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La luce del giorno si allontana e lo specchio rimanda l'immagine di me stessa, scalza, mentre la sarta ritocca la tunica che indosserò domani per le nozze.

Le dita dei piedi si contraggono al contatto col pavimento freddo e la donna si lamenta dei movimenti perché non riesce a fare le dovute cuciture. Le mie mani giocherellano con la stoffa chiara e i nastrini che ornano i capelli: non mi piace che siano troppi.

Ho quattordici anni e, quando ne avevo sei, mio padre mi promise in sposa a Giovanni della famiglia Malatesta che lo ha aiutato a cacciare i Traversari, i nemici storici di cui non sentiremo più parlare.

Non ho mai visto il mio promesso, nemmeno in un ritratto ma, spiando alcune conversazioni delle serve, ho saputo che il suo soprannome è il Bello.

Nei libri ho letto cosa siano l'amore e la passione, in alcuni si fa anche riferimento all'ardore di un uomo... Le donne sposate abbassano la voce in mia presenza nel discorrere del matrimonio, alcune sguattere ridacchiano e sospirano quando adocchiano un garzone di stalla alto e muscoloso, alludendo alle forza delle sue pudenda. Nessuna donna ha mai voluto spiegarmi cosa succeda di notte col marito.

Quando un corvo si posa sulla finestra, spingo le labbra in fuori cercando di fischiare per attirarne l'attenzione. Alcuni dicono che porti il malaugurio, ma io penso ne invidino la forza e la libertà che a noi umani è preclusa, specialmente alle donne.

Noi non possiamo né ribellarci né decidere chi amare. Forse non è bello dormire con un uomo di cui non si conosce nulla, forse non è come abbandonarsi al sonno nella solitudine del proprio letto. Di sicuro, però, ho capito che non siamo libere di stare accanto a chi desideriamo come può farlo quest'uccello dal piumaggio di pece che si allontana in un frullare d'ali.

L'espressione del volto deve aver tradito i miei pensieri perché Elione, l'ancella fedele che conosco da sempre, si avvicina prendendomi la mano. È un gesto non solo che le permetto, ma che mi rincuora: abbiamo un'intimità che i miei genitori disapprovano perché lei è l'ancella e io la sua signora, ma noi siamo sorelle di latte e mi è più cara di quanto ordinino i legami di sangue.

«Francesca, state calma. Il giovane Malatesta è molto bello, virile», le sorrido per la prima volta quest'oggi, «dicono che abbia un animo gentile e che conosca i grandi del passato».

A breve incontrerò il mio sposo. Gli piacerò? Sarò alla sua altezza?

Bello e virile, così lo ha definito Elione. A me importa solo che sia di animo nobile e che abbia studiato per poter discorrere con lui.

Sogno di trascorrere le serate a leggergli le gesta dei cavalieri della tavola rotonda o, addirittura, lo scandaloso Romanzo della Rosa, magari sussurrando i versi più espliciti, proprio come fanno le donne che celano i segreti alle vergini.

Elione ha cambiato idea sulla mia acconciatura. Mi toglie i nastrini dai capelli e li intreccia in modo complesso con perle e zaffiri per farmi sembrare più adulta. L'età, però, è rivelata dai miei occhi e dalla corporatura minuta così differente dalle forme piene delle altre donne. Chissà se mio marito mi troverà almeno gradevole?

La porta si spalanca. Io ed Elione ci voltiamo a fissare un giovane uomo dai capelli lunghi alle spalle che occupa l'intera porta. Senza chiedere il permesso, si avvicina con passo sicuro ed elegante. L'etichetta imporrebbe inchini, frasi di circostanza o, almeno, scuse per essere entrato senza farsi annunciare, ma non accade nulla di ciò che dovrebbe accadere.

Gli occhi verdi, intelligenti e veloci, studiano la stanza adornata solo dallo specchio e da una cassapanca, quasi a domandarsi perché sia tanto spoglia rispetto all'opulenza degli altri ambienti. Notano l'ago della sartina che trema sotto l'attento esame, il pettine d'avorio stretto tra le dita di Elione e lo specchio d'argento di fattura antica che deforma la mia immagine assottigliandola e allungandola.

Sembra stupito e, nello spostare lo sguardo sulla mia persona reale, gli si forma una sottilissima ruga sulla fronte conferendogli un'espressione che non riesco a decifrare. Esamina i miei capelli, il viso e, per un attimo, penso che voglia allungare una mano per accarezzarmi, ma qualcosa lo trattiene.

Nessun uomo mi ha mai guardato così.
«E così, siete voi Francesca».
Non pensavo che la natura potesse miniare dettagli così ricercati in una sola persona. È alto, slanciato, con le spalle larghe e i fianchi stretti. I muscoli delle gambe, stretti nelle calzebraghe scure, denotano molta attività fisica mentre la sua attitudine a studiare sia me che l'ambiente rivelano un'intelligenza curiosa.

Il sorriso lo fa sembrare più giovane dei suoi trent'anni ma, quando gli angoli della bocca si piegano in una smorfia amara, sembra recuperare il tempo perduto. Qualche cosa della mia figura deve averlo contrariato.

«Siete molto bella».

Le parole, prive di artifizi e spoglie di intenti lusinghieri, mi bloccano il respiro. Taccio. Alzo il mento per confermargli che non dirò nulla, lui abbassa lo sguardo e la bocca si dischiude alla vista dei miei piedi nudi. A disagio, ne metto uno sopra l'altro cercando di coprirli con la tunica.

«Se avrete pazienza, mi vedrete vestita a dovere e i miei piedi non vi recheranno più offesa».

Si avvicina così tanto che avverto l'odore speziato del suo respiro. Persino i suoi vestiti hanno un buon profumo, i sentori di cuoio ed ebano mi scaldano le guance. Rimango immobile per non ostentare la mia debolezza o, forse, per non destarmi da ciò che appare come un sogno.

L'uomo si inginocchia e allunga una mano verso i miei piedi. Con la punta dell'indice delinea le dita, risale lungo il dorso fino a quando, alla caviglia, allarga la mano in una dolce carezza.

Elione si avvicina con fare protettivo, ma la noto appena. Sono ammaliata e imbarazzata dal contatto col suo tocco caldo.

Nessun uomo aveva mai osato sfiorarmi.

Subito si ritrae. Si rialza con lentezza, ma solo per farsi più vicino.

Sento ancora l'impronta della carezza sul piede, il calore che si arrampica sulla gamba insinuandosi tra gli indumenti fino a giungere in una zona inesplorata sotto il corpetto.

«Francesca, né voi né i vostri piedi mi offendono».

Si volta e se ne va a grandi passi, lasciandomi ammutolita per quello che ha detto e fatto.

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