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Molto ho combattuto in tre decenni di vita. Ho avuto paura di affrontare il nemico? Mai.

Eccitazione, voglia di far valere la mia spada, desiderio di trionfare e di portare in alto il nome dei Malatesta, ecco cosa muoveva il mio animo. Di me, però, si fermano all'apparenza, alla forza fisica, ignorando la mia capacità tattica, questo è altresì un mio vantaggio perché tutti abbassano la guardia.

Grazie a me, Gianciotto sposerà la figlia di Guido da Polenta. Grazie a me, suggelleremo l'alleanza anche coi signori di Ravenna e il nostro dominio sarà predominante sulle terre di Romagna.

La giornata di oggi è volta al meglio, la dama è degna di portare il nostro nome. Sana, forte, con uno spirito in grado di fronteggiare il carattere di mio fratello. Sono lieto di come sia andato il nostro incontro, sono soddisfatto sia del suo rossore che indica che sia pura sia della dignità che ha mostrato quando sono entrato senza permesso nella stanza.

Tutto è andato come avevamo pianificato eppure non riesco a dormire.

Dalla finestra penetra la luce della luna scolpendo il pavimento in figure mitologiche che si muovono all'ondeggiare dei pini marittimi poco lontani. Ho dato ordine che venisse spento il camino: dopo il caldo sofferto durante il viaggio, sento il bisogno della frescura della notte per acquietare i pensieri, anche se l'umidità sembra invischiarli in un pantano da cui mi risulta difficoltoso uscire.

Quando ancora era giorno fatto ho dato un'occhiata al dipinto ligneo della crocifissione di Nostro Signore appeso alla parete orientale. Ora, nonostante i colori siano stati rimescolati dall'avanzare delle ore, Gesù e i due ladroni hanno preso le sembianze di noi fratelli Malatesta mentre la donna svenuta sotto la croce sembra essere Francesca. Il pensiero si arrovella attorno a quel dipinto modificato dalle ombre della notte dove noi tre ci liberiamo dalla prigionia dei chiodi per vessare una fanciulla che non può fare altro che svenire ai nostri piedi.

Sul tavolo, i servi hanno lasciato un calice di vino, una pagnotta bianca e un cestino di fichi il cui aroma dolciastro ha impregnato l'aria. Forse potrei bere e mangiare qualcosa... Non ho alcun appetito, ma bevo il vino senza trovarlo piacevole solo per ricercarne l'effetto soporifero.

Torno a letto.

Perché non riesco a prendere sonno dopo la lunga cavalcata di oggi, il vino, la constatazione che tutto stia andando come abbiamo pianificato?

Non riesco a non pensare a lei.

Ho avuto esperienza con dame, contadine, servette: non sono più un ragazzino sorpreso dalla primavera della vita e dalla scoperta del gentil sesso.

Mi è sempre bastato un sorriso alla donna di cui bramavo i favori per far sì che i nostri corpi si allacciassero fino al climax che ci liberava dal peso delle rispettive presenze. E, poi, da capo: un altro volto, un'altra donna, altre mani, altri odori.

Fino a Orabile Beatrice dei conti Ghiaggiolo, la mia pace, il porto sicuro della mia anima d'Odisseo. Quando tornerò a Rimini con Francesca, sarà mia moglie ad accogliermi tra le braccia, nel suo ventre troverò rifugio, sul suo petto poserò il capo per riposare. Grazie alla nostra unione sacra, la visione che mi accompagna da questo pomeriggio, per quanto meravigliosa, smetterà di ossessionarmi.

Stanotte, però, gli occhi della mia immaginazione sono ricolmi di quella creatura minuta, dai capelli dorati e dall'arco del piede sinistro marcato da un piccolo neo, sigillo di Afrodite.

È bella, Francesca, bella come non pensavo potessero essere le donne.

Con gli occhi grigi e grandi, il naso piccolo macchiato di efelidi. Quando mi sono avvicinato, ho visto le sue narici ondeggiare nel sentire il mio odore e ho percepito il suo, di caprifoglio, il tenero fiore che suggella coi petali cremisi del suo calice eburneo la forza vivifica dell'amor cortese.

Paolo, che tu sia maledetto! Perché non dici a te stesso cosa ti tiene sveglio?

Le sue labbra, soprattutto le sue labbra. Rosa, appena schiuse, umide. Avrei voluto posare il dito sull'arco di Eros, seguirne il contorno perfetto, stuzzicarne gli angoli per farla sorridere. Ne immagino il sorriso che le arriva agli occhi facendole socchiudere le palpebre, un sorriso che le piega la guancia in una fossetta birichina, un sorriso che vorrei essere riservato a me solo.

Se sentissi il desiderio nei lombi, la volontà di soggiogarla, sentirla gridare il mio nome, riversarmi in lei... se sentissi meramente questo! Che io sia maledetto!

La mano si posa sullo sterno per cercare di calmare un'emozione ignota, grande, spaventosa.

Molto ho combattuto in tre decenni di vita. Non ho mai avuto paura. Stanotte ne ho.

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