4. Colloquio

L'addetto all'inserimento dati forniti da Miriam era un ometto magro e con pochi capelli, dalla pelle lattiginosa e leggermente sudaticcia. Dimostrava un certo rigore e confidenza con le procedure di cui si occupava, ma trasmetteva allo stesso tempo anche un'aria di benevolenza e pazienza.
Dopo qualche minuto di domande e risposte generiche, il colloquio vero e proprio ebbe inizio.

«Allora, può vedere questo Salto come un'occasione per essere qualcosa di diverso, per fare un upgrade di se stessa. Cosa le piacerebbe essere?»
«Mi piacerebbe essere una persona creativa!» Non ci pensò su molto, era pronta a quella domanda, nonostante i moduli fossero stati compilati in tutt'altro modo.
Alla fine aveva passato buona parte della notte seduta al tavolo della cucina a fissare il vuoto senza pensare davvero a nulla, ma quando ormai stava per albeggiare, al crescendo di paura di non trovare soluzioni a quella serie di domande, aveva raggiunto un verdetto inaspettato, seguendo più l'istinto che la ragione.
Facendo tesoro dei consigli della donna con cui aveva parlato il giorno prima aveva riempito quelle scartoffie alla perfezione, ma sentiva che in quel modo non sarebbe stata felice, esattamente come in tutta la sua vita fino a quel momento. Non era stata nemmeno triste, ma sicuramente non felice. Non era stata niente, nessuno.

«Penso che potrei essere una scrittrice o una sceneggiatrice, una giornalista magari. Credo che ne sarei in grado.»
«Sì, signorina, d'accordo; ma come sa questi sono tutti fake works, non serve farli davvero. I libri sono solo fogli bianchi rilegati che la gente finge di leggere, così come i giornali.»
«Lo so, ma nulla vieta di provarci, di immedesimarsi nel ruolo assegnato, no?»
L'ometto la guardò qualche istante con i suoi occhi vitrei, attraverso le lenti giallastre degli occhiali, e le sorrise freddamente mentre cercava di decifrare quella strana ragazza. Il suo lavoro comunque gli imponeva di adoperarsi per ottenere il miglior ruolo possibile per tutti, di provarci fino in fondo.
«Ma sì, certo, nessuno glielo vieta. Comunque mi faccia controllare...»
Ticchettò con i polpastrelli sulla tastiera del suo computer per un tempo che Miriam considerò stranamente lungo, per una semplice ricerca.
«Potrebbe essere fortunata, forse c'è ancora qualcosa di libero, ma...»
Ecco, lo sapeva che c'era un "ma".

«Mi dica, conosce qualche scrittore famoso?»
«Beh, no...»
«Un influencer?»
«Nemmeno.»
«Signorina, conosce almeno qualcuno che dice delle cose a cui la gente dà retta senza chiedersi se abbia ragione o meno?»
«No», ammise Miriam abbandonandosi a un sospiro. Iniziava a credere di aver sbagliato strategia, avrebbe dovuto dare retta a quella donna sin dall'inizio. Almeno, si consolava, ci aveva provato.
«Dunque lei non conosce nessuno scrittore, regista, musicista, critico, sceneggiatore, fumettista...? Nessuna persona famosa?»
«No, nessuno; ma le assicuro che la creatività non mi manca. Fino a ieri il mio ruolo me lo impediva, ma oggi sento che potrei creare qualcosa, potrei fare l'artista. Mi andrebbe bene suonare la chitarra, anche per strada.»

L'uomo si sfilò gli occhiali e li appoggiò sulla scrivania; chiuse gli occhi e se li massaggiò un paio di volte con le dita, stancamente, prima di riprendere il colloquio.
«Signorina, non è così che funziona, non può essere una persona creativa se non ha contatti con qualcuno riconosciuto universalmente come tale. La creatività che lei possiede o meno non c'entra nulla con il poter essere una persona creativa, sembra che lei non sappia le basi di come funzionano le cose, mi scusi ma in che mondo vive?» chiese spazientito, senza tuttavia ombra di cattiveria nella sua voce.
«In realtà pensavo che...»
«Ecco il suo primo problema. Lei pensa a cosa vorrebbe essere, a cosa potrebbe fare, ma queste cose sono già state decise da qualcun altro, non deve preoccuparsene. So che questo è il suo primo Salto consapevole, ma cerchi di avere più fiducia nel Sistema e nella sua infallibilità.»
«E se non riuscissi a convivere con ciò che mi capita? Se non facesse per me?»
L'uomo sembrò riflettere per qualche secondo e rimettendosi gli occhiali riprese a tamburellare sui tasti della sua tastiera e a parlare alla ragazza, senza più guardarla.
«Dev'essere una costante, tra le ragazze della sua generazione: pensi che ieri una sua coetanea è venuta qui per un ricorso. Un ricorso, capisce? E dire che le è stata assegnata una così bella famiglia, con la possibilità di allargarla! Ma lo sa lei a quante poche persone è concesso il privilegio di procreare? Bisogna trovare i genitori con i geni giusti, sa? Comunque questa ragazza non riusciva ad entrare nel ruolo, lei riesce a crederci?»
«E l'ha ottenuto, il ricorso?» chiese Miriam, tradendo un improvviso interesse eccessivo per la questione.
«Questa è un'informazione riservata», rispose l'uomo, e Miriam si chiese perché avesse iniziato quel discorso, se non aveva intenzione di rivelarle il finale.
«Signorina non è che per caso le interessa...»
Più passava il tempo, più si allontanava da Miriam ciò che era stata per anni, più la voglia di incontrare ancora quella ragazza aumentava. Certo che le interessava, come aveva fatto quell'uomo a capirlo così in fretta?
«... le interessa il suo posto? Eh,lo capirei, ma credo comunque che purtroppo lei non abbia i geni giusti. Però possiamo provare a trovare qualcosa di molto simile, mi creda. Magari senza figli, anche alla sua età è assolutamente raccomandabile fare una scelta di questo tipo: convivenza, matrimonio... E poi se non fa figli può sempre scegliere una bella carriera. Altro che l'artista!» Pronunciò queste ultime parole con evidente scherno.
«Ma se non volessi né figli né una carriera?»
«Ci risiamo. Signorina, ma lei è qui per farmi perdere tempo? C'è gente che aspetta fuori, sa?»
«No, davvero...» ribatté Miriam, che in tutta quella conversazione si era impegnata a restare seria e concentrata: in fondo ne andava del suo futuro, come poteva quel tale pensare che scherzasse?

A quel punto non fece più domande, per un po' almeno; in silenzio prese i suoi moduli compilati e li consegnò all'uomo, che dopo un'occhiata rapida ad ogni pagina la guardò soddisfatto: «Se aveva già scelto di aderire a questi standard avrebbe potuto dirlo subito. Abbiamo ancora qualcosa disponibile... Un attimo che cerco... Sì, bene, ha a disposizione tre scelte: marito, compagno o amiche con cui sparlare degli uomini».
«Non si può avere un compagno e delle amiche?» Chiederlo fu più forte di lei.
«No, signorina, vede qui?» sbuffando voltò il monitor del computer verso di lei, «non me lo sto inventando, la casella da barrare è una sola delle tre. Lo vede che se ne seleziono una viene deselezionata l'altra in automatico?»
Iniziava ad avere mal di testa. Aveva già scelto il lavoro, ma doveva ancora pronunciarsi sui rapporti personali (compresa la famiglia) e sulla sua istruzione.
L'uomo le aveva appena spiegato che la cultura, una bella famiglia e un bel numero di amici da nominare spesso, erano anch'essi fasulli: bastava dire di averli, fingere. Non doveva davvero mettersi a cercare dei genitori, farsi degli amici o imparare qualcosa, aveva aggiunto lui ridendo come se fosse la più elementare del mondo.

«Mi scusi mi serve un momento», fece per alzarsi e prendere la borsa, ma ebbe un secondo di sbandamento.
«Signorina, mi dispiace vederla così, ma, dico io, non era pronta a questo colloquio? Eppure sembra che abbia compilato tutto per bene, scrupolosamente. Cosa sono adesso tutti questi dubbi? Guardi che siamo solo a metà, se esce ora dovrà prendere un nuovo numero e rifare la fila per tornare e riprendere da qui.»
«E sia.» concluse Miriam, stanca come non si era mai sentita in tutta la sua breve e incolore vita.

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