La Verità.


                                                                        6 

"Ognuno di noi è come la luna: ha un lato oscuro che non mostra mai a nessuno."

La lama si era schiantata contro la parete della stanza, creando un fragore come un lampo rapido che improvvisamente urla nel cielo. Ero riuscito a schivare quel colpo mortale, che era diretto al mio petto.

«Non puoi fuggire per sempre Peter!» disse, mentre cominciava a girarmi intorno, come un predatore fa prima di assalire la preda sconfitta. Dopo un'attesa, che parve infinita, Uncino tornò all'attacco. Ero con le spalle contro la finestra, e quando ormai la sua spada aveva raggiunto il mio viso, mi abbassai fulmineo, ed il vetro dietro di me si frantumò. Stavo per fuggire da quella posizione di svantaggio, quando con il suo uncino mi agganciò per il colletto della maglia. Mi portò verso di lui alzandomi, come se non pesassi nulla.

«Finisce qui mio caro Peter Pan!» Disse, portandomi così vicino al suo muso, che potevo sentire il suo respiro addosso. Prese la spada e la puntò alla mia gola, e lasciandola lì in attesa come per fare un'iniezione di morte, pregustava la vittoria, glielo leggevo in volto.

«Non sai quanto ho atteso questo momento Pan!?» Disse, mentre lentamente spingeva la punta, forandomi il collo. Fu in quell'istante, mentre sentivo l'abbraccio della morte calare su di me che la mia ombra mi passò in mano il mio pugnale fatato. Sottile e letale.

«Sei come i peggior cattivi delle storie.» Dissi, mentre sul mio volto si dipingeva un'espressione compiaciuta, con occhi iniettati d'odio, «Hai atteso troppo vecchio pirata.» e con un colpo disperato piantai la mia lama nel suo cuore.

Il tempo sembrava bloccato in quell'istante. Uncino ancora stentava a capire ciò che era successo, la lama sottile, insieme al colpo improvviso, era stato più rapido del dolore. Sembrava non arrivare più. Il tempo cominciò nuovamente a scorrere quando dalle sue labbra serrate, uscì un fiotto di sangue, che gli colò sopra il mento. Allora estrassi il mio pugnale, e con un calcio buttai a terra il capitano.

«Dove hai messo Wendy? Dimmelo!» dissi mentre mi avventavo sul suo corpo, a terra, immobile.

«Non ti lascerò morire così. Cosa diavolo mi hai fatto?»

«Tu non capisci...vero?» disse tossendo sangue, sporcandomi in faccia, «Tu non ricordi davvero Peter.»

«Cosa dovrei ricordare?»

«Wendy... Non puoi rivederla... non qui.»

«È tornata sull'isola che non c'è?»

«No. Vedi, l'isola che non c'è, non esiste. È una tua invenzione.»

«Cosa? Perché continui a mentire?» dissi, mentre i miei occhi cominciavano a riempirsi di lacrime.

«Non sto mentendo, guarda cosa hai fatto.» disse indicandomi la mano.

Era sporca di sangue. Stavo trattenendo un pezzo di vetro stretto nel palmo, come se fosse un pugnale. Rimasi lì qualche istante a guardarlo, senza capire, poi lo gettai a terra.

La mia mano tremava. Vicino ad Uncino, c'era una siringa, come quelle che usavano al manicomio, per calmare i pazienti problematici.

Un colpo di tosse mi chiamò nuovamente all'attenzione, togliendomi da quel turbine di pensieri che stava invadendo la mente. Alzai lo sguardo, e immerso in un lago di sangue c'era il dottore Oliver Herford, in camicia, vestito con il suo giaccone nero. A terra il suo cappello nero, a bombetta.

"Dove era la spada e il vestito da pirata? Quale inganno mi aveva causato tanto danno?"

«Sei stato il mio più grande... fallimento. Mi... dispiace non essere riuscito ad aiutarti. Perdonami ...se puoi.» disse Herford, mentre esalava il suo ultimo respiro.

Alzai lo sguardo attirato ad una figura che avevo ignorato fino a quel momento. Wendy era lì, in piedi, con il bambino che non respirava, che mi guardava. Cullava il neonato, mentre luci rosse e blu intermittenti riempivano la stanza.

«Torna a casa Peter.» Disse lei, mentre il suono delle sirene cominciava a mescolarsi con i miei pensieri, cancellandoli.

Rimasi lì, senza forze, fissando il dottore. Non provavo nulla; né paura, nè odio, nè rabbia. Ero un guscio vuoto. Un essere senza uno scopo, senza un motivo di esistere.

Un'ombra, fuggita dal suo padrone

Un tavolo illuminato da un abat-jour. Il fumo, denso, che ondeggiava nel riflesso della lampada.

Un fascicolo sul tavolo. Tutto il resto immerso nell'oscurità.

«Prince. Peter Prince. Può anche non rispondermi, a me interessa che lei ascolti.» Disse una voce di un uomo, avvolta nel buio.

«Coinvolto nell'omicidio di Wendy Green. Aiutato da Ellison Cooper.» tirò fuori una foto di Trilli.

«Lei riconosce questa donna?»

«Si.»

«Lei conosce questi uomini?» Disse, mostrandomi le foto di due uomini. Thomas e il dottore Herford. Annuì, non sapendo nemmeno se poteva vedermi.

«Lei è evaso dal manicomio criminale di Hellingly.» fece una pausa, aspirando il fumo della sigaretta, «eravate stati assegnati tutti e due, lei e Ellison, al dottor Oliver, per cercare di capire il motivo del vostro gesto.» disse aprendo il fascicolo e mostrandomi una foto. Era la foto di Wendy, a terra, piena di sangue. Il pavimento sembrava quello di casa mia.

«Trentacinque pugnalate al ventre. Le armi del delitto, che avete utilizzato in due sono queste.» posò sul tavolo, in una busta trasparente, un coltello da cucina ed un cacciavite dal manico scuro.

«Sua moglie era incinta.» Disse mentre spegneva la sigaretta sul tavolo, lasciando un alone nero su tutta la sua superficie.

«Ellison poi è fuggita, ed è stata trovata in auto ad aspettare lei.»

"ti ho aspettato...ma tu non sei mai arrivato"

«Lei è stato trovato, una settimana dopo il delitto in stato confusionale nei pressi di Canterbury, est di Londra»

Rimasi immobile, a guardare le foto. Come pugnalate alla testa, piano piano riaffioravano in me i ricordi, come se non fossero stati miei. Intrusi che entravano nella mia testa.

«Abbiamo interrogato Ellison quando l'abbiamo catturata. Ci ha confessato che tra voi due c'era una relazione che durava da un anno. Che lei aveva promesso di rompere con sua moglie, ma che continuava a rimandare» disse mentre si accendeva un'altra sigaretta, «poi quando sua moglie rimase incinta di lei, allora le cose si fecero difficili, contando che Wendy vi aveva scoperti e voleva tenere comunque il bambino. Gli accordi prematrimoniali che aveva con lei l'avrebbero rovinata.»

"Questo è il nostro bacio segreto...lei ce lo vuole portare via. Non dobbiamo permetterlo"

«Avete ucciso in un raptus folle Wendy.»

«Si.»

«Il dottore Oliver, ha tentato di curare la sua alienazione Peter. Secondo il professore la sua mente tentava di proteggerla da quello che aveva fatto. E che si era rifugiata in un'invenzione. Una gabbia di illusioni, che la difendeva dall'orribile fatto.» disse, cominciando a picchiettare il dito sulla foto di Herford, «gli avevano detto che assecondarla non avrebbe aiutato. Ha tentato per anni di aiutarla a ricordare, e di farla rinsavire, ma senza successo.» disse spegnendo la luce della lampada.

La tenebra ci avvolse.

«La sua parte oscura Peter, la sua "Ombra", non ha tardato a venire fuori nuovamente. Questo è quello che fatto. Questo è quello con cui deve convivere.»


"Esplorare il vostro lato oscuro vi permette di

recuperare il controllo di voi stessi,

comprendervi e conoscervi.

"Se non ricordi che l'amore t'abbia mai fatto commettere la più piccola follia, allora non hai amato." -William Shakespeare

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Spero che questa storia vi sia piaciuta, e che vi abbia intrattenuto, per quel poco che aveva da raccontare.
Se così è stato scriverò un altro ReTelling che ho in mente su Cappuccetto Rosso, ovviamente diversa da quella che tutti conoscete, ma con varie analogie.
Questo racconto l'ho voluto scrivere per raccontare  cosa può arrivare a fare un amore folle, e come può ridurre le persone.
Come si comporta la nostra mente, e come la nostra metà oscura, come l'ombra di Peter Pan, possa essere pericolosa. Non mi piacciono i racconti fine a se stessi, ma che raccontano di un tema, questo era il mio pretesto per raccontare la storia.

Il tutto è nato dalla famosa frase di Shakespeare  "Se non ricordi che l'amore t'abbia mai fatto commettere la più piccola follia, allora non hai amato.", da qui l'idea di scrivere questa storia. 

Spero di non avervi annoiato troppo, se volete lasciate un commento per aiutarmi a capire dove ho sbagliato, non solo grammaticalmente, ma su qualsiasi cosa vi viene in mente.
Sempre se volete qui sotto, lasciate un voto, e magari condividete la storia con i vostri amici, se pensate che possa interessare anche a loro. 

Ora mi ritiro nell'oblio.

-UnoTraiTanti.

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