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La luce del giorno si allontana e lo specchio rimanda l'immagine di me stessa mentre Elione mi intreccia i capelli e li copre con un lino azzurro dello stesso colore della tunica.

Ho già vissuto questa scena, ripeto gli stessi movimenti eppure tutto è differente.

L'immagine vestita da sposa appartiene alla vita passata, una vita che ben conoscevo e mi sembrava non dovesse mai variare. Avevo paura di ciò che mi aspettava, mentre ora sono in trepidante attesa del mio sposo.

Non pensavo di trovare un uomo la cui bellezza superasse il confine della sua pelle fino ad abbracciarne l'anima. Temevo mi sgridasse per il bagno in mare, invece è stato premuroso, abbiamo cavalcato assieme e mi ha raccontato dei precettori che ha avuto e dei libri letti. So che ha combattuto, ne ho intravisto i segni, una sottile cicatrice sotto l'orecchio destro e una sul braccio, ma quando gli ho domandato di raccontarmi come se le fosse fatte, si è chiuso in silenzio.

Entrerà da un momento all'altro, il tempo  immobile in sua attesa, Elione mi guarda senza dire nulla e sorride. È felice per me. Sentiamo del trambusto fuori dalla porta, un vociare, la ragazza mi stringe le mani e ci giriamo per accogliere Giovanni.

Lui si ferma sulla porta e abbassa lo sguardo. Stringe i pugni e scrolla la testa, poi si avvicina rapidamente. Con un cenno invita Elione a lasciarci soli.

I suoi meravigliosi occhi verdi, dopo aver vagato raminghi nella stanza, si posano su di me. Si è cambiato d'abito e si è fatto un bagno e il suo odore mi fa scottare le guance. Vorrei che mi abbracciasse per sentirlo più da vicino e mi è naturale appoggiare una mano sul suo cuore.

«Francesca, non toccatemi».

Ritiro la mano e la nascondo con l'altra per timore che possa cancellare dalla punta delle dita il calore del suo corpo.

«Io... Voi non siete...»

È combattuto, non capisco perché. Cosa mi vuole dire e perché ha timore? Può essere più terribile di una delle battaglie che ha combattuto?

«Giovanni, vi ascolto».

«Smettete di chiamarmi con quel nome!» mormora digrignando i denti e io indietreggio più per sorpresa che per paura. Cosa è cambiato da questo pomeriggio? Perché mi tratta così? Mi guarda a lungo negli occhi prima di parlare di nuovo.

«Chiamatemi Paolo».

«Paolo?»
Non capisco. Il prete ha detto Giovanni, io stessa l'ho chiamato Giovanni.

Quell'uomo allarga le braccia e mi intrappola contro il suo petto. Non riesco a muovermi, non riesco a urlare, non riesco a respirare. Sono così vicina che esiste solo il verde dei suoi occhi.

«Non sono vostro marito».

«Chi siete?»

«Non sono l'uomo che vi bacerà e che passerà la notte con voi».

«Chi siete?»

«Non sono l'uomo che ha la libertà di amarvi né l'onore di essere chiamato vostro».

«E io non sono vostra?»

Stringe gli occhi e nega con la testa.
La porta si apre di nuovo e lui allarga le braccia tanto rapidamente che rischio di cadere a terra. Il viso si sposta e io seguo il suo sguardo.

Un uomo sta ritto sotto l'architrave. È vestito sontuosamente e sembra indispettito. Muove un passo corto e poi un altro più lungo, di nuovo uno corto, a fatica, zoppicando. Ha gli occhi neri, affossati, che sposta instancabili tra me e quell'uomo, infine, quando è vicino, gli fa un cenno e si gira verso di me.

«Tutto qui? È questa? È lei mia moglie?»

«Francesca, questi è vostro marito: Giovanni Malatesta» la voce dell'uomo, bassa, riflette la vergogna dipinta sul suo volto. Afferro l'abito di lino azzurro e lo stringo forte. Vorrei capire ciò che sta accadendo, ma riesco ad accorgermi solo della consistenza del tessuto e delle pieghe che si sono fatte quando mi ha stretto a sé.

«Sa parlare o è posseduta dal demonio?»

«Gianciotto, non vedi che è spaventata?»

Giovanni, il vero Giovanni, mi squadra da capo a piedi e le labbra si assottigliano. Allunga una mano, mi toglie il velo facendolo cadere ai piedi e mi scioglie i capelli. Quell'altro uomo trattiene il fiato e io lo guardo per conoscere il mio destino. Non voglio che Giovanni mi tocchi, che infili le dita tra gli intrecci perfetti fatti da Elione, non voglio che studi i miei colori né che scuota la testa. Mi gira attorno col suo passo ineguale e si ferma tra me e quell'uomo, dandomi le spalle.

«Non le hai detto che l'ho sposata per procura? Scommetto che, appena ti ha visto, ha iniziato a starnazzare come fanno tutte le donne».

Mi abbasso a riprendere il velo e me lo rimetto sulla testa per proteggermi da quegli occhi poco gentili. Giovanni mi afferra il polso con forza bloccando i tentativi di sistemare i capelli sciolti sotto il lino azzurro.

«Non vi ho ordinato di coprire i capelli, forse l'unica cosa piacevole di voi».

«Gianciotto, ti devo insegnare come parlare a tua moglie?»

«Solo perché sei sposato da otto anni, non ti do...» si ferma a guardarmi e ridacchia. «Non le hai detto che sei sposato?»

L'uomo che cavalcava accanto a me parlandomi del suo passato non è chi diceva di essere. Tutto era finzione. Le sue parole. I suoi gesti. Le sue confidenze. La sua premura.

«Lui non è vostro marito, ma è vostro cognato, mio fratello minore, Paolo».

Io osservo i due uomini, dicono di essere fratelli ma sono così poco somiglianti che temo sia l'ennesima menzogna. Si prendono gioco di me?

«Perché?» sussurro.

Paolo chiude gli occhi, incapace di guardarmi.
«Perché non avreste avuto nulla da obiettare. Siete ancor giovane e avete molte fantasie...»

«Fantasie? Avete ingannato anche i miei genitori. Anche loro hanno fantasie?»

«Loro sapevano che vi sposavo per procura di mio fratello». 

Mia madre e mio padre loro sapevano e hanno taciuto? Lo sapevano tutti? Anche il corteo? Tutti erano a conoscenza della mia stoltezza? Anche Elione?

Il giorno è oramai lontano e lo specchio riflette un'immagine differente a quella di un'ora fa, non tanto perché i capelli sono sparsi disordinatamente sulle spalle, ma perché il futuro propizio di cui avevo appena assaporato il dolce nettare di Eros si è dissolto.

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