2. Oltre lo specchio
La prima cosa che avvertì fu un sordo dolore alla fronte. Era molto simile a quello che aveva provato sbattendo la testa contro l'architrave - troppo bassa! - della cantina del suo condominio. Gli occhiali erano storti sul naso. Ipotizzò di aver colpito qualcosa. Poi udì un'imprecazione soffocata al suo fianco e comprese che l'ipotesi poteva rivelarsi corretta.
"Ma dico, sei stupida? Non ci si infila nei quadri altrui a questa velocità. Hai rischiato di ammazzarmi."
Ops, qualcuno.
Vivian spalancò gli occhi e subito constatò che non serviva a molto: la stanza in cui era precipitata era completamente buia. Si guardò attorno con una smorfia - il bernoccolo pulsava - e d'un tratto udì un sibilo, subito seguito dalla comparsa di una tenue luce, che illuminò il viso stizzito di un ragazzetto castano di circa dodici anni.
"Beh?" chiese risentito.
La giovane donna avrebbe volentieri risposto, se la sua attenzione non fosse stata calamitata dalla moltitudine di superfici riflettenti appese alle pareti che in un attimo trasformarono l'oscuro locale in una magica sala degli specchi. Ce n'erano di tutte le misure e forme: piccoli, grandi, ovali, quadrati, bombati, di bronzo, con ricche cornici, moderni. Nemmeno Amazon avrebbe offerto così vasta scelta.
"Dove... dove sono?" domandò con voce sognante.
Il ragazzino rovesciò gli occhi ed emise un sospiro. "Nel quadro che stavi ammirando, suppongo."
Improvvisamente Vivian ricordò ogni cosa: il nuovo lavoro, la serata in solitaria al Louvre, il dipinto di Pere Borrell del Caso.
"Ma tu sei il Trompe-l'œil!" esclamò, tirandosi seduta. Il suo ospite si accigliò.
"Il che?"
"Ma sì, il Trompe-l'œil! Sei il ragazzo che esce dalla cornice! Sei un'illusione!"
"Un'illusione a cui hai tirato una testata! E mi chiamo Sebastiàn, non Trompe-l'œil."
"Incredibile." Vivian si alzò, senza distogliere lo sguardo dagli specchi. La fiammella di Sebastiàn si rifletteva fioca in ognuno di essi. "Che posto è questo?"
"Il retro del mio quadro."
"Tu sai di vivere in un quadro?"
"Diciamo che ci sono arrivato con gli anni. Tu invece non vieni da un quadro."
"No, decisamente. Sono una restauratrice. Mi occupo di dipinti danneggiati." La donna si voltò e guardò il viso illuminato del ragazzo. "Fuga dalla critica."
"Sì..." rispose svogliato Sebastiàn "Mi conoscono così."
"Il tuo autore è un genio indiscusso dell'illusione. L'idea di immaginare il protagonista del proprio dipinto che cerca di scappare dalle critiche pungenti dei critici e dei Salons... geniale. Assolutamente geniale."
"In realtà lui ha solo dipinto quello che ha visto in un altro quadro." la corresse il ragazzino "Mica posso uscire nella realtà come mi ha disegnato lui, io. E così facendo mi ha creato questa specie di cameretta privata in cui..."
"Aspetta, aspetta. Cosa vuol dire che ti ha visto in un altro quadro?"
Sebastiàn si strinse nelle spalle e la larga camicia bianca che indossava gli scivolò sul braccio. Aggiustandosela infastidito rispose: "Che mi ha visto mentre entravo in un dipinto. Uno di Frans Van Mieris, mi pare. C'era uno specchio abbastanza grande. Pere mi ha visto e ha pensato bene di dipingere quello che tu chiami Fuga dalla critica. In realtà non stavo scappando da nessun critico, cercavo solo cibo in giro. Però mi ha fatto un favore: ora ho un posto dove stare quando non vado a zonzo per i quadri."
Vivian era esterrefatta. "Quindi tu cosa sei?"
"Di sicuro non un Trompe-l'œil."
"Okay, okay. Scusa per prima. Non volevo essere maleducata."
Sebastiàn prese con estrema dignità le sue scuse. "Non so cosa sono. Giro nelle tele da quando ho memoria. Potrei farti la stessa domanda, in realtà. Tu cosa sei? Sei reale oppure no?"
Vivian cercò ed osservò le proprie mani nel buio. Le parevano vere. Esattamente come quel ragazzo, la candela e gli specchi.
"Non ne ho idea."
"Siamo sulla stessa barca, allora."
"Ma come faccio a tornare dall'altra parte del dipinto?"
"Non lo so. Io so solo come usare gli specchi."
"E come si usano?"
"Ma non volevi tornare a casa?"
La giovane donna accennò un sorriso davanti all'espressione divertita di Sebastiàn. "Ho tutto il tempo del mondo."
La risposta piacque al ragazzetto, che per la prima volta sorrise convinto. Si avviò verso uno degli specchi più piccoli, tondo e bombato, si alzò sulla punta dei piedi nudi e diede un'occhiata. Fece cenno a Vivian di avvicinarsi e le disse: "Guarda".
Vivian guardò e il fiato uscì dalla sua gola in un sibilo da palloncino sgonfio. Conosceva perfettamente la stanza che stava osservando: letto a baldacchino, candelabro appeso al soffitto e bassa cassettiera. C'era perfino il cagnetto, accucciato ai piedi del letto.
"Ma dove sono i coniugi Arnolfini?"
"Probabilmente a far colazione. Che domande fai? Anche loro hanno una vita."
La restauratrice non rispose. Alzò un braccio e sfiorò con le dita la superficie dello specchio. Si accorse con stupore che sembrava acqua.
"Ma..." mormorò, mentre la mano scompariva inghiottita dalle sottili increspature trasparenti. Dall'altra parte la temperatura era più bassa rispetto alla stanza degli specchi.
"Tanto non ci passi. Ci sono altre vie per arrivare a casa dei signori Arnolfini. Il loro specchio è troppo piccolo." disse Sebastiàn "Dai, ti faccio vedere una cosa divertente."
Vivian ritrasse subito la mano dall'altrui camera e lo seguì fino ad uno degli specchi più strani della sala. Aveva la forma di un ovale irregolare ed era piuttosto grande. Si avvicinò per guardare senza invito e si ritrovò faccia a faccia con il viso di un diciassettenne bellissimo che la guardava amorosamente.
"Tranquilla. Sta solo fissando il suo riflesso." spiegò Sebastiàn, con un sorriso.
"Narciso? Un Caravaggio?"
"Sai, è terribilmente antipatico."
Il ragazzino avvicinò il viso allo specchio, ma non vi si tuffò come Vivian pensava: aspirò invece un po' d'acqua e con un colpo deciso la sputò. Il risultato fu uno schizzo preciso preciso sul bel viso del gaudente fanciullo, che immediatamente fece una smorfia e si ritrasse sulle rive del laghetto che i due stavano guardando dal basso.
"Sebastiàn! Maledetta peste!" imprecò, mentre il bambino rideva con Vivian al sicuro, nella stanza.
"Beh? Che ne dici? È bello, non ti pare? Possiamo andare dove ci va: fare un giro nei locali notturni di Manet e Toulouse-Lautrec, visitare il Secolo d'Oro olandese, disturbare Veneri e bellezze al bagno! Conosci Parmigianino?"
"Eccome se lo conosco!"
"Siamo amici. Ogni tanto vado a cena da lui attraverso il suo Autoritratto allo specchio."
Vivian non poteva credere a tutto quello che Sebastiàn le stava raccontando. Sembrava un sogno. Un bellissimo sogno. Tutto quello che aveva sempre sognato, tutto quello che un artista sogna! Eccolo a portata di mano. Desiderio di tornare a casa? Nemmeno l'ombra.
"Ci sto." affermò con sicurezza, tendendogli una mano. Sebastiàn sorrise e siglò con una stretta entusiasta il loro nuovo consorzio.
"Allora andiamo! La Venere di Tiziano di sicuro ha ancora quelle tartine al limone dell'ultima volta. Se le piaci ti regalerà anche qualche gioiello e..."
"Aspetta." lo interruppe Vivian "Prima devo fare una cosa."
Monsieur Jean Guroux era abbastanza preoccupato. La giovane restauratrice che aveva assunto non si era presentata al loro appuntamento per fare colazione assieme e discutere delle condizioni dei dipinti a lei affidati. L'aveva chiamata, aveva chiesto nell'hotel in cui pernottava, ma la bella e occhialuta moretta sembrava scomparsa nel nulla. L'ultima pista era quella di un colpo di sonno imprevisto nella sala restauri. Era lì che Monsieur Guroux stava andando.
"Mademoiselle Trask? È qui?" chiese, scostando il grosso battente e infilando dentro la testa canuta. Aggrottò le sopracciglia quando si rese conto che il salone era buio. Accese immediatamente le luci e inspirò una boccata d'arte, prima di avanzare.
"Vivian? Heilà?"
Passò dinnanzi ai dipinti ben disposti su cavalletti. Era quasi arrivato all'ultimo - sempre più disperato perché dove diavolo era finita quella benedetta ragazza?! - quando notò qualcosa che stonava in un quadro che conosceva quanto i suoi figli. Si voltò e ispezionò con febbrile cura Fuga dalla critica e impallidì notando un piccolo post-it viola, dipinto accanto alla testa del fanciullo, come se l'avesse appeso lui alla cornice.
Recitava:
Mi perdoni, monsieur Guroux. Non sarò in grado di soddisfare le sue richieste riguardo il restauro. Sono partita per un viaggio straordinario! Non me ne voglia male. E non si preoccupi: toglierò il post-it non appena l'avrà letto. Arrivederci, chissà quando!
Con affetto, Vivian
Con le labbra tremanti per la sorpresa, la confusione e l'angoscia, alzò gli occhi sul volto del ragazzo protagonista del quadro. Anche la sua espressione pareva mutata: ora aveva un sorrisetto dipinto in faccia.
"Oh, dei del cielo." barbugliò disorientato, cercando nel taschino del completo elegante un fazzoletto con cui asciugare i sudori freddi. Non sapeva cosa pensare: cosa era successo a Vivian? Che cos'era quel post-it? Ma soprattutto, come aveva fatto a finire nel quadro?
Monsieur Guroux non avrebbe mai potuto immaginare la giusta risposta al suo traumatico quesito, ovverosia che nel mentre di tutto ciò la sua restauratrice e un ragazzetto magico attraversavano uno specchio dopo l'altro proprio come aveva fatto una bambina chiacchierona in un certo librettino ingegnoso.
Ma questa è un'altra storia.
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