VI - Divine Violence
«Non sei più bravo come una volta» sputò la ragazza, con un tono così indifferente da sembrare un automa. Seduta sul bordo del letto, raccolse la biancheria intima rossa dal pavimento, con noia, e prese a rivestirsi.
«Sei più simpatica quando stai zitta, Kate» ribatté Davis, steso ancora con le lenzuola a coprirlo. Lanciò una veloce occhiata alla schiena dell'amica, poi tornò a fissare il soffitto.
«Anche quando urli sei simpatica. Dipende per cosa urli, ovviamente. Tipo stanotte.»
Kate roteò gli occhi e si alzò dal materasso, ormai cinta dalla divisa dell'Accademia. Passò qualche minuto a cercare la cravatta cremisi per la stanza di Davis, infine trovò lui che se la rigirava tra le dita, senza farci molto caso, e gliela strappò dalle mani.
«Mi sono divertita poco, stanotte. A chi stavi pensando?»
Davis continuava a fissare il soffitto, con una mano appoggiata sul petto nudo e l'altra dietro la testa.
«Le mie prestazioni sono sempre sublimi, non puoi dire il contrario» affermò, inarcando un sopracciglio con fare accusatorio nella direzione di Kate.
Lei ricambiò il gesto, scettica. Poi sospirò: «Ma?»
Davis rimase in silenzio per un po': voleva evitare la questione. Non perché gli stesse stretta, ma perché intento a dimostrare sempre di essere superiore a qualsiasi cosa accadesse. Kate, d'altronde, ne approfittava spesso per colpirlo quando abbassava la guardia.
Tuttavia, quella volta era più complicato far finta di niente. E in ogni caso Kate lo avrebbe azzannato comunque, quindi tanto valeva parlare con qualcuno di fidato come lei.
Che gli piacesse o no, Kate era la persona a lui più stretta.
«Sai cosa? È che lo avevo dimenticato» esordì il ragazzo, tirandosi a sedere.
«È passato così tanto tempo che mi ero dimenticato di lei.»
Le sopracciglia aranciate di Kate guizzarono in alto, e un sonoro sbuffo uscì dalle sue labbra.
«Ancora, Davis? Davvero?» Esclamò.
«Noi ci siamo conosciuti subito. E quando sei arrivato qui, tu e Noah Sharp non avete fatto altro che parlare di sua sorella per giorni» sottolineò, stizzata.«Lui anche di meno ma tu, Dio, tu per settimane!»
«Appunto!»
Davis aprì la bocca per aggiungere altro, ma non sapeva cosa dire. Si lasciò quindi andare a un rumoroso sospiro, dunque si lanciò all'indietro sul letto.
Kate, però, lo comprese ugualmente, sebbene egli non avesse affermato nulla: Davis si era abituato a essere sfuggente, in quegli anni; era stato così preso dalle frivolezze da perdere di vista ciò che per lui vi era di importante - Cierra, in quel caso.
L'aveva dimenticata, col passare del tempo; non aveva più parlato di lei, non l'aveva più aspettata, non aveva più contato i giorni.
Proprio per questo, quando se l'era trovata dinanzi, in mensa, era rimasto sconcertato, ed era stato costretto con violenza a trascinare nel presente qualcosa che aveva lasciato nel passato.
Erano trascorsi alcuni giorni dalla sera in cui l'aveva rivista, e Davis non solo aveva continuato a non cercarla, ma l'aveva addirittura evitata ovunque possibile: aveva saltato i pasti pur di ignorare il suo sguardo curioso e indagatore e aveva fatto in modo di non essere negli stessi luoghi in cui sapeva sarebbe stata lei.
Davis, inconsciamente, stava facendo finalmente i conti con una sensazione odiosa che preferiva spesso taciuta: il senso di colpa.
Ad ogni modo, pur rendendosi conto della situazione, Kate non voleva farne parte. Quella ragazzina non le era certamente simpatica: in mensa faceva sì di sedersi il più lontano possibile da lei, perché qualsiasi suo gesto, sguardo o vizio da signorina per bene le dava sui nervi. Inoltre, vedere Davis tanto distratto o James tanto interessato le faceva perdere le staffe.
La rossa dedicò una veloce occhiata all'altro; pensò che avrebbe potuto dargli un consiglio per uscire da quel groviglio di paranoie in cui egli era intrappolato da tempo, ma preferì tirarsi fuori. Avrebbe potuto dirgli di parlare con Cierra, inventarsi qualche scusa per l'assenza di quei giorni e far finta di niente. Cierra, bimba com'era - credette - non ci avrebbe fatto caso.
Invece non disse nulla e, dopo aver sbuffato per l'ennesima volta, innervosita, uscì dalla camera senza nemmeno salutare l'amico.
Davis, d'altra parte, non se ne curò particolarmente. Kate era difficile da tenere a bada, e la cosa solitamente lo entusiasmava, lo rendeva brioso, ma adesso gli appariva come un capriccio superfluo di cui, in quel momento soprattutto, non aveva bisogno e che non aveva intenzione di assecondare.
«Dovrei cercarla?» Si chiese ad alta voce, percorrendo con le iridi grigie i contorni di un disegno immaginario sul soffitto.
Non sarebbe andata così male, si rispose. Cierra avrebbe capito. D'altronde, nonostante egli fosse cambiato, non doveva necessariamente essere stato così anche per lei.
Decise dunque di alzarsi, una volta per tutte e, dopo aver raccattato la divisa sporca dal pavimento, indossò quella di riserva, pulita.
A vantare null'altro se non le preoccupazioni per l'incontro, Davis uscì dalla propria stanza, sperando vivamente di ritrovare la ragazzina che aveva lasciato a Los Angeles, solo un po' più alta.
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Alle spalle dell'imponente castello, vi era un ampio spazio adibito agli allenamenti - un'aggiunta all'aperto delle palestre coperte all'interno dell'Accademia.
Vi erano percorsi a ostacoli, campi per l'atletica, attrezzi e, infine, delle piattaforme quadrate distanti dal suolo, su cui due Dominatori alla volta potevano scontrarsi faccia a faccia.
Cierra lo vide da vicino il giorno dopo essere stata in biblioteca con James; nella manciata di giorni tra quello e il suo compleanno, non l'aveva mai visitato, ma solo adocchiato dalle finestre dei corridoi a nord.
Quella mattina, invece, James aveva bussato alla sua porta, quando il sole era alto nel cielo, avevano fatto colazione insieme e si erano diretti verso il campo di addestramento.
Nelle ore precedenti, Cierra non aveva fatto altro che pensare alla storia degli Origins e agli elementi, ed era visibilmente impaziente ed eccitata: non stava nella pelle alla sola idea di entrare a far parte delle dinamiche dell'Accademia.
Tuttavia, non comprendeva come mai il suo punto di rottura tardasse ad arrivare: James le aveva spiegato il bisogno, da parte del potere, di ancorarsi a un'emozione intensa e lei, finora, era stata immersa in sentimenti del genere fino al collo.
Era stata condotta in un universo straordinario, immessa in un sistema incredibile e aveva scoperto di possedere poteri inimmaginabili, che l'avevano resa elettrizzata a dismisura.
Aveva conosciuto persone interessanti e ritrovato Noah e Davis - e chissà quanti altri volti conosciuti avrebbe ammirato - che l'avevano sollevata.
Infine, più di tutto, aveva perso la sua casa, la sua famiglia, la sua normalità, il suo migliore amico e la sua passione; era uscita da un tunnel oscuro per essere catapultata in sotterranei aberranti. Più di tutto, era stata sottoposta a uno strazio così grande, un macigno così pesante che era impensabile non esserne stata schiacciata.
Come poteva la sua fiamma non aver reagito a un dolore così profondo e così sincero?
Erano state tali le riflessioni che l'avevano accompagnata durante il tragitto verso il campo di addestramento, perché Cierra davvero non se ne capacitava.
Tuttavia, appena giunta al campo, Cierra si era guardata attorno sbalordita; sebbene fosse stata circondata da Dominatori, fino a quel momento li aveva visti usare i propri poteri solo ogni tanto, per facilitarsi la vita - qualche Aqua aveva asciugato i capelli trascinando il liquido via dalla chioma - per scherzare con gli amici, come spesso aveva visto fare a Rachel, Jason e Noah, o per dimostrazione, come James con lei il mattino precedente.
Non aveva ancora avuto il piacere, però, di osservare i Dominatori in azione, mentre adesso li vedeva, finalmente, sulle piattaforme o sparsi per i campi, intenti a combattere e ad addestrarsi.
«Guarda lì» le disse James a bassa voce, solleticandole l'orecchio per esservisi accostato con le labbra; con un dito della mano destra le indicò una piattaforma poco distante da loro.
Essa era formata da un semplice guadrato color panna che levitava dal terreno; la sua particolarità era di non avere ringhiere materiali ai bordi: erano infatti costituiti da un elemento a scelta tra quelli padroneggiati dal Dominatore che vi ci saliva.
Per esempio, sull'arena che James e Cierra stavano osservando, si scontravano un Caeli e un Terra, che si scambiavano turbini di gas, sabbia e rocce reciprocamente, ma in maniera alquanto pacifica e calma. Inoltre, metà perimetro era costituito da un muro d'aria, l'altra da un alto strato di terriccio.
L'unica regola era di non oltrepassare il proprio perimetro: una volta superato l'elemento, si era vinti e si cadeva al suolo.
James spiegò a Cierra che tutti gli elementi, al contatto con la pelle, erano innocui; gli unici due che necessitavano di particolari protezioni erano il fuoco e l'elettricità, per cui gli appositi Dominatori indossavano tute di gomma o di uno specifico tessuto anti-scottatura.
Alla visione di diverse piattaforme, i due Medium si persero in commenti e spiegazioni.
Davis fu inondato di energia non appena giunse al campo; respirò a pieni polmoni quell'ossigeno che tanto sapeva di lotta e si sentì in pace.
Era sempre stato un tipo affascinato più dalle guerre che dai trattati con il nome di qualche città, per cui in quel posto che pullulava di rivalità e scontro era completamente a suo agio.
Il ragazzo ci impiegò qualche minuto a distaccarsi dagli allenamenti altrui: guardarli gli faceva sempre un bell'effetto; l'obiettivo che si era prefissato, però - di trovare Cierra e parlare con lei - lo distraeva.
Non ci impiegò molto tempo, piuttosto, a scovare la giovane, che era nei pressi di una delle piattaforme intenta a seguire attentamente lo scontro tra un Caeli e un Terra.
Davis si avvicinò a piccoli passi, rimuginando sul fatto che fosse pressoché impossibile affidarsi all'instabilità dell'aria in un faccia a faccia del genere, soprattutto contro un Dominatore della terra.
Lo sapeva bene lui, un Caeli, che prima di scoprire di essere un Geminus non aveva fatto altro che rimpiangere un elemento più solido.
L'aria, d'altronde - pensava Davis - lo rispecchiava a pieno, essendo egli uno spirito così libero e inafferabile. D'altra parte, però, gli sembrava eccessivo: non potendosi basare sulla propria precarietà caratteriale e psichica, sperava almeno di non trovarne altrettanta nel potere. Invece all'inizio, sfortunatamente, non fu così.
Poi era arrivato un altro punto di rottura. Non fu all'improvviso: Davis percepiva da tempo di avere qualcosa di troppo che, se non liberato, lo avrebbe corroso dall'interno; forse anche letteralmente. Dunque, quando aveva scoperto di essere anche un Tenebris, Dominatore del buio, molto carte si erano rimescolate nella maniera più ordinata possibile.
Davis aveva trovato una spiegazione alla ribellione, ai casini, alle risse, al diletto di fronte ad alcune sventure altrui. C'era sempre stata una parte di lui diversa e nascosta nell'ombra, ma troppo veemente per non uscire fuori da un momento all'altro.
In Accademia, tra gli adolescenti, giravano voci su quanto l'oscurità dei Tenebris, poiché intrinseca materialmente nel loro corpo, li corrompesse e incattivizzasse col passare degli anni. Davis non sapeva bene se crederci oppure no: non ne era convinto, ma lo sospettava.
Fatto è, che sapere di essere ostile per merito o per nascita non gli interessava più di tanto. L'unica cosa necessaria era vantare un elemento a lui non più consono, ma più utile.
Davis era un Tenebris, non un Caeli.
A un certo punto il corvino si domandò, avendo intravisto Cierra a pochi altri passi da lui, la relazione della minore con i suoi - uno o più - elementi.
Cierra era un'Ignis, e di affinità ce ne sarebbe stata, ne era certo. Lei era viva, scoppiettante; non amava i cambiamenti ma le capitava spesso di mutare umore in base agli avvenimenti, il che era segno di continua trasformazione. E, a proposito di emozioni, ella era di intense sensazioni che, spesso, la lasciavano ustionata.
Cierra era tutta una fiamma: divampava di passione per la bellezza della vita, per la sua danza, per le persone. Deflagrava, e faceva luce sempre.
Davis sorrise al pensiero dell'amica, si chiese se ella avesse già avuto il punto di rottura, come si trovasse a Domain, quale sarebbe stato il suo percorso di studi specifici.
Farlo, però, gli provocò un profondo senso di vuoto al centro del petto: Davis si sentiva tagliato fuori, messo da parte. Rendersi conto di essersi tagliato fuori da solo lo fece sentire stupido e arrabbiato, ma lo spinse anche a camminare ad ampie falcate tanto che, prima di potersene rendersene conto, si ritrovò appena dietro la schiena dell'Ignis.
"E ora?" si domandò, senza muoversi dal posto. Sarebbe potuto restare lì per ore e Cierra non se ne sarebbe neanche accorta, come infatti stava facendo fino a quel momento, estremamente presa dalle parole che James More le rivolgeva.
E ad accorgersi di lui, infatti, fu James: il biondo si rese conto della sua presenza e gli dedicò un semplice sguardo calmo, misurato. Continuava a parlare, e le frasi gli uscivano dalle labbra come fiumi così scorrevoli che Davis sarebbe rimasto ammaliato se solo lo avesse mai visto di buon occhio.
I commenti dell'Aqua sui Dominatori del Circus - come veniva chiamata la zona delle arene in Accademia - erano infatti cadenzati, pacati e incredibilmente interessanti anche quando futili.
C'era qualcosa in James, qualcosa nel tono della sua voce, nei suoi movimenti, nel suo agio che lo facevano apparire superiore alla vista di chiunque, come s'egli si trovasse in stasi a metri da terra.
Davis questo non lo aveva mai sopportato: James era un perfettino, non un perfetto; un principino, non un re. E gli dava sui nervi.
Il corvino rimase al proprio posto ma, alla vista dei diversi sguardi studiosi che James gli rivolgeva, si aspettò che il ragazzo facesse saltare la sua momentanea copertura, attirando anche l'attenzione di Cierra. Non avrebbe saputo come comportarsi a quel punto.
Tuttavia, a differenza del dispetto che sarebbe stato tipico di Davis, James non disse nulla, né si comportò in maniera sospetta; continuò infatti a illustrare le proprie considerazioni alla più piccola che, a sua volta, non smise di seguirlo.
All'apparenza, Cierra sembrava non essersi neanche accorta delle occhiate di James, eppure si era invece resa conto di dare le spalle a una dinamica che interessava il biondo.
Attese quindi una sua distrazione per sfamare la propria curiosità la quale - immaginandola osservata dagli occhi del maggiore - reputò immatura e inopportuna.
Così, quando James si voltò verso l'arena, si girò anch'ella nella direzione opposta, così di scatto da sembrare una bambina che tenta di non essere colta in flagrante.
La luce di un viso che aveva appena sostituito una cascata di capelli castani era destinata però a una durata altrettanto fugace.
Piuttosto di trovarsi avanti qualche studente della scuola, magari qualcuno esuberante che James teneva sotto controllo o qualche suo amico altezzoso con cui stava scambiando una particolare conversazione oculare, Cierra fu costretta a rimanere senza parole per l'ennesima volta.
Davis era proprio a pochi centimetri da lei e la squadrava con le palpebre spalancate, in un visibile moto di attontimento ricambiato.
"James non era necessario: alla fine ha fatto tutto lei" borbottò tra sé il corvino, pensando a quanto fosse ugualmente rimasto con un groppo alla gola nel giro di pochi attimi.
Cierra era pietrificata; come in mensa, fu dell'idea che ormai era psicologicamente preparata a rivedere in piedi qualche vecchia conoscenza che credeva defunta. Davis, d'altronde, l'aveva già incontrato qualche giorno prima, però avevano parlato troppo poco affinché ella potesse affrontare la sua presenza.
In realtà, non avevano parlato affatto. Davis era riapparso e poi si era volatilizzato nel giro di una manciata di minuti. Da allora Cierra non ne aveva neanche più sentito parlare.
Tutti questi pensieri e le emozioni contrastanti e indecifrabili che, nuovamente, cominciavano a travolgerla, le resero impossibile aprire bocca o formulare una frase di senso compiuto, a stento nella sua testa.
Ella non udì neppure James che tentava di richiamare la sua attenzione.
Ad agire e rispondergli, però, stavolta fu lo stesso Davis il quale, destatosi per primo dallo stato di trance che avvolgeva i due vecchi amici, domandò qualche secondo per parlare. James acconsentì con un cenno del capo; non che fosse particolarmente magnanimo: era solo curioso di cogliere qualche aspetto del rapporto tra i due.
Davis, spigliato, ne approfittò per afferrare il polso minuto della più piccola e trascinarsela qualche metro lontano, dal momento che lei, sbigottita, riusciva a malapena a muoversi.
Quando le gambe cominciarono a percorrere ampie falcate per stare al passo della veemenza con cui Davis la trascinava per il polso, sempre ben attento a non farle male, Cierra si destò bruscamente dallo stordimento iniziale.
«Basta, basta! È sufficiente!» Squittì la ragazza, assestandosi all'improvviso e prendendo a massaggiarsi il polso appena arrossato. Davis non aveva stretto troppo, ma aveva dimenticato di star toccando delle braccia estremamente esili a causa degli anni di danza.
Il ragazzo teneva lo sguardo fisso sulla figura della minore, come se avesse voluto accertarsi che fosse sotto la propria ala protettiva e avesse desiderato, al contempo, di raccogliere, con avarizia, quante più immagini possibili della sua crescita.
Cierra, invece, adesso si torturava le dita, adesso muoveva le iridi su ciò che la circondava pur di non incontrare quelle del maggiore, ora spostava il peso da una gamba all'altra, puntando i piedi o distendendoli, con imbarazzo.
A entrambi il tempo trascorso parve più largo di quanto fosse stato in realtà, prima che Davis prendesse nuovamente l'iniziativa.
«Non sembri molto felice di vedermi» asserì ironico infatti, nel tentativo di rompere il ghiaccio. Aveva pensato di poter affrontare la riconciliazione con una faccia assai più tosta di quella che presentava invece; suo malgrado, Davis si ritrovò piuttosto a non saper gestire uno strano e impiccioso senso di colpa che, per quanto combattuto, non riusciva a mettere a tacere, e che lo faceva sentire reo.
«No, no... non è questo» sorrise Cierra, col capo chino. Non era infelice; al contrario, era contenta e sollevata ch'egli fosse lì con lei, ma c'erano dubbi e preoccupazioni che limitavano la percezione positiva della cosa.
«È solo che... wow» sospirò, ridacchiando appena, mentre alzava il mento al cielo,«dovrei essere abituata a tanti Gesù» scherzò, alludendo ad altre presunte "resurrezioni".
Davis sorrise comprensivo; ricordava ancora il suo arrivo a Domain: all'epoca era arrabbiato col mondo intero, ma vedeva anche uno spiraglio di redenzione e di sfogo per il proprio potenziale esplosivo e battagliero.
Cierra gli sembrava perlopiù frastornata.
«Sono felice di vederti» confessò d'un tratto la giovane, guardando finalmente negli occhi il vecchio amico e regalandogli un tono candido. Allungò di poco un braccio verso di lui, istintivamente, ma si sentì troppo a disagio per sfiorare quello dell'altro e quindi lo ritirò impacciata. Davis, dal canto suo, rimase altrettanto immobile, ricambiando la stessa incertezza.
«Ma?» la incitò.
«Ma... Sono un po' preoccupata» ammise la minore, con sincerità.
«Di?»
«Dell'astio così violento che mio fratello prova nei tuoi confronti.»
Il Caeli si era aspettato una ramanzina sul proprio comportamento, ancora più estroso di quanto Cierra ricordasse; invece ella lo colse di sorpresa, presentandogli un altro problema che Davis aveva lasciato nel dimenticatoio: Noah.
A differenza di come aveva oscurato l'amicizia con Cierra, l'averlo fatto anche con Noah non gli procurava lo stesso senso di colpa. L'abbandono di Cierra era stato impulsivo e impensato; quello di Noah, invece, era voluto. Per nascondersi, principalmente, e Davis era troppo responsabile della cosa per puntarsi il dito da solo contro il petto.
Annoiato, il corvino roteò le pupille e declinò infatti la questione con un cenno della mano sinistra; poi si sedette sul prato.
«È una storia di tanto tempo fa. È superata».
«Non per Noah, a quanto pare!» Contestò l'Ignis, seguendolo.
«E neanche per te. Ti conosco abbastanza da essere sicura che porti rancore fino al letto di morte. Sei improvvisamente diventato misericordioso?»
«Magari è così» ribatté Davis che, colto in fallo, tentava di tenere su la scusa giocandosi la carta del dubbio, seppur non riuscendosi affatto. Voltò il capo di profilo e guardò altrove, verso il castello. «D'altronde, sei mancata per una vita».
Cierra aggrottò le sopracciglia, ma non per confusione: erano tristezza e amara consapevolezza quelle che aveva dipinte sul volto e nella voce.
«Tu sei mancato per una vita, Davis».
Quando Davis tornò a voltarsi verso la più piccola, avvertì un tuffo al cuore e il senso di colpa crebbe come alimentato. Pur non avendo detto nulla di particolare, lo suo sguardo ferito di Cierra era stato più accusatorio di una corte di giudici per il giovane che, incapace di fronteggiarlo, girò di nuovo il capo.
Davis non si era mai sentito minimamente abbandonato; era stato adirato, confuso e anche spaventato, ma mai si era sentito lasciato in un angolo ad affrontare il dolore e la sopraffazione.
Cierra, invece, era cresciuta con le ginocchia deboli e prossime al crollo; aveva sperimentato, negli ultimi anni, il senso di vuoto e di assenza, più di ogni altra cosa. Tutto l'aveva abbadonata: un'infanzia tranquilla, la spensieratezza; Noah, i suoi genitori troppo presi dal lutto e, subito dopo, anche Davis.
Non era tanto per la persona in sé: i due non erano certo amici per la pelle. Era piuttosto come se Davis, andando via, le avesse strappato dalle mani l'ultimo rimasuglio della presenza del fratello nella vita quotidiana.
Era una sensazione pesante, quasi di vero e proprio tradimento, quella che aveva provato l'Ignis. Era stato complicato conviverci, e Cierra se ne accorgeva solo ora.
Davis non era mai stato propriamente colpevole di tale assenza ma, adesso che aveva avuto l'opportunità di cambiare le cose, aveva agito esattamente nella medesima maniera e, scappando, l'aveva abbandonata e tradita un'altra volta.
Era come dire: "non c'eri quando avevo bisogno di te per riavere Noah e, ora che avevo bisogno di te e basta, non c'eri ugualmente". Cierra non lo pensava direttamente ma, dentro di sé, lo percepiva.
«Mi... dispiace» mormorò a bassa voce Davis dopo qualche minuto di silenzio, quasi titubante. Era troppo orgoglioso per affermare la propria responsabilità, tanto che la confessione uscì più come un "mi dispiace che ti sia capitato questo" piuttosto che come delle effettive scuse.
Cierra si rigirò i pollici, lasciando correre i pensieri.
«È una coincidenza che tu sia mancato anche negli ultimi giorni?» Domandò, con una nota di amara coscienza nella voce.
Non era necessario che Davis rispondesse: Cierra sapeva che non era stata una coincidenza. Sapeva di essere stata volutamente ignorata ed evitata; d'altronde Davis di rado era in grado di far fronte alle proprie responsabilità e ai propri errori.
Il corvino ponderò con cura cosa ribattere: mentire non avrebbe avuto senso e avrebbe peggiorato non solo la situazione in cui i due amici si trovavano, ma anche lo stato d'animo attuale del maggiore; era inutile quindi girarci intorno. Tuttavia, era troppo faticoso anche ammettere il proprio torto e sostenere le possibili conseguenze.
Egli non voleva perdere la vicinanza di Cierra per un errore simile, ma non comprendeva ancora che evitare la verità avrebbe potuto allontarla ugualmente.
Cosa fare, dunque?
In preda al dubbio, Davis non ebbe il coraggio di dire alcunché e si limitò a restare in silenzio mentre ricambiava lo sguardo ceruleo dell'Ignis.
Ella annuì appena, grata, da un lato, che Davis non le avesse spudoratamente mentito; d'altronde, conosceva già la risposta e non gli avrebbe creduto comunque.
«Lo capisco» mormorò sottovoce, chinando il capo. Lo comprendeva davvero? Essere evitata a quel modo senza un'apparente motivazione?
Davis poteva aver avuto decine di pretesti: magari non ci teneva quanto Cierra pensasse, oppure il dissidio con suo fratello era così aspro da limitare anche la loro di amicizia. Cause ce n'erano eccome e Cierra le comprendeva davvero, sì, ma le stringevano lo stomaco.
Avrebbe preferito restarne fuori, adesso e durante il passato a Los Angeles. Ad esempio, se Davis la considerava troppo piccola per lui, come le passò per la mente, avrebbe fatto meglio a lasciarla estranea anche in California, piuttosto che farla affezionare e poi abbandonarla.
Di nuovo.
Tuttavia, Cierra non poteva sapere che nulla di ciò che ipotizzava era accaduto. Davis aveva dimenticato la sua esistenza, col passare del tempo, ed era qualcosa di così crudele che il senso di colpa lo attanagliava e non gli concedeva pace. Eppure forse egli si era solo abituato a un'assenza, a un tenore di vita differente, a tante nuove dinamiche che lo avevano trascinato via da Los Angeles.
Cierra sarebbe mai stata capace di dimenticare Hunter? Davis se lo domandò e non esitò ad affermare a se stesso che no, non ne sarebbe mai stata in grado.
Cierra era una persona estremamente pura; si notava dal modo in cui, tollerante, aveva rispettato e accettato lo sbaglio del Caeli, senza puntargli alcuna accusa contro, e gli aveva lasciato spazio e tempo per mitigare i propri voleri. Spesso, in passato, lo aveva accompagnato per mano sino a una scelta più giusta di quella che avrebbe compiuto da solo. Attraversare una strada differente da quella a cui si è avvezzi è faticoso, e Cierra era sempre rimasta al suo fianco a sorreggerlo più di quanto Davis si fosse mai reso conto.
Così, quando la sedicenne fece per alzarsi dal prato e riprendere la propria mattinata, col cuore in mano appena frantumato, Davis scattò in piedi per fermarla.
Perché dividersi, quando sarebbero potuti tornare insieme?
«Mi dispiace» ripeté il ragazzo, di getto. Una forza straordinaria, proveniente dall'interno, gli aveva permesso di ammettere il proprio rimorso con una fermezza spiazzante, tanto che, lo stesso Davis, sgranò gli occhi appena pronunciate quelle parole.
Egli conosceva la potenza delle emozioni; era esploso con rabbia, rancore e frustrazione durante entrambi i propri punti di rottura; eppure non credeva possibile un vigore tanto intenso anche per sentimenti nobili e positivi.
D'altra parte, anche Cierra ne fu stupita: dapprima sgranò anch'ella gli occhi ma, immediatamente, si ricompose per non mettere l'altro troppo a disagio. Inclinando il capo di lato, però, sorrise intenerita.
«Hai un'influenza strana su di me» tentò di giustificarsi Davis, ricambiando il sorriso e grattandosi la nuca, imbarazzato. Presentarsi così "buono" lo seccava, ma era una sensazione carina da percepire se si trovava con Cierra, che mai lo avrebbe giudicato.
L'Ignis ridacchiò sollevata: qualsiasi torto non aveva importanza. Riavere con sé Noah, Davis e chissà quante altre persone era abbastanza da farle tralasciare ogni tipo di loro errore.
Il corvino, dal canto suo, sospirò anch'egli sollevato: un peso si era spostato dal suo petto senza fargli né troppo male, né costandogli troppa fatica.
Con un sorriso complice, i due ripresero la strada per tornare vicini all'arena; la riappacificazione era stata fugace e confusa, ma tanto meglio: fu come se non fosse mai accaduto nulla.
James, dalla sua postazione, aveva tenuto d'occhio e seguito l'intera vicenda; era troppo lontano per ascoltare le parole precise, ma alquanto vicino per osservare il modo di comportarsi dei due e il loro rapporto.
Era particolarmente curioso di scoprire in che relazione essi si trovassero; ipotizzò che, se Cierra fosse stata tanto amica di Davis, avrebbe pur dovuto condividere qualche lato del suo carattere. L'enorme furia del Caeli non le avrebbe guastato.
Quando li vide avvicinarsi, James tornò a rivolgersi verso l'arena ora vuota, per non sembrare un impiccione; d'altronde non lo era: tentava solo di studiare il compito che gli era stato assegnato: Cierra, la sua Medium. Riuscì a seguire con la coda dell'occhio i due ragazzi quando furono assai prossimi, ma non ebbe il tempo di voltarsi verso di loro che la sua attenzione fu colta per l'ennesima volta.
«Sarete usciti fuori di testa, spero!»
Kate si diresse verso i tre ragazzi a grandi falcate, quasi inarcata in avanti per quanto camminava veloce.
«State perdendo del tempo prezioso!» Esclamò, e sembrò ringhiargli appena contro.
Ben consapevoli della furia detonante della rossa, James e Davis si spostarono prontamente verso di lei e, soprattutto Davis, si impuntò per nascondere Cierra dietro le proprie ampie spalle, strattonandola per il polso.
James era altrettanto vigile, conoscendo le scenate a cui Kate lo aveva abituato; in particolare, notò che la cingeva la tuta nera anti-scottatura che gli Ignis erano tenuti a indossare durante gli allenamenti. Si domandò il perché, considerando che, se fosse ella appena scesa da una delle piattaforme, lui lo avrebbe visto. In ogni caso James sembrava più indifferente - o a tratti annoiato o esaperato - che preoccupato.
«Kate, che vuoi?» Sospirò infatti l'inglese, avanzando qualche altro passo; accennò anche di protrarre un braccio verso di lei, come per tenerla a bada, ma l'Ignis parve irritarsi di più e, spalancando il palmo sinistro, lascio scoppiare del fuoco aranciato.
«Lei.» Sibilò a denti stretti, rivolgendosi accanita nella direzione di Cierra. Da una distanza così minima, le iridi di Kate erano visibilmente tanto scarlatte che Cierra pensò fossero iniettate di sangue.
«Voglio lei sull'arena. Contro di me.»
«Sei impazzita per caso?» La schernì James, avanzando così velocemente da costringerla a indietreggiare.
«Non se ne parla» proseguì, spegnendo con un getto d'acqua gelida la fiamma di Kate.
«Non se ne parla perché Cierra non ha ancora avuto il suo punto di rottura e non se ne parlerebbe se fosse già accaduto» tagliò corto, con un tono che non ammetteva repliche.
In tutta risposta, Kate digrignò i denti e riaccese la fiamma, più potente di prima, alimentata da una rabbia spiazzante.
Il fatto che l'attenzione di Davis e James, che in maniera ambigua erano importanti per lei, si fosse trasferita su una bambina senza carattere la adiravano a dismisura.
James afferrò il polso della rossa e lo strinse con foga quand'ella tentò di divincolarsi; nonostante la forza impiegata, dall'esterno egli sembrava non compiere alcuno sforzo e restara impassibile.
«Kate, smettila» sibilò, riducendo gli occhi nocciola a due fessure per lo sforzo di mantenere la calma. Con un getto più veemente del precedente, James spense la nuova fiamma che Kate ostentava, mentre continuava a tenerle il polso stretto nella propria morsa.
Quando la sentì divincolarsi ancora, però, il diciottenne perse la pazienza e la lasciò andare; dopodiché saltò sulla pedana e la invitò con un cenno del capo.
«Se hai voglia di fare a botte posso accontentarti.»
La rossa fulminò Cierra con lo sguardo ardente, che si nascose maggiormente dietro la schiena di Davis. Ella doveva abituarsi a un ambiente simile, certo, e non ci avrebbe impiegato troppo, considerando che il teatro condivideva un'atmosfera di simile lotta; tuttavia, Davis pensò che la sua amica era costretta a tirar fuori e affilare le unghie se voleva sopravvivere all'E.P.A., altrimenti avrebbe dovuto soccombere.
«Fanculo!» Imprecò Kate, costretta ad abbandonare l'idea di dare una lezione alla più piccola. Si ripromise però di redimersi appena possibile e, febbricitante, prese il proprio posto sull'arena, di fronte a James. Era felina e feroce in ogni movimento, come una predatrice che non aspetta altro che sbranare la preda.
L'Ignis eresse un muro fiammeggiante attorno alla metà del perimetro che le spettava; le avrebbe fornito una fonte di ricarica del potere e una protezione in caso di caduta, oltre che sancire la fine ufficiale dell'incontro una volta attraversato col corpo.
Dopodiché, assunse una posizione ricurva di attesa, derivante dalle arti marziali. Aspettava che James creasse il proprio muro d'acqua ma, quando lo vide ricambiare la posizione senza essersi protetto le spalle, aggrottò le sopracciglia.
«Non ne ho bisogno» si limitò ad affermare l'inglese, scrollando le spalle con noncuranza.
Dunque egli rimase fermo e concesse il primo attacco alla più grande, che si fiondò su di lui con furia e, presa dall'impulso, gli permise di spostarsi in tempo.
Seguirono una serie di offese da parte di Kate, frenetiche e incalcolate; errori fatali da commettere contro un Dominatore del calibro di James, che ragionava durante ogni istante dei propri allenamenti. D'altronde un corpo con tanti muscoli e ancora più cervello era difficile da buttare giù.
Pugni di fuoco e calci incandescenti si susseguivano di colpo e neanche Davis, che era avvezzo ad allenamenti simili, riusciva a tenere il passo con la vista.
Quella di Kate, invece, era quasi oscurata: a stento riusciva a scorgere James tra le dozzine di cazzotti che gli procurava e che, per giunta, lui era capace di bloccare. La giovane era solo in grado di percepire il rumore ovattato del proprio respiro che si acciorciava sempre di più e quello di James che teneva il ritmo, senza affaticarsi minimamente.
Dopo qualche minuto, Kate cominciò a sentire le gambe pesanti ogni volta che molleggiava sulle ginocchia; James non l'aveva ancora neppure sfiorata e lei, nel farsi trasportare dalle emozioni, aveva finito per stancarsi e ora iniziava a faticare anche nel muovere le braccia e sferrare colpi infuocati.
L'aria attorno a lei, poi, prendeva a surriscaldarsi enormemente e diventare pesante, divorata dalla combustione.
Fu così che James, approfittando della velocità di Kate che andava moderandosi fino a rallentare parecchio, cominciò ad accumulare dietro la propria schiena una serie di goccioline, ricavate dall'umidità dell'atmosfera nel giro di qualche metro quadro.
Si ritrovò quindi con una quantità colossale di acqua dietro le spalle, ammucchiato negli ultimi minuti in cui Kate aveva completamente perso il senno e le forze.
Con un pesante giramento di testa causato dallo sforzo eccessivo, Kate fu costretta a fermarsi e portarsi per un attimo le mani alle tempie, nel tentativo di recuperare le energie e l'equilibrio.
In quel momento però, James, che non si era indebolito affatto durante la difesa, non ebbe difficoltà ad assestare un destro sotto la mascella dell'avversaria, stordendola e facendola vacillare all'indietro, in prossimità del proprio perimetro.
Prima che l'Ignis potesse riprendersi, il biondo si precipitò a scagliarle contro il maestoso fiotto d'acqua, che la travolse con veemenza e la catapultò fuori dall'arena, lasciandola atterrare solo qualche metro più avanti.
Sulla pedana sopravvisse solo il fumo residuo di un fuoco appena spento dalla violenta idrovampata.
Quando James, con un elegante soffio di vento, spinse la piattaforma al suolo per scendere, incrociò dapprima le iridi impressionate di Davis; il Caeli era conscio che James fosse il migliore dell'Accademia, ma di rado lo aveva visto affrontare qualcuno con tanta foga. Si andava rivelando un lato della sua persona che superava alquanto la compostezza, ma non la abbandonava di certo.
James infatti aveva appena ripreso la postura perfettamente eretta e regale e, con solo i capelli dorati appena disordinati, aveva asciugato l'unica goccia di sudore che gli imperlava la fronte, testimone del minimo sforzo compiuto.
L'inglese avanzò di qualche altro passo, fermandosi al fianco della sua Medium; scuotendo le mani per eliminare l'acqua in eccesso, poi, le rivolse un sorriso più caldo di quanto Cierra potesse immaginare dopo averlo osservato muoversi a quel modo e aver abbandonato Kate al suolo e, come poi sarebbe successo, alle cure di Davis.
«Possiamo proseguire, adesso?» Ridacchiò James, alludendo al fatto che, interrotti prima da Davis e poi da Kate, a stento avevano iniziato la "lezione" di quel giorno.
Dopo aver salutato Davis con un cenno fugace della mano, Cierra si accodò a James che aveva ripreso a camminare. Per tutto il tempo continuò a guardarlo come s'egli fosse stato una creatura ultraterrena; proprio ora che si era quasi abituata a vedere oggetti fluttuare a mezz'aria, James le aveva ricordato che c'era tanto altro da godersi: un potere straordinario capace di rovesciare il mondo intero e che sarebbe potuto appartenere anche a lei.
E poi, facendola divertire, le aveva pure dimostrato che Kate non aveva alcuna autorità su di lui e non doveva annoiarlo.
Cierra non riusciva a togliersi della testa le immagini che aveva appena vissuto; così, incuriosita, d'un tratto si girò verso James e, pensando si trattasse di una qualche tecnica particolare e insegnabile, gli domandò: «Quello che hai fatto alla fine... Cos'era?»
James la guardò con la coda dell'occhio e un sopracciglio inarcato.
«Quello, dici?» Ridacchiò compiaciuto.
«Era solo violenza divina.»
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Ciao ragazzi! Come al solito ci ho impiegato una vita, ma sono davvero felice di come questa storia sta riprendendo il suo corso e di cosa sta uscendo fuori. Ringrazio tutti quelli che hanno ricominciato a seguirla e che mi attendono sempre con pazienza. Mi piacerebbe ricevere dei feedback sul nuovo stile e tutto ciò che vi piaccia farmi sapere, sarebbe davvero importante per me!
Nel prossimo capitolo si torna a Los Angeles, da un Hunter distrutto in preda a un falso funerale. Spero di sentirvi presto!
-Arianna💕
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