ragazzo tutto sommato. Ovviamente non era perfetto, ne il prototipo del principe azzurro, ma qualsiasi ragazza, e dico proprio qualsiasi, sarebbe caduta ai suoi piedi con pochi sforzi da parte sua. Qualsiasi ragazza tranne Peggy e le sue sorelle. La ragazza infatti aveva due sorelle. La maggiore era Angelica, una ragazza riccia e dalla pelle olivastra, molto intelligente e determinata. La mezzana invece era Elizabeth, soprannominata Eliza; lei era il prototipo della ragazza perfetta: pelle chiara, occhi scuri e capelli neri, bella, gentile e premurosa. La più piccola delle tre era proprio la riccia che in quel momento aveva le occhiaie più marcate che Mulligan avesse mai visto. Trascorreva la maggior parte del tempo con i suoi amici Hercules, Lafayette, Aaron e John. Tutti gli altri partecipanti al campo non amavano stare con Peggy, ovviamente escludendo le sue sorelle. Sparlavano alle spalle della ragazza, probabilmente a causa della sua corporatura non molto esile e per il fatto che, secondo loro, non fosse abbastanza carina da essere considerata una vera e propria ragazza. E che stentavano a credere che lei fosse una delle sorelle Schuyler. Angelica ed Eliza, infatti, erano due delle ragazze più ammirate e stimate del campo, e forse era proprio perché Peggy era imparentata con loro due, che gli altri campeggiatori non la prendevano in giro direttamente, schernendola e ridendole in faccia, ma si limitavano a sparlare, sperando che nessuno si accorgesse di quanto fossero meschini.
Ma Peggy non era stupida, e si accorgeva delle occhiate che tutti le lanciavano, e di come ridacchiavano al suo passaggio.
E pensare che prima di allora, la ragazza non si era mai sentita inferiore alle sue sorelle, anzi. Si sentiva decisamente felice di essere sè stessa: Peggy.
Ecco perché la più piccola delle Schuyler aveva l'autostima sotto le scarpe, ed ecco perché prendeva quelle pillole.
«Vallo dire agli altri, Laf!»
Esclamò Peggy alzando gli occhi al cielo e soffiando via i capelli dal viso.
«Non dovresti fare queste cazzate per compiacere gli altri.»
Disse il ragazzo con la bandana arancione del campo legata sulla fronte, Hercules, incrociando le braccia al petto e inclinando la testa di lato.
«Non lo faccio per compiacere gli altri, lo faccio perché mi faccio schifo.»
Peggy fece una pausa di un paio di secondi e poi continuò a parlare.
«Oltre a fare schifo agli altri.»
Lafayette alzò gli occhi al cielo e tamburellò con le dita sul tavolo, scocciato.
«Da quand'è che non mangi qualcosa di consistente? È da giorni che ti vedo mangiare solo poca frutta e poi prendere quelle pastiglie del cazzo.»
Hercules parlò con una punta di tristezza nella voce. Gli dispiaceva che la sua migliore amica si sentisse così e cercava in tutti i modi di aiutarla a sentirsi meglio, anche se, non riusciva a fare molto. Gli insulti non si fermavano anche se il ragazzo minacciava continuamente i bulli, anche se cercava di limitare il contatto di Peggy con le altre persone, la ragazza sembrava sempre sfinita e stanca, anche se cercava sempre di essere felice e sorridente.
«Scusami, ma dove le hai comprate?»
La voce di Laf riportò l'altro ragazzo alla realtà, interrompendo il suo flusso di pensieri.
«Intendi le pillole?»
«Sì»
«...non mi ricordo, le avrò comprate in qualche farmacia, bho.»
Entrambi i ragazzi sapevano che Peggy stava mentendo, ma, decisero di non insistere. Avrebbero comunque scoperto chi era stato a dargliele, o, dove le aveva acquistate.
Peggy finalmente alzò la testa e si mise seduta dritta, sfoggiando uno dei suoi smaglianti sorrisi.
«Allora... oggi abbiamo un bel po' di attività da fare con il nostro gruppo!»
Peggy era uno dei cinque capi gruppo del campo. Lei coordinava il gruppo arancione, in cui c'erano anche Lafayette ed Hercules. I membri dei gruppi si distinguevano grazie a dei foulard che dovevano tenere con loro per tutta la durata del campo, che, per inciso, durava tutta l'estate. I cinque gruppi avevano delle attività da svolgere e delle sfide da fare, ogni volta che facevano qualcosa di particolarmente utile o vincevano una sfida guadagnavano dei punti. Alla fine di ogni settimana si conteggiavano tutti i punti e si stabiliva chi era in vantaggio. L'ultimo giorno del campus avrebbero annunciato la squadra vincitrice. Le squadre erano quella Viola, quella Verde, quella Arancione, quella Turchese e quella Bianca.
La ragazza controllò il block-notes che le era stato dato dai responsabili del campo quella mattina e sfogliò le pagine.
"Allora... tennis, tiro con l'arco, basket... una sfida contro i turchesi a pallanuoto e-»
Peggy si interruppe e strabuzzò le palbebre guardando il blocchetto.
«Pegs? Stai bene?»
Hercules mise una mano sulla spalla dell'amica visibilmente preoccupato.
«C'è un nuovo componente, dovrebbe arrivare al campo tra poco.»
Rispose la ragazza appoggiando il block-notes sul tavolo, vicino al piatto che aveva respinto poco prima.
«Et... quell'est- qual'è il suo nome?»
Chiese il francese buttando la testa all'indietro e facendo spostare i suoi riccioli scuri. Non era una cosa comune per qualcuno arrivare al campus dopo l'inizio delle attività di quest'ultimo, ecco perché quando succedeva, tutti rimanevano un po' strabiliati.
«Alexander. Alexander Hamilton.»
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top