𝑉𝐼𝐼𝐼
Stordita. Vuota. Incapace di elaborare un sogno in quello stato, la mente di Cesare decise di mandargli un impulso. Sia mentale che fisico, questo bisogno lo stava disturbando. Lo stava svegliando piano da quel pesante sonno in cui era intrappolato. Si era girato con la testa dall'altro lato del cuscino cercando di ignorare quella necessità. La gola deserta e asciutta implorava un po' d'acqua però. Ed il pensiero si stava insinuando sempre di più iniziandogli a far aprire gli occhi. Strizzandoli e muovendo pigro le palpebre si decise ad aprirli. Il bisogno fisiologico di assumere dell'acqua lo aveva fatto letteralmente svegliare anche in quello stato pessimo in cui si trovava. Non solo fumare delle canne provoca questo effetto, ma anche assumere molto alcol per diverse ore di fila senza ingerire una quantità minima d'acqua provoca la medesima conseguenza. Il corpo disastrato, privo di liquidi ma pieno di alcol da smaltire, chiede incessante l'aiuto di un po' d'acqua. Cauto, facendosi forza con le mani sul materasso, si aiutò e si mise a sedere a letto. Non aveva mai sentito la testa così pesante prima d'ora. Sollevarla dal cuscino era stato difficile. Seduto ancora una volta fu colpito da quella maledetta sensazione che lo possedeva da tempo. Vedere tutto girare attorno a sé! Si alzò, senza forze, ma l'urgenza di bere era più forte. Quasi ad occhi chiusi vagava verso la cucina in cerca del Santo Graal. Sbandando sbattendo qua e là, l'aveva afferrata. Era vuota per metà ma poteva andare bene. Tornò a sedersi a letto con in mano la bottiglia, non voleva bere in piedi. Preferiva sedersi. Svitò il tappo, per fortuna non troppo stretto, e posò le labbra al collo della bottiglia. Ad occhi chiusi lasciava scorrere quel puro liquido cristallino lungo la sua gola desertica. Assaporava l'acqua quasi come se fosse una cosa mai assaggiata prima. Era decisamente strana in quel momento, ma gli stava facendo bene. Dopo un paio di sorsi stava per chiudere il tappo al di sopra della bottiglia e...
«Cesare, fai bere anche me?»
Una voce bassa e roca lo fece sobbalzare. Era convinto che gli altri due si sarebbero svegliati quando ormai fuori era giorno. Anche lui era convinto di questo.
Cordiale passava la bottiglia a Francesco. Era un po' in difficoltà con lo svitare il tappo. Non c'era ma lui continuava imperterrito a fare il gesto convinto di doverlo svitare. Dopo qualche istante poté finalmente dissetarsi.
Cesare lo scrutava. In modo strano lo osservava. Al lato del collo sembrava avere un qualcosa di uno strano colore che in questo momento non riusciva ad identificare.
«Grazie.»
La voce sembrava esser migliorata dopo quei sorsi d'acqua.
Stava prendendo nuovamente la bottiglia...
«Rega, fate bere anche me?»
Proprio come una talpa spunta dal terreno dalla sua buca, Nelson sbucò da dietro la schiena di Francesco con un occhio chiuso e l'altro aperto disperatamente in una piccola fessura. Gli occhiali storti sul suo viso gli donavano un'aria così buffa.
Invece di passarla a Cesare spostò la mano alla sua sinistra donandogli la bottiglia.
Una volta compiuto quell'enorme sforzo si lasciò cadere all'indietro esanime insieme ad un respiro profondo esalato dalla bocca.
Una volta coricato, Cesare ancora seduto aveva una visione maggiore su Nelson che stava bevendo. Volto leggermente di profilo ai suoi occhi stanchi parve di vedete ancora una di quelle strane macchie al lato del suo collo.
Forse sto impazzendo.
Porgendo il braccio teso in avanti gli passò la bottiglia, si tolse gli occhiali e proprio come Francesco si lasciò cadere all'indietro raggiungendo il cuscino.
L'altro richiuse bene la bottiglia, almeno così gli sembrava, di averlo fatto bene, e la poggiò al lato del letto sul pavimento. Non era ancora vuota e se ne avesse avuto ancora bisogno l'aveva proprio accanto a sé.
Stese le gambe a letto e si sdraiò. Per qualche istante fissò il soffitto ma gli occhi gli si chiusero subito. Le palpebre erano troppo stanche e pensanti. All'improvviso sentì qualcosa però. Una mano lo stava toccando... lo stava cercando. Mentre era di lato, dandogli la schiena, portava all'indietro un braccio. Arrivò sulla sua pancia. Tastando, Francesco era in cerca di qualcosa.
Ma che succede?
Cesare non riusciva più ad aprire gli occhi.
Una volta trovata la sua mano la afferrò e lo tirò verso di sé. Cesare si spostò di lato di conseguenza. Tenendogli ancora la mano, stringendola, se la portò al petto continuando a tirarlo a sé. Posizionandosi meglio, con l'altro braccio sotto il cuscino come era il suo solito modo di dormire, Cesare si accostò a lui abbracciandolo meglio con il braccio di cui ormai si era impadronito Francesco. Quest'ultimo si accomodò adagiandosi al suo petto, al suo torso. Poteva sentire il respiro di Cesare sul suo collo. Diventava sempre più regolare e costante. Segno di un sonno imminente o già in atto. Lievemente disturbato dagli spostamenti anche Nelson decise di cambiare posizione. Si girò di lato, verso Francesco, e allungò un braccio fin dove poteva per sistemarlo meglio. Questo arrivò alla vita di Cesare dove si posizionò e fermò. Con la testa si faceva spazio sul cuscino vicino a Francesco che era quasi sul suo petto. Di nuovo assumendo la forma di un groviglio di serpenti, questa volta pacati e rilassati, dormienti, si intrecciarono involontariamente sprofondando in un pesante sonno.
I vari telefoni abbandonati a se stessi, privi di vita, erano sparsi chissà dove per la casa di Cesare. Nessuna sveglia aveva potuto suonare. Nessuna chiamata aveva potuto svegliarli. Perfino la luce che si insidiava dai lucernari sembrava non causargli nessun tipo di disturbo. Tra la tarda ora fatta, il brusco risveglio avuto per dissetarsi e le sostanze che ancora vagavano nei loro corpi aspettando di essere smaltite, il risveglio non fu dei più mattutini. Le lancette dell'orologio erano entrambe fisse sul numero dodici quando Cesare sembrava aprire gli occhi. Il suo corpo non sapeva bene se svegliarlo o meno. Se ne stava lì aggiustando e sprofondando la testa sul cuscino. Con un braccio sembrava cingere qualcosa che istintivamente tirò a sé delicatamente. Quel qualcosa era una persona. Francesco, che durante la notte doveva essersi girato, ora lo aveva di fronte. Posizionando anche lui meglio il capo finì tra il petto dell'altro cullato, protetto, da quell'amorevole morsa alla vita. Quasi allo stesso tempo le palpebre iniziarono ad aprirsi e sbattere rapidamente per via della forte luce. Leggermente dall'alto, Cesare intravedeva una bionda chioma poggiata a lui. Si scosse leggermente. L'altro mosse le mani invece. Erano entrambi svegli. Cesare non mollò la presa che aveva alla vita. Si trovava molto bene così come stava. Era molto confortevole. Lo stesso fece Francesco, non muovendosi di un millimetro da quella posizione. Inarcò solo di un po' il collo all'indietro. Quanto bastava per guardarlo in viso. Gli occhi chiari dei due si scontrarono nelle luci del mattino mescolandosi tra loro.
Ma cosa è successo ieri sera?
Ma allora non era tipo un sogno.
«Buongiorno.» Sotto voce, flebile e dolce, disse Cesare.
«'Giorno.» Rispose l'altro ricambiando il sorriso.
Si guardavano ancora negli occhi. Ancora confusi. Ancora frastornati. Ancora perplessi. Ma ancora vicini l'un l'altro. Insieme i loro corpi si mossero, come due calamite vicine che si cercano. Che vogliono unirsi. I nasi si strofinavano piano. Dolci, in cerca di un contatto che non era abbastanza. Erano le labbra quello che volevano. Arrosati in viso, forse per il calore delle coperte e dei loro corpi, si scambiavano un ultimo sguardo prima di annullare quel briciolo di distanza rimasto. Spaventati, ma allo stesso tempo impavidi per le sostanze non ancora smaltite completamente, si sfiorarono. Un timoroso bacio a stampo arrivò. Frettoloso, ma voluto, cercato, ne giunse un altro.
«Quindi non è stato solo un sogno strano.» Diede fiato ai suoi pensieri.
«A quanto pare no.» Ribatté Cesare sorridendo.
Ma per quale motivo lo stava facendo?
«Mi avete svegliato...» impastata ancora dal sonno un'altra voce si unì alle loro.
Voltandosi dietro di lui vide Nelson che tentava di tenere gli occhi aperti.
«Buongiorno.» Gli disse Francesco sempre a tono basso.
«Buongiorno.» Svogliato rispose.
I riccioli che lo caratterizzavano erano più scompigliati del solito. Come sempre da appena sveglio la faccia era abbastanza gonfia.
«Sei davvero troppo buffo. La tua faccia...» non riuscì a finire interrotto da un risolino nascente.
«Dai, smettila.» Affondò il viso nella sua schiena.
«Non è buffo?»
«In effetti sì.» Replicava Cesare contagiato da quel risolino.
«Stronzi!» Mugugnava dalla schiena di Francesco.
«Buongiorno comunque.»
«Buongiorno anche a te Cesare.» Disse alzando la testa per guardarlo.
«Ma voglio un buongiorno come si deve.» Fin troppo sfacciato rettificò sporgendo in avanti.
Un sonoro bacio gli venne schioccato sulle labbra.
«Così va bene?» Chiese Francesco, l'artefice.
«Non siamo ancora al completo però.» Sempre sfacciato, ma paonazzo, puntualizzava.
«Vieni qui.» Staccando la mano da Francesco lo invitava ad avvicinarsi.
Un secondo bacio gli fu dato.
«Ora va meglio.» Tornò a nascondersi leggermente dietro il suo muro umano.
«Ma quindi ieri sera... è successo... vi ricordate no?» Parlò sempre lui.
«Diciamo che mi ricordo.» Si grattava la nuca mentre parlava.
«Penso di ricordare tutto anch'io.» Si accodò Cesare.
«Ma che cos'hai qui?» Ridendo gli sfiorava il collo con l'indice.
«Cosa?» Rideva di riflesso.
«Vez... hai... hai dei succhiotti...» l'imbarazzo era ben chiaro dal tono di voce di Francesco.
Ancora una volta come una talpa, Nelson si affacciò per vedere.
«Nooo.» Fu la sua reazione ad occhi spalancati.
«Ma stai dicendo sul serio?» Rideva nervosamente ora.
«Te lo giuro.» Disse serioso ed imbarazzato Francesco.
«Ma dove?» Senza motivo quel sorriso nervoso gli si era stampato sulle labbra.
«Qui, qui», iniziò a tracciare una linea sfiorandolo con il polpastrello nei punti in cui erano situati, «e qui.» Disse infine dopo esser arrivato dall'altra parte del collo, dopo aver formato con il dito una linea curva.
Sembravano ammontare a tre i succhiotti in quella parte del corpo. Uno per ogni lato, con la classica forma rotondeggiante, e l'ultimo quello più evidente al centro, con una leggera deformazione che tendeva al basso. Un collare di passione color bordeaux gli adornava il collo. In quel momento di frenesia glieli aveva fatti Francesco quando erano rimasti da soli. Il suo imbarazzo era palpabile.
«Cesare, ma sul capezzolo cos'hai?» Nelson non riuscì a trattenere una risata finale.
«Nooo, ma davvero!?» Si guardava in basso sulla zona da lui descritta.
Altri due si unirono ai tre precedenti. Uno estremamente vicino, praticamente attaccato, al capezzolo. Mentre l'altro era posizionato più in alto sul pettorale. Probabilmente questi erano di Nelson. Quando lo aveva scaraventato a letto volgendosi sopra di lui.
«Ma cosa ridi che anche tu ne hai uno.» Leggermente seccato sbottò.
«Chi?» Risposero in coro quasi ad occhi spalancati.
«Tu!» Indicò Nelson.
«È verooo», disse Francesco portandosi le mani alla bocca, «qui.» Concluse sfiorandogli sotto il lobo dell'orecchio sinistro.
Da lì il segno correva in verticale formando quasi una linea retta. Sempre opera di quel momento frenetico, Cesare senza accorgersene doveva essersi soffermato troppo a giocare con il lobo del suo orecchio.
«Almeno io ne ho uno soltanto e non ho un morso di un vampiro come Tonno.»
«Che c'entro io adesso?» Le risate cessarono dalla sua bocca.
«Ah, ho capito... lo stai facendo per farmi prendere un colpo ma non ho nulla.»
Nelson non rispose ma girò il collo verso Cesare.
«Oddio!» Esclamò soffocato tra le due mani.
Lui sbarrò gli occhi incredulo.
«Mi state facendo uno scherzo?»
A dimostrazione di quell'ernome macchia rossa mista al viola e al giallino, proprio come un livido, con tanto di segni incisivi, Nelson gli premette un dito contro.
«Ahia!»
Nello stesso momento di euforia ed eccitazione, Cesare ci era andato ben poco leggero. La concentrazione in un unico punto, l'affondo e l'uso dei denti, aveva fatto si che oltre lo scoppio dei capillare fuoriuscisse anche un livido. Un vero è proprio trauma. Sembrava una contusione. A primo impatto era davvero scioccante e spaventoso.
Scusami Tonno, gli stava urlando con lo sguardo.
«Perfetto. Quindi abbiamo uno che è stato attaccato da una piovra», indicava Cesare, «una donzella vergine sopravvissuta all'attacco di un vampiro», indicava Francesco che se la prendeva con Cesare che rideva a crepapelle, «e... uno nornale.» Terminò auto-indicandosi.
«Sarò anche una bella donzella ma non sono vergine.»
Spintonato da questo cadde sul letto.
«In un certo senso lo sei», malizioso Cesare inarcava un sopracciglio, «quindi... POSSO ANCORA BERE IL TUO SANGUE PER POI ABUSARE DI TE!»
«No Cesare... mi fai male... Cesareee...» si dimenava sotto di lui. Nel frattempo si era buttato nella mischia anche Nelson.
Su quel letto, testimone segreto delle scene avvenute la sera prima, una volta fermati i giochi si stavano riposando. Ancora intontiti dagli effetti dell'alcol e del fumo, contemplavano il legno del soffitto della mansarda.
Erano tre, ma ormai era come se fossero uno. Qualcosa inevitabilmente era cambiato. Quando si beve qualche drink di troppo, quando si fa qualche tiro di troppo, è facile perdere il controllo di se stessi. È facile mutare nei comportamenti, nella parole, nei gesti, negli atteggiamenti. È facile non riconoscersi, oppure ritrovarsi.
Tutti i nostri freni inibitori, tutti quei muri ersi per paura o per difesa, vengono completamente annientati sgretolandosi in polvere in un semplice schiocco di dita. Si è spogli di qualsiasi cosa. Nudi, liberi, veri!
A volte si possono commettere atti deplorevoli perdendo il controllo, è vero, ma allo stesso tempo compiere azioni solo immaginate e che mai avresti neanche lontanamente pensato di liberare e svolgere realmente. Azioni magari insidiate inconsciamente nell'Io più profondo dell'essere. In un posto talmente buio e profondo di cui nemmeno tu sapevi l'esistenza. Come un marchio indelebile stampato a fuoco nella memoria, nell'anima, magari nel cuore, ricorderai quelle cose successe. Azioni che ti cambieranno inesorabilmente la vita. Per sempre.
#MySpace
Con la splendida foto del capitolo, di loro tre sorridenti insieme, annuncio che siamo alla fine. Eccoci qui alla conclusione di questa storia. Alla conclusione di questo viaggio fittizio nei meandri della fantasia. È sempre un po' strano quando bisogna mettere un punto definitivo alla storia, ma quel momento deve pur arrivare. Io me l'ero immaginata proprio così. Con questo finale. Sereno. Con un bel ricordo insomma.
Spero tanto tanto che questa storia possa esser stata di vostro gradimento e che vi abbia un po' tenuto compagnia insieme a me che l'aggiornavo periodicamente. Abbiamo fatto questo viaggio insieme alla fine.
Per l'ultimo capitolo, per l'ultima volta, fatemi sapere con una stellina e/o un commento il vostro apprezzamento.
Alla prossima avventura, quando ci sarà.
Statemi bene!
xoxo
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