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Il mare cattura le sfumature del viola tingendosi di notte. Senza luna è un vuoto infinito e, dove non arriva l'occhio, si spinge l'immaginazione. Là c'è l'oriente e c'è il sole che aspetta di sorgere a nuovo giorno, là vi sono i templi degli dèi antichi che nascondono la più lontana e sontuosa Costantinopoli.

Mi tolgo le scarpine, sollevo la tunica e ne faccio un viluppo per camminare sulla battigia. I piedi calpestano sabbia e ciottoli levigati, ne percepiscono l'umidità, la temperatura diversa. Il mare è un richiamo, tasto la sua consistenza con l'alluce.

È meno freddo, è meno calmo, è meno spaventoso di quanto pensassi.

La sua carezza sulla riva, calma, rispettosa, mi invita. Immergo le gambe alle ginocchia. La freschezza mi accappona la pelle, il respiro si ferma per accelerare, la rigidità sfiora la punta dei seni e s'arrampica sulla nuca.

Io. Sola. Gli occhi si riempiono di stelle. Il creato senza altri esseri umani non disturba la quiete. 

Chissà quando mi ricapiterà? 

Alle donne non si permette la solitudine del fisico, si acuisce così quella dello spirito e quest'angoscia si avverte solo per contrasto. 

Invidio gli uomini, padroni del mondo, padroni di noi donne. Per soggiogarci ai loro giochi di potere ci colmano di paure e chiamano noi intriganti perché l'inganno passi inosservato.

Chissà se mia madre ha mai avuto un'esperienza simile?
Chissà se, da quando me ne sono andata, i miei genitori hanno più pensato a me?

Il mare sembra portarsi via ogni pensiero legato al mio passato, anche se inizio a essere inquieta a essere qui da sola.

Paura: proverò nella vita solo paura? Veramente non mi aspetta nulla d'altro?

Le gambe si affrettano sulla spiaggia, le mani slacciano la cintura e sfilano con bramosia la tunica facendola cadere a terra. La raggiunge la camiciola di lino. Ho la pelle raggrinzita, sensibile, ma il corpo non si spaventa.

Mi immergo fino al pube, quando arrivo alla pancia mi limito a inumidirla con le mani. Se ora pensassi a cosa potrebbe esserci sotto la superficie mi fermerei. Non ho nessuna intenzione di fermarmi. Trattengo il fiato e mi immergo.

Se qualcuno si accorgesse di quello che sto facendo, passerei guai seri. Forse mi tratterebbero addirittura da pazza...

I capelli si disperdono nell'acqua in una carezza. Inspiro ed espiro. L'aria ha un odore diverso, più forte, come se il mare ne rinforzasse l'immensità. Tremo, muovo braccia e gambe fino a quando le membra non hanno più vibrazioni. Inspiro chiudendo gli occhi, immergo anche la testa. I suoni del mondo svaniscono, l'eco delle Nereidi e null'altro. 

Apro gli occhi, l'acqua li brucia e li raffredda assieme. Nel buio scorgo puntolini verdi, scappo o rimango? Le bolle d'aria mi solleticano e si intrappolano nei capelli. 

Esco per respirare e mi immergo un'altra volta. Inizio a sentire freddo, ma la sensazione di libertà è impagabile. 

Solo un'ultima volta... respiro e giù sott'acqua, questa volta voglio resistere il più a lungo possibile.

Quando sto per finire l'aria, sento artigliarmi le braccia per venire sollevata a forza.

Non ho fiato per urlare, vorrei farlo.
Agito le mani per colpire qualsiasi cosa sia.

Un uomo?

Il contatto con l'aria fredda della notte mi fa barbellare, braccia e gambe si muovono concitate per fuggire.

«Donna, volete commettere peccato mortale?»

Mi blocco riconoscendo la voce di Giovanni. Mi tratterà da pazza? 
«Quale peccato?»

«Vi fa così orrore essere sposata con me da volervi togliere la vita?»

Non lo vedo in volto, ma il tono della sua voce ferita mi rammarica.

«Stavo facendo un bagno».

«Di notte?»

«Ne avevo letto in un libro».
Sbuffa così sonoramente che taccio. Credo sia in collera.

Sento il rumore delle falcate nell'acqua e lo scricchiolio della sabbia sotto gli stivali. È buio, freddo, mi stringo a lui, le sue mani calde sulla schiena e sotto le gambe mi ricordano la nudità. Cerco di calmare il tremore pensando che è mio marito e mi vedrà senza vestiti.

Non voglio che Giovanni mi veda nuda così, però, perché penserà che sono immorale.

«Non lo avevo mai fatto. Volevo...»

L'uomo si ferma, scorgo solo l'ombra del bel viso. Il suo alito è una carezza tiepida sulle ciglia umide.

«Io cosa dovrei fare con voi?»

«Volete usarmi violenza?»
Lui emette un piccolo gemito e mi allontana per guardarmi in volto anche se non c'è luce.

«Non ho mai battuto una donna e non ho intenzione di iniziare. Ma chi credete che io sia?»

«Giovanni, io non...»

«Non chiamatemi così!»

L'uomo mi mette in piedi, si toglie il mantello e me lo drappeggia attorno al corpo per asciugarmi. Le sue mani mi stringono le braccia, il busto e afferrano i capelli pieni d'acqua. La sua presa si fa gentile, tenera, le mani ora mi accarezzano fino al mento. A volte, una nuvola più chiara del suo respiro sembra illuminare lo spazio tra noi. Tremo, anche le sue dita tamburellano sulle mia mandibola. Le dita tiepide ne seguono la linea fino a incontrarsi e scendono ai lati del collo. Potrebbe uccidermi, se premesse più forte potrebbe ammazzarmi, invece è così leggero che forse non sta succedendo nulla e sto immaginando tutto.

«Cosa stiamo facendo?»
Taccio. Vorrei dirgli ciò che provo, ma ho timore che il suo sguardo torni a essere gelido.
«Non avreste dovuto andare in giro di notte, da sola». 

«Lo so».

«Siete stata affidata a me».

«Sono vostra moglie».

«Voi non... voi non avreste dovuto allontanarvi da me». 

«Non mi è successo nulla».

«Siete fradicia, potreste ammalarvi».

«Mi asciugherò davanti al fuoco e, comunque, non mi ammalo».

«Siete testarda, signora».
Le sue mani mi stringono le spalle.

«Anche voi, signore».

«Promettetemi che non vi allontanerete mai da me».

Il cuore mi batte forte nel petto.
«E voi promettetemi la stessa cosa, che mi vorrete sempre al vostro fianco».

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