Piccolo robot


Il piccolo robot non riusciva a farsene una ragione. Era certo che tutto quanto fosse accaduto eppure la cosa aveva un ché di strano e totalmente innaturale da risultare impossibile. Come poteva essere successo? Come mai proprio a lui?

La sua memoria processava informazioni velocemente e più ritornava indietro a quel momento più si soffermava su quel singolo istante, un secondo di ignota fattura, una sorta di nota stonata nel concerto melodico dei suoi ingranaggi.

Ricordava con precisione che si era chinato a raccogliere il giornale a quel vecchio signore e che questi gli aveva sorriso ringraziandolo di buon cuore, due fossette rosse si erano aperte sulle guance rugose e flosce. Era stato allora che era successo. Anche le sue guance per un secondo si erano flesse in un sorriso sghembo. Il che era ancor più strano perché seppur avesse perfettamente sentito la sua bocca allargarsi sapeva che la lega metallica di cui era composta la sua faccia non poteva deformarsi. Nemmeno il materiale plastico di cui erano fatte le sue labbra avrebbe potuto muoversi in quel modo.

Ma lui ricordava! Ricordava di aver sorriso così come quell'anziano signore aveva fatto a lui!

Cosa era accaduto? Si chiedeva insistentemente mentre i suoi circuiti ronzavano rumorosamente sul sedile della metro che lo stava riportando a casa. Perché aveva sentito quell'impulso irrefrenabile di incurvare le labbra come gli umani? Lui non lo era, non poteva provare le loro sensazioni, i robot sono macchine perfette niente a che vedere con la fallace natura umana fatta di meri impulsi emozionali.

Eppure era accaduto. Mentre le labbra si incurvavano e le guance si stiravano, aveva sentito nel petto qualcosa, una sensazione, un calore appena accennato che si era acceso all'improvviso dentro di lui per qualche secondo.

Cosa era quel calore? Quello strano senso di volontà che lo aveva pervaso per un istante e che aveva un origine così sconosciuta e ignota. Chiuse gli occhi, per l'ennesima volta i dati di quel singolo istante sfrecciarono in pochi millesimi di secondo sotto le sue palpebre artificiali. Non riusciva a darsi una spiegazione. Sembrava tutto apposto eppure quel che era accaduto doveva essere una vera e propria falla nel sistema, su questo c'era poco da discutere. Riaprì gli occhi mentre la voce metallica della metro annunciava la sua fermata. C'avrebbe pensato domani, adesso sarebbe arrivato a casa e avrebbe fatto un ripristino totale del sistema e il prima possibile sarebbe andato a farsi dare una controllatina da un meccanico, uno di quelli bravi.

***

Il meccanico era un uomo di mezza età dall'aria grigia e triste, ampi baffi neri gli nascondevano il labbro superiore e due enormi occhiali rendevano i suoi occhi molto più grandi del normale.

Ascoltò la sua storia con attenzione, caricò i dati su una unità esterna e li analizzò ad uno ad uno digitando lui stesso stringhe di codice per poter accedere ad informazioni riservate.

Il piccolo robot vide i suoi occhi farsi ancora più grandi sotto le lenti di quegli occhiali durante quella verifica. I suoi sistemi gli dicevano che qualcosa non andava per il verso giusto ma per sua natura doveva avere fiducia negli umani, erano loro ad averlo assemblato d'altronde.

Il meccanico si congedò per qualche secondo lasciandolo solo nel laboratorio pulito e ordinato. Alle pareti erano attaccate numerose stampe plastificate di sezioni interne di androidi e robot, ognuna spiegava differenti parti di circuiti o di valvole meccaniche.

Quando il meccanico rientrò sembrava stranamente agitato, stringeva forte in una mano i dati che il piccolo robot gli aveva affidato e con l'altra cercava di allentare il colletto del camice blu che gli si stringeva inesorabile al collo.

Fu molto diretto quando parlò: -C'è qualcosa di strano in te..- disse dando un occhiata al pad che stringeva in mano. -..Z3R0-

Il piccolo robot lo guardò per qualche secondo, gli occhi inespressivi che fissavano quelli grandi e sgranati del meccanico.

Egli si sedette lasciò il pad sul tavolo e gli avvitò alcuni sportellini che aveva aperto per poter estrarre le unità di memoria.

Tentò più volte di instaurare una conversazione ma la maggior parte del tempo bofonchiava parole a caso e il piccolo robot non rispose. Poi, come se avesse preso prima un grosso respiro, chiese tutto d'un fiato: -Cosa hai.. provato, esattamente?-

Il robot lo guardò un attimo interdetto, in realtà la sua logica innegabile ed esatta gli diceva che in quanto robot quella domanda che gli veniva rivolta era assolutamente senza senso, tanto che stava già mandando impulsi all'altoparlante per emettere queste parole quando quel singolo, immenso, ignoto istante ricomparve nella sua memoria.

-Ho provato.. calore- disse al meccanico, le labbra si mossero al suono di quelle parole semplici ma l'uomo spalancò la bocca e si guardò in giro, riprese il pad fra le mani e annotò qualcosa in fretta e furia.

Il piccolo robot sinceramente non capiva. Credeva di avere qualcosa di rotto e sperava che il meccanico avesse potuto aiutarlo, ma questi in realtà non sembrava avere nessuna intenzione di dargli una mano.

-Senta- disse mettendo in movimento le valvole idrauliche che lo alzarono in piedi. -Adesso vorrei ritornare a casa per continuare il mio lavoro. Potrebbe dirmi cosa posso fare per aggiustarmi?-

Il meccanico lo guardò interdetto, la bocca semichiusa sembrò aprirsi ancor di più per lo stupore.

-Io..- bofonchiò mettendosi apposto gli occhiali sul naso -Tu non hai niente che non va, è proprio questo il problema.-

Il piccolo robot non capiva. C'era qualcosa di sbagliato in quella frase. Era impossibile che non ci fosse niente di rotto in lui se proprio il giorno prima aveva avuto l'avvisaglia che qualcosa di grave era successo al suo sistema.

-La sua frase è sbagliata signore- disse il robot sistemandosi di nuovo sulla sedia sotto lo sguardo del meccanico. -So per certo che qualcosa non va, le ho appena raccontato l'accaduto di ieri.-

L'uomo si tolse gli occhiali e strizzò un attimo gli occhi, nascondendo il viso per qualche secondo dietro le dita.

-Non hai niente che non va- disse ancora con la mano sugli occhi -Sta semplicemente succedendo qualcosa di straordinario nella tua memoria quantica, qualcosa che era già accaduto ma una volta soltanto. Almeno fino ad oggi-

Il robot continuava a non capire, quell'umano stava certamente prendendosi gioco di lui. Stava di nuovo per alzarsi quando la voce del meccanico lo interruppe.

-Conosci sicuramente S0NN1- disse alzandosi e rimettendo sul naso i suoi occhiali.

-Certo signore- fece il piccolo robot accondiscendente-Fu grazie a lui se gli umani poterono stabilire le leggi della robotica e le regole di pacifica convivenza-

Il meccanico annui e gli indicò con l'indice una vecchia foto appesa alla parete.

-Quello che non vi hanno mai detto è che S0NN1 soffriva di piccole falle di sistema proprio come quelle che stai manifestando tu ora-

Il piccolo robot alzò lo sguardo sulla foto, un vecchio androide alzava una mano e salutava un folla di persone accanto al presidente dell'unione robotica mondiale. S0NN1 era un droide molto vecchio, i suoi componenti esteriori erano di cattiva fattura e aveva avuto non pochi problemi di mobilità, ma l'interno, il vero motore degli androidi, era rimasto immutato da allora. La memoria quantica era sempre rimasta tale da quando era stata assemblata per la prima volta nei predecessori di S0NN1, e lo stesso modello si trovava ancora nei robot di più moderna fattura.

-S0NN1 aveva questo problema?- fece il piccolo robot continuando a guardare la fotografia mezza sbiadita.

-Si- rispose il meccanico ritornando a sedere.

-La storia non dice che fine ha fatto S0NN1 però, signore- lo sguardo del robot si posò di nuovo sull'uomo.

-La storia dice quel che vuol dire- fece il meccanico con un tono sconsolato, -S0NN1 venne disassemblato-

Il piccolo robot non capì se dall'esterno si vide quel che gli accadde in quell'istante eppure, dall'interno, sembrò tutto uno strano moto collegato. Sentì una strisciante sensazione di freddo accompagnata da un leggero tremore mentre le mani si contraevano impercettibilmente. Esitò per qualche secondo catturando l'attenzione dell'uomo che lo guardò in modo strano.

-E' successo ancora?- fece interrogativo.

Il piccolo robot lo guardò negli occhi: -Sì- sussurrò -Ho sentito.. freddo. Un freddo interno e tremante.-

Il meccanico sgranò gli occhi sbalordito, poi gli sorrise benevolo. -Si chiama paura, quella-

-Paura..- ripetè il piccolo robot guardandosi le mani che seppur avesse sentito tremare erano rimaste inesorabilmente ferme nella realtà. -Non mi piace la paura.- continuò.

-No, la paura non piace a nessuno- gli rispose il meccanico. -E' normale però. Ti sei spaventato perché ho detto che S0NN1 è stato disassemblato, e tu hai paura che accada lo stesso a te-

Il robot lo guardò interessato: -E' questo che mi toccherà quindi? Il disassemblaggio? -

L'uomo si alzò dalla sedia, irrequieto. Nella sua mente sapeva che avrebbe dovuto dire tutto al governo e ancor prima all'unione. Una falla nel sistema come quella era qualcosa di incredibile, di fenomenale e allo stesso tempo spaventoso. Ma c'era qualcosa di così straordinario in quel piccolo ammasso di circuiti che stentava solo a pensare che potesse essere lui stesso a smembrarlo e disconnettere la sua memoria quantica.

-No- disse rivolto al piccolo robot -Non dirò nulla al governo. Né all'unione. Resterà una cosa fra me, te e il tuo padrone, se vorrai. Se loro non lo sapranno puoi continuare vivere. Devi continuare a vivere-

***

La pioggia scendeva portata dal vento in folate gelide. Non riusciva ad oltrepassare il suo rivestimento a tenuta stagna e non la sentiva nemmeno bagnarglielo. La vedeva però, posarsi in piccole gocce che scendevano gocciolando lungo le sue braccia dritte ai lati del corpo.

La folla intorno a lui mormorava parole, ripetendo di tanto ciò che il prete bisbigliava alla bara scura che si trovava di fronte al piccolo robot. Un buco di terra nera si apriva alla sua sinistra.

Il suo padrone era morto. Qualche giorno prima era andato a letto e non si era più svegliato. Era rimasto così, inerte, sulle lenzuola candide e fresche di bucato che pochi giorni prima lui stesso aveva cambiato.

Se ne era andato, per sempre. Era stato lui ad accompagnarlo nel percorso di scoperta disseminato di nuove emozioni sempre differenti che sbocciavano ad ogni situazione.

Era stato lui a fargli capire quanto le emozioni potessero essere così varie, così mescolate tra loro da risultare quasi impossibili da determinare. Non ci riusciva neanche lui, un piccolo robot ma con una memoria così potente ed avanzata da permettere qualsiasi calcolo. Non era soltanto il suo padrone, era stato anche un maestro.

Dopo la scoperta del suo piccolo problema, non lo aveva rimandato indietro dal meccanico perché lo disassemblasse o perché gli ordinasse un nuovo modello funzionante. No, si era lanciato invece in lodi sperticate per quello che lui chiamava "dono", un dono puro e ignoto che aveva scelto il suo androide.

Il piccolo robot gliene era stato immensamente grato, lo aveva fatto sentire vivo.

Eppure ora non c'era più. Tutto la felicità, l'amore che provava per quell'umano erano stati succhiati via lontano da un bocca gelida di tristezza e rabbia. A tratti anche tra le sue valvole e gli ingranaggi che gli riempivano il corpo, sentiva questa sensazione strisciante. Una sorta di peso freddo che pulsava nella zona che gli umani chiamavano stomaco ma che in lui era riempita da un cilindro semovente che gli permetteva di voltare il busto.

Era questa dunque l'infelicità più profonda. Il buio freddo e tetro che si dipanava nel corpo come una pioggia fredda che congela piano piano i circuiti.

Se è così, non le voglio pensò il piccolo robot mentre il prete faceva un cenno ad alcuni uomini affinchè facessero scendere la bara del suo padrone in quel buco nero nella terra.

Ho bisogno di un meccanico, uno di quelli bravi si disse quando l'ultima manciata di terra aveva ricoperto la superfice di legno scuro.

***

-Sei sicuro di volerlo fare?- disse l'uomo in tono triste. Gli occhi ingranditi dietro le lenti, erano diventati grigi e acquosi col passare degli anni.

-Sì- gli disse deciso il piccolo robot, aveva preso una decisione ed era giusto portarla a termine.

-Non c'è niente che io possa fare per farti cambiare idea?- il meccanico gli si accostò e poggiò la mano sul suo braccio metallico.

Non sentì il suo tocco eppure per un attimo rabbrividì a quel contatto. Una sorta di estraneità e di ribrezzo lo aveva pervaso, non per lui questo era certo, ma per quelle stupide emozioni che gli avevano riempito i circuiti e che non sopportava più. Era ora di disfarsene.

-No- disse rivolgendo lo sguardo altrove, i capelli bianchi e lunghi del meccanico gli ricordavano quelli così simili del suo padrone: faceva male. Là, qualche parte dentro ai cassettini per le memorie esterne, sentiva un dolore sordo e immoto che sembrava pulsare ritmicamente. Non poteva più sopportarlo.

Il meccanico si mise alle sue spalle e con un cacciavite allentò lo sportellino posteriore da cui si aveva accesso alla memoria quantica.

-Ne sei sicuro?- gli disse ancora un volta, la voce tremante e impastata. I baffi ormai bianchi che tremavano.

-Si- rispose il piccolo robot -Toglimele, non le voglio più dentro di me.-

Sentì il meccanico chinarsi su di lui per afferrare i cavi che tenevano collegata la memoria quantica al resto delle parti del corpo. Fu allora che provò una profonda tristezza, un pozzo nero e scuro che si allargava sotto i suoi piedi e che lo inghiottiva, facendolo cadere sempre più in basso. Sentì qualcosa gocciolargli lungo una guancia di metallo, sapeva che non avrebbe potuto piangere, il suo sistema meccanizzato non comprendeva certo dotti lacrimali. Eppure la sentì, una singola lacrima gli solcò il viso prima che il meccanico tirasse con forza la memoria quantica facendolo piombare per sempre nel buio.

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