𝑉𝐼𝐼

Il baffuto ragazzo atletico era impegnato, nel tavolo dove tempo prima avevano fatto aperitivo, con l'apertura dell'ottimo liquore distillato che aveva comprato insieme a Nelson al supermercato. Ne era valsa la pena spendere quei quattrini per quel whisky. Era davvero di ottima qualità. Molto pregiato, alcolico e saporito.
«Io prendo una bella canna.» Incontrollate uscirono quelle parole dalla sua bocca.
Alzandosi dal letto Francesco si chiedeva come stesse così naturalmente all'impiedi, concentrato ad aprire quella bottiglia, con tutto quello che avevano in corpo. Una volta messo in posizione eretta una bislacca sensazione lo pervase. Era all'impiedi, sentiva bene il legno aderente sotto i suoi piedi nudi, ma allo stesso tempo avvertiva di esser catapultato totalmente in un altro posto. In un'altra dimensione. Una bizzarra percezione lo attirava dietro di lui. Era come se si sentisse afferrato da qualcuno che lo stesse tirando da dietro. Sbatté ripetutamente le palpebre, come a volersi svegliare da quella stasi di permanenza in cui non riusciva a muoversi. In quello stato quasi catatonico in cui immobile si trovava. Tornando in sé, temporaneamente, si diresse verso l'entrata. Ancora una volta frugò nella medesima bustina. Aveva impregnato leggermente la tasca del suo cappotto con quell'intenso odore. Si avvicinò al tavolo intento a prendere l'accendino quando qualcuno glielo rubò sotto il naso.
«Non vuoi fumare tu?»
«Prima dammi un bacio e poi io ti do l'accendino.» Disse categorico.
Gli occhi verdi di entrambi si erano avvolti quasi totalmente da un alone di rosso che gli aveva colorato la sclera. Erano lucidi. Questo non per un pianto imminente o già avuto. Semplicemente per il miscuglio di sostanze che stavano assumendo.
«Se vuoi un bacio perché non te lo prendi tu Cesare?» Si poggiava con la mano sinistra sul tavolo sporgendosi in avanti avvicinando il corpo all'altro.
«Voglio che tu mi dai un bacio, è diverso.» Sottolineò marcando bene quella parola, parlando ad occhi chiusi strofinando il naso sul suo.
«Ma che ci prende questa sera?» Gli domandava sotto voce.
Si domandava. Il pensiero si manifestò sotto forma di domanda posta non volutamente.
Intanto Francesco aveva fatto un passo in avanti verso di lui azzerando totalmente le distanze. I due petti attaccati pelle contro pelle. Le labbra così dannatamente vicine...
«Non lo so e non voglio saperlo.» Rispose Cesare sfiorandogli le labbra ad ogni parola.
Inevitabilmente, magneticamente, scattò un bacio focoso e avvolgente.
«Devi stare più attento però Cesi.» Malizioso sfuggì via.
Stavolta lo aveva fregato lui rubandogli l'accendino tra le mani durante il bacio. Cesare non si era minimamente accorto dell'azione preso dal momento.
Scuoteva la testa e borbottava mentre minuzioso, o almeno tentava di esserlo, versava il whisky in tre bei bicchieri di vetro. Quelli appositi per assaggi e degustazioni di liquori. Molto eleganti. Forse la scelta dei bicchieri di vetro, in quello stato in cui si ritrovavano, non fu la migliore. Ma d'altronde chi poteva farli rinsanire? Letteralmente uno più andato dell'altro!
«Tutto apposto Nelsino?» Scherzava con uno strano ed accentuato accento bolognese.
Si era appena alzato faticosamente dal letto.
«Voglio sgranchirmi un po' le gambe, non me le sento più.»
Non lo sapevano ma era totalmente normale. La sensazione di sentirsi le gambe pesanti più del dovuto. La sensazione di non riuscire a muoverle. La sensazione di spossatezza nel tentare di farlo. Era tutto normale.
Francesco si portò la canna alla bocca aspirando e accendendola. Bob sarebbe stato fiero di lui in questo momento.
«Dai, mettiamo un po' di musica? Balliamo un po' e vedrai che il male alle gambe passerà.» Con la canna tra le labbra, con le mani occupate a far muovere e girare Nelson su se stesso, parlava in modo decisamente strano.
«Dai Tonno, non mi sballottolare così.» Rideva.
Cesare che aveva sentito tutto avrebbe tanto voluto avvicinarsi a loro con i bicchieri pronti, ma proprio non ce la faceva a portarli insieme. Si avvicinò a loro e li invitò al tavolo.
Formando un trenino si dirigevano verso la stazione di fermata.
«Tonno ma a cosa ti aggrappi?»
«Scusa Nelson, pensavo fossero i tuoi fianchi.» Tolse le mani dalle natiche dove erano beatamente appoggiate.
Fece un ultimo tiro e passò la canna proprio a lui.
«Riprenditi un po' forza.» Gli diede una pacca amichevole sulla spalla.
Ognuno dei tre afferrò il bicchiere pronto ad esser bevuto d'un sorso, ma non prima di un brindisi inaugurale.
«Vorrei dire... alla casa nuova e ad un... nuovo inizio, ma dico a noi... a questa magnifica serata.» Con qualche pausa di troppo, Cesare era riuscito a completare quella sorta di discorso.
«Non ce la faccio nemmeno a parlare.» Rise a testa bassa tra sé e sé.
Gli altri due risero prendendolo in giro, ma non erano da meno. Tra il balbettare, le pause durante le frasi, lo sbiascicare le parole, i dubbi su come dire o pronunciare alcune parole, finire un discorso era molto improbabile. Ma d'altronde nessuno dei tre era intenzionato a parlare molto...
Il forte liquore provocò un brivido dietro la schiena dei presenti. Altrettante smorfie buffe, quasi di disgusto, apparirono sui loro volti.
La musica pompava forte e Nelson grazie ad essa, al whisky e alla canna, si era finalmente ripreso. Non capiva molto, ma non sentiva più il fastidio alle gambe. Non sentiva granché in realtà, se non un euforia effimera seguita da giramenti di testa notevoli. Facendo un ultimo tiro la stava passando a Cesare. Proprio come quest'ultimo aveva fatto con Francesco poco prima con l'accendino, Nelson gli tolse all'ultimo la canna quando stava per prenderla. Con ancora il fumo nei polmoni si avvicinò ammiccante pronto a baciarlo. Leggere nuvole bianche fuoriuscivano da quel bacio accompagnato da movimenti sensuali a ritmo di musica. Staccandosi poi, donò lo scettro magico a Cesare. Prendendolo espirava fuori il fumo aspirato da quel bacio. Il sapore del whisky gli attraversava e bruciava la gola mischiandosi al dolce sapore dell'erba che gli riempiva la bocca. Appoggiato al muro bianco di fianco al suo letto, con il ginocchio sinistro piegato ed il piede sollevato da terra poggiato anch'esso al muro, si stava gustando serenamente il suo turno di fumare. Tra l'indice ed il medio la teneva. Posando la testa alla parete la portava alla bocca facendo poi un tiro. Chiuse gli occhi aspirando gettandosi completamente in un posto sconosciuto. Bastava chiudere soltanto gli occhi per sentirsi in un altro Mondo. Lasciando cadere di peso il braccio di fianco al suo corpo espirava verso l'alto il denso fumo che gli aveva riempito i polmoni. A disturbare quel suo momento etereo furono i due ragazzi che stava ballando insieme quella ritmata musica piazzata a tavolino da Cesare. La ciliegina sulla torta in un momento simile. Ad attaccarsi a lui fu Francesco, spinto ballando dal terzo che mancava all'appello. Cesare allargò leggermente il ginocchio verso l'esterno accogliendolo così verso di sé. Francesco era diventato l'hamburger tra due fette di pane al sesamo. I corpi strisciavano gli uni sugli altri sfiorando pericolosamente alcune zone...
«Devo andare a bere.»
Nelson si staccò direzionato verso il tavolo. Verso il whisky.
«Versane anche per me e Cesare amico.»
Urlò per farsi sentire intento ancora a ballare. Il braccio destro era alzato, portato all'indietro raggiungendo la sua nuca con la mano. Le natiche si muovevano da sole sopra il membro dell'altro. La schiena si cullava in quei duri ma allo stesso tempo morbidi pettorali. Cesare espirò dal naso riempiendo il suo collo di fumo dolciastro. Lo afferrò cingendolo con le mani sull'elastico del pantaloncino.
«Sicuro di voler continuare a muoverti così?»
Sussurrava sempre su quel collo troppo invitante da marchiare ancora... ancora... e ancora.
«Andiamo a bere va.»
Scaltro e malizioso distolse l'attenzione di quella domanda su altro.
Nelson, nonostante del whisky versato sul tavolo, ne era uscito vincitore colmando i bicchieri un po' più del dovuto. Gli occhiali che indossava non erano molto d'aiuto in quelle condizioni. Uniti come prima formando un corpo solo si erano avvicinati al tavolo.
«Cavolo Nelson! Ma quanto ne hai messo?» Ridendo spostò una mano dalla vita di Francesco davanti a lui per afferrare il bichiere (tra pollice, anulare e mignolo) con la stessa mano dove aveva ancora la canna (tra indice e medio).
«Non mi interessa. Bevete!» Quasi ordinò paonazzo in volto.
Il classico rumore di vetro contro altro vetro suggellò il brindisi. Accompagnarono il bicchiere sbattendolo al tavolo e poi lo bevvero d'un colpo.
«Uuuuh!» Urlò Nelson ad occhi strizzati.
«Caspita se era forte questo.» A voce stridula, rotta dal colpo di tosse, rispose Cesare.
«O mio Dio.» Le uniche parole che riuscì a pronunciare Francesco scuotendo la testa, anche lui ad occhi chiusi.
Le lancette dell'orologio si spostavano implacabili. Una nuova, la quarta canna era ormai in circolazione nei loro corpi facendo il suo dovere. La bottiglia di whisky, piena solo per un quarto, era abbandonata a se stessa sul tavolo senza il suo compagno di vita: il tappo. Non era proprio sola. I bicchieri vuoti e usati, tra cui uno rovesciato, le tenevano compagnia. Il letto invece era testimone dell'atto che si stava appena consumando. Come un groviglio di serpenti in accoppiamento, intrecciati stretti tra di loro, i ragazzi stavano consumando la passione che li divorava dall'interno. L'ultima canna accompagnata dal buon liquore, furono la mazzata definitiva per cancellare ogni tipo di pensiero, dubbio o freno. Erano ormai dei corpi vuoti celebralmente guidati solo dall'ardente e impetuosa passione. Un momento di puro eros!
Le mani timide e impacciate antecedentemente avevano preso convinte l'esplorazione di nuovi posti. Nuovi essendo mai stati considerati, toccati, in quel modo. Il sudore nato dalla foga, dalla voglia e dal fomento, scivolava dalle loro fronti rigandogli le guance.
Non so dove sono ma sento di volere tutto questo con loro, frastornato si lasciava sopraffare da quell'impulso.
Inganniamo la sorte solo per una sera, si mise completamente in gioco pronto ad andare ben oltre quello che stavano facendo.
Non so perché ma trovo tutto così naturale e bello. Fanculo i perché, si abbandonava a quelle sensazioni dannatamente affascinanti.
Ancora una volta la frenesia era la vera regina. Spontanei e istintivi erano lì pronti ad abbassarsi le mutande a vicenda per liberarsi dell'ultimo brandello di abbigliamento che avevano indosso, per liberare e scatenare il piacere più assoluto, per...
«Fermi! Fermi! Fermi!»
Cesare e Francesco lo guardavano disorientati.
«Che c'è?» Affannoso chiese il primo di questi.
«D'un tratto mi è salita una nausea assurda.»
Dopo qualche minuto decise di alzarsi. Non riusciva più a stare sdraiato in quel letto.
Una volta in piedi fu schiaffeggiato violentemente da una forte sensazione di squilibrio e instabilità.
«Meglio se vado in bagno.»
Si tappava la bocca. Ogni volta che la apriva avvertiva la sensazione che qualcosa di sgradevole volesse uscire. Poco dopo dei conati di vomito si susseguirono ad il rumore di qualcosa che entrava veemente nell'acqua del water.
«Ma sai che... mi sa...» Iniziò a tapparsi la bocca anche Francesco.
Fulmineo si diresse verso la cucina. Non ce la faceva ad arrivare fino al bagno. Non se la sentiva. Vomitare in un lavandino era sicuramente meglio di vomitare in pieno pavimento, giusto? Con entrambe le mani sul lavello, sregolata la bocca si apriva rigettando quello che vi era nello stomaco. Tra tutti quei rumori era impossibile che anche Cesare non vomitasse. Scattando verso il bagno incrociò Nelson che usciva. Aveva finito.
Giusto in tempo, pensò rapido.
Così, come in fila alle poste aspettando il proprio turno, ognuno aveva aspettato il suo rimettendo e liberandosi parzialmente dello stato confusionale che li attanagliava.
Si sciacquò la bocca con dell'acqua fresca per far sparire quell'acido e amaro sapore. Si guardò allo specchio tentando di tenere gli occhi il più aperti possibile ma quello che vedeva era molto confuso. Sfocato. Proprio come una telecamera che non mette bene a fuoco l'obbiettivo inquadrato. L'acqua gli scivolava sul viso. Dalla barba continuava il sul corso verso il collo. Lo osservava turbato e cercava di studiare quelle strane ed indefinite macchie rossastre che vi erano attorno. Magari la sua mente si stava solo burlando di lui immaginando quei segni tondi...
Uscendo dal bagno quasi senza forze camminando a passi lenti e pesanti, si diresse verso il letto.
A primo impatto privi di vita, vi erano Nelson e Francesco sdraiati immobili ad occhi chiusi. Erano collassati in un sonno profondo in un colpo. Cesare si accasciò stanco, distrutto, nello spazio esterno che rimaneva al lato destro di Francesco. Voleva fare piano per non svegliare gli altri ma ormai il suo corpo non rispondeva a nessun comando da lui impartito. Infatti sempre non intenzionale chiuse gli occhi espirando in modo affannoso. Era tutto buio. Tutto nero. Era fermo ma sentiva il movimento rotatorio della Terra. Assurdo! Tutto girava veloce. Dopo pochi minuti sdraiato a letto, meccanicamente il suo cervello si spense. Off, vi era adesso sul pulsante d'accensione. Black out.

#MySpace
In queste situazioni vuoi solo divertirti, sempre di più, quindi tendi ad esagerare per poi ritrovarti inevitabilmente accasciato al water... va sempre a finire così.
Nello scorso capitolo ho dimenticato di annunciarvi che il finale della storia si stava avvicinando. Infatti, questo è il penultimo capitolo. Il prossimo chiuderà la storia.

Ma a voi è mai capitato di stare in queste condizioni? Di non capire nulla per il troppo alcol ingerito? lol

Spero che questo capitolo vi sia piaciuto. Fatemelo sapere con una stellina così lo capisco bene, haha.

P.S. Non io che rileggendo sclero da solo per le cose che ho scritto io stesso... HAHAHA!

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