~Chapter ten~
Cerco di alzarmi senza fare troppo rumore. La luce dei monitor si riflette sulla tenda e mi riesce impossibile non dare un'occhiata a ciò che sta facendo l'uomo.
Scosto leggermente la tenda. Sembra stia usando un programma come Photoshop o qualcosa di simile su una foto. Ma cosa...?
Non riesco a distinguere i particolari e non oso nemmeno avvicinarmi. Ho paura, paura che si accorga di me. Non voglio pensare a cosa accadrebbe se mi scoprisse.
Devo uscire da qui. Riesco a risalire in superficie utilizzando il tubo per l'irrigazione che avevo trascinato giù quando ero caduta.
Appena metto piede a terra chiudo la botola e corro a più non posso verso casa, senza voltarmi indietro. Entro e chiudo la porta a chiave, poi resto con le spalle rivolte alla porta, paralizzata, incapace di muovermi.
•~•~•~
Come al solito sono in anticipo. È stato difficile far finta di niente davanti ai miei genitori, ma soprattutto riuscire ad attraversare il giardino come se tutto fosse normale.
Ora ho paura di qualsiasi cosa, non riesco a stare tranquilla in nessun posto, primo fra tutti a casa mia; dovrebbe essere il posto più sicuro per ognuno di noi, ma forse la regola non vale per me.
Quando arrivo a scuola non sono sorpresa di trovare Jace ad aspettarmi nel cortile. Ci salutiamo e parliamo del più e del meno, tranne ovviamente di quell'argomento.
Non gli dirò nulla a riguardo, non vorrei causargli problemi, ne ha fin troppi con la sua famiglia.
Al suono della campanella gli rivolgo un "ciao" distratto e corro verso la mia aula. Devo essere la prima ad entrare. Non ci sarà nessun altro. Una vocina interiore mi dice che ne va della mia vita.
Quando sono sull'uscio della porta vedo che qualcuno ha dimenticato qualcosa su un banco infondo.
Vado in quella direzione. Mi correggo: qualcuno ha lasciato apposta qualcosa per qualcun'altro. E la stessa vocina interiore mi dice che quel "qualcun'altro" sono proprio io.
Raggiungo il banco e osservo l'oggetto. Lascio cadere a terra lo zaino. Mi accascio a terra. Urlo. Poggio le mani sul pavimento. Inizio ad agitarmi, ho l'affanno.
Appoggiandomi al banco, mi alzo e con mani tremanti prendo la foto. Il mio respiro si fa irregolare.
È la stessa e identica foto che quell'uomo stava realizzando al computer nella caverna sotto il mio giardino.
:D
Ok, se c'è ancora qualcuno qui saremmo felici, visto che non aggiorniamo da secoli ormai.
Volevamo chiedervi: come vi sta sembrando questa storia? Magari comunicateci un parere o anche qualcosina da poter migliorare.
Holaa
~L, S and me
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