33 | Sono io, sono qui
18 aprile 2017
Non vedevo l'ora di passare una domenica tranquilla in giro per Firenze con la mia principessa.
Che bella cosa l'anticipo del sabato alle 18:00.
Soprattutto quando lo vinci, precisiamo.
In ogni caso, ora mi godo l'aria fresca di questo pomeriggio fiorentino, passeggiando mano nella mano con Giulia per le vie del centro storico.
Lei s'impegna nel trovare un regalo per Giorgia, poiché tra poco è il suo compleanno, mentre io mi godo la sua presenza e il suo onnipresente sorriso.
"Amore andiamo lì! Prendiamo una cioccolata calda?" propone dopo un po', indicando un simpatico bar che riprende il tema delle sale da tè inglesi.
Ha gli occhi luminosi come quelli di una bambina.
Siamo un po' fuori stagione per la cioccolata calda ma come posso dirle di no?
Ordiniamo e lei si stupisce nel sentirmi chiedere una fetta di Torta Paradiso.
"Ti piace? Sul serio?"
"Sì, è una delle mie preferite, mia mamma la cucina benissimo, devo fartela provare la prossima volta che andiamo a Carrara" le dico, con i gomiti poggiati sul tavolo.
Giulia è un'ottima pasticciera ma io preferisco il salato al dolce, quindi non è capitato spesso che mi vedesse mangiare una torta.
"Mia zia dice che mia madre era bravissima con le crostate"
Il tono di Giulia è vago, sereno ma vago, come ogni volta in cui parla della sua famiglia.
Non so cosa sia cambiato, ma stavolta avverto nell'aria una minor tensione a riguardo che mi permette di porle una domanda.
"Non vedi i tuoi genitori da molto?"
La scruto, cauto ed accomodante.
Non deve sentirsi in dovere di rispondermi.
Giulia si rilassa sotto il mio sguardo, allungando la mano sul tavolino di legno per giocherellare con l'anno di metallo che porto io al dito prima di mettersi a ripassare le linee dei tatuaggi.
Io non le do fretta.
Sono gesti che la tranquillizzano, così si lascia andare al racconto per la prima volta.
"L'ultima volta è stato quando avevo sette anni, da quel momento in poi ho sempre vissuto con mia zia e le mie cugine, però spendiamo qualche minuto su Skype ogni settimana"
"Perché?" mi viene spontaneo chiederle, sinceramente curioso.
Non vedo un motivo valido per lasciare una ragazza dolce come Giulia, fragile come il cristallo ed altrettanto pura.
Da bambina doveva essere un angelo vero e proprio, il sogno di ogni genitore, eppure...
"Ho un fratello maggiore, Davide. A tredici anni gli hanno diagnosticato una forma estremamente grave di ritardo mentale, il suo comportamento è pericoloso per sé stesso e per gli altri, la terapia è particolarmente dura. È stato ricoverato all'epoca in un istituto speciale a Cracovia e non ne esce d'allora, mia madre e mio padre sono con lui, non possono lasciarlo solo"
Non dico nulla mentre lei in un momento di pausa resta concentrata sulle mie mani calde.
Di Davide non mi aveva mai parlato, deve essere dura accettare che una persona con la quale hai condiviso dieci anni della tua vita debba esserti strappata così drasticamente.
"Ero molto legata a Davide, così come ai miei genitori, ma ero troppo piccola e i medici sconsigliarono un avvicinamento a mio fratello. Con gli anni mi sono sempre più allontanata da loro, non si tratta di risentimento ma... Non lo so, mi sentivo abbandonata e non volevo trasferirmi in Polonia. Da lì la decisione di affidarmi a mia zia qui a Firenze, la sorella di mia madre. Sono molto simili ed è stata – è tutt'ora – un punto fermo nella mia vita. L'hai conosciuta, sai quanto bene le voglio"
Sì, la zia di Giulia è veramente una persona d'oro.
L'ho incontrata il mese scorso, abbiamo pranzato da lei e mi ha accolto con tantissimo affetto, come se fossi già di famiglia.
Mi ha mostrato un sacco di foto di Giulia da bambina, mi ha parlato di che ragazzina era, ma non ha mai accennato ai suoi genitori.
"È una cosa di cui deve parlarti lei" mi ha detto e le ho dato ragione.
Ricordo ancora vividamente le parole che ha usato per descrivere la nipote man mano che mi mostrava varie fotografie.
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"È sempre stata una ragazzina dolcissima, disponibile, educata. Non si è mai cacciata nei guai, era sempre responsabile. Certo, il distacco dalla famiglia ha reso il suo carattere più fragile... Non aveva molti amici, a scuola. Forse sono stata un po' troppo apprensiva con lei, l'ho perfino portata da una dottoressa, ma non c'era niente che non andasse in Giulia. Semplicemente, era una bambina molto chiusa. Ha sempre mantenuto la sua serenità e il calcio l'ha aiutata tanto. Un'ossessione, come la chiamavo io, che si portava dietro da quando ha mosso i primi passi. Era stato Davide a farla giocare con il suo primo pallone, quando entrambi facevano ancora la pipì a letto. Una passione che ha condiviso anche con le mie figlie. Le vedevo tornare dal parco la sera ricoperte di fango e mi mettevo le mani nei capelli. Per quanto provassi a sviarla nei primi tempi delle elementari, iscrivendola a danza o a pattinaggio, Giulia aveva la testa solo per il calcio. Dopo la scuola passava sempre in edicola per prendere le figurine, col fiato sospeso nella speranza che uscisse Toni o Mutu. Lei, mio marito e la più grande delle mie figlie avevano l'abbonamento in curva Fiesole, tornavano sempre senza voce, la faccia tutta dipinta di viola. Nella camera delle ragazze c'è ancora un poster di Antognoni grande così! Tutti i momenti legati al calcio rendevano Giulia non solo serena ma anche incredibilmente felice. Sapevo che il suo futuro era destinato a questo sport, in un modo o nell'altro. Non l'ho mai vista innamorata, in vita mia. Le uniche cotte che aveva erano per i suoi idoli calcistici. È bello vedere tutto l'amore che prova per te, Federico. Ma per una madre – mi sono sempre considerata tale per Giulia – è ancora più bello vedere tutto l'amore che c'è nei tuoi occhi quando guardi lei, meritate questa felicità"
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"Fede? Sei tra noi?"
Giulia mi riporta alla realtà, distogliendomi dai miei pensieri.
Le prendo la mano abbandonata sul tavolino e gliela stringo dolcemente mentre la cameriera ci mette davanti le nostre ordinazioni.
"Stavo pensando a te, lo sai che non ti lascio mai sola, vero?"
Mi sento in dovere di ricordarglielo, in questo momento.
Il sorriso che mi rivolge mi scalda il cuore, mi sporgo per baciarla in modo delicato, succhiandole leggermente il labbro inferiore.
Giulia, così com'è, è l'unica persona di cui avrò sempre bisogno.
Da quando stiamo insieme le giornate sono più belle, sempre diverse anche nella routine. Giulia rende l'ordinario interessante.
Mi accarezza la guancia, come fece quel famoso giorno agli allenamenti, per poi prendere una forchettata della mia torta Paradiso e portarmela alle labbra.
Entrambi scoppiamo a ridere mentre io mi lascio imboccare.
"Buona?"
"Molto! Il mister non lo saprà mai, naturalmente" preciso, con la solita faccia da schiaffi.
Sousa è fissato con la forma fisica, anche se personalmente non ho mai avuto problemi a riguardo è meglio che non venga a conoscenza di questo piccolo sgarro.
"Se dovesse dire qualcosa gli assicurerò che il tuo fisico non ha nulla che non va" dice Giulia, assaggiando la sua Red Velvet.
"È un modo più o meno vago per dire che sono dannatamente sexy?"
"Ah ma che montato!" esclama lei, le guance in fiamme, mentre io sorrido soddisfatto.
Le schiocco un rumoroso bacio sulle labbra, facendola ridere.
Non c'è niente di più bello che passare del tempo in giro per Firenze con Giulia, con la solita spontaneità che ci contraddistingue.
È un periodo in cui mi sembra davvero di poter toccare il cielo con un dito.
Nonostante l'eliminazione dalla Coppa Italia e dall'Europa League, la squadra in campionato ha una grinta tutta nuova, il gruppo è unitissimo ed io sono nella Top 10 dei cannonieri di Serie A.
Guardo Giulia, che ha tutto lo zucchero a velo sul naso, e sorrido.
Non potrebbe andare meglio di così.
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