3. Sfumare

Nel tornare a casa Miriam si sentiva il cuore duro e pesante come un sasso che invece di farle battere la vita nel petto, scivolava verso il basso e le si bloccava sullo stomaco.
Avvertiva l'avanzare di una strana sensazione di apatia farsi strada ricoprendo ogni cosa dentro lei. Ciò che era stata finora gradualmente svaniva, così come il ricordo di ciò che le piaceva o meno, dei suoi gusti e dei suoi interessi.
Iniziò ad accorgersene gettando sguardi distratti alle piccole cose sistemate nelle vetrine dei negozi davanti cui passava, dove era più che sicura di aver notato, all'andata, qualcosa di carino. Ora invece non riusciva a distinguere le cose che avrebbe comprato da quelle che non le piacevano affatto: era come se qualcuno avesse versato una gigantesca latta di vernice nera su tutti i colori che fino a quella mattina conosceva e amava.

Nel Sistema le identità assegnate erano assemblate prima di essere distribuite, e non lasciavano nessun margine di personalizzazione individuale. Era come prendere uno stampo immaginario e versarvi dentro una selezione di tratti caratteriali, la personalità, gli interessi, le ambizioni, la sensibilità, l'estro, l'empatia e le capacità lavorative: il blocco che ne veniva fuori diventava tutto ciò che eri, e quando ti veniva portato via di te non restava nulla, se non un guscio vuoto pronto ad essere riempito con il risultato di un nuovo stampo, una nuovo mix di elementi scelti e dosati accuratamente.
Era pur vero che, anche se non era possibile smussare i ruoli una volta assegnati, poco prima che la miscela da versare nello stampo fosse pronta, si poteva in qualche modo interferire con le proprie scelte e decisioni, a eccezione per quella attribuita alla nascita.
Ora Miriam avrebbe potuto decidere di essere potenzialmente qualsiasi cosa, diventare chiunque? No, non in un mondo in cui dovevano esserci un certo numero di ragionieri, di artisti, di creativi, di impiegati, di cuochi, banchieri, e così via per tutti i ruoli della società, dal milionario al barbone.
Ma nel Sistema non importava che il banchiere sapesse fare i conti, che l'artista avesse qualcosa da dire, che il cuoco sapesse cucinare o che il creativo lo fosse davvero, creativo. L'assetto del mondo reggeva su ciò che venivano chiamati fake works: si fingeva di fare un certo lavoro, poiché da tempo nessuno produceva più qualcosa di utile al mondo, non c'era nulla di necessario.
I pochi lavori reali si potevano contare; ad esempio l'impiegata dell'ufficio assegnazioni dava davvero indicazioni, risolveva davvero problemi degli utenti, o almeno ci provava.
Invece il manager di una multinazionale? Faceva finte riunioni, finti viaggi di lavoro, finte presentazioni con valigette vuote e fogli bianchi.
Il pittore? Pennello asciutto su tela bianca.
Lo scrittore? Batteva i tasti di una tastiera senza pensare a ciò che scriveva per otto ore al giorno.
L'artigiano non era utile e nemmeno il sarto e il falegname non erano più utili. In compenso c'erano gli ingegneri e gli analisti. Loro avevano programmato il Sistema, a partire dai database per le assegnazioni, fino ai macchinari che cucivano i vestiti al posto dei sarti, o che progettavano, costruivano, consegnavano e installavano mobili e oggetti di design.
Sempre loro avevano trovato il modo per soddisfare il fabbisogno dell'intera Umanità e si assicuravano che a ogni individuo con un determinato ruolo non mancasse nulla, senza essere tuttavia utile in nulla, se non a evitare l'estinzione della razza umana. Tutti tranne Gli Smarriti, che sfuggendo dal controllo degli analisti, si sottraevano dall'essere una loro responsabilità.

Presa com'era dai suoi pensieri che uno alla volta sfumavano fino a svanire, Miriam raggiunse il suo appartamento, accese la luce della cucina e si sedette al tavolo, dove passò il resto della giornata fissando i moduli, senza in realtà leggerli o riflettere davvero su nulla che li riguardasse.
Insieme ai suoi pensieri stava sfumando anche lei, così come tutto ciò che era stata per più di venticinque anni.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top